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indireinforma

30 Ottobre 2012

Hellerup: la scuola senza banchi

Un modello che ha preso forma e si è materialmente realizzato secondo le parole chiave collaborare e individualizzare

di Leonardo Tosi, Giuseppe Moscato

 

La scuola di Hellerup è costruita a un passo dal mare. Dalle finestre si può vedere il porto industriale di Copenaghen. La scuola, costruita nel 2003, nasce come proposta molto innovativa: disegnare un nuovo spazio di apprendimento per gli alunni del comune di Hellerup che dovranno frequentare la Folkeskole (scuola a ciclo unico che accoglie alunni dai 6 ai 16 anni).
La scuola viene progettata con la partecipazione di esperti e degli stessi ”utenti” del servizio scolastico: architetti, pedagogisti, rappresentanti delle istituzioni locali, ma anche dirigenti scolastici, docenti e famiglie.

 

Gli alunni al centro dello spazio

Il nuovo ambiente di apprendimento vede gli alunni al centro dello spazio, liberando la scuola dai retaggi del modello tradizionale della scuola di massa. Nel nuovo spazio non c’è l’aula-classe, intesa come un microcosmo chiuso, fatto di convenzioni e meccanismi consolidati. Così non c’è posto neanche per il banco, inteso come tavolo su cui scrivere e leggere soltanto per confezionare saperi di breve durata, che si disperdono dopo le interrogazioni.

Attraverso una serie reiterata di workshop partecipativi, in cui partecipano tutti gli ”attori” coinvolti, il modello prende forma: grandi spazi aperti personalizzabili con arredi flessibili utilizzabili per creare ambienti per il lavoro di gruppo o individualizzato e per la condivisione tra gruppi diversi della stessa ”classe”. Già perchè la classe (resta, intesa come gruppo di alunni della stessa età) lavora in contaminazione con i gruppi di età contigui e con ampi momenti di verticalità. I docenti specializzati nell’insegnamento delle discipline sono affiancati dalla figura del pedagogista. Si cerca in questo modo di osservare e valutare le fasi dello sviluppo dell’alunno per predisporre un’azione educativa e didattica adeguata.

Un team di docenti disciplinaristi e pedagogisti segue tre classi di età contigue nei primi anni della Folkskole, quando si tratta di seguire in modo più attento e continuo i passi dello sviluppo del bambino. Negli ultimi anni gli alunni avranno acquisito maggiore responsabilità e capacità collaborativa e il modello cambia in funzione dell’autonomia via via raggiunta dall’alunno.

 

A scuola come a casa

La scuola è fatta di “case” interne. Gruppi di alunni di tre “classi” di età contigue condividono una casa con una propria cucina, aree per il relax con grandi cuscini, tavoli e zone per il lavoro individuale e di gruppo. La “home-base” è una area esagonale non molto grande, quanto basta affinchè il docente e il suo gruppo-classe possano incontrarsi e sedersi informalmente sui gradoni dell’esagono per condividere le indicazioni del lavoro da svolgere, i dubbi, i momenti di sintesi e la condivisione dei percorsi. Accanto alle case in cui trovano dimora più gruppi classe esistono degli spazi unici per tutti gli alunni. È il caso dal Kulturium, un grande atelier a disposizione di alunni e docenti, delle aree laboratori ali (l’Opus come atelier musicale, il laboratorio con attrezzature e strumentazioni specialistiche o il Naturium per le lezioni di fisica, chimica e biologia) o ancora dell’Universum. L’Universum è l’area della conoscenza, dove gli alunni possono attingere a fonti informative di ogni tipo: biblioteca, Internet e altre risorse che possono risultare utili per il percorso di studio. Dunque si tratta di una struttura a incastro che combina le ”case” degli alunni con macroaree uniche di riferimento e aree riservate ai docenti e alla loro attività di progettazione e condivisione. L’area riservata ai docenti e ai pedagogisti è contigua agli spazi in cui lavorano gli alunni, nell’ottica della presenza e vicinanza continua, dotata degli strumenti di lavoro necessari ai docenti ed è adiacente alle aree in cui lavorano i ragazzi.

 

Lo spazio al servizio della didattica

Gli spazi sono flessibili e una grande scala attraversa in verticale i piani della scuola. Anche le scale non sono scale, sono considerate parte dello spazio abitabile dove i ragazzi possono incontrarsi, sedersi, confrontarsi con i compagni e con i docenti. I computer sono sistemati in gruppi formati da 4 o 5 unità. Lo spazio è organizzato per essere aperto e modificato in qualsiasi momento. L’arredamento modulare serve a creare contesti diversi e appropriati. Si può allestire un piccolo teatro o un finto set di uno studio televisivo.

Individualizzazione e collaborazione sono le parole chiave del modello pedagogico-didattico. Ciascun alunno ha un proprio piano di studi, aggiornato di comune accordo tra docente e ragazzo: il docente discute con l’alunno degli obiettivi da raggiungere, dei progressi fatti e di come continuare in un percorso di crescita continua. Gli alunni hanno poi un proprio portfolio che raccoglie i lavori fatti costruendo passo dopo passo il percorso di avanzamento di ciascuno. I momenti di spiegazione frontale non sono omnicomprensivi: la mattina il docente si riunisce con il suo gruppo di alunni nella ”home-base” per circa venti minuti per riepilogare lo stato di avanzamento e concordare le attività da svolgere nelle ore successive. Dopo il momento di plenaria i ragazzi escono dall’esagono e cercano un’area ad hoc per svolgere le attività previste. Al termine dell’anno l’obiettivo trasversale dei docenti è che gli alunni sappiano lavorare sia autonomamente da soli, sia e assieme ai compagni.

Ciò che salta più all’occhio sono i bambini che si muovono su e giù per la scuola, bevono l’acqua dal rubinetto del lavandino, aiutano il cuoco a preparare la tavola, studiano in coppia seduti sulle scale. Non mancano quelli che si spostano a bordo di uno skateboard o di un monopattino… eppure non c’è caos, non c’è confusione. La sensazione insomma è di essere in un unico grande appartamento, nel quale vive una grande famiglia. Ma dietro a questa organizzazione che ci mostra degli aspetti per certi versi ”affascinanti” ci sono ragioni e strategia pedagogiche che giustificano un tale equilibrio sia sul piano educativo che su quello sociale.

 

 

Foto Hellerup Skole (credit G. Moscato)