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DOCUMENTAZIONE

"Un sovrano vedovo aveva due figlie..."

Intervista a Antonella Ortis, docente all' ICT "Antonio Gramsci" di Padova

di Francesco Vettori
13 Maggio 2007

A suo giudizio, perché “raccontare storie” è da sempre ritenuto un modo per stimolare  la creatività?  

“ There are stories hidden in everyone” (Once upon a time, John Morgan & Mario Rinvolucri Cambridge Handbooks for Language Teachers, pag.3)
Una delle prime storie che ho spesso sia letto che  raccontato agli studenti nei primi giorni di scuola è presa dal libro di Jane Revell e Susan Norman "In Your Hands". Ne costituisce  la prima pagina e, in qualche modo, è essa stessa la  storia  dello story telling. Ne riassumo brevemente il contenuto perché mi aiuta a spiegare meglio sia in cosa è consistito il ”raccontare storie” nel mio lavoro sia lo stretto legame che intercore con il DST presente.

"Un sovrano vedovo aveva due figlie che continuavano a fargli domande su domande: ad alcune sapeva rispondere mentre ad altre no; decise pertanto di mandarle da un vecchio saggio che viveva sulla collina che sicuramente avrebbe saputo rispondere a queste domande. Il che avvenne. Le due ragazze lo trovarono molto irritante e decisero di sfidare il vecchio saggio. Una di loro che aveva trovato una meravigliosa farfalla pensò di andare dal vecchio nascondendola nella mano e di chiedergli se la farfalla era viva o morta. Se il vecchio avesse risposto che era viva l’avrebbe stretta nella mano e dopo averla aperta gli avrebbe detto che aveva sbagliato perché era morta. Al contrario, se il vecchio saggio avesse detto che era morta, l’avrebbe lasciata volare. Qualunque fosse stata la risposta del vecchio saggio sarebbe stata sbagliata. Alla fine le principesse  si recarono da lui  con la farfalla e alla fatidica domanda “vecchio saggio ho questa farfalla in mano e voglio che tu mi dica se è viva o morta”, il vecchio saggio  rispose sorridendo alle due ragazze guardandole negli occhi “ Mie care, la farfalla è ……………. ”

E’ incredibile quanti diversi finali escano dalle teste dei ragazzi, ognuna plausibile. La storia che ho tentato di riassumere mi consente di aprire due strade: da un lato, quella dello story telling che permette ai ragazzi di raccontare senza leggere; dall’altro mi permette  di far capire loro che quanto fanno a  scuola è nelle loro mani.

Victor Ghitoroaga 3AE: 
“Ho partecipato al progetto “E-twinning” e voglio dire che è stato molto interessante e sono contento di aver partecipato a questa attività di Digital storytelling. Era una cosa nuova per me e quindi c'era tutto da scoprire. All’inizio ho raccolto il materiale di cui avevo bisogno e poi ho inserito tutto nei programmi con quali ho lavorato. E’ stato il mio primo montaggio, quindi non era proprio “perfetto”, però ha avuto successo comunque, ed io sono fiero di quello che ho fatto perché ci ho messo dentro la fantasia, l’anima e tante ore di lavoro al computer. Questo lavoro è stato utile anche per il mio inglese, perché registrando la mia voce ho cercato di migliorare la mia pronuncia. Sono contentissimo di aver imparato come si fanno le storytelling perché è stata un’esperienza non solo utile ma anche piacevole".

Giulia Bon 3AE:
“Personalmente penso che sia un ottimo modo per presentare un lavoro, anche  scolastico, come per esempio anche alla maturità!Sarebbe un modo nuovo per spiegare dei progetti, in modo divertente!
Secondo me un lavoro del genere a scuola può essere molto utile, perché anche solo nello scrivere il testo per poi riprodurlo, è necessario imparare e memorizzare nuovi vocaboli che poi si potranno riutilizzare per un futuro compito in classe!!!
Ma l'aspetto più importante secondo me è la soddisfazione personale perché una volta finito, è bello guardarlo, guardarlo e riguardarlo e dire: "caspita l'ho fatto io!!ed è bellissimo!!".. davvero una soddisfazione  grandissima!un lavoro fatto da te e solo da te che puoi rivedere in  qualsiasi momento e mostrarlo a chiunque perché sei orgoglioso del tuo lavoro!”

Nell’insegnamento dell’inglese la parola story ricorre spessissimo: Make up a story from this picture, ....Tell me the story behind the  person/people in this picture,.... Tell me a nice story which happened to you.....,Continue this story beginning......Write a story whose ending paragraph is……........Listen to this story….. What a story……..Chain story……

Il raccontare storie fa comunque  parte della normale attività didattica per chi vuole  far comunicare qualcosa ai ragazzi: è il coinvolgimento in prima persona, il sentirsi responsabili di ciò che si produce. La sfida a vedere se la “mia” storia è più coinvolgente della “tua”. Un legame con un aspetto bello e piacevole della vita che tutti abbiamo sperimentato in qualità di ascoltatori o di  narratori . La storia ci consente di mettere  noi stessi , il nostro vissuto, la nostra visione della vita, le nostre paure e le nostre passioni in un contesto “accettante”. L’atteggiamento che ho potuto osservare nei ragazzi mentre “scrivevano” le loro storie è stato significativo per me:la personalità di ciascuno di loro è emersa appieno, il super organizzato che pianifica anche i dettagli, l’improvvisatore che si butta nel lavoro senza pensare , il menefreghista che impiega il triplo del tempo dei compagni, il diligente che  produce la sua storia ma senza il cuore, il pauroso e molti altri. Forse non tutti i ragazzi hanno rilevato il valore di quello che producevano almeno fino al momento della pubblicazione in rete. A quel punto è stato come se si svegliassero e si accorgessero che quanto avevano fatto non era solo la consegna da svolgere nelle ore di laboratorio…..

Stella, 3AE:
“L’attività di Digital Story Telling proposta con l’obbiettivo di migliorare la lingua inglese parlata ha richiesto molte ore di lavoro con risultati più o meno soddisfacenti.
Dopo aver fatto un planning del lavoro che ci aspettava abbiamo raccolto le foto e stilato il testo. La raccolta delle foto ha richiesto una quantità spropositata di tempo in quanto la maggior parte della classe ha dovuto usare lo scanner o ricorrere a floppy e chiavette USB. La redazione del testo ha richiesto meno tempo ma molta più fatica: l’organizzazione del discorso risultava spesso poco chiara ed è quindi stato indispensabile l’intervento della professoressa sia per la correzione sintattica e grammaticale sia per la riorganizzazione del testo.
I programmi usati per il Digital Story Telling (quali Photo Story 3 e Movie Maker) sono risultati di facile utilizzo per gli studenti i quali sono stati indotti a modificare piccoli dettagli del proprio lavoro per meglio adattare il tutto alle modalità offerte dai programmi sopraccitati”

Ho alle spalle molte esperienze di  lettura e lavoro con Mario Rinvolucri che è un  grande story teller capace di coinvolgere un pubblico di centinaia di persone. Per raccontare e far raccontare storie, uso spesso  il libro "Once Upon a Time" che, come chiaramente appare dal titolo, è un libro sul narrare storie che consiglio a tutti e non solo per scopi didattici.
Infine non voglio dimenticare “What a Story” di Mary Underwood perché ha rappresentato  a suo tempo e tuttora conserva un gran valore una svolta decisiva nell’insegnamento delle abilità ricettive - in questo caso dell’ascolto. Coppie o gruppi di amici si raccontano le storie di cui sono stati protagonisti: cosa c’è di più naturale di questo?

"Nel 1999 ho lavorato allo story telling con il prof.Nierlich del Liceo Steglitz  di Berlino .Abbiamo  collaborato a un progetto chiamato "Multiethnic experiences" in cui i nostri studenti scrivevano  storie su come immaginavano i paesi a loro sconosciuti :Egitto, Marocco, Perù ecc
E. Nierlich creava tra di esse  un  legame quasi fossero state scritte su traccia e il risultato finale  era una  specie di Mille e una Notte che veniva pubblicato sulla webzine Intercultural Times del liceo Steglitz. Bellissimo lavoro cui aveva partecipato l'allora 4 CE poi 5CE dellepoca.."

In sostanza il raccontarsi storie è parte integrante della vita: raccontare e ascoltare sono stati sempre momenti importanti per chiunque di noi a partire dalla nostra infanzia. A maggior ragione per i ragazzi di oggi che sono, paradossalmente, poco “ascoltati” e poco raccontano abitualmente della loro storia personale.

Vorremo ci spiegasse che cosa si intende per Digital Story Telling e ci desse una valutazione sulla sua efficacia a scuola. Che parte hanno in questa ” tecnica”  le cosiddette nuove tecnologie?

Digital Story Telling ruota intorno al tradizionale raccontare storie mescolato con i mezzi multimediali di cui si può disporre anche in una scuola italiana. Quello che serve è innanzi tutto un’insegnante che ci creda e che sia credibile agli occhi degli studenti: alcuni  dei miei, che probabilmente non mi ritiene così credibile, non ha vissuto questa esperienza con il cuore ma come un ulteriore lavoro da fare nelle ore di inglese.
DST consiste nel raccontare una “storia” attraverso una serie di immagini e sonoro usando strumenti digitali e condividendola elettronicamente. L’idea principale è quella che le storie vengano scelte e raccontate dai ragazzi, nel mio caso, o comunque da chiunque desideri condividerne una: l’importante è che ci sia la passione, il piacere di raccontare, la voglia di far sapere agli altri qualcosa. L’anima in una parola. 
Niilo Alhovaara, il mio partner Svedese in etwinning, ed io abbiamo deciso di gemellarci proprio sulla sperimentazione delle “nuove tecnologie” (che ormai tanto nuove non sono più) facendole provare ai nostri studenti. Entrambi abbiamo letto il libro di Will Richarardson, "Blogs, Wikis, Podcast and other Powerful Web Tools for Classroom", che potrebbe diventare la bibbia degli insegnanti che intendano cimentarsi nell’uso delle TIC nella formazione.
E "nelle mani…….. dei miei studenti" ho sperimentato il DST. Niilo Alhovaara (Tuna Skolan  Luleå ,Svezia ) ed io volevamo provare molte delle tecniche elettroniche  in rete a disposizione di ogni insegnante. Una di queste è stato proprio il DST. I suoi studenti l’hanno provata alla fine dello scorso anno scolastico.

Dopo aver fatto “leggere” ai ragazzi  della classe 3°- ERICA  le storie digitali dei loro pari svedesi ( v.  sezione International della webzine Tunabladet curata da N.Alhovaaara- http://webnews.textalk.com/se/view.php?id=893), e visitare  e analizzare alcuni siti di DST,  ho  deciso di “nuotare  e farli nuotare nell’acqua alta “.
I ragazzi hanno scelto le storie  di raccontare in quello che poi ho chiamato First Trial( http://webnews.textalk.com/se/article.php?id=231246)  e poi sono passati su mia proposta e dopo averne discusso  alle storie delle loro famiglie. Come si vedrà non tutti i ragazzi le hanno ancora consegnate e in qualche caso è stata preferita la storia della propria nazione a quella della famiglia per molti motivi. (http://www.itcgramscipadova.it/index.php?titolo=FILMS&doc=N&inside=progetti_europei/c_films.htm)

Volevo  renderli consapevoli o più consapevoli dell’importanza che il loro passato ha per la loro vita presente e fare in modo che ci fosse un contenuto emotivo ancora più forte di quello del primo tentativo. Lo strumento più comune usato è stato PhotoStory 3 per Windows, uno strumento agilissimo che consente di:

  • scegliere l’ordine delle foto
  • inserire commenti,
  • scegliere il font,
  • la qualità della foto
  • registrare la propria voce e inserire una colonna musicale

Data la Sua esperienza, quali ritiene siano le applicazioni presenti e future del Digital Story Telling?

Io sono un’entusiasta delle tecnologie come lo sono stata di tutte le trasformazioni che vissuto come insegnante in tutta la mia carriera, ormai conclusa.
Sapientemente usate insieme ad  una buona preparazione pedagogica e didattica potrebbero essere il risveglio di quella che la mia amica Luisa Zatti chiamava “la bella addormentata nel bosco”, cioè la motivazione. Questo strumento, il DST può consentire a mio avviso molteplici  realizzazioni in tutte le materie e non solo nelle lingue. Immaginate la storia dei romani raccontata così? E una relazione su un esperimento in aula di chimica? E un’intervista alla Camera di Commercio riportata così?
Certo bisogna che i docenti assumano questa pratica come attrezzo normale del loro operare e questa attualmente è la maggiore difficoltà all' evolversi dell' esperienza.

 



 

 

 
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