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29 Gennaio 2018

Bisogni educativi speciali: il modello italiano nel contesto internazionale

di Redazione

La scuola risulta essere il mezzo principale per l’inclusione sociale. L’Italia è stata uno dei primi Paesi al mondo a stabilire con leggi l’inserimento degli studenti con bisogni educativi speciali nelle classi regolari, e oggi soltanto il 2% degli studenti con disabilità frequenta classi speciali. L’inserimento prevede l’inclusione attraverso l’utilizzo di strumenti compensativi e misure dispensative. Sulla carta tutto sembrerebbe andare per il meglio, ma nel sistema scolastico esistono invece delle ombre. Le modalità di lavoro proposte vengono talvolta attuate abbassando gli standard educativi per l’intera classe e il sostegno agli allievi si riduce a tenerli occupati davanti a un computer fuori dall’aula, invece di inserirli nel processo educativo e socializzante col resto degli studenti. Nella loro ricerca, di cui presentano qui una sintesi, Enrico Mansueti (Istituto di Istruzione Superiore di Ceccano, Frosinone) e Liberato Cardellini (Università Politecnica delle Marche, Ancona) riflettono sul modello italiano di inclusione sociale degli studenti con bisogni educativi speciali, alla luce dell’evoluzione delle norme prodotte nel nostro Paese, dalla Costituzione alla “Buona Scuola”, e con un occhio al contesto internazionale. Il lavoro è aggiornato con i dati del 51° Rapporto nazionale sulla situazione sociale nel Paese (2017). Le sperimentazioni didattiche sono state condotte nell’Istituto di Istruzione Superiore di Ceccano diretto dalla prof.ssa Alessandra Nardoni. La ricerca completa verrà pubblicata nel corso del 2018 sulla rivista “CnS – La Chimica nella Scuola”.

 

>> Bisogni educativi speciali: il modello italiano nel contesto internazionale, di Enrico Mansueti e Liberato Cardellini