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E-LEARNING

Le migliori pratiche internazionali nell'e-learning

Sintesi ragionata del rapporto del Crite, Trinity College di Dublino, sullo stato dell'arte dell'innovazione IT nell'apprendimento a distanza

di Andrea Quarenghi
09 Settembre 2003

Ciò che di seguito presentiamo è una sintesi ragionata del Rapporto presentato nel dicembre 2000 da Bryn Holmes, Tim Savage e Brendan Tangney (Eds), del Centre for Research in I. T. in Education del Trinity College di Dublino (www.crite.net) al The Lifelong Learning Group of the Information Society Commission governativa e dal titolo "Comparative International Research on Best Practice and Innovation in Learning". Altrove diamo la possibilità di studiare in originale il ponderoso documento del Crite. (allegato) Qui è invece l'opportunità di cogliere il contributo scientifico e il valore delle riflessioni che gli studiosi irlandesi facevano qualche anno fa. Non un semplice documento storico, quindi, ma materiale di riflessione da cui, magari, avviare una discussione.

 

 

 


 “Se c’è mai stato un tempo per una rinascita nell’educazione, è ora” [pag. 8].

L’analisi delle international best practice nel campo dell’innovazione nell’apprendimento svolta dal Centre for Research in Information Technology del Trinity College Dublin individua come focus il cambiamento. Un cambiamento rapido, onnicomprensivo, mondiale, complesso.

Il motore del cambiamento è l’Informaton and Communication Technology (ICT), vale a dire lo sviluppo e la sempre maggiore diffusione di strumenti informatici ed informativi nella società occidentale, tanto da portare alla ridefinizione della società stessa come Information Society. Si tratta di un vero stravolgimento tuttora in corso. Ad esempio, secondo il Sunday Times, il 90% dei posti di lavoro da “colletto bianco” non esisteranno più nel giro dei prossimi 10 anni [pag. 8]. Qual è, allora, il ruolo e la funzione degli enti educativi e formativi nella moderna Società dell’Informazione? Quale l’impatto dello strumento informatico e quale l’adeguamento delle scuole e delle comunità? Quali le prospettive per il futuro, in un cambiamento tecnologico che tende a viaggiare più veloce di quello sociale?  

Nel pensiero degli Autori ci sono alcuni punti fermi da constatare, valutare e discutere.

* Il primo è la rottura delle barriere: non ha più senso scavare solchi tra educazione scolastica, professionale, primaria, secondaria e così via, perché l’informazione è ovunque, può raggiungere chiunque, ed è in continuo cambiamento. Ha più senso, allora, parlare di lifetime learning, un apprendimento costante lungo tutto l’arco della vita, che si caratterizza non tanto per una serie di curricula e discipline quanto per la capacità di trasmettere più metodi che contenuti: analisi, sintesi, adattamento,  metacognizione, flessibilità mentale tra le cornici cognitive [pag. 5].
* Un secondo punto fermo è il tipo di penetrazione dell’ICT negli ambiti formativi e in particolare nelle scuole. Troppo spesso, secondo gli Autori, le politiche di informatizzazione si sono limitate a procurare hardware e cataopultarlo in laboratori specifici, mentre è più oppurtuna una sempre maggiore integrazione dello strumento tecnologico nell’ambito educativo, nelle aule e nella quotidianità dell’apprendimento scolastico, così come dovrebbe essere nei Community Center e nelle biblioteche pubbliche: “Il focus è apprendere con la tecnologia, non apprendere la tecnologia” [pag. 5]. 
* Una terza questione riguarda il tipo di formazione che gli enti educativi, in primis le scuole, vogliono proporre, e il ruolo che vengono così ad assumere all’interno della società.

  • Il cambiamento qui è radicale: l’impostazione scolastica tradizionale seguiva, secondo McGuinness, i ritmi di una “società rurale agricola”, secondo un modello verticale di trasmissione delle informazioni da insegnante ad alunno, con conseguente verifica dell’apprendimento [pag. 8].
  • La trasmissione delle informazioni nella nostra società ha invece un corso completamente diverso, continuo, immediato, riproducibile, accessibile, e come tale l’organizzazione scolastica va ripensata in toto.
  • Ad esempio, il ruolo del docente perde di gerarchia, tanto che non si parla tanto più di teacher, quanto di expert learner among learners [pag. 13]. Inoltre, secondo gli Autori, non è più il tempo nel quale “Le materie venivano insegnate per il loro rigore intellettuale e come un mezzo per condividere valori comuni attraverso il passaggio di una eredità culturale”, bensì siamo in un sistema dove “Le materie vengono insegnate per la loro utilità, mentre spiritualità, morale ed etica sono lasciate al compito di una materia diversa” [pag. 8].
  • In questo cambiamento culturale la tecnologia svolge un ruolo di forte catalizzatore, ed è necessario definire meglio una cornice che inquadri il sistema educativo; tale cornice dovrà tenere in considerazione il ruolo della tecnologia, ma “Non dovrà essere spinta da alcun imperativo tecnologico” [pag. 9].

* Un quarto punto è la chiara definizione di prospettive e politiche future individuata dai ricercatori. Il rinnovamento educativo

      1. va gestito e coordinato al più alto livello governativo;
      2. bisogna superare il digital divide che separa i cittadini informatizzati da quelli che non ne hanno la possibilità;
      3. aumentare le infrastrutture pubbliche non limitandosi all’acquisto di hardware;
      4. inserire l’ICT nei curricula didattici fin dal principio;
      5. rendere internet accessibile e sufficientemente veloce al maggior numero possibile di studenti e cittadini;
      6. usare l’ICT per superare problemi sociali quali le barriere culturali per i disabili;
      7. risolvere i problemi di supporto tecnico ora carente nei sistemi educativi pubblici;
      8. superare i problemi di licence e copyright adottando software shareware (ad esempio, Linux),
      9. e altro ancora. Una lista di 43 recommendations valide per ambienti scolastici, universitari, lavorativi, di comunità [da pag 21].

Le best practice internazionali

Il panorama delle best practice rivela alcune esperienze internazionali di profondo interesse.

  • In Florida è nata la prima scuola ad offrire un curriculum didattico completamente online, con un’ampia presenza di counsellors e school facilitators, ma non di insegnanti d’aula nel senso tradizionale del termine [pag. 8].
  • Altre esperienze statunitensi di valutazione di percorsi didattici con ICT rivelano la validità degli stessi quando l’ICT è “usata appropriatamente”, e in modo particolare con la presenza di un tutor dal quale hanno tratto beneficio soprattutto gli studenti più deboli [pag. 12]. Stati Uniti, Canada e Svezia hanno preso in carico la questione ICT education ai più alti livelli istituzionali – in Svezia la commissione per l’ICT era presieduta dal primo ministro in persona.
  • La Finlandia ha uno dei più completi programmi di integrazione informatica, che comprende trasversalmente tutti i cittadini e tutti i contesti (scolastici, lavorativi, di comunità) prevedendo una valutazione delle capacità di base, il coinvolgimento fin dall’inizio del learner nella strategia formativa e infine l’inserimento progressivo dell’ICT nei curricula didattici e nelle operazioni pratiche sul posto di lavoro [pag. 14].

Altre esperienze estere, invece, sembrano meno convincenti:

  • Negli Usa hanno dato computer portatili agli alunni e ai docenti. Questi hanno poi riscontrato miglioramenti nell’apprendimento degli alunni stessi. Gli autori non escludono l’intervento di una variabile esterna quale l’effetto motivazionale del ricevere in dono o in prestito un oggetto di valore, soprattutto in zone metropolitane povere come Harlem a New York. Inoltre l'iniziativa era stata favorita da Microsoft, e il risultato positivo torna comunque a suo vantaggio [pag. 12].

Tutor e docente

Un altro dato evidenziato dagli Autori è una diffusa difficoltà legata al ruolo di chi supervisiona l’apprendimento. Se da un lato, infatti, servono competenze tecniche specifiche per svolgere una funzione tutoriale in ambito ICT, e si sono riscontrati molti problemi ad affidare questa mansione a un docente, dall’altro i tecnici chiamati a ricoprire tale funzione hanno avuto altrettanti problemi ad assumere un ruolo di insegnamento attivo quando necessario [pag. 15]. Secondo gli Autori, la difficoltà è superabile sostanzialmente attraverso un progresso formativo in ICT del corpo docente e, come si diceva, attraverso un migliore servizio tecnico nelle scuole.

 

Queste indicazioni, come le recommendations sopra citate, sono sicuramente tutte condivisibili, in un’ottica del mondo educativo improntata all’utility del materiale didattico e della scuola stessa. In tal senso, è forse opportuno precisare la differenza tra le primary e le secondary school, e le loro specifiche mission.

In questo modo, infatti, il mondo formativo sembra assumere i connotati della Information Society stessa, vale a dire quella di una rete di informazioni circolanti tra pari, mentre l’ambito educativo soprattutto primario ha anche altre caratteristiche, per i quali la disparità docente/alunno e la distinzione della funzione didattica da quella di apprendimento è fondante.

Il processo delineato dalle reccomendations, quindi, sembra seguire un indirizzo educativo che i ricercatori dell’Institute for Media Technology di Jönköping definiscono così: “Poiché gli studenti stanno apprendendo per la vita reale e si stanno preparando a risolvere problemi reali e complessi in futuro, la complessità del mondo deve essere presa in considerazione molto di più e molto prima di quanto accade di solito” [pag. 13]. Si tratta, quindi, di adeguare le prospettive educative e formative alla struttura e alla complessità della società moderna, entro una cornice definitoria che gli Autori segnalano come necessaria ma che rimane tuttora da definire, e con la mancanza di essa rimangono aperte una serie di problematiche.

 

L'informatica catapultata

Come gli Autori segnalano, infatti, si ha l’impressione che il processo di informatizzazione in ambito educativo sia stato un dato di fatto, inserito quasi esternamente o forzatamente all’interno dell’ambito scolastico, come un processo di modernizzazione necessario quanto poco controllato e culturalmente estraneo.

La forzatura di tale processo può aver lasciato sullo sfondo tematiche cruciali, quali il problema della struttura della conoscenza proposta dall’insegnamento attraverso strumenti ICT. Inoltre, il paradigma costruttivista adottato nell’articolo è valido per i learners di ogni età? Quali sono i diversi tipi di utilizzo degli strumenti ICT – cd rom, conoscenza disponibile in rete, possibilità interattive - e che uso specifico se ne può fare per curricula diversi?

Le possibilità offerte dagli strumenti informatici sono notevoli e aumentano di anno in anno – ad esempio, gli Autori auspicano e prevedono che le strutture scolastiche si possano dotare di laptop individuali e reti "senza fili" a breve [pag. 17]– e i vantaggi della accessibilità e rapidità della diffusione on line delle informazioni sono più che evidenti. Rimane da definire, a livello teorico, una cornice di riferimento che tenga in considerazione il processo educativo come una globalità nella quale inserire l’ICT education come uno strumento: come dicono gli Autori “Apprendere con la tecnologia e non apprendere la tecnologia”.

Come epifenomeno di tale sfasatura, la sopra citata problematica del tutor versus docente: gli alunni di cosa hanno bisogno? di un tutor o di un docente? e quali funzioni (didattiche, tecniche, educative, psicologiche) egli deve svolgere? Alla luce di ciò, come inquadrare concettualmente  l’insegnamento a distanza, e che uso farne?

 

Pensare e selezionare per apprendere 

Inoltre, il documento dell’Unione Europea menzionato nel rapporto ricorda come “Lo scopo essenziale dell’educazione e dell’apprendimento è sempre stato lo sviluppo personale e l’integrazione degli Europei nella società attraverso la condivisione di valori comuni, il passaggio di una eredità culturale e l’insegnamento alla fiducia in se stessi” [pag. 5]. Come conciliare tale finalità con il criterio di utility citato inizialmente, e che ruolo può avere l’ICT in questo ambito: antagonista, coadiuvante, neutrale?

In conclusione, sono tanti gli interrogativi sorti agli estensori del rapporto quanti i dati appurati. Ciò è più che comprensibile, se è vero che siamo in tempi di “enormi cambiamenti” e di un passaggio culturale che con la società intera coinvolge anche le istituzioni educative e, forse, la struttura stessa della conoscenza umana. Rimane da vedere se è la realtà educativa a governare il cambiamento, o viceversa.

Con le parole di Séamus Ó Canainn dall’introduzione: “E' la nostra capacità di pensare, di selezionare e di usare le informazioni che alla fine determina il successo di una strategia di apprendimento, e questo vale anche nella Società dell’Informazione”. 

 

sintesi a cura di Andrea Quarenghi

 

 
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