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ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO

L’alternanza scuola e lavoro

"Un territorio di integrazione" tra passato e futuro

di Caterina Orlandi
20 Gennaio 2005

L’art.4 della legge 53 di riforma del sistema dell’istruzione prevede, sotto il titolo “Alternanza scuola-lavoro”, la “possibilità (per gli studenti che hanno compiuto il 15esimo anno di età) di realizzare i corsi del secondo ciclo in alternanza scuola-lavoro”. In particolare, alla lettera A, l’articolo stabilisce che è possibile “svolgere l’intera formazione dai 15 ai 18 anni attraverso l’alternanza di periodi di studio e di lavoro, sotto la responsabilità dell’istituzione scolastica o formativa, sulla base di convenzioni con imprese o con le rispettive associazioni di rappresentanza”. L’art.4 della legge delega 53 e il relativo schema di decreto attuativo formano una cornice di riferimento e quelle linee di indirizzo necessarie a favorire lo sviluppo dell’alternanza scuola lavoro e di tutte quelle modalità di apprendimento che favoriscono e sono favorite dalla integrazione tra scuola e impresa. La collaborazione tra mondo della scuola e del lavoro promossa dalla normativa sull’alternanza ha tra gli obiettivi quelli di dare vita a “territori di integrazione” dove: 

  • l’apprendimento sia più accattivante; 
  • ai giovani sia garantita l’opportunità di sperimentare e conoscere meglio le proprie vocazioni e attitudini;
  • siano favorite scelte più consapevoli da parte degli studenti per i percorsi successivi e per lo sviluppo delle competenze necessarie al sistema sociale e produttivo del nostro paese e dell’unione.

Dia IndireLa portata del processo di cambiamento in atto, che riguarda l’Europa intera, e in particolare il nostro paese per i ritardi che tutti noi conosciamo, la possiamo rilevare non solo dal traguardo segnato dall’approvazione di una apposita normativa che riguarda l’alternanza quanto dal fatto che questa introduce e legittima con forza, all’attenzione di tutti, addetti ai lavori e non, il tema di una diversa concezione dell’educazione, dell’istruzione, della formazione e dell’apprendimento.

Tra le condizioni che hanno impedito nel nostro paese l’introduzione di un segmento importante di formazione in alternanza, oltre alla mancanza di un quadro normativo complessivo di riferimento adeguato, possiamo indicare:

  • una cultura centrata su una forte divisione tra mondo dell’istruzione e mondo della produzione sia dei prodotti che dei servizi;
  • un pregiudizio relativo al fatto che il sapere acquisito attraverso l’esperienza diretta e attraverso la pratica sia comunque un sapere di serie B che difficilmente può confrontarsi o addirittura competere con un sapere teorico, ricco di nozioni, di natura prevalentemente deduttiva, trasmesso in ambiente formale (scuola);
  • l’idea convalidata da anni di storia che la formazione dei lavoratori fosse un problema da risolvere con un relativo impegno da parte dell’impresa nel momento dell’acquisizione delle nuove risorse con brevi corsi di formazione o addirittura con una apprendimento del tipo “fai da te” basato su una semplice e spontanea fase di affiancamento a personale già esperto.

Dia IndireOggi quello che sta cambiando è proprio la portata culturale dei significati attuali e potenziali e i ruoli che la formazione svolge per il lavoro e il lavoro per la formazione. La complessità e la contingenza dei mercati e dei sistemi produttivi che si modificano velocemente e chiedono forza lavoro aggiornata e flessibile, disposta a seguire passo passo i cambiamenti che si realizzano, appare solo una delle motivazioni che accompagnano la crescita di nuovi modi di pensare e realizzare ambienti e attività per favorire l’apprendimento.

Le motivazioni che si aggiungono a quelle prodotte dai bisogni delle imprese sono di respiro culturale e sociale, riguardano più in generale le teorie pedagogiche e sociali, dalle metodologie didattiche ai principi della cittadinanza attiva. Una delle conquiste degli ultimi anni è legata alla convinzione che nelle metodologie didattiche basate sul learning by doing i processi del pensare e del fare siano in relazione continua, simmetrica di reciprocità. È in questa filosofia dell’imparare facendo che il mondo della scuola e il mondo del lavoro si incontrano e mettono a fattore comune l’esperienza accumulata negli anni, superando un’antica e rigida divisione che rivendicava per la scuola una elitaria dimensione del pensare, contrapponendola ad una volgare dimensione del fare relegata nel lavoro. Da questo fertile incontro, dalla nascita di “territori di integrazione tra il mondo della scuola e il mondo delle imprese”, per richiamare il titolo di un recente convegno, si sviluppano e traggono forza i modelli dell’apprendimento che ripercorrono il ciclo completo dell’azione umana intenzionale nell’interazione con l’ambiente: dall’esperienza concreta, attraverso la riflessione, si giunge alla concettualizzazione, fino a ritornare al fare nell’applicazione. Insomma fare e pensare concorrono con pari forza e uguale dignità a costruire le competenze del soggetto.

L’alternanza recupera il passato restituendo dignità a quella forma di apprendimento che da sempre ha caratterizzato e caratterizza il genere umano, proiettandola verso il futuro attraverso la mediazione della sistematicità, della riflessione teorica e della ricerca pedagogica e didattica. Il cambiamento di rotta verso lo sviluppo di questa cultura nuova va evolvendo negli ultimi anni anche grazie alla varietà delle esperienze sistematiche proposte e condotte nell’alternanza e mi riferisco a quelle iniziative che spaziano dallo stage formativo al tirocinio alla Metodologia dell’Impresa Formativa Simulata come hanno messo bene in evidenza anche le ricerche condotte da ISTUD.

Dia IndireQueste nuove opportunità d'apprendere - oltre a promuovere lo sviluppo di competenze finora inedite negli operatori che sono chiamati continuamente a elaborare strategie e percorsi didattici che tengano conto della centralità dell’alunno, della flessibilità e della personalizzazione dell’insegnamento in relazione al contesto sociale e produttivo - cercano di rispondere a bisogni espressi dalla crescente insofferenza dei giovani verso il classico insegnamento ex cathedra. In questa nuova compagine del sistema educativo è certo che la centralità non è più solo quella della scuola. Anzi, si va ridisegnando un sistema di riferimento finalizzato all’apprendimento di tipo reticolare, dove differenti responsabilità e compiti sono distribuiti su una molteplicità di soggetti che concorrono insieme al raggiungimento del risultato: permettere ai soggetti in formazione di sviluppare quelle competenze utili a entrare e rimanere nel mondo del lavoro e a partecipare alla vita sociale in modo attivo, consapevole e collaborativo. Anche la distribuzione temporale e spaziale delle opportunità per apprendere sono state in questi anni ripensate grazie all’uso delle nuove tecnologie (vedi e-learning) rendendo disponibile un’offerta che per quantità, varietà e fruibilità facilita la flessibilità e la personalizzazione dell’insegnamento.

Questo nuovo indirizzo ci riconduce a luoghi e sistemi educativi e formativi antichi e conosciuti: i giovani che crescevano nei nostri paesi e nei quartieri delle nostre città avevano una struttura reticolare di adulti di riferimento. Le risorse per la crescita emotiva, sociale, culturale, operativa e operatoria, le opportunità per il proprio sviluppo compatibile con l’ambiente di allora erano a portata di mano, distribuite in modo equilibrato nel tessuto sociale ed erano un riferimento certo che favoriva l’accompagnamento all’età adulta ed alla stabilità sociale. Se è ancora vero che: “ci vuole un villaggio per educare un fanciullo” è anche vero che oggi il villaggio è cambiato, è un villaggio globale ad alta complessità, in continua e veloce trasformazione. I soggetti che oggi possono concorrere all’educazione e alla formazione dei fanciulli non sono più solo gli stessi e hanno sì il nome di famiglia e di scuola, ma anche impresa, artigianato, agenzia formativa, mondo delle professioni, camere di commercio, insomma sono chiamati in causa tutti quanti possono contribuire con il proprio ruolo, la propria responsabilità, le proprie risorse e le proprie competenze. Anche per queste ragioni l’alternanza non può essere limitata a fasi separate e distinte di vita scolastica e di vita lavorativa.

I luoghi dell’integrazione tra esperienza scolastica e esperienza assistita sul posto di lavoro sono una precondizione per la costruzione di una vera nuova cultura che valorizza anche il ruolo formativo dell’impresa per lo sviluppo della professionalità dei ragazzi. I processi di integrazione tra scuola e impresa che si realizzano per e grazie all’alternanza, rafforzano il pensiero che l’apprendimento è tale indipendentemente dal fatto che sia di tipo formale o informale, che nasca dalla vita scolastica e/o dall’esperienza lavorativa. È ormai ampiamente riconosciuto che il valore dell’esperienza lavorativa per l’apprendimento della competenze chiave indicate dall’Ocse e poi riprese nel noto documento conosciuto come “Key competencies ”.

Dia IndireLa comunità che si incontra sul lavoro rappresenta una grande opportunità per sperimentare il significato del lavorare in gruppo per raggiungere un obiettivo e sviluppare il senso di appartenenza. La crescita della professionalità va di pari passo con la crescita della persona in termini di capacità di comunicare, cooperare, risolvere problemi. Anche la scuola offre continue opportunità per lo sviluppo di queste competenze nei ragazzi, ma sappiano bene quanto la crescita vera della persona sia legata all’acquisizione e capacità di sviluppare comportamenti differenti e adeguati in contesti diversi. Allora l’alternanza si configura ancora con più forza come una opportunità formativa che ricongiungendo apprendimento e vita reale favorisce lo sviluppo professionale, della persona e dunque del cittadino anche per quanto riguarda la vita relazionale e affettiva.

Potremmo allora dire che fare, pensare e sentire (inteso come dimensione affettivo/relazionale) concorrono con pari forza e uguale dignità a costruire le competenze del soggetto. Il percorso che le imprese hanno già intrapreso nei confronti anche di se stesse (vedi la formazione dei lavoratori) ma che deve essere rinforzato e sostenuto è quello che fa diventare l’impresa una vera e propria “organizzazione formativa ”. La capacità dell’impresa di essere organizzazione per il lavoro e l’apprendimento è legata a più fattori: il modo con cui il lavoro è organizzato; il ruolo del lavoratore rispetto al lavoro (attivo o passivo); la cultura relazionale e comunicativa dentro l’impresa e dell’impresa verso l’esterno; il modo con cui l’impresa costruisce il proprio know-how e lo ridistribuisce all’interno (imparare gli uni dagli altri). Questi elementi socioculturali sono indispensabili per poter indicare l’impresa come una “organizzazione produttiva e formativa”.

Di pari passo sono necessarie azioni istituzionali e normative che permettano di creare maggiori collegamenti tra attività lavorativa e riconoscimento formale delle competenze acquisite. Affinché il percorso intrapreso prosegua in modo costruttivo e produttivo per tutti è necessario: 

  • sostenere, con azioni mirate, la diffusione dell’informazione e della cultura dell’alternanza scuola lavoro per sensibilizzare le parti interessate ad avere un ruolo più consapevole e attivo;
  • favorire la condivisione delle pratiche e della conoscenza che si viene via via sviluppando sul territorio nazionale e internazionale attraverso la documentazione, il confronto, la ricerca e il rinnovamento continuo;
  • creare ambienti e spazi per la cooperazione tra parti interessate e istituzioni a livello nazionale, regionale e locale, in modo tale da creare e rinforzare i legami tra scuola, università, mondo della formazione, mondo produttivo, ricerca, partner sociali;
  • favorire i partenariati nella realizzazione delle attività e la costituzione di reti.

Il circolo vizioso dell’incompetenza socioculturale porta il singolo (famiglie) a chiedere l’intervento istituzionale delle molteplici agenzie (come scuola e servizi sociali) a ciò addette. Ma il moltiplicarsi degli interventi esterni conduce in realtà ad un aumento dell’incompetenza e quindi alla Dia Indirecronicizzazione delle situazioni da ciò derivanti. La scommessa è nella restituzione di competenza attraverso il network che partendo dall’individuo lo colleghi alla rete di rapporti esistenti ma al momento ancora non sufficientemente visibili - il network serve proprio per renderli visibili - a partire dai più vicini fino a collegarsi a livello più ampio al sistema economico, ai mass media, alle politiche sociali fino addirittura a giungere al sistema politico che non può essere contattato da un’iniziativa singola, ma con cui si possono stabilire contatti attraverso i politici locali. Un “organizzazione formativa” (scuola, impresa, agenzia formativa) in quanto tale deve fornire prima di tutto la mediazione di una comunicazione, di un linguaggio trasmissibili. La comunicazione e la collaborazione definiscono infatti il punto nodale della legittimazione di qualsiasi intervento teso a inserire l’individuo nel villaggio globale da cui l’incompetenza socioculturale esclude, favorendo quell’associazione del sentire, del pensare, del dire e del fare senza la quale oggi se ne è fuori.

In questo contesto l'Istituto Indire può fornire un struttura di servizio nazionale al sistema e quindi alle regioni, agli enti locali, alla scuola, alle imprese con:

  • il portale alternanza scuola lavoro collegato agli altri portali
  • una banca dati delle esperienze
  • un servizio per la documentazione delle pratiche didattiche
  • ricerche sulle metodologie didattiche ed in particolare su quelle basate sul learning by doing

Per quanto riguarda l’imparare facendo, Indire grazie all’attività condotta con Puntoedu sostiene e promuove la cultura dell’apprendimento combinando teoria e pratica. Ponendo al centro i bisogni e la motivazione dei discenti, gli ambienti di Puntoedu valorizzano molteplici stili di apprendimento, approcci centrati sul discente, l’apprendimento collaborativo come partecipazione sociale (ovvero in comunità dove le persone condividono attività ed esperienze nel tempo), la promozione del pensiero critico, la creatività, l’autonomia, la responsabilità e il senso di appartenenza.

Editing a cura di Francesco Vettori, Comunicazione, Indire

 
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