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indireinforma

6 Marzo 2015

Innovazione, apprendere in modo attivo con le tecnologie

Scopriamo la metodologia TEAL, nata al MIT di Boston e adesso sperimentata nelle scuole del Movimento Avanguardie Educative

di Silvia Panzavolta

«Questa è la storia di una innovazione necessaria, sentita e voluta da alcuni professori universitari del MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Boston per i loro corsi di fisica. Non è stata un’innovazione radicale, improvvisa, ma piuttosto incrementale, sperimentata nel corso di 14 anni e tuttora in evoluzione». Così presenta  il metodo TEAL uno dei suoi padri fondatori, il Prof. Peter Dourmashkin, intervistato da Indire nel corso della sua visita all’IIS “Enrico Fermi” di Mantova  – una delle scuole fondatrici del Movimento delle Avanguardie Educative – lo scorso 18 febbraio.

TEAL è l’acronimo di Technology Enabled Active Learning, ovvero “Apprendimento attivo potenziato con le tecnologie”. Unisce infatti lezioni frontali, simulazioni e attività laboratoriali al computer, per dare vita a un’esperienza di apprendimento “arricchita” e basata sulla collaborazione.

Il metodo nasce per contrastare l’insuccesso scolastico degli studenti, dovuto soprattutto alle loro misconcezioni sui concetti centrali della fisica. Le misconcezioni si combattono offrendo agli studenti situazioni di apprendimento nelle quali essi sono attivi – impegnati, ad esempio, a rispondere ai quesiti e ai problemi che il docente propone – e prevedendo momenti di discussione, peer education, didattica laboratoriale.

Al MIT è stata ideata anche la cosiddetta “aula TEAL”, nella quale spazi e tecnologie sono strettamente interconnessi: è prevista una dotazione tecnologica di base (videoproiettori, device fissi e mobili, accesso a Internet, e così via) da utilizzare in spazi con specifiche caratteristiche (ad esempio di ampiezza e luminosità) e dotati di arredi modulari, facilmente configurabili a seconda delle diverse necessità. Tuttavia, è bene fin d’ora chiarire un punto: si tratta di una metodologia replicabile, con piccoli adattamenti, anche in una classe ordinaria. Peter Dourmashkin spiega che il primo passo è dividere l’aula in isole, dove lavorano gruppi di studenti. I gruppi sono composti da 3 studenti o multipli di questo numero (serve un numero dispari per arrivare ad una posizione maggioritaria del gruppo in relazione ai compiti dati). Ogni isola ha un punto di proiezione: una LIM ad esempio, o anche un punto di restituzione più elementare, come una lavagna a fogli mobili o una lavagna bianca con i pennarelli. Ciò consente al docente di cogliere velocemente i processi di ragionamento (anche impliciti) dei gruppi, le loro rappresentazione concettuali e i risultati conseguiti.

Al MIT, la metodologia è stata osservata da psicologi esperti dell’apprendimento, per capire come determinate strategie possano essere tarate sulle caratteristiche dei discenti, sui loro processi cognitivi e rappresentazionali. I benefici del TEAL sono stati verificati tramite una combinazione di test di profitto e di comprensione, rilevando una sostanziale differenza. Gli studenti del secondo e terzo anno di fisica, prima dell’uso del TEAL, mostravano gravi lacune e difficoltà a proseguire con il programma di studio perché mancavano di una comprensione profonda della materia, mentre da quando il metodo è stato adottato tali problematiche si sono notevolmente ridotte. Le percentuali di insuccesso, dal 15-20% della condizione pre-TEAL, sono passate ad un massimo del 5%. Inoltre, si sono ridotte anche le differenze di genere: nelle materie STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) le ragazze stanno facendo addirittura meglio dei ragazzi (tra i 40 migliori studenti del MIT due terzi sono donne).

Problem solving, apprendimento attivo e lavoro collaborativo sono probabilmente la chiave del successo di questo metodo, che integra le tecnologie digitali come ulteriore elemento di rinforzo e facilitazione.

Nella metodologia TEAL è centrale il metodo attivo, il coinvolgimento diretto degli studenti nella soluzione di problemi, l’osservazione dei fenomeni e il tentativo di descriverli e spiegarli, la discussione tra pari e il tutoring da parte di studenti più esperti.

                                                                            img_teal_2

Secondo il Prof. Dourmashkin anche nelle discipline umanistiche il metodo TEAL potrebbe essere applicato con successo perché molte di queste, come la musica, l’arte, le lingue straniere, hanno bisogno di momenti di pratica e di discussione. Inoltre, nell’insegnamento della letteratura, della filosofia e della storia è centrale quanto viene fatto prima e dopo la lezione; avere momenti di flip learning in tali discipline, lasciare spazio al lavoro collaborativo e alla discussione durante la lezione TEAL – continua il Professore – sarebbe strategico, magari utilizzando tecnologie per l’analisi dei testi o consultando grandi database online.

La tecnologia nel metodo TEAL entra a supporto del processo di insegnamento/apprendimento in vario modo. Come detto, uno dei vantaggi della tecnologia è quello di migliorare la gestione e l’analisi dei dati, la visualizzazione dei fenomeni osservati (ad esempio gli stessi smartphone possono servire per rilevare la temperatura, la velocità, diventando “tecnologie sensoriali”) e l’interazione con gli stessi; l’utilizzo di simulazioni, immagini e video possono semplificare e rappresentare più efficacemente i fenomeni, meglio di quanto non possa fare il materiale cartaceo.

Un altro aspetto sottolineato da Dourmashkin è quello della comunicazione: la tecnologia aiuta il docente ad avere un quadro, in tempo reale, dello status degli apprendimenti dei ragazzi. La ricerca evidenced-based (Hattie, 2009) mostra come sia fondamentale fornire agli studenti un feedback in tempo reale rispetto alla comprensione di quanto viene trattato. Una tecnologia molto funzionale in tal senso è rappresentata dai risponditori, come Clicker, oppure da vere e proprie piattaforme come Learning Catalilycs, sviluppata per sostenere la didattica collaborativa, attiva, project-based e enquiry-based. In questo modo il docente ha la possibilità di avere una visione completa della situazione in classe, sa chi ha capito e chi no, che tipo di inferenze e ragionamenti sta facendo. Può così riorientare i suoi interventi, calibrare i compiti, personalizzare l’intervento didattico.

Un altro ingrediente tecnologico è quello della ripresa video – attraverso un tablet o una videocamera – che consente di documentare quanto avviene (dentro o fuori della classe) e di riportarlo all’interno di un ragionamento o di un prodotto.
Insomma, la tecnologia deve essere pensata al servizio di specifiche funzioni, poco importa se si usa uno strumento o un altro, è la funzione che giuda la scelta del supporto tecnologico.

A livello metodologico, la lezione TEAL è un misto di ingredienti diversi tra cui fondamentale risulta essere l’attività di problem posing e problem solving che ciascun gruppo di ragazzi illustra alla lavagna. È forse l’aspetto più importante nell’approccio TEAL, tanto che “nei tre anni dei corsi accademici di fisica al MIT uno studente risolve oltre 10.000 problemi”, afferma con soddisfazione il Prof. Dourmashkin. Il docente interagisce direttamente con il gruppo che lavora su un problema, si sviluppa così fiducia e autostima nei singoli studente, basate sull’”esperienza della soluzione”. Il processo è fondamentale anche per favorire l’innovazione e il pensiero critico.

Altri elementi cardine sono il lavoro in gruppo e l’insegnamento tra pari. Insegnare ad altri rafforza il proprio apprendimento e favorisce la richiesta di aiuto nel compagno in difficoltà. Si tratta di un approccio induttivo alla conoscenza basato sul learning by doing, sull’apprendimento per scoperta, e legato ad attività riferite ad uno specifico compito. Le ICT (Information and Communication Technology) favoriscono processi cognitivi quali la rappresentazione, la memorizzazione e la comprensione profonda, attraverso simulazioni ed esperimenti, visualizzazioni digitali e presentazioni interattive.
Una delle tecniche utilizzate è la concept question (domanda concettuale) che si articola in precisi passaggi. Il docente predispone un test concettuale, cui fa seguire un breve momento di riflessione individuale con risposta quasi immediata. Fornisce poi un primo feedback in tempo reale e quindi fa lavorare gli studenti in piccoli gruppi, nei quali avviene un processo di discussione e negoziazione dei significati. La risposta del gruppo al problema viene poi illustrata alla lavagna che ogni isola ha a disposizione ed il docente fornisce un riscontro alla posizione del gruppo.

È opportuno precisare che non esiste un rigido protocollo TEAL, ossia una sequenza di strategie o passaggi da seguire. Le tecniche descritte sono tutte valide e il loro utilizzo dipende dagli argomenti, dal gruppo classe, dalle tecnologie a cui si ha accesso. La flessibilità e la modularità sono alla base di questa metodologia, sia per ciò che concerne gli spazi sia per il lavoro con gli studenti (come ad esempio la composizione dei gruppi).

Il ruolo del docente che usa la metodologia TEAL è molto diverso da quello del docente tradizionale. Importante è la continua interazione tra il docente e il piccolo gruppo, il feedback in tempo reale, lo stimolo a risolvere problemi, con spunti che riportino i concetti all’esperienza di vita reale. Il docente non deve solo fornire contenuti e informazioni, ma misurare quanto e come gli studenti stanno imparando; deve osservare, comprendere e monitorare i processi (spesso nascosti) di apprendimento, utilizzando tutte quelle tecniche che gli consentono di renderli espliciti (ecco perché sono importanti le strategie di cui abbiamo parlato sopra).

Il ruolo della formazione dei docenti è assolutamente centrale, spiega ancora Dourmashkin. Soprattutto dando la possibilità agli insegnanti di vedere colleghi in azione, di poter partecipare a delle simulazioni e magari essere guidati da esperti in un modello di formazione on-the-job o di job shadowing. Nella fase iniziale, è importante che il docente che vuole formarsi al metodo TEAL riceva supporto anche nell’uso delle tecnologie. Spesso, infatti, l’attenzione del docente si concentra sul funzionamento della rete o dei contenuti multimediali, mentre dovrebbe essere prioritario il focus sugli apprendimenti e sulle dinamiche dei processi cognitivi. Uno scaffolding in classe serve anche a questo: al MIT quando un nuovo docente viene “iniziato” al TEAL può contare sull’aiuto in classe di un collega esperto, almeno per una serie di lezioni.

Come abbiamo accennato all’inizio di questo contributo, Il metodo TEAL è una delle 12 IDEE del Movimento delle Avanguardie Educative, impegnato nel portare a sistema le esperienze più significative di innovazione del modello organizzativo e didattico “tradizionale” della scuola, ritenuto non più adeguato a rispondere alle sfide della società della conoscenza.

Fra le 22 scuole fondatrici del Movimento, 4 sono quelle capofila per l’IDEA TEAL: l’IIS “Enrico Fermi” di Mantova, l’IISS “Carlo Emilio Gadda” di Fornovo di Taro, l’IIS “Savoia Benincasa” di Ancona e l’IISS Paciolo D’annunzio di Fidenza. Queste scuole hanno sia aule TEAL dedicate sia aule flessibili dove utilizzano questa metodologia, anche in combinazione con altre IDEE del progetto Avanguardie (ad esempio, come suggerito dal Prof. Dourmashkin, la “classe capovolta”). L’uso del TEAL è radicato in questi istituti da alcuni anni e i benefici osservati si collocano a diversi livelli: cognitivi, relazionali, emotivo-motivazionali, comunicativi e didattici. Uno degli studenti dell’ITIS Fermi di Mantova, intervistato in occasione della dimostrazione tenutasi nel corso della Fiera ABCD+Orientamenti di Genova, lo scorso novembre, sottolinea l’importanza dell’interazione tra pari nella soluzione dei problema e il fatto  che “anche gli studenti meno bravi, quelli che fanno più fatica possono essere aiutati dagli altri”.

Conclusioni

Il TEAL è un metodo promettente e può vantare una storia piuttosto lunga di sperimentazione, revisione e continua ricerca. In Italia, come abbiamo visto, il modello viene reinterpretato come proposta per le scuole secondarie, nonché per discipline diverse dalla fisica, mostrando una grande adattabilità a contesti e ambiti disciplinari diversi e, conseguentemente, un elevato potenziale di diffusione. Le istituzioni scolastiche che si sono candidate, all’interno del Movimento delle Avanguardie Educative, ad adottare l’IDEA TEAL potranno mostrare ulteriori varianti del metodo, alle quali anche lo stesso MIT pare essere interessato e su cui Indire metterà a punto percorsi di ricerca e osservazione.


Suggerimenti per l’approfondimento

Articolo della Gazzetta di Mantova sulla visita del Prof. P. Dourmashkin all’IIS Enrico Fermi di Mantova

Hattie J. (2009). Visible learning: A synthesis of over 800 meta-analyses relating to achievement. London and New York: Routledge.

Intervista integrale (in inglese) al Prof Dourmashkin presso l’IIS “Enrico Fermi” di Mantova (a cura di Indire, 18 febbraio 2015)

Intervento del Prof. Dourmashkin all’IIS Pacioli di Crema (27-28 maggio 2013) 

Simulazione di una lezione TEAL a cura dell’IIS “Enrico Fermi” di Mantova, presso lo spazio Indire al Salone ABCD+Orientamenti (Genova, novembre 2014)

Sito web del Movimento delle Avanguardie Educative