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ARCHIVI E BANCHE DATI

Gold Train 2006, la sperimentazione del progetto

Le buone pratiche a scuola per trasferire l'innovazione

di Isabella Medicina
05 Febbraio 2007

Lo scorso dicembre si è concluso Gold Train, il progetto sperimentale di trasferimento delle buone pratiche in scuole diverse da quelle che le hanno prodotte, realizzato in collaborazione tra la Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo, Indire e Gruppo CLAS. Innestandosi sull’esperienza di GOLD, la banca dati online delle esperienze più innovative e interessanti realizzate nelle scuole italiane di ogni ordine e grado, Gold Train si è posto l’obiettivo di favorire la diffusione delle migliori pratiche didattiche e di aumentare la capacità delle scuole di utilizzarle per migliorare la qualità dell’offerta formativa.

Il progetto si è articolato in tre fasi: nel corso della prima fase sono state analizzate più di 300 pratiche, raccogliendo informazioni sugli elementi di natura didattica e organizzativa che le caratterizzavano. Sono stati presi in considerazione da un lato l’impostazione metodologica e la valenza formativa dei contenuti rispetto allo sviluppo di conoscenze e competenze, e dall’altro l’impatto della pratica sull’organizzazione scolastica e la sua coerenza con l’attività a livello di classe e di istituto, per leggerla in relazione al sistema in cui si è sviluppata (ossia l’istituto scolastico nel suo complesso). Le più interessanti tra queste esperienze sono state ulteriormente approfondite, per ricostruire la correlazione tra la modalità di risposta a un bisogno formativo degli studenti, i risultati di apprendimento e la qualità del sistema-scuola. Mediante studi di caso sono stati identificati i fattori strutturali, organizzativi e relazionali che hanno favorito il successo delle pratiche e la loro sostenibilità nel tempo, e sono stati ricostruiti i processi di lavoro  sviluppati dai docenti per progettarle, realizzarle, tenerle sotto controllo e valutarne i risultati.

Nella seconda fase del progetto le migliori pratiche sono state sottoposte a tutte le scuole, proponendo loro di trasferirle, ossia di riproporle all’interno della loro  realtà, tenendo conto del contesto sociale e culturale, dei bisogni degli allievi, delle specifiche modalità di lavoro, delle risorse a disposizione. Alle scuole è stato cioè proposto di ideare e progettare la risposta a un proprio bisogno, partendo da soluzioni già elaborate da altri. Dei 110 progetti di trasferimento pervenuti ne sono stati selezionati 10, relativi a 5 buone pratiche: sono stati così costituiti 5 laboratori di sperimentazione, per consentire alle scuole selezionate di collaborare con le scuole autrici della buona pratica, confrontarsi e scambiare osservazioni e suggerimenti. La terza fase del progetto, che si è svolta nell’a.s. 2005-2006, ha visto la realizzazione dei progetti di trasferimento, con il supporto delle scuole autrici: la collaborazione tra gli istituti scolastici, che in precedenza non avevano mai lavorato insieme, è avvenuta esclusivamente tramite web, sulla base di una procedura che ha regolato lo scambio di documenti e informazioni rispettando però l’autonomia decisionale dei partecipanti in ordine allo svolgimento dei progetti. Sono stati complessivamente coinvolti 60 docenti e 680 studenti.

La sperimentazione è stata costantemente monitorata ed è stato quindi possibile raccogliere informazioni sulle caratteristiche che dovrebbe avere la documentazione delle attività affinché esse siano fruibili da altri, sugli effetti prodotti nella scuola dall’introduzione di soluzioni didattiche inedite, sul ruolo svolto dalla collaborazione in rete tra i diversi istituti scolastici, sui vantaggi derivanti dal trasferimento dell’innovazione. Infatti, con Gold Train sono stati esplorati tutti gli aspetti connessi al trasferimento dell’innovazione, sia quelli legati alla messa a disposizione delle pratiche didattiche sia quelli legati all’importazione nel proprio istituto scolastico di pratiche prodotte altrove. Dal monitoraggio è emerso che la scelta di trasferire soluzioni didattiche elaborate da altri (anziché produrle autonomamente) è vantaggiosa perché mette a disposizione un’esperienza già realizzata e formalizzata, che costituisce un punto di partenza avanzato rispetto alla progettazione dell’attività, e un punto di riferimento costante rispetto all’attuazione. Ripercorrere il cammino già fatto da altri rende più facile prevedere le conseguenze di una scelta e riduce il rischio di commettere errori; inoltre, se si è di fronte a un problema o a un bisogno mai affrontato in precedenza, mostrare un’esperienza già realizzata con buoni risultati può essere un modo efficace per ottenere consenso e collaborazione intorno a una proposta innovativa.

La consuetudine ad analizzare le soluzioni, particolari o di sistema, prodotte da altre organizzazioni per adattarle alle proprie necessità e condizioni è chiamata in economia benchmarking (il fare riferimento ad un caso esemplare). Si tratta di una tecnica ormai utilizzata anche dalle scuole  e che consiste non nel copiare quanto realizzato in contesti diversi, ma nel capire a fondo le logiche e le modalità di funzionamento delle soluzioni trovate da altri per reinventarle nel proprio contesto. Il caso esemplare, la pratica migliore (best practice) o, più semplicemente, una buona pratica divengono oggetti da studiare e far propri.

L’analisi dei risultati della sperimentazione ha mostrato che nella scuola il trasferimento dell’innovazione è efficace se assume una dimensione collegiale e non individuale, cioè se sviluppa un consenso non formale e promuove una modifica significativa dei comportamenti professionali di tutti gli operatori; se è fondato sulla modificazione dell’intero processo di insegnamento-apprendimento e non sulla semplice introduzione di un nuovo contenuto, di una nuova metodologia o di una tecnologia più avanzata; se è attentamente controllato e gestito in modo da produrre adeguate metodologie e procedure per consolidare, reiterare, diffondere l’innovazione; se è frutto di un’analisi e di una ricerca progettuale che combina le attese e i bisogni degli studenti e del contesto sociale con le finalità della scuola e non è soltanto una conseguenza della curiosità professionale o della fantasia degli sperimentatori.

Da questo punto di vista, l’esperienza di Gold Train conferma, rispetto al sistema dell’istruzione, i risultati che emergono da altri studi sul tema dell’innovazione nei servizi (Crozier e Normann, 1990): il trasferimento dell’innovazione è pervasivo e duraturo solo quando è perseguito dall’organizzazione nel suo complesso (anche se è attivato da un singolo) e quando è vissuto dalle persone coinvolte come una sfida che mobilita la loro capacità di farne uso non solo individualmente ma come gruppo. I due nodi critici su cui occorre concentrare l’attenzione, sono quindi il rapporto tra la buona pratica e il sistema-scuola e la collaborazione in rete.

Per quanto riguarda il primo aspetto, l’attività delle scuole nel corso della sperimentazione ha fatto chiaramente emergere come il trasferimento dell’innovazione ponga un problema di compatibilità tra la singola pratica innovativa e le scelte organizzative più generali (perché una scelta di natura didattica si innesta in un processo organizzativo), e di coerenza rispetto alle scelte di fondo dell’istituto, espresse dal POF e dalla programmazione didattica (perché il trasferimento della buona pratica incide sulle caratteristiche dell’offerta formativa).

Il nesso tra buona pratica e istituto scolastico emerge esplicitamente soprattutto in due momenti: in fase di progettazione di massima, quando occorre verificare la compatibilità tra la buona pratica e il sistema dal punto di vista organizzativo, finanziario, delle relazioni e della coerenza degli scopi, e in fase di valutazione finale, quando occorre verificare quali conseguenze la buona pratica ha determinato dal punto di vista dell’aumento della capacità dell’isituto di conseguire i propri obiettivi e se può essere messa a sistema. È proprio rispetto a queste due attività che le scuole partecipanti alla sperimentazione hanno incontrato le difficoltà più significative, legate a una molteplicità di fattori: la complessità intrinseca dell’analisi dei bisogni, la natura strategica (e perciò difficilmente riconducibile a una procedura) delle decisioni relative agli scopi e alla messa a sistema della buona pratica, la specificità dei progetti di trasferimento dell’innovazione rispetto ai più generali progetti di miglioramento ormai entrati nella routine delle scuole.

Dal confronto con gli istituti scolastici sono però emerse alcune indicazioni metodologiche che, se non sono immediatamente traducibili in indicazioni operative, consentono però di affrontare positivamente le difficoltà. Innanzitutto, occorre tenere presente che, pur essendo possibile identificare alcuni indicatori di qualità della buona pratica, la valutazione di quest’ultima è sempre relativa, nel senso che, in definitiva, una pratica è buona se chi la importa la considera tale per la propria realtà scolastica. A ciò si collega la specificità del trasferimento dell’innovazione, che attiene all’innesco del processo e riguarda le modalità con cui si perviene alla definizione del progetto di trasferimento. Esso infatti risulta dalla rilettura della buona pratica da trasferire, effettuata sulla base dell’analisi del contesto di destinazione: il rispetto dell’impianto generale non può venire meno, perchè altrimenti non è giustificato parlare di trasferimento, ma occorre anche “riaggiustarlo” in funzione della diversa situazione in cui ci si trova a operare. Se si tiene presente questo aspetto distintivo, è poi possibile utilizzare le metodologie e gli strumenti abitualmente impiegati per gestire i progetti di miglioramento e più in generale per sviluppare la qualità del servizio (Vairetti, 1995).

La collaborazione in rete è stato l’elemento distintivo di Gold Train: per favorire il trasferimento dell’innovazione, il progetto ha realizzato una rete di scuole individuando e valorizzando le esperienze di alcuni istituti e promuovendo il coinvolgimento di altri su obiettivi e percorsi di lavoro condivisi. La condivisione degli obiettivi e delle modalità di lavoro è stata programmaticamente cercata: la rete non si è costruita in modo casuale, per la possibilità delle scuole di entrare in contatto tra loro (per prossimità territoriale, per la pubblicazione delle esperienze realizzate da alcune di esse..). La rete non è nata prima del progetto di trasferimento delle buone pratiche, ma è stata scelta ritenendo che fosse uno strumento efficace per realizzarlo.

Il monitoraggio ha poi confermato l’efficacia della collaborazione in rete, perché promuove l’apprendimento cooperativo (lo scambio nella rete è uno scambio tra pari, che sviluppa per ciascuno dei soggetti coinvolti un apprendimento basato sulla reciprocità e sul rispetto dell’autonomia decisionale), la leadership cooperativa (le regole per la gestione del lavoro e gli strumenti devono essere condivisi, anche se di volta in volta uno degli attori si trova ad assumere il compito di tutelarne l’applicazione e di massimizzarne i vantaggi) e l’utilizzo cooperativo delle risorse (lavorare nella rete utilizzando internet consente possibilità di condividere in tempo reale esperienze, informazioni, considerazioni, materiali e strumenti; mantenendo quotidianamente viva la collaborazione in modo molto economico).

In particolare, le scuole partecipanti hanno sottolineato come l’attivazione di rapporti di collaborazione e scambio con soggetti esterni abbia contribuito a mantenere un’elevata motivazione e una forte centratura sul conseguimento del risultato da parte dei docenti direttamente coinvolti, e a promuovere il consenso all’interno della scuola. Anche le esperienze condotte in altri paesi (Università del Sussex, 2005) confermano che per il successo del trasferimento dell’innovazione sono fondamentali il mantenimento e lo sviluppo di rapporti personali basati sulla fiducia sia all’interno dell’istituto scolastico che fra professionisti che operano in diversi istituti scolastici. Da questo punto di vista, l’esperienza di Gold Train ha posto le basi metodologiche e tecniche per la creazione di una comunità di innovatori dentro la scuola e tra le scuole.



Riferimenti bibliografici:

Crozier, M. e Normann, R. (1990), L’innovazione nei servizi, Edizioni Lavoro, Roma
Fielding M., Bragg S., Craig J., Cunningham I., Eraut M., Gillinson S., Horne M., Robinson C., Thorp J. (2005), Factors Influencing the Transfer of Good Practice, University of Sussex & Demos, Research Report No 615, University of Sussex, http://www.dfes.gov.uk/research/data/uploadfiles/RR615.pdf
Fondazione per la Scuola (2005), Gestire l’autonomia scolastica – Idee e strumenti per realizzare il POF, I Quaderni, n.5
ISFOL (2004), La metodologia ISFOL per l’individuazione e l’analisi delle buone pratiche in ambito FSE, (sintesi dell’analisi La ricerca sulle buone pratiche realizzate nell’ambito delle politiche del lavoro, delle politiche sociali e della governance, Osservatorio ISFOL n.5/2004)
Vairetti, U. e Medicina, I (2005), Le mani nella testa. Il rapporto tra sapere e fare nel lavoro e nella formazione, FrancoAngeli, Milano.
Vairetti, U. (1995), Fare qualità nella scuola, Le Monnier, Firenze.

 

 
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