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27 Febbraio 2019

Erasmus+, la lunga storia di cooperazione europea dell’Istituto di Maniago

di Redazione

La professoressa Anna Maria Locatello dell’Istituto Comprensivo di Maniago, in provincia di Pordenone, ci racconta 23 anni di cooperazione europea vissuti con passione ed entusiasmo, alla continua ricerca di un arricchimento professionale e personale che ha finito per “contagiare” l’intera scuola in cui la docente insegna.

 

Casualità, curiosità, rischio sono le parole che meglio rappresentano l’inizio del nostro percorso in Europa.

Anno 1996, una telefonata dalla Spagna: cercavano partner per un progetto europeo Comenius, di cui ancora non conoscevo l’esistenza. Un’adesione immediata: mi sembrava una proposta interessante, che avrebbe potuto accrescere la motivazione dei miei alunni e aiutarmi a trovare nuove strade per migliorare la mia professionalità come docente. Il rischio c’era, ma uscire dalla comfort zone era un richiamo molto più forte delle certezze che la scuola e il territorio limitrofo potevano darmi. Non sapevo ancora che Comenius allora, Erasmus adesso, sono una “droga”: finito un partenariato, siamo già pronti a progettarne un altro. Le difficoltà non sono mancate, ma nemmeno la voglia e la tenacia per affrontarle e risolverle. E così, la strada iniziata nel 1996 la sto percorrendo ancora oggi, con un team che negli anni ha imparato a muoversi in Europa per costruire nuove competenze e arricchire la propria professionalità.

Queste, in sintesi, le tappe più significative del nostro percorso:

  • The Children Write A Book at School – Progetto Comenius 1996-1999
  • The Ideal European Library – Progetto Comenius 2000 – 2003
  • Traces of Today for Tomorrow – Progetto Comenius 2004 – 2007
  • Scientific Mind in Europe – LLP Partenariato multilaterale 2010 – 2012
  • I Know What I Want To Be – Erasmus KA2 – 2015 – 2018
  • Jobland Teaching Skills Resources for Improving Career Learning at School – Erasmus KA201 2018 – 2020

Dal 2000 a oggi, sono molte anche le iniziative che abbiamo sviluppato in parallelo con i progetti, dalla formazione al job shadowing degli insegnanti, dall’ospitare assistenti di lingua a iniziative con la Regione Friuli Venezia Giulia. L’Europa è diventata per il nostro istituto un territorio di confronto, di scambio, di crescita.

Qual è il segreto che ci ha permesso di affrontare un così lungo e complesso percorso in Europa? Poter contare su un team motivato, disposto ogni giorno a mettersi in discussione, capace di affiancare e coadiuvare la persona responsabile delle iniziative in ambito europeo. È così che, fin da quando il nostro Istituto era ancora un circolo didattico, si è costruita ed è cresciuta la figura strumentale per i progetti europei, coadiuvata nel suo lavoro da una commissione di docenti motivati nei confronti del processo di internazionalizzazione dell’Istituto. Oltre a un team di lavoro stabile, a seconda delle necessità si sono creati altri gruppi di lavoro per affrontare l’organizzazione di eventi che richiedevano grosso impegno di tempo e risorse.

Solo ora, guardandomi indietro, acquisto consapevolezza di quante risorse il territorio ci abbia offerto e continui a offrirci. Risorse non solo in termini finanziari, ma, in primis, in termini di risorse umane. Una di queste sono stati e continuano a essere i genitori degli alunni coinvolti nelle esperienze Comenius/Erasmus. La prima consapevolezza che i genitori erano una risorsa da coinvolgere ci è apparsa chiara fin dal 1996, quando eravamo alle prese con il nostro primo progetto Comenius “I bambini scrivono un libro a scuola”. In questo progetto i genitori hanno contribuito alla buona riuscita dell’esperienza e i risultati hanno aumentato la mia convinzione che eravamo sulla strada giusta e dovevamo continuare a percorrerla. Se dovessi soffermarmi su ogni singolo progetto attuato, non mi basterebbe un libro. Con il proseguo delle esperienze, le famiglie sono diventate sempre più importanti in questo cammino educativo e il massimo del coinvolgimento e supporto lo abbiamo ottenuto sempre durante le mobilità studenti.

Credo che la mobilità alunni/studenti sia in assoluto l’esperienza più motivante che bambini e ragazzi coinvolti in esperienze Erasmus possano mai fare. È vero, per portare bambini di scuola primaria all’estero ci si fa carico di una grande responsabilità, ma quando poi si ascoltano i loro commenti sulle situazioni vissute, si capisce che ne è valsa la pena. La nostra prima esperienza di viaggio, con 4 alunni di quinta, l’abbiamo realizzata nel 2010 in Finlandia ed è stato incredibilmente interessante ogni momento di quella settimana, compresa la pesca sul lago ghiacciato. Forse questa rimarrà l’unica esperienza di quel tipo che i nostri ragazzi faranno mai, qualcosa fuori dal comune che ci parla di attività, di strumenti, comportamenti, tradizioni che, di certo, non si trovano nei libri di geografia. Imparare dall’esperienza è il miglior modo per apprendere in modo significativo.

A seguire abbiamo condotto bambini di quarta e quinta in Svezia e nessun commento se non le parole di Vittoria, una delle partecipanti:

L’esperienza che, fra tutte, mi ha toccato di più è quando sono andata in Svezia con alcuni dei miei compagni e ho vissuto per una settimana con una famiglia partecipante al progetto. Lì ho sfruttato le mie conoscenze di inglese, diventato uno strumento per comunicare necessità ed emozioni. Ma soprattutto sono riuscita a essere responsabile di me stessa: sono riuscita a controllare la situazione senza l’aiuto di qualcuno. È stato importante per la mia crescita perché se, oggi o in futuro, dovessi stare una settimana senza genitori, non avrò più il problema della malinconia: saprò gestire da sola anche le mie emozioni.”

Durante l’ultimo partenariato Erasmus+, I Know What I Want To Be, siamo volati in Galles e qui, per la prima volta, ci siamo trovati a dover condividere con sei alunni di quinta anche l’alloggio: un’avventura in un ostello in mezzo a un parco o, a seconda del punto di vista, in the middle of nowhere. Anche questa esperienza è stata ricca di emozioni per i ragazzi, ma anche per noi che li avevamo accanto giorno e notte e partecipavamo alla loro vita come “surrogati” dei genitori. Un modo diverso per loro di vedere le insegnanti e per noi di interagire con loro.

Una delle domande che mi fanno spesso è “Perché fare la mobilità se poi dovete selezionare i bambini da portare? Non è riduttivo?”. No, non lo è perché i ragazzi comunicano con loro per tutta la durata delle attività tramite WhatsApp, eTwinning, email. Questi bambini raccontano le loro esperienze che, essendo molto forti dal punto di vista emotivo, coinvolgono l’intero gruppo classe. All’osservazione che queste esperienze siano riduttive, io risponderei che non lo sono affatto, perché per ogni mobilità in uscita può essere organizzata una mobilità in entrata. Nei nostri due ultimi progetti abbiamo ospitato rispettivamente 22 e 26 studenti provenienti da Bulgaria, Lettonia, Inghilterra, Galles e Danimarca. Per nostra decisione abbiamo preferito ospitare in contemporanea l’intero gruppo in modo da coinvolgere il più possibile la realtà territoriale e permettere l’interazione degli studenti sia tra di loro che con i nostri bambini e ragazzi. Faticoso? Certamente faticosissimo, ma molto gratificante per tutti coloro che hanno potuto essere parte di questa esperienza.

Problemi? Molti, ma negli anni li abbiamo superati tutti. Un’esperienza lunga come la nostra ci ha insegnato che attraverso il confronto, la comprensione dei punti di vista degli altri, la conoscenza di come funziona anche il settore amministrativo della scuola e con il supporto dell’Agenzia Nazionale Erasmus si può risolvere ogni cosa. Tempo? Tanto, e per la maggior parte non riconosciuto né economicamente né professionalmente, ma non cambierei mai questi anni di percorso in Europa con 23 anni di “scuola normale”.

Progetti per il futuro? Si riparte e si continua la strada intrapresa con un nuovo progetto nel quale siamo stati coinvolti: Jobland Teaching Skills Resources for Improving Career Learning at School. Questo progetto è una nuova occasione per il nostro istituto di proseguire il lavoro in Europa, ma rappresenta anche la possibilità di collaborare non solo con scuole, ma con università e organizzazioni che si occupano di educazione e formazione. Un altro tassello del puzzle che ho iniziato 23 anni fa e che si concluderà forse quando andrò in pensione. Forse. Perché l’Europa mi ha definitivamente aperto la mente e mi ha proiettata dentro un percorso di lifelong learning che non si concluderà certamente con la fine della mia carriera di docente.

 

Anna Maria Locatello, Istituto Comprensivo di Maniago (PD)