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Ricerca per l'innovazione della scuola italiana

indireinforma

11 Dicembre 2015

Due ricerche Indire su competenze digitali e bisogni formativi

I dati, relativi a 9.508 studenti e 7.732 docenti, sono stati presentati all’Università di Padova

di Luca Rosetti

In occasione del convegno “Digital Literacy: Policies, research and good practices”, l’Indire ha presentato all’Università di Padova due studi, uno sulle competenze digitali e l’altro sui fabbisogni formativi, realizzati su un significativo campione di studenti (9.508) e di docenti (7.732) che hanno seguito dei corsi nell’ambito del Programma Operativo Nazionale (PON) 2007-2013. Le ricerche sono state condotte nel corso del 2015 in istituti scolastici di ogni ordine e grado delle regioni del Sud (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia).

STUDENTI – L’indagine sui 9.508 alunni conferma che gli investimenti in ambienti di apprendimento significativi e ben strutturati sviluppano una maggiore consapevolezza e migliori competenze digitali. Nelle scuole dove è più frequente l’uso della LIM, è più alta la percentuale di studenti dal rendimento “alto” o “eccellente”. I dati non confermano la rappresentazione ricorrente dei “nativi digitali”: i ragazzi che sono nati e crescono in un contesto di ampia diffusione delle tecnologie non sono necessariamente esperti sul modo migliore di utilizzarle. I numeri mostrano che lo svolgimento di attività didattiche a scuola sull’utilizzo del web e delle tecnologie digitali è correlato a un più consapevole impiego delle tecnologie da parte dei giovani a casa. Ad esempio, tra gli studenti che usano quotidianamente in classe software creativi (linguaggi di programmazione, montaggio video, ecc.) il 44% pubblica propri contenuti creativi anche a casa, mentre la percentuale scende al 22% per chi non ha mai svolto a scuola tale attività. Un altro dato riguarda la capacità di collaborare. I giovani che a scuola partecipano settimanalmente ad attività collaborative online sono più propensi a organizzare o gestire un lavoro di gruppo in rete (55%, contro il 30% di chi non ha mai svolto in aula tali attività). Inoltre, il 71% degli studenti che ha partecipato a scuola ad attività didattiche su “come selezionare fonti in rete” riesce a svolgere efficacemente i compiti a casa, con una percentuale che scende al 43% per chi non ha svolto tali attività a scuola. Rispetto ai fabbisogni formativi degli studenti, l’82% dichiara di voler migliorare la conoscenza delle lingue, mentre il 79% vorrebbe acquisire competenze spendibili nel mondo del lavoro. Tra gli altri fabbisogni, la capacità di organizzarsi e raggiungere gli obiettivi (78%), di comunicare e lavorare in gruppo (71%).

DOCENTI – Rispetto agli oltre 7 mila insegnanti coinvolti nell’indagine, i risultati evidenziano come l’aver partecipato a molti corsi di “formazione digitale” sia strettamente legato a un’alta frequenza nella realizzazione di alcune attività a scuola: istruire i ragazzi a selezionare fonti attendibili in rete, usare le tecnologie per dare risposte agli studenti, scambiare materiali, risorse e opinioni con colleghi tramite il web. I docenti più attivi nella “formazione digitale” esprimono soprattutto il bisogno di formarsi sull’uso dei più nuovi strumenti per la produzione di contenuti digitali e sull’integrazione delle tecnologie nel curricolo e nella pratica didattica quotidiana (fino al 9% in più rispetto a coloro che non hanno “formazione digitale”). L’indagine è in linea con altre ricerche internazionali (OCSE) che mostrano come un’alta percezione della self-efficacy (percezione della propria capacità di portare a termine con successo un compito) incida nella gestione della classe, nella soddisfazione personale del docente e nelle sue scelte didattiche più innovative. Infatti, tra i docenti della scuola secondaria di secondo grado, coloro che esprimono un’alta percezione della self-efficacy nell’uso delle tecnologie per la didattica sono il 75% , mentre coloro che si sentono sicuri, per esempio, nelle competenze disciplinari, sono solo il 62% (differenza analoga si riscontra con tutte le altre competenze professionali).

Le due ricerche sono state finanziate dal PON 2007-2013 “Competenze per lo Sviluppo” FSE e sono state realizzate da un team di ricercatori Indire diretto dalla dirigente di ricerca Caterina Orlandi e composto da Annalisa Buffardi, Samuele Calzone, Claudia Chellini, e Gabriella Taddeo dell’Area Azioni di sistema, analisi del sistema scolastico nazionale e internazionale, rapporti col mondo del lavoro.

Lo studio si inserisce nel panorama più ampio delle attività di ricerca condotte dall’Indire sull’impatto e sui risultati dell’uso delle tecnologie a scuola. Le ricerche evidenziano che nelle scuole dove l’utilizzo della tecnologia è diffuso in modo capillare e ben integrato nelle attività didattiche emergono dei riscontri positivi in termini di dispersione scolastica, di rendimento superiore in alcune materie e migliore inserimento degli studenti all’uscita del percorso formativo nel mondo del lavoro. In quest’ottica, ad esempio, si pone lo studio presentato il 23 ottobre scorso a Firenze nel corso del Primo Forum nazionale sull’Innovazione in cui sono stati analizzati 9 licei, 8 istituti tecnici e 2 istituti professionali, per un totale di 14.152 studenti (in media 22 per classe) e 1.273 docenti.