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DISABILITA'

Accessibilità, a che punto siamo?

Un breve excursus tra USA, Europa e Italia per scoprire cosa si sta facendo per ridurre le "barriere architettoniche" sul web

di Patrizia Lotti
01 Ottobre 2006

Nascita del concetto di accessibilità

Il '900 è stato caratterizzato sia da un forte sviluppo tecnologico, sia dalla strutturazione di iniziative tese all'integrazione sociale. In particolare, lo sviluppo dell'architettura contemporanea ha affiancato la ricerca stilistica allo studio delle differenti possibilità di mobilità delle persone, considerando anche le loro eventuali difficoltà. La determinazione dei princìpi dello "Universal design" è diventata un traguardo importantissimo dell'architettura: alla base della progettazione di un palazzo, ad esempio, c'è oggi la necessità di porre attenzione alle diverse esigenze, cosicché possa essere ugualmente fruito da ognuno. È grazie all'applicazione di questi princìpi che oggi è sempre più spesso possibile entrare in un palazzo di nuova costruzione e muoversi al suo interno con una carrozzella.

Le tecnologie facilitano: oltre ad aumentare le comunicazioni e determinare il passaggio dallo spazio reale a quello virtuale possono infatti eliminare gli ostacoli propri dell'ambiente fisico. In realtà però con le ICT possono verificarsi delle difficoltà analoghe a quelle con cui si ha a che fare nello spazio reale.

L'assunto base del Design universale è che il cosiddetto "utente medio" - inteso come rappresentazione astratta dei bisogni della maggioranza - non esista, e che occorra progettare tenendo conto in ogni momento della varietà di esigenze di tutti gli utenti. Per studiare, manifestare e normalizzare le necessità determinate dalle disabilità nelle comunicazioni è nato nel 1971 negli USA il Trace Research and Development Center, coinvolto nell'individuazione dei princìpi che garantiscano l'accesso universale dei computer. Sempre negli Stati Uniti, dal 1973, opera anche l'"Americans with Disabilities Act".

Agli studi di questi organismi dobbiamo la sintesi delle esigenze del Design universale, riconducibili a sette principi base:

- equità d'uso
- flessibilità d'uso
- semplicità e intuitività d'uso; cioè utilizzo dell'applicazione facile da capire, indipendentemente dall'esperienza dell'utente, dalla sua conoscenza, dalle sue capacità linguistiche o di concentrazione
- informazione accessibile
- tolleranza degli errori
- richiesta del minimo sforzo
- dimensione e spazio per l'uso adatto a qualsiasi utente, senza limiti per la capacità dimovimento, postura e dimensionedel corpo


Il web e l'accessibilità

Se il sistema di connessione in rete tra computer è più datato, il World Wide Web è stato inventato nel 1990 da Tim Berners-Lee, il quale quattro anni dopo ha fondato e diretto il Word Wide Web Consortium (W3C). Presentando questa invenzione, Berners-Lee dichiarò: «La forza del Web sta nella sua universalità; l’accesso da parte di chiunque, indipendentemente dalle sue disabilità, ne è un aspetto essenziale». Di fatto la corsa alla pubblicazione nel web, affiancata alla scarsa coscienza e conoscenza delle sue caratteristiche strutturali, ha prodotto una nuova tipologia di barriere architettoniche.

Le più diffuse difficoltà legate all'accesso al web sono:

· ipovisione, cecità completa e cecità ai colori
· disabilità motorie limitanti l'utilizzo del mouse e della tastiera
· sordità e quindi inabilità all'ascolto di presentazioni multimediali o difficoltà nella comprensione di informazioni audio
· disabilità cognitive, come pure le difficoltà di lettura, la dislessia o la perdita di memoria
· divario tecnologico, come le connessioni lente o le vecchie versioni di software

Spesso le pagine web hanno problemi comparabili alle porte strette per le sedie a rotelle. Per esempio, se un'interazione essenziale necessita di un mouse, questo diventa un vero ostacolo per persone che non possono utilizzarlo; se una mappa concettuale oppure un grafico viene inserito nel testo come immagine, senza un adeguato testo alternativo, chi non può vedere le immagini non potrà fruire della medesima informazione.

Il W3C  è un consorzio internazionale che con il contributo di tutti i suoi membri guida l'evoluzione del web attraverso protocolli comuni, definiti tramite le Recommendation, documenti tecnici stabili e condivisi. All'interno del W3C, la Web Accessibility Initiative ha lavorato per assicurare l'accessibilità delle tecnologie web; in particolare ha prodotto le Web Content Accessibility Guidelines (WCAG), le Authoring Tool Accessibility Guidelines e le User Agent Accessibility Guidelines.
La versione 1 delle WCAG è stata approvata nel maggio del 1999 e divide le sue indicazioni in tre livelli di priorità - A, AA, AAA - a seconda che il loro mancato soddisfacimento renda impossibile, difficile o solo in alcuni casi difficoltoso l'accesso alle informazioni.
Le WCAG 2 sono ancora delle bozze, ma rappresentano un'evoluzione della prima raccomandazione; pur rispondendo ai medesimi princìpi, sono infatti strutturate in modo diverso poiché prevedono quattro nuove linee guida: percepibilità, operabilità, comprensibilità e robustezza.


DIA, IndireL'Europa e la Società della Conoscenza

Nella sessione straordinaria del Consiglio della Comunità Europea, tenutosi a Lisbona nel marzo del 2000 per rispondere alla nuova sfida della globalizzazione e dell’economia basata sulla conoscenza, sono stati stabiliti come obiettivi strategici la creazione di nuove infrastrutture del sapere, la promozione dell’innovazione e delle riforme economiche e la modernizzazione dei sistemi di previdenza sociale e di istruzione. L'obiettivo è stato fissato per il 2010 in circa dieci aree di intervento, fra le quali eLearning, eWorking ed eInclusion. (Scarica le conclusioni - formato PDF)

In realtà, fin dall'inizio degli anni 90, circa 200 progetti europei di Ricerca e Sviluppo Tecnologico (RST) hanno contribuito a migliorare l'accessibilità grazie a una migliore conoscenza dei problemi e delle relative soluzioni. Una comunicazione del 2001 della Commissione sull'accessibilità dei siti web pubblici è stata seguita nel 2002 da alcune risoluzioni del Consiglio e del Parlamento: gli stati membri si sono infatti impegnati a rendere accessibili i siti web delle loro amministrazioni, in conformità agli orientamenti internazionali. In concomitanza con l'Anno europeo del disabile (2003), vari stati - tra cui Germania, Spagna, Portogallo, Francia e Italia - hanno emanato proprie leggi sull'accessibilità. Del 2005 è l'iniziativa "i2010 - Una società europea dell'informazione per la crescita e l'occupazione" e con l'avvio del settimo programma quadro della RST è stato esteso il settore dell'accessibilità del web in tre direzioni:

- inserimento di prescrizioni relative all'accessibilità per l'aggiudicazione degli appalti pubblici
- certificazione dell'accessibilità del web
- miglioramento dell'utilizzo della legislazione esistente.

Di questo sforzo armonizzante fa parte il WAB-Cluster (Web Accessibility Benchmark), costituito dalla Commissione con la composizione dello "European Internet Accessibility Observator" (EIAO), del Support-EAM e del BenToWeb. Tutti e tre i progetti si concluderanno nel 2007. La EIAO ha già reso pubblica la prima versione della Unified Web Evaluation Methodology (UWEM). Il BenToWeb è finalizzato alla ricerca di nuovi software e metodologie per l'accessibilità che non possono essere misurati dalle applicazioni esistenti a causa delle intrinseche complessità. Il Support-EAM è mirato alla costituzione di un marchio per i beni e servizi conformi ai princìpi standard dell'accessibilità e utilizzerà il UWEM nel processo di analisi unificato. Successivamente sarà realizzato il Robot dell'Accessibilità, che verificherà in tempo reale la situazione dei siti europei.


DIA, IndireIn Italia: trasparenza, accessibilità e partecipazione

In Italia, l'introduzione della legge 241 del 7 agosto 1990 ha ribaltato l'impostazione della segretezza degli atti amministrativi a favore della regolarizzazione della loro trasparenza. Mediante la legge sull’accesso, infatti, ciò che prima era la norma (il segreto) è diventato l’eccezione, mentre la pubblicità degli atti è diventata la regola. La progressiva applicazione della normativa sulla trasparenza amministrativa ha prodotto una profonda riflessione sulle difficoltà connesse all'utilizzo del linguaggio burocratico, che si è avvalsa anche delle ricerche linguistiche di Tullio de Mauro. Nel 1993 la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la Funzione Pubblica, ha pubblicato il "Codice di stile delle comunicazioni scritte ad uso delle amministrazioni pubbliche: proposte e materiali di studio" e nel 1997 è stato dato alle stampe il "Manuale di stile" a cura di Alfredo Fioritto.

La diffusione anche in Italia del web, con la conseguente abbondanza di informazioni e pubblicazioni tramite Internet, ha necessariamente spostato l'attenzione dalle esigenze di contenuto alle preliminari necessità di accesso tecnologico. L'elaborazione di questa normativa è stata il frutto, oltre che delle sollecitazioni comunitarie in tal senso, anche dell'effettiva applicazione del dettato costituzionale e precisamente degli articoli 97 e 98 della Costituzione. Del 2001 sono le due circolari dell'Autorità Italiana per la Pubblica Amministrazione sulle linee guida per l'organizzazione, l'usabilità e l'accessibilità dei siti e sui criteri e gli strumenti per favorire l'accesso e l'utilizzo delle applicazioni da parte delle persone disabili. Dopo il libro bianco “Tecnologie per la disabilità: una società senza esclusi”, presentato nel 2003, a gennaio 2004 è stata emanata la legge 4 “Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici”. Sempre per normativizzare l'accessibilità e la partecipazione, a marzo 2005 è stato approvato il Codice dell'Amministrazione Digitale e con la legge 15/2005 sono stati modificati alcuni articoli della 241/1990.

Nella scuola, i decreti delegati del 1974 costituirono la risposta legislativa alle contestazioni studentesche clamorosamente culminate nel 1968 e ai nuovi atteggiamenti degli intellettuali democratici e progressisti che avvertivano come non più rinviabile l’attuazione di una scuola diversa, orientativa e promozionale al posto di quella selettiva, ampiamente contestata. I decreti 416, 417, 418, 419, 420 emanati con D.P.R. 31 maggio 1974 e poi integralmente confluiti nel Testo unico delle leggi sulla scuola (D.Lgs. 297/94), in parte abrogato dalla legge 53/2003, contenevano norme giuridiche riguardanti l'istituzione e il riordinamento degli organi collegiali, lo stato giuridico del personale, la corresponsione di un compenso per lavoro straordinario, la sperimentazione e ricerca educativa, l'aggiornamento culturale e professionale e lo stato giuridico del personale non insegnante.

Il principio costituzionale dell’eguaglianza sostanziale, scritto nelll’art. 3, ha trovato riscontro concreto anche nella scuola grazie alla L. 517/77 che afferma che in una scuola realmente democratica e aperta a tutti devono trovare posto anche alunni handicappati. Già in questa legge venne stabilito che l’integrazione deve avvenire attraverso attività di sostegno ad hoc, predisposte e realizzate da insegnanti specializzati, il cui ingresso nella scuola rompe l’impostazione didattica individualistica tradizionale per consentire "l’apertura delle classi" e la "collegialità dell’insegnamento". A più di trentacinque anni dall'emanazione dei decreti delegati, quello nei fatti meno applicato è forse il decreto 419 sulla sperimentazione e la ricerca educativa; questo nonostante le tante esperienze concrete e lo stimolo offerto dalle nuove tecnologie, affiancate ancora troppo spesso dalla mancata capacità di creare un riconosciuto sistema di comunicazione.

 
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