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DOCUMENTAZIONE

“Transforming Knowledge”, il futuro della ricerca educativa?

Trasformare, trasferire, adattare... queste le parole chiave della conoscenza educativa oggi

di Silvia Panzavolta
13 Novembre 2006

Dal 13 al 15 settembre 2006, nella Facoltà di psicologia e scienze dell’educazione dell’Università di Ginevra, si è tenuta la conferenza annuale dell’EERA (European Educational Research Association), dedicata alla ricerca e alla conoscenza in campo educativo. Indire ha partecipato all'evento in qualità di partner del Network 12, dedicato ai centri di informazione per la ricerca educativa. In un luogo suggestivo per impianto architettonico e memoria storica (Piaget vi insegnò storia del pensiero scientifico dal 1929 al 1939), i ricercatori di tutta Europa si sono dati appuntamento per discutere e presentare le loro ricerche e/o i servizi da loro curati a supporto della ricerca educativa.  

Indire ha presentato le attività e i progetti che gestisce, avendo cura di chiarire  i flussi informativi, il paradigma di Knowledge Management (KM) al quale si ispira, il modello di offerta formativa che regge le piattaforme e-learning, i focus di ricerca cui l’ente è interessato nonché le tecnologie di cui si avvale.

Le slide dell'intervento sono disponibili.

Tra i servizi presentati dai partner del Network 12 ci limitiamo a menzionarne alcuni:

1) il TTRB (Teacher Training Resource Bank) è una  banca dati curata da un prestigioso consorzio inglese composto dall’Insitute  of Education dell’Università di Londra, l’Università della Canterbury Christ Church e dal British Education Index. Fornisce informazioni sui risultati della ricerca educativa al fine di migliorare l’insegnamento e l’apprendimento di docenti ed alunni. La banca dati è indicizzata con il British Education Thesaurus e contiene molto materiale full-text liberamente accessibile;
2) Redined è la banca dati di informazione  educativa gestita dal Ministero della scienza e dell’educazione (MEC)  spagnolo, coadiuvato dal Centro di Ricerca e Documentazione Educativa (CIDE). La banca dati è interrogabile in 5 lingue, incluso l’inglese, anche  attraverso il TEE (Thesaurus Europeo dell’Educazione). Offre informazioni in merito alla ricerca educativa, materiale didattico e indicazioni relative all’innovazione didattica;
3) il portale dell’INRP (Institut National de Recherche Pédagogique), l’Istituto  nazionale di ricerca pedagogica supervisionato dal Ministero dell’educazione francese, mette a disposizione materiale  informativo per gli operatori del mondo scolastico e universitario, rapporti di  ricerca, informazioni biblio e sitografiche, tesi universitarie e dossier per l’aggiornamento degli insegnanti;
4) il portale del CSRE (Centre Suisse pour la Recherche en Education), curato congiuntamente dai Ministeri dell’educazione dei 26 Cantoni svizzeri, offre documentazione sulla ricerca  educativa, informazione per l’aggiornamento di ricercatori e docenti, e notizie  in merito ai progetti di sperimentazione e ricerca  condotti all’interno dello Stato Federale. L’informazione è per la maggior parte accessibile gratuitamente;
5) il portale tedesco del BildungsServer raccoglie materiale ufficiale pubblicato e/o curato dai Ministeri dell’educazione dei Lander tedeschi. Offre inoltre  risorse didattiche digitali per l’insegnamento nelle classi di ogni ordine e  grado, dati statistici e banche dati bibliografiche, destinate all’aggiornamento di ricercatori e docenti, interrogabili anche attraverso termini inglesi.

Indire ha seguito il lavoro presentato nell’ambito degli altri Network, in particolare il Network 1, dedicato all’aggiornamento professionale dei docenti e dei capi d’istituto.
Fra le ricerche presentate, una delle più interessanti  è stata intitolata “Adaptive teaching compentencies: a new approach to teachers’ knowledge” (lett. “Le competenze didattiche adattive: un nuovo approccio alla conoscenza dei docenti”), presentato da Franziska Vogt della Pädagogische Hochschule St. Gallen, in Svizzera. Lo scopo della ricerca è quella di comprendere e descrivere la competenza didattica adattiva, osservandone anche l’impatto sull’apprendimento degli alunni.
La definizione di tale competenza, che si rifà al pensiero di Wang (2000), viene così riassunta dai ricercatori: “La capacità di monitorare continuamente la didattica, di orientare e adattare l’insegnamento in base al processo di apprendimento degli alunni, ai loro prerequisiti e agli obiettivi educativi programmati”.
I ricercatori sono partiti dal modello quadrimensionale di Shulman e Wang (2001) in base al quale la competenza didattica adattiva è composta da:

a) conoscenza disciplinare;
b) capacità diagnostica dello stile di apprendimento degli alunni;
c) conoscenza dei metodi di insegnamento;
d) gestione della classe.

Le quattro dimensioni strutturali si snodano inoltre lungo due modalità trasversali che riguardano la capacità di adattare sia la propria pianificazione e programmazione didattica (e) sia la propria performance ai bisogni di apprendimento e alle caratteristiche dei propri alunni (Vedi Figura). I ricercatori hanno utilizzato diversi metodi di misurazione: per i docenti sono stati impiegati test video, questionari, test disciplinari e vignette; per gli alunni invece test di cultura generale, test di profitto e questionari.

Il progetto della ricerca prevedeva la partecipazione di un gruppo sperimentale e di un gruppo di controllo. I ricercatori hanno anche suddiviso il gruppo dei docenti in neoassunti e docenti esperti, così da isolare la variabile “maturità di servizio” e fornito loro momenti formativi per valutare l’impatto di una formazione mirata a sviluppare competenze di didattica adattiva.

La ricerca ha avuto esiti interessanti fornendo le seguenti indicazioni:

  • Se il docente possiede competenze didattiche adattive il profitto degli alunni è migliore
  • Questa conclusione è tanto più vera nelle classi eterogenee. In effetti questo risultato si spiega anche intuitivamente: se nella classe esiste un’alta variabilità tra un ragazzo e l’altro (diversità di background, preconoscenze, stili di apprendimento ecc.) il beneficio delle competenze adattive del docente sarà maggiore
  • La formazione che i docenti ricevono per lo sviluppo delle competenze adattive ha un effetto diretto sulla programmazione didattica ma non sulla performance. I ricercatori interpretano questo risultato osservando che la formazione ha un effetto benefico nel momento in cui il docente può razionalmente pensare, come quando sta programmando un’attività, una lezione o un corso, ma ha meno effetto sull’agito del soggetto in quanto esso sfugge talvolta dal controllo “razionale” del docente;
  • La formazione dei docenti in merito a questo tipo di competenza impatta anche sul profitto dei ragazzi

In conclusione, i ricercatori ribadiscono che la competenza didattica adattiva:

  • è correlata all’apprendimento degli studenti;
  • è particolarmente preziosa nelle classi eterogenee;
  • consente di meglio programmare e attuare una didattica individualizzata;
  • può essere costruita attraverso momenti formativi.

Un altro argomento interessante è stato affrontato all’interno del Network 16, dedicato al rapporto tra TIC e formazione. Alcuni ricercatori della Vrije Universiteit di Amsterdam hanno illustrato una ricerca sul potenziale educativo dei videogame. Alcune delle caratteristiche positive dei videogiochi, evidenziate dai ricercatori, sono: l’attrattività di tali contenuti sui ragazzi; la messa in campo di competenze di problem solving, richieste per procedere nel gioco; la ricchezza di dati e informazioni con i quali l’utente si confronta; la capacità di sviluppare e mettere in gioco uno stile di pensiero e memorizzazione visuale. Attraverso un questionario somministrato a 170 studenti universitari, si è potuto osservare che le caratteristiche dei videogame maggiormente percepite dagli studenti sono le seguenti:

1) il contenuto è presentato in modo altamente strutturato;
2) i processi cognitivi attivati sono numerosi e complessi (riguardano la formazione di strategie di gioco, la memorizzazione di dati precedentemente incontrati, la gestione simultanea di numerose variabili interdipendenti, ecc.);
3) il gioco è progettato per stimolare la creatività e la curiosità;
4) il vissuto dell’utente contempla momenti di negatività (confusione, overload informativo, imprecisione ecc.).

Il potenziale educativo dei videogame è dunque promettente, anche se la progettazione di tali strumenti per l’apprendimento di contenuti educativi e curricolari è ancora piuttosto sporadictastiera PCa, anche perché il mondo editoriale, per vari motivi (legati al mercato, ai costi di produzione ecc.) sembra muoversi ancora lentamente in questo senso.

Vale la pena menzionare anche il dibattito che si è tenuto all’interno del Network 2, dedicato alla formazione professionale, all’apprendistato e al sistema formativo in alternanza (dual learning), consolidato in alcuni paesi europei come la Germania, l’Olanda e il Regno Unito. È stato evidenziato come la metodologia impiegata in questi tipi di corsi (apprendimento per scoperta, situato, attivo, collettivo e collaborativo) incontri il successo presso i fruitori, i quali hanno dichiarato agli intervistatori (ricercatori di varie università europee) che questo tipo di formazione:

  • garantisce il confronto degli studenti con problemi reali;
  • garantisce l’incontro con professionisti del settore, i quali insegnano in modo diverso dai docenti tradizionali e sono forse più concreti e pragmatici;
  • prevede un sistema di orientamento e supporto che non disdegna la creazione di legami empatici e amicali con gli stessi docenti dei corsi (da notare che tra i frequentanti di questo tipo di formazione ci sono anche adulti disoccupati, donne immigrate, ragazzi fuoriusciti dal sistema di istruzione ordinario, ragazze madri che hanno dovuto interrompere gli studi ecc.):
  • prevede la formazione integrata all’interno di aziende, industrie ecc. offrendo così l’opportunità di stringere contatti e conoscenze che potrebbero risultare importanti una volta terminata la formazione.

Infine, abbiamo assistito alla presentazione di una curiosa ricerca all’interno del Network 6, dedicato ai contesti di apprendimento aperti (OPENnet), dal titolo “Communication generating communication. The technology of erotic chat: what’s in it for distance education/open learning”. Come si evince dal titolo, lo sforzo dei ricercatori della Facoltà di Scienze Sociali dell’Università di Lillehammer (Norvegia) è stato quello di comprendere, attraverso interviste somministrate ai frequentatori di chat erotiche, quali strategie comunicative siano più efficaci per sostenere e sviluppare la comunicazione online ed inoltre quello di studiare come trasferire queste competenze all’interno di contesti di apprendimento formali e non.

In conclusione, ci sembra interessante riportare la riflessione di Martin Lawn dell’Università di Edinburgo, Presidente dell’EERA e responsabile scientifico del periodico European Educational Research Journal (EERJ), secondo il quale i ricercatori oggi, più che con la creazione di nuova conoscenza (creating knowledge), devono confrontarsi con la delicata, e non sempre possibile, questione della sua trasformazione (transforming knowledge).

Ma di quale trasformazione stiamo parlando?

Una delle sfide più interessanti è quella della trasformazione della conoscenza tacita in conoscenza esplicita. La prima indica una forma di conoscenza non codificata in testi o manuali e non gestita attraverso flussi informativi e comunicativi strutturati. Si tratta di una conoscenza che esiste nella mente degli individui, che nasce dall'esperienza lavorativa e che, data la sua natura, implica la comprensione dei contesti di azione e il possesso di percezioni, intuizioni e sensazioni che difficilmente possono essere comprese da chi non condivide tale esperienza. Ad esempio, nel contesto scolastico, il bagaglio di conoscenze e competenze che un docente sviluppa nel corso della sua esperienza professionale rimane spesso incapsulato nella sua testa senza essere verbalizzato e formalizzato, nonché comunicato e condiviso successivamente con altri colleghi. I primi ad impiegare tale termine alle learning organization sono stati due ricercatori giapponesi, Nonaka e Takeuchi (1995), i quali hanno affermato che la trasformazione di conoscenza tacita in esplicita (o implicita) è un atto generativo di nuovo sapere e saggezza.

Un altro aspetto che riguarda la trasformazione della conoscenza è quello del trasferimento da un setting ad un altro. Per esempio, quando si parla di trasferimento di una buona pratica didattica da una scuola ad un'altra, bisogna prevedere un percorso di decontestualizzazione-ricontestualizzazione, nel quale si opera appunto un’attività di trasformazione della conoscenza. Occorre un intervento di analisi sia del contesto di partenza sia di quello di arrivo e, proprio come la traduzione da una lingua all’altra, tale operazione non è automatica o meccanica ma un atto creativo e responsabile del soggetto o dei logo conferenza ECER06soggetti impegnati in questo trasferimento.

E ancora, il processo di trasferimento di competenze/conoscenze da un ambito disciplinare ad un altro è un altro caso di trasformazione della conoscenza. Accade spesso che una metodologia o una procedura nate nell’ambito di una certa disciplina (poniamo la psicologia clinica o organizzativa) venga trasferita ad altri contesti, come quello scolastico o formativo. Oppure che certi strumenti, ideati all’interno di specifici settori disciplinari o per finalità diverse, vengano trasferiti in altri. Un esempio per tutti: l’applicazione della peer education (1), che nasce in contesto scolastico, viene adesso estesa a contesti extrascolastici come quello del volontariato o della prevenzione (del disagio, delle tossicodipendenze, delle malattie sessualmente trasmissibili).

Tutte queste trasformazioni non sono affatto semplici né tanto meno spontanee. Al contrario necessitano di un intervento attivo e consapevole da parte del ricercatore in scienze dell’educazione.

Infine, con l’espressione “transforming knowledge” si richiama l’attenzione sul cambiamento epistemologico che il concetto di conoscenza ha subito in questi ultimi decenni: da una conoscenza intesa in senso razionalista, tassonomico e nomotetico ad una conoscenza socio-costruttivista e probabilistica d’ispirazione postmoderna. L’auspicio è che tale impostazione possa apportare cambiamenti qualitativi sostanziali per il benessere e la crescita di tutti gli attori del mondo educativo.


(1) Strategia educativa volta ad attivare un processo spontaneo di passaggio di conoscenze, di emozioni e di esperienze da parte di alcuni membri di un gruppo ad altri membri di pari status.

Bibliografia

  • ABELL, ANGELA – OXBROW, NIGEL, Competing with knowledge: the information professional in the knowledge management age, London, TFPL, 2001
  • LIN, XIAODONG - SCHWARTZ, DANIEL L. - HATANO, GIYOO, “Toward Teachers' Adaptive Metacognition”, in Educational Psychologist, v.40, n.4, 2005, pp. 245-255
  • NONAKA, IKUJIRO – HIROTAKA, TAKEUCHI, The Knowledge-Creating Company: how Japanese Companies Create the Dynamics of Innovation, Oxford University Press, 1995
  • Rete, comunità e conoscenza. Costruire e gestire dinamiche collaborative, a cura di CALVANI, ANTONIO, Trento, Erickson, 2006
  • SHULMAN, L.S., “Those who understand: knowledge growth in teaching”, in Educational researcher, a.15, n.2, 1986, pp. 4-14
  • TANONI, ITALO, Videogiocando s'impara. Dal divertimento puro all'insegnamento-apprendimento, Trento, Ed Erickson, 2003
  • WANG, M.C., “Adapting instruction: building on diversity”, in Theory into practice, a.19, n.2, 2001, pp. 122-128

Per qualsiasi informazione o commento, si prega di contattare l'autrice al seguente indirizzo: s.panzavolta@indire.it

 
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