di Francesco Vettori
21 Marzo 2005
Artefici dell'incontro così si può risassumere uno dei motivi che intessono l'intervista di Dala Giorgetti a Mario Luzi a proposito di Letteratura Giovanile, apparsa sul periodico Schedario della Biblioteca di Documentazione Pedagogica, l'attuale Istituto Indire, nel terzo numero del 1997: chi sono questi artefici dell'incontro di cui si parla con Mario Luzi e soprattutto perché si ha bisogno di qualcuno che ci faccia incontrare qualcun altro?
Domande che nascono da considerazioni piene di conseguenze: l'opera letteraria, espressione della lingua e cultura dell'autore - ne formano il linguaggio - interessa autori e lettori di altre lingue e culture, stabilendo una relazione di consonanza e differenza alla base della scoperta conoscitiva: "una differenza così accentuata che può venire avvertita come un completamento della nostra esperienza e della nostra personalità oppure come una specie di conflitto [...]".
E allora di traduttori si sta parlando, di traduttori che Luzi intende come mediatori e al limite creatori d'opere, perché la traduzione è un atto di decifrazione e espressione in un'altra lingua, nel caso della poesia di qualcosa che mira alla compiutezza: " Mallarmé è intraducibile, eppure mi ero lasciato tentare più volte. [...] Dalla perfezione formale cui era arrivato ho cercato di risalire ai motivi ispiratori che l'avevano provocato [...]".
Purtroppo allora come oggi i traduttori sono spesso dimenticati, non reputandoli degni di occupare un posto di rilievo nelle pagine dei libri, che anche grazie al loro lavoro sono pubblicati, e soprattutto non riconoscendone il prezioso insostituibile lavoro del passaggio fra culture, di ciò che è comunicato e espresso in una lingua in una lingua altra: "il motivo deve essere un interesse vivo, diretto, frizzante, effervescente".
La questione che si pone con la letteratura giovanile è per certi versi la stessa, capovolta: far leggere dei testi scelti per "una trasparenza di significati che possono essere captati, senza problemi e senza filtri intermedi", date le capacità e disposizione dei suoi lettori. In questo senso la predilezione di Luzi va a Perrault, che gli appare "ricchissimo di significatività umana, chiaramente ed immediatamente percepibile".
Non manca un giudizio sulla poesia a uso dei più giovani e il costume di moda qualche tempo fa a scuola di spingerli a comporre in linguaggio poetico il proprio mondo di adolescenti; la valutazione di Luzi è piuttosto perentoria: "temo che si bamboleggi un pò troppo con la poesia, si dà l'impressione che la poesia per non essere intimidatrice debba essere un gioco e, finito il gioco, è finita anche la poesia. Vorrei, ma forse sono un po' utopista, si facesse sentire che è cosa seria, che con essa si entra in un regno che non è fatato, ma è regno della nostra storia, della nostra qualità umana, della stessa vicenda umana, così come si è mostrata attraverso i secoli".
Le parole fra virgolette sono di Mario Luzi; l’intervista completa può leggersi su Schedario, numero 3 anno 1997, Le Monnier, Firenze, pp. 30/33.
La rivista è consultabile nella sede di Indire a Firenze, in via Buonarroti 10.
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