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3 Marzo 2017

Sana alimentazione: una questione chimica

di Redazione

Enrico Mansueti insegna chimica all’Istituto Professionale di Stato per i Servizi dell’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera di Ceccano, in provincia di Frosinone. Ha deciso di rendere più coinvolgente lo studio della chimica adottando una metodologia didattica che aiuta gli studenti a capire la stretta connessione della disciplina con la vita reale. Partendo dall’invito rivolto loro dalla LILT (Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori) a partecipare alla stesura di un Manuale della sana alimentazione, gli studenti sono arrivati a elaborare una serie di ricette, grazie agli esperimenti scientifici e culinari che hanno condotto a casa e hanno successivamente condiviso in classe con i compagni. In questo modo i ragazzi hanno inserito lo studio della chimica all’interno di un contesto reale e quotidiano e, attraverso le attività laboratoriali e la diretta partecipazione al progetto, si sono resi protagonisti del processo di apprendimento. Sperimentando le ricette da proporre nel manuale, infatti, hanno potuto familiarizzare con i concetti di ossidazione e reazione chimica, mettendo in pratica i contenuti e le conoscenze apprese. L’adozione di un approccio didattico innovativo (flipped classroom, didattica laboratoriale) si è rivelato funzionale e fondamentale per rendere più partecipi gli studenti, mantenerne alto l’interesse e l’attenzione anche per coloro con difficoltà di apprendimento.

 

Sana alimentazione: una questione chimica
di Enrico Mansueti

Introduzione
Viviamo in un periodo di grande interesse per i temi della salute e dell’alimentazione, ma quanti sanno dare il giusto significato alla parola antiossidante sull’etichetta di un prodotto alimentare o di un integratore? Di fronte ai messaggi del marketing pubblicitario, diventa difficile discriminare tra le diverse fonti informative sulla base dell’attendibilità, e la rete non sempre è una risorsa utile. Così anche il solo contatto con il mondo del fitness rischia di far cadere in trappole fuorvianti e pericolose per la salute. Il problema principale per la maggior parte dei cittadini risiede nella mancanza di una solida cultura scientifica, per cui è auspicabile la strutturazione di percorsi di appropriazione e approfondimento che attraverso lo studio della chimica portino al superamento dei più frequenti misconcetti. Il fatto di aver elaborato il lavoro proprio a partire da una scuola alberghiera ha sicuramente giocato un ruolo importante per la risonanza mediatica e il successo finale, ma nello stesso tempo è stato motivo di timore e responsabilità: proprio perché l’interesse per questo tipo di scuola è al momento innegabile, ci è parso comunque doveroso assumercene l’onere.

Un lavoro impegnativo
Nella scuola in cui lavoro si è presentata una possibilità irripetibile: alla fine del 2014 la LILT (Lega italiana per la lotta contro i tumori, sezione di Frosinone), si è rivolta al nostro istituto chiedendo delle ricette da inserire nel manuale di sana alimentazione per il progetto Salute senza confini, approvato e finanziato dal Ministero delle Politiche Sociali e del Lavoro e rivolto agli adolescenti e ai giovani adulti malati di tumore. Interpellato dal Dirigente, Professoressa Alessandra Nardoni e dal suo collaboratore Prof. Domenico Crocca, ho colto nell’iniziativa l’opportunità di collegare lo studio della chimica a uno specifico sfondo culturale. Sebbene la LILT non avesse chiesto un impegno diretto degli alunni, bensì degli insegnanti di enogastronomia, ho ottenuto per i ragazzi un ruolo attivo, riconosciuto e riconoscibile all’interno del progetto, contestualmente alla partecipazione di studenti con difficoltà di apprendimento di diverso tipo e livello. Dopo l’illustrazione del progetto nelle classi seconde, hanno deciso di partecipare 40 studenti, alla fine autori di 80 ricette.

Dalle premesse era impensabile impegnare i ragazzi nella compilazione delle ricette senza la strutturazione dei concetti fondamentali, ne’ sarebbe stato utile procedere con lezioni frontali di tipo tradizionale, soprattutto nell’ottica di motivare gli alunni più riottosi (sebbene la novità rappresentata dal ricettario ne avesse coinvolto già un buon numero). L’idea è stata quella di elaborare un percorso didattico fondato sulla chimica delle situazioni reali, usandone ognuna come leva di protagonismo apprenditivo; abbiamo così percorso un cammino concettuale il più possibile aperto alle domande individuali, dove dubbi e personali interessi hanno suggerito sperimentazioni chimiche radicate al vissuto quotidiano, al contempo motivanti e facili da realizzare. Molti lavori pratici sono stati perciò condotti a classe capovolta: gli esperimenti che i ragazzi hanno effettuato realizzando prove di ossidazione nella cucina di casa con materiali semplici (e a disposizione di tutti) possono essere compresi e ripetuti anche dagli adulti che hanno poca dimestichezza con le questioni scientifiche. I lavori individuali sono stati discussi e rielaborati in classe attraverso un approccio cooperativo; alla fine del percorso con l’aiuto di genitori e nonni gli adolescenti hanno provveduto a costruire le ricette di sana alimentazione e a realizzarle, con l’obiettivo di recuperare prodotti e tradizioni enogastronomiche del passato. Il lavoro ha rappresentato un’importante novità nel campo della didattica delle discipline scientifiche, in quanto per la prima volta studenti quindicenni hanno contribuito all’elaborazione di un manuale di sana alimentazione dal punto di vista chimico; per questo motivo ha avuto ampio risalto sul territorio, grazie a convegni, interviste sui giornali e trasmissioni televisive. Il lavoro sta procedendo ancora in queste settimane attraverso un’efficace forma di didattica itinerante, in cui i ragazzi sono protagonisti e relatori per studenti delle scuole medie, coetanei di altri istituti e adulti che intervengono numerosi alle nostre iniziative.

 

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