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LEARNING OBJECTS

Learning object: storia di un oggetto in mutamento

Informazione è qualunque differenza che generi differenze

di Valentina Tiracorrendo
05 Novembre 2004

Come è noto l’uso dei L.O. trova la propria origine nel paradigma della programmazione Object Oriented usata nel settore informatico, in cui vengono creati Archivio Dia Indirecomponenti ("objects") indipendenti l'uno dall'altro, che possono essere riutilizzati in contesti diversi grazie al loro riassemblaggio di volta in volta nuovo; ma l'idea del L.O. nasce da un suggerimento di Reigeluth e Nelson che prendono ad esempio proprio gli insegnanti, i quali, accedendo per la prima volta ai materiali didattici, si trovano spesso costretti a scomporli in tanti pezzi che poi riassemblano adattandoli alle proprie esigenze d'insegnamento.
Il L.O. si configura quale intersezione nodale di due percorsi di ricerca evidentemente non paralleli: quello delle tecnologie per la didattica utilizzate ed utilizzabili nella didattica, con connotazione prevalentemente tecnologica, e le tecnologie didattiche che identificano invece un settore interdisciplinare di riflessione sui processi didattici.
Cercheremo quindi di ripercorrere brevemente i luoghi salienti di questi itinerari di studio per comprendere come l’individuazione, non ultima quella, in fieri, terminologica, del Lerning object costituisca il significativo risultato della condivisione delle esperienze di e-learning.
L’e-learning, definita dalla Commissione Europea “l’istruzione di domani”, è una nuova modalità di apprendimento resa possibile dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Con tale espressione si indica l’impiego della tecnologia per progettare, distribuire, selezionare, amministrare, supportare e diffondere la formazione, realizzando percorsi formativi personalizzati.
Ciò che oggi è individuato con il termine e-learning si configura quale frutto della integrazione di due diversi campi di sperimentazione: la formazione a distanza (FAD) e l’evoluzione delle tecnologie della comunicazione. Concorrono a connotare il significato del termine e-learning, da un lato l’evoluzione dell’educazione a distanza verso modelli didattici di tipo open, dall’altro la progressiva affermazione di modelli teorici ed epistemologici che propongono una formazione incentrata sulla personale costruzione dei saperi, dal costruttivismo alle teorie sull’apprendimento attivo e coinvolto (active learning, engaged learning). Un ulteriore apporto proviene dalla cosiddetta “psicologia umanistica” (Fromm, Maslow, Rogers) che, nel proporre l’assunto in base al quale gli esseri umani aspirano all’autorealizzazione, ha portato quale conseguenza sul piano pedagogico e didattico un radicale cambiamento nell’atteggiamento del docente, fino a modificare il proprio ruolo in quello di “facilitatore”.
Le tecnologie per la didattica intese in un primo momento come scienza dei mezzi, si sono concentrate sullo studio delle caratteristiche e delle possibilità dei vari mezzi audiovisivi, intesi come strumenti (hardware). Soltanto in un secondo momento si è invece preso in considerazione il materiale didattico (software). L'attenzione, inizialmente centrata sulle caratteristiche della macchina, e sui suoi impatti nei processi formativi si è estesa successivamente al processo di comunicazione uomo-macchina; verso la fine degli anni Sessanta i modelli di comunicazione sviluppati hanno iniziato ad essere considerati come componenti di un vero e proprio sistema didattico. Parallelamente gli aspetti tecnologici nello sviluppo delle interfacce uomo-macchina hanno comportato il passaggio dai terminali alfanumerici alla realtà virtuale: le interfacce, caratterizzate per molti anni dall’aspetto puramente testuale e da linguaggi con sintassi rigide, gradualmente hanno assunto l'aspetto organizzativo basato su finestre, menù a tendina ed icone evocative. Oggi le interfacce sono diventate multimediali ed in fine virtuali: il computer  quindi crea una realtà sua propria e non semplicemente sue rappresentazioni simboliche; e le funzionalità delle applicazioni, nel tempo, sono diventate accessibili anche per quanti non possiedono competenze tecniche. 
All'inizio degli anni Sessanta risalgono le prime elaborazioni di modelli di progettazione di interi corsi non orientati alla sola istruzione programmata.
Gradualmente si è determinato il passaggio da istruzione programmata a programmazione dell'istruzione. Verso la fine degli anni sessanta si registra quindi un primo sostanziale ripensamento delle tecnologie per la didattica: non più soltanto scienza dei mezzi ed istruzione programmata ma applicazione sistematica di conoscenze scientifiche (mediate dal campo della psicologia e della teoria della comunicazione) ai compiti pratici dell'educazione.
Questo processo è emblematico della apertura della ricerca dai problemi microscopici legati a particolari aspetti del processo didattico a quelli macroscopici legati alla progettazione e valutazione di interi corsi e curricula.
Intelligenza artificiale e psicologia cognitiva nel tempo hanno infatti costruito modelli dello studente e della conoscenza sempre più evoluti relativamente a diverse tipologie di conoscenza e a diversi contesti disciplinari. E questa estensione della conoscenza nel settore dei processi cognitivi costituisce il contributo più importante dell'intelligenza artificiale alla didattica.
Il primo esempio di FAD, può essere individuato nelle scuole per corrispondenza, nate già nell'ottocento negli USA e in Canada, con il fine di fornire un'istruzione di base ed una preparazione professionale difficilmente acquisibili presso istituti di formazione, spesso assai distanti dai piccoli centri abitati, e basata sull'invio per posta di libri e dispense, e sull’utilizzo di test per la verifica. Soltanto con la nascita del mezzo televisivo, sul finire degli anni cinquanta, si è passati ai cosiddetti FaD "di seconda generazione" basati sull'uso di lezioni preregistrate su cassette audio e video e, in seguito, software didattici, CD-ROM, e-mail ed altri supporti. Quella in corso, detta FaD "di terza generazione”, si avvale delle reti telematiche, sfruttando tutte le risorse dell'ICT (Information & Communication Technology) ed è in continua evoluzione. In dieci anni si è passati quindi dai corsi fruibili su supporti non in linea come il CD-ROM, ai corsi su siti web dedicati e, infine, alla suddetta "terza generazione" di formazione a distanza che si caratterizza per la natura intrinsecamente decentralizzata e modulare delle risorse reperibili su Web.
L’idea di raccogliere risorse digitali utilizzabili per la didattica risale ai primi anni novanta, suggerita dal presupposto di una scindibilità tra strategie didattiche e contenuto, il quale avrebbe potuto essere intercambiabile all’interno di un precostituito percorso di istruzione (Institutional Transaction Theory).
Il concetto di "oggetto di apprendimento" o "Learning Object" è nato dalla necessità di nuovi  modelli modulari di rappresentazione della conoscenza e di descrizione dei contenuti condivisibili, proprio per superare il limite di una inefficace rigidità nell’utilizzo di Internet come mero veicolo di pacchetti formativi precostituiti in ambienti software appositamente strutturati. Ciò che distingue la "terza generazione" della FAD dalle precedenti è infatti lo spostamento dell'attenzione dai contenuti erogati ai processi che realizzano l'apprendimento. Il concetto chiave intorno al quale ruotano tutti gli aspetti del processo è quello dell'interazione, definibile come possibilità che ha il discente di intervenire in un percorso didattico ed essere a sua volta influenzato efficacemente. Il percorso che ha portato alla maturata condivisione di questi assunti teorici e metodologici nell’ambito della progettazione della didattica, e più ampiamente della costruzione di modelli di rappresentazione della conoscenza, trova le sue radici nella storia recente di modelli teorici ed epistemologici dei quali andremo brevemente a ricordare le tappe salienti.Archivio Dia Indire Le prime macchine per insegnare di cui si ha notizia risalgono agli anni venti del Novecento e sono nate alla Ohio University per opera dello psicologo Sidney Pressey. Nel 1954 viene pubblicato il famoso articolo di Skinner "The Science of Learning and The Art of Teaching" che segnò l'inizio di una fioritura di studi sull'istruzione programmata e sull'impiego di macchine nei processi di apprendimento. L’articolo suggeriva infatti un raffronto tra gli studi di laboratorio relativi alle modifiche comportamentali degli animali ed analoghe pratiche che avrebbero potuto migliorare l'educazione. Il comportamentismo è stata infatti la prima teoria di riferimento della storia delle tecnologie didattiche; nata dalle ricerche sul condizionamento del comportamento animale sosteneva che l'apprendimento umano potesse essere influenzato attraverso il rinforzo positivo, ovvero le conseguenze positive alle azioni compiute. Secondo il comportamentismo quindi il condizionamento costituisce una componente della condotta umana che può interagire con le attività intellettuali astratte e che può essere intenzionalmente e liberamente utilizzata dall'uomo .
Da allora il settore disciplinare della Educational Technology si è sviluppato rapidamente soprattutto nel mondo anglosassone. In Italia invece il termine “tecnologie didattiche” compare solo agli inizi degli anni settanta a testimonianza di un interesse tardivo per questo settore di ricerca.
Nel corso degli anni sessanta viene elaborata una parallela rappresentazione strutturale del sapere, quella del cognitivismo, radicalmente opposta a quella comportamentista, che individua stadi progressivi nel processo di apprendimento configurando un nuovo approccio alla stessa psicologia dell'appredimento: nell’ambito della progettazione dei processi di apprendimento il cognitivismo individua un efficace campo di indagine piuttosto che nel conseguimento degli obiettivi, in quei fattori cognitivi che ne favoriscono il raggiungimento (per esempio atteggiamenti e stati mentali), mettendo a fuoco una serie di parametri qualitativi (trasferibilità, ricadute, connessione, significatività per il discente, etc.) oltre che quantitativi, quali elementi di valutazione di un progetto di apprendimento.
Una declinazione del cognitivismo, il costruttivismo, di cui Piaget è riconosciuto uno dei principali teorizzatori, al concetto di un sapere oggettivo e sovrapersonale, derivante da un processo di travaso della conoscenza dalla mente del docente, o dalla macchina, a quella dello studente, sostituisce l’idea di saperi individuali, per stadi progressivi, frutto di una interpretazione della propria esperienza, in base alla quale l'apprendimento è visto come un processo attivo in cui il significato si sviluppa sulla base dell'esperienza. I principali aspetti del pensiero costruttivista possono essere sintetizzati nei seguenti punti (Merril, 1991):

  •  sapere come costruzione personale
  •  apprendimento attivo
  •  apprendimento collaborativi
  •  importanza del contesto
  •  valutazione intrinseca

Già dalla fine degli anni settanta, attraverso la riscoperta degli ultimi studi di Vygotsky degli inizi degli anni Trenta, era emersa l'importanza dell'interazione con gli altri e con gli aspetti culturali e sociali dell'ambiente per lo sviluppo cognitivo e psicomotorio. Elemento cardine del Costruttivismo, l'apprendimento collaborativo, contestualizza i saperi individuali nella loro reciproca e costruttiva interazione. Lungo questo tracciato nel 1989 compare l’espressione Situated Learning (Brown, Collins e Duguid) ad indicare una conoscenza intrinsecamente collegata all'ambiente; non oggettiva, ma soggettiva il cui processo di apprendimento può verificarsi soltanto all’interno di quelle comunità che praticano tale conoscenza o in cui quella conoscenza è inserita. Da questa concezione deriva anche il riconoscimento del limite di un insegnamento scolastico, i cui contenuti risultano spesso disgiunti dalle culture in cui sono naturalmente inseriti. Ne consegue inoltre che anche la valutazione dell’apprendimento deve essere integrata con il processo stesso di costruzione della conoscenza e non invece costituire un’ attività separata.
Oggi la ricerca è volta tuttavia ad interpretare il costruttivismo in una molteplicità di contesti e domini di contenuti distinti, nell’ottica di un superamento delle semplificazioni e delle inadeguatezze di posizioni estreme ed inconciliabili che ne hanno limitato l'applicabilità alle situazioni di apprendimento reale. La ricerca si sta muovendo attraverso proposte locali. Nel settore della progettazione didattica è molto difficile infatti assumere in toto i principi del costruttivismo ed ipotizzare l’assenza di una qualche realtà esterna, sostenendo che l'apprendimento sia una interpretazione personale del mondo; e che non ci possano essere categorie di obiettivi didattici indipendentemente dal dominio dei contenuti. Bisogna, come ci suggerisce Robert McCormick, operare una distinzione: “Nella prospettiva del costruttivismo piagetiano, si ha apprendimento e creazione di conoscenza dalla risoluzione del conflitto cognitivo che si crea tra due interlocutori, risoluzione che Jean Piaget colloca a livello individuale. Nella prospettiva del costruttivismo sociale, invece, la risoluzione di questo conflitto è una creazione sociale. […] Ma non è la nuova tecnologia a creare una nuova visione dell'apprendimento e della conoscenza […] non basta dare a una comunità di apprendimento uno strumento che tecnologicamente risponde a principi collaborativi e del costruttivismo sociale per avere di per sé un apprendimento sociale. Deve essere la comunità stessa che diventa promotrice di forme diverse di apprendimento e che solo successivamente, in un secondo momento, si dota e fruisce degli strumenti adeguati”.
Per tornare ai Learning Objects va osservato quindi che lo stato attuale della ricerca è ancora distante dal realizzare un sistema integrato ed “intelligente” in grado di costruire, in modo flessibile ed al contempo completo, moduli didattici su misura, attraverso i L.O.. Da un punto di vista educativo inoltre non si considera sufficiente giustapporre semplicemente moduli su moduli per costruire un’unità didattica efficace, in quanto devono necessariamente essere ricostruiti nessi e riferimenti ai nodi strutturali di una rete di concetti riconosciuti, propri all’argomento che si sta trattando, in modo da fornire una continuità funzionale agli obbiettivi educativi stabiliti.
Non c’è un parere condiviso sulla quella che deve essere l’estensione di un oggetto didattico, se un singolo asset cioè possa già costituire un oggetto didattico oppure la parte atomica della molecola del L.O. . Altra questione è aperta in merito alla esplicitazione del modello teorico di riferimento ed alle forme della sua comunicazione e localizzazione nei metadata; secondo alcuni è possibile parlare di 'riuso' solo per gli asset, gli Oggetti più granulari, decontestualizzati e quindi adattabili a diversi modelli teorici. Altri sostengono invece che oggetti didattici molecolari e più in generale ambienti formativi dei quali viene esplicitato il modello teorico di riferimento non comportano un conflitto cognitivo riusati in diversi contesti o da diversi insegnanti. In questa ottica infatti la figura mediatrice dell’insegnante risulta imprescindibile, prefigurando una soluzione di blended learning, e il suo incontro con un modello teorico inconsueto, contenuto nel L.O., potrebbe risolversi in un valore aggiunto.Archivio Dia Indire

Bisogna nondimeno tenere conto che fino a qualche anno fa pochi erano ancora a conoscenza dell'esistenza di specifiche internazionali per i metadata e, sul fronte metodologico, si ignoravano spesso le stesse teorie di riferimento.
Nel biennio 2000/2001, in brevissimo tempo, nella comunità che gravita intorno all'e-learning si è verificata una progressiva convergenza verso comuni riferimenti teorici, la decisa consapevolezza dell'utilità e della standardizzazione delle piattaforme, una crescente sensibilità verso gli ambienti di apprendimento supportati da Tutor, una comune tendenza a sfruttare i punti di forza del Blended Learning nel superamento di una rigida contrapposizione fra formazione a distanza e in presenza.
Insomma si è riconosciuta la centralità dei contenuti e dell'utente come punto di riferimento delle proprie azioni.
Ma la stessa definizione di Learning Objects risulta ancora controversa, il termine ha assunto nel corso del tempo significati sempre più ampi e la storia è ben lungi dal terminare. Le difficoltà di una partecipata terminologia relativa agli oggetti didattici sono sintomatiche del delicato rapporto, giocato sul filo del rasoio delle tecnologie, tra l’esigenza di favorire distinti stili di apprendimento/formazione e l’istanza del riconoscimento di basi di conoscenze progettate condivisibili e riutilizzabili concretamente nel mondo reale.

di Valentina Tiracorrendo, Indire Comunicazione

Editing a cura di Francesco Vettori, Indire Comunicazione

 
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