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indireinforma

4 Marzo 2015

“L’innovazione c’è già, ma fatica a diventare sistema”

L'intervento del presidente dell'Indire Giovanni Biondi al convegno internazionale "Immagina" che si è svolto a Bologna (video)

di Costanza Braccesi

Il presidente dell’Indire Giovanni Biondi ha introdotto venerdì 27 febbraio a Bologna la prima sessione del convegno internazionale “Immagina – Scuole del 21° secolo: idee e pratiche visionarie”, organizzato dall’Associazione docenti e dirigenti scolastici italiani (ADI), in collaborazione con il nostro Istituto. L’appuntamento, che si è snodato in due giorni lungo tre diverse sessioni, ha affrontato il tema dell’innovazione scolastica da più punti di vista: innovazione come creatività, ma anche come cambiamento radicale degli spazi e dei tempi della scuola, trasformazione dei curricoli, nuovo rapporto con il mondo del lavoro, acquisizione di competenze non solo cognitive, autonomia delle istituzioni scolastiche, e molto altro ancora.

«L’innovazione non è né un’invenzione dei nostri tempi, né una novità», ha esordito Biondi nel suo intervento. «È un processo che si rintraccia nelle radici stesse della scuola italiana, nei tanti movimenti e nelle molteplici esperienze educative che negli anni hanno tentato di trasformare i modelli didattici per cercare di allineare la scuola alla società».

Innovazione come processo, quindi. Ma processo che nasce “dal basso”, ha sottolineato il presidente dell’Indire, e che si realizza guardando a cosa stanno già concretamente facendo alcuni istituti per scardinare il modo tradizionale di “fare scuola” e migliorare l’efficacia della didattica, sia attraverso un maggiore coinvolgimento degli studenti nel processo di costruzione della conoscenza, sia tramite la trasformazione del calendario, degli orari, degli ambienti.

«L’innovazione è spesso annidata nelle scuole, o in una singola classe, o nella visione di un bravo preside, ma purtroppo fatica a diventare sistema». Ecco il perché della nascita di Avanguardie Educative, il movimento culturale fondato dall’Indire e da 22 scuole capofila, aperto a tutte le scuole italiane (sono già circa 150), che ha l’ambizione di diffondere nella scuola italiana il “virus dell’innovazione”, portando a sistema le diverse esperienze di trasformazione del modello didattico già presenti nelle scuole del nostro Paese.

Lo scenario che abbiamo davanti rende evidente che gli ingredienti “classici” della scuola – il libro, la lavagna, la cattedra, il banco, i corridoi, le aule – non sono più adeguati e devono essere modificati. C’è bisogno – nella visione di Biondi – di ambienti pensati e costruiti per un nuovo modello di scuola, e oggi questa possibilità esiste: bisogna però essere bravi a sfruttare le grandi potenzialità delle tecnologie che, tuttavia, da sole servono a poco. «La scuola può cambiare grazie alle tecnologie, ma non c’è nessuna tecnologia che possa cambiare la scuola. Nessuna piattaforma o computer “miracoloso” può da solo modificare un modello o sostituire la figura dell’insegnante», ha detto ancora Biondi.

I linguaggi digitali devono essere al servizio della scuola, per aiutare gli studenti a essere sempre più partecipi. «Del resto la scuola ha questo nel suo DNA: ogni buon insegnante è contento quando vede i propri studenti appassionati e coinvolti in quello che fanno, non quando vengono alla cattedra a ripetere la lezione a pappagallo…», ha concluso Biondi.

 

Dopo il suo intervento al convegno dell’ADI, Biondi è stato intervistato dai microfoni della trasmissione “Fahrenheit” su RadioRai 3: ascolta la registrazione.

 

Guarda il video dell’intervento di Giovanni Biondi al convegno internazionale “Immagina – Scuole del 21° secolo: idee e pratiche visionarie”