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13 Agosto 2020

Addio al filosofo Bernard Stiegler

"Farmacologo della tecnologia", ha contribuito con i suoi studi alla riflessione su scuola e innovazione nell’era digitale.

di Cristina Coccimiglio

All’età di 68 anni, si è spento pochi giorni fa in Francia Bernard Stiegler (1952-2020), uno dei maggiori filosofi contemporanei della tecnologia.

Studioso generoso e attento (ho avuto modo di conoscerlo e intervistarlo nel 2018), il filosofo francese ha ricoperto nel corso della sua vita vari incarichi in Francia, in Inghilterra, in Germania, in Cina, coordinando progetti di ricerca internazionali.

“Farmacologo della tecnologia, al pari di Platone e Derrida” (Yuk Hui, 2020), ha pubblicato più di trenta volumi, spaziando dalla fenomenologia all’estetica, dalla psicoanalisi alla biologia, dall’antropologia fino all’ecologia politica. Intendeva la tecnologia come prassi per la trasformazione rivoluzionaria della società.

Lo studioso Yuk Hui, in un recente commosso ricordo del filosofo francese, richiama l’attenzione su come, per Stiegler, la tecnologia fosse davvero la filosofia prima, repressa – nel senso del termine usato da Freud – dalla storia della filosofia. Stiegler consacrò a questa tesi il suo lavoro più conosciuto, La technique et le temps, opera epocale in tre volumi, nella quale propose un’operazione di decostruzione della fenomenologia di Heidegger e di Husserl, della Critica della ragione pura di Kant e della teoria sociale della Scuola di Francoforte.

Il filosofo invocava un cambiamento che ci avrebbe condotto in una nuova era che avrebbe richiesto la revisione del nostro modo di pensare e la necessità di ripartire dai territori. Dal 2006 lavorò a un progetto di economia contributiva in collaborazione con un gruppo di esperti interdisciplinari, presso l’Institut de recherche et d’innovation (Iri), che dirigeva. Le sue convinzioni sulle nuove tecnologie derivano da un assunto: l’uomo è tale in quanto faber, e gli strumenti che hanno prodotto l’esternalizzazione della memoria umana che vanno dalle immagini rupestri alla scrittura alfabetica e dalla fotografia fino al digitale, sono stati cruciali per il processo di individuazione degli esseri umani e per conservarne le memorie, esternalizzandole.

Critico dell’industria che si basa su una visione a breve termine del profitto e che non ha a cuore il destino delle giovani generazioni, metteva in guardia dal rischio di non sapere interrompere la deriva dell’automazione. È quanto ribadiva anche in una delle ultime interviste: «Volevamo essere più efficienti. E ci siamo arrivati dividendo il lavoro nell’industria e nella scienza. Questa iperspecializzazione tende a eliminare i bordi e quindi le eccezioni. Tuttavia, la resilienza dei sistemi viventi dipende dalla deviazione dagli standard. Rimuovendo la singolarità si guadagna in efficienza ma anche in fragilità».

 

Scuola e innovazione: la proposta di una “filosofia del reincanto”

Bernard Stiegler, in Prendersi cura. Della Gioventù e delle generazioni (2014), affronta i temi dell’istruzione e del ruolo e della trasmissione del sapere, auspicando una trasformazione teorico-politica dell’orizzonte contemporaneo. Il suo sguardo, aperto a un’intelligenza collettiva (Levy, 1996), mira a costruire un’attenzione sociale basata sulla categoria del prendersi cura di sé, del sapere e degli altri.

Come possiamo prenderci cura della conoscenza considerando che il sapere è spesso intrinsecamente in contrasto con l’adattamento a causa della sua natura critica? Il filosofo francese recupera e rielabora il concetto di cura e reincanto, andando oltre Weber e Foucault: la cura può diventare un “luogo” di apprendimento pedagogico. Per Stiegler, le aziende che fanno affidamento sul controllo finiscono per produrre individui incontrollabili, abbandonati a se stessi, che non credono più nel mondo. Propone invece un’operazione di reincanto: la digitalizzazione rende possibili nuovi processi di identificazione collettiva all’interno di ambienti associati, mentre i modelli analogici e consumistici del XX secolo avevano incentivato una disindividuazione. Le tecnologie digitali sono tecniche dello spirito che, se opportunamente socializzate, non sarebbero più causa di perdita di individuazione.

Contro quello che definisce “populismo industriale”, propone dunque di partire dal capitalismo, ma tenendo presente che esso non sopravviverà a meno che non susciti un nuovo spirito (Stiegler, 2012: 71). Si tratta di ristabilire il processo di individuazione come associazione e confronto dialogico (Vignola 2012, 2014).

È utile infine evidenziare due temi che, per Stiegler, caratterizzano la contemporaneità: il fenomeno della distruzione dell’attenzione e l’affermazione di una condizione di povertà simbolica, cioè di una perdita di individuazione derivante dalla perdita di partecipazione alla produzione di simboli intellettuali (concetti, idee, conoscenza) e sensibili (arti, know-how, costumi). L’obiettivo di Stiegler è ribaltare il consumo dissociativo, e lo fa dando vita a quella che definisce “una farmacologia positiva”, che permette – tramite una critica dell’economia politica capitalista – di trasformare il sistema attuale dall’interno. A suo avviso, la società dell’informazione oggi sistematizza il controllo dei saperi, la loro dissociazione e distruzione.

È cambiato il nostro modo di relazionarci al saper fare, il nostro habitus percettivo va modificandosi e così le pratiche formative. Si tratta di considerare che ogni forma di sapere suppone una strumentazione: una tecno-logica che lo supporta e lo condiziona. La crisi del sapere, di cui tutti gli istituti di insegnamento rappresentano il teatro, consisterebbe nel fatto che il sapere non prova più a dire l’essere, ma cerca di esplorare il divenire, anche se si continua a insegnare che il sapere ha il compito di formalizzare ciò che è. A livello di proposta didattico-formativa, questo ribilanciamento tra attenzione all’aspetto teoretico e quello più meramente pratico-operativo avverrà in maniera tanto più produttiva quanto più si creeranno delle reti (e delle connessioni ad esempio con il terzo settore, università e altri attori) e quanto più all’attenzione rispetto a ciò che è tecnicamente più necessario verrà affiancata un’attenzione allo sviluppo dei territori, di competenze trasversali (non solamente “tecniche”) e una presa in carico delle esigenze di una programmazione interdisciplinare lifelong learning.

 

Riferimenti bibliografici:
Stiegler, B. (2014), Prendersi cura. Della gioventù e delle generazioni, Napoli-Salerno: Orthotes.
Stiegler, B. (2012), Reincantare il Mondo, Napoli-Salerno: Orthotes.
Stiegler, B. (2003), Our Ailing Educational Institutions, Culture Machine, https://culturemachine.net/the-e-issue/our-ailing-educational-institutions/
Coccimiglio C., The Re-Enchantment and care policies in the digital society. Re-thinking “resilience”, starting from B. Stiegler’s philosophy, «Scuola Democratica». Il Mulino», in vol. II Teaching, Learning, Evaluation and Technology 2019, pp. 44-50.
Stiegler B. (2019), La società automatica. Il futuro del lavoro, Milano: Meltemi.