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29 Gennaio 2016

Intervista a Barbara Riccardi, unica docente italiana finalista del Global Teacher Prize

di Lorenzo Mentuccia

È l’unica italiana fra i 50 finalisti del Global Teacher Prize 2016,  il “premio Nobel degli insegnanti” voluto dalla Varkey Foundation. Ma è anche un’eTwinner, e porta avanti da anni progetti di gemellaggio elettronico fra scuole europee. Si tratta di Barbara Riccardi, maestra all’Istituto Comprensivo “Frignani” di Spinaceto (Roma),  in corsa per il prestigioso riconoscimento internazionale (in palio un milione di euro) che sarà consegnato il prossimo marzo a Dubai. Obiettivo principale del premio è quello di valorizzare il lavoro svolto da milioni di insegnanti di tutto il mondo e riconoscere  il contributo dato alla professione da un insegnante eccezionale.

Abbiamo fatto qualche domanda a Barbara, per capire se e come il lavoro con eTwinning l’abbia aiutata per raggiungere questo importante risultato.


Salve Barbara, intanto complimenti per aver raggiunto la fase finale, se lo aspettava?

Assolutamente no. Ho accolto la notizia con stupore, non so chi mi ha candidata e sinceramente non me lo aspettavo proprio.


riccrdi etwNella motivazione per il suo accesso alla finale del Global Teacher Prize si legge “per la sua capacità nel creare legami tra studenti di diverse culture e Paesi, attraverso programmi di scambio e progetti di inclusione”. Tra questi, che ruolo ha giocato eTwinning?

L’esperienza eTwinning mi ha trasmesso la consapevolezza del valore, della qualità formativa e del successo di “fare rete” e l’importanza di creare relazioni in partenariato con altri Paesi: questo rende noi docenti e i nostri alunni soggetti aperti e pensanti nel relazionarci e nel renderci autonomi. Il mio entusiasmo verso eTwinning nasce dalla mia esperienza personale, avendo frequentato campi scuola già all’età di 10anni in Svizzera con ragazzi da tutto il mondo. Questo mi ha portato a trasmettere ai ragazzi la passione per una visione globale, di apertura verso l’altro, per superare l’individualismo e “contaminare” sfruttando le potenzialità delle nuove tecnologie.


Può spiegarci meglio questo concetto di “visione globale” e il motivo per cui ritiene che sia così importante, soprattutto a scuola?

È un momento di incontro a 360°, uno sguardo sul mondo che ha consolidato in me la voglia e l’importanza di proseguire l’esperienza verso l’altro, in uno scambio relazionale che elimina le frontiere e punta sulle competenze e le abilità di ognuno per la realizzazione di una didattica attiva e in movimento, non più statica dietro a una cattedra, ma orientata all’altro. Un “Io” che diventa un grande “Noi” in relazione, questo è per me l’opportunità che offre eTwinning.


Opportunità che porta tuttavia a un cambiamento, a un’innovazione inevitabile della didattica tradizionale. Cosa ne pensa?

Sono assolutamente d’accordo, si tratta di un cambiamento che va verso una didattica inclusiva che rispetta le diversità, valorizza le esperienze e le conoscenze, favorisce l’esplorazione, incoraggia l’apprendimento collettivo per superare la frammentarietà delle discipline e integrarle in laboratori multidisciplinari. L’alfabetizzazione culturale e sociale attraverso le nuove tecnologie diventa il “luogo” in cui i ragazzi possono esprimersi attraverso il linguaggio a loro più comune in quanto nativi digitali: quello multimediale.


Esiste un progetto eTwinning che si sente di ricordare sulla base dei risultati ottenuti dai ragazzi?

Sì, il progetto “Italia Francia 2:2” tra la mia scuola di Spinaceto e l’Ecolé 28 rue S. Jacques di Parigi. Si tratta di uno scambio culturale formativo frutto di una collaborazione su più anni, che ha l’obiettivo di far acquisire consapevolezza, scioltezza e autonomia nell’approccio verso l’altro utilizzando modalità strategiche accattivanti come gli strumenti informatici e l’aspetto ludico e sportivo, in modo cooperativo. I ragazzi sono diventati gli attori principali del loro percorso formativo e culturale; in più,  per poter tessere una comunicazione immediata con i partner, lo studio delle lingue è diventato lo stimolo, lo strumento per imparare. Persino gli studenti più svogliati alla fine si sono impegnati, proprio perché motivati e divertiti nel mettersi in gioco e confrontandosi fra pari in un modo totalmene diverso, non sui soliti banchi, ma direttamente in campo. Devo dire che le attività hanno prodotto grandi risultati in termini di apprendimento.


Secondo lei, esiste un presupposto generale di base per un buon progetto eTwinning?

Credo che la cosa fondamentale sia l’inclusione di tutti gli attori vicini ai ragazzi nel progetto. Penso che i progetti con impatto maggiore siano quelli che sfruttano l’alleanza scuola/famiglia, soprattutto se il dirigente è un eTwinner ricercatore e innovatore che attiva modalità e strategie di azione verso l’altro. La nostra Serenella Presutti, ad esempio, è una grande professionista scolasticamente e umanamente.


La ringraziamo per il tempo che ci ha dedicato e le facciamo un grande in bocca al lupo. Un’ultima battuta, come vede la scuola di domani?

Vedo la scuola sempre più come un grande laboratorio didattico che motivi i nostri ragazzi, in grado di creare un società futura pensante e aperta, fondata sul dialogo tra culture diverse. Grazie a voi, crepi il lupo e viva eTwinning!

La prima edizione del Global Teacher Prize è stata vinta nel 2015 da Nancie Atwell, un’insegnante inglese che negli Stati Uniti ha fondato il Center for Teaching and Learning con l’obiettivo di trasmettere ai ragazzi il piacere della lettura. La cerimonia finale dell’edizione 2016 avverrà durante il Forum Globale dell’Insegnamento a Dubai il prossimo marzo.

In bocca al lupo anche da parte dell’Indire, Barbara!

 

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