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E-LEARNING

Formazione degli insegnanti Puntoedu

Dove siamo con Insegnanti, E-tutor e modello formativo

di Pier Cesare Rivoltella
24 Gennaio 2008

Le più recenti azioni di monitoraggio che l’équipe del CREMIT (Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media, all’Informazione e alla Tecnologia dell’Università Cattolica di Milano) ha condotto per conto dell’Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell'Autonomia Scolastica – ovvero il monitoraggio del corso per i “Neo-assunti” e di “DIGIScuola” – si possono leggere in soluzione di continuità con le azioni degli anni precedenti, di cui mantengono l’impianto metodologico (ormai un vero e proprio “standard”) e rispetto alle quali consentono di registrare persistenze e cambiamenti rispetto ad alcuni punti di attenzione. Stiamo facendo riferimento al profilo dell’insegnante, al ruolo e alle competenze del tutor, al “modello formativo” che attraverso Puntoedu negli anni si è fissato. Su questi punti di attenzione proviamo ad annodare alcune riflessioni cercando conforto nei risultati dei monitoraggi.

Il profilo dell’insegnante

L’insegnante – sia quello appena immesso in ruolo, che quello impegnato nella sperimentazione dell’uso didattico della LIM (Lavagna Interattiva Multimediale) - costituisce un interessantissimo punto di osservazione sui cambiamenti in atto. Cambiamenti sociali (che ne hanno ridefinito lo status producendone una progressiva svalorizzazione), culturali (che hanno modificato completamente il suo ruolo espropriandolo del controllo sull’accesso al sapere da parte degli studenti) e legati nello specifico alla sua formazione iniziale, sospesa tra i compiti delle università, le opportunità (spesso mal sfruttate) di indicare nuovi percorsi e la tentazione di un ritorno al passato.

Su questo tipo di sfondo che, lo ripetiamo, fa dell’insegnante un interessamntissimo laboratorio per la ricerca didattica, si possono staccare almeno due elementi che si impongono all’attenzione.

Il primo è l’età media di immissione in ruolo, che si conferma essere di 42 anni, in linea con lo scorso anno (con il 47% degli insegnanti neo-immessi che ha un’età compresa tra i 36 e i 45 anni). Si tratta di un dato che suggerisce l’idea di un precariato lungo (13-15 anni), diversamente interpretabile secondo il punto di vista. Certo, è chiaro come possa essere inteso quale incubatore di competenze professionali: una specie di noviziato grazie al quale gli habitus didattici dell’insegnante hanno la possibilità di svilupparsi, modificarsi grazie al contatto con colleghi e contesti scolastici differenti, finalmente fissarsi in pratiche che a questo punto dovrebbero essere sicuramente virtuose. D’altra parte, non si può sottovalutare il fatto, altrettanto evidente, che proprio questa lunga incubazione possa essere responsabile di crisi e demotivazione facendosi premessa di un “allentamento” generale della tensione educativa una volta ottenuto il posto tanto agognato: insomma, come nei fidanzamenti troppo lunghi, al momento di renderli definitivi ci si accorge di essere cambiati moltissimo e alla fine o si allestiscono legami fallimentari o si finisce per lasciarsi.
Un secondo rilievo si può ricondurre, invece, alle competenze tecnologiche degli insegnanti. Il paesaggio in questo caso è, per così dire, in chiaroscuro. In continuità con il Report “Neo-Assunti” dello scorso anno, infatti, si può parlare di una sicura familiarità raggiunta con gli strumenti dagli insegnanti. Gli editor di testo (Word), il browser per navigare in Internet e la posta elettronica sono per così dire “migrati” dentro le pratiche quotidiane di oltre l’80% degli insegnanti. Questo significa che l’ambiente informatico è ormai lo spazio abituale entro cui redigere testi (editor), cercare informazioni (browser), gestire la comunicazione con i colleghi e gli studenti (mail). Non solo.
Anche la congenialità della formazione secondo il modello blended, parte in aula e parte on line, gode di larghissima condivisione: pochissimi degli insegnanti del monitoraggio dichiarano diffidenza o difficoltà rispetto a Puntoedu, il gradimento per la formazione ricevuta è elevatissimo, tanto per “Neo-Assunti” che per “DIGIScuola”. Sono dati che confortano e indicano il grande cammino fatto in questi anni grazie al lavoro dell’Agenzia Scuola.
Sarebbe sufficiente confrontare il dato con quello del 2001-2002 per rendersene conto: scarsa dimestichezza con il computer, uso praticamente nullo della navigazione in Internet, diffusa resistenza (se non avversione) a una formazione che non fosse in presenza.
Tuttavia, la crescita delle competenze informatiche e telematiche di base non significa ancora che gli insegnanti presentino una sicura e diffusa capacità di impiegare le tecnologie nella loro didattica. Basso è ad esempio l’impiego degli strumenti di condivisione (forum e chat), ancora lontana la capacità di pensare alle tecnologie realmente come a risorse nella classe.
Da questo punto di vista è interessante notare come il 95% degli insegnanti coinvolti in “DIGIScuola” non avesse mai visto o utilizzato una LIM prima di prender parte alla formazione organizzata dall’Agenzia e come dal monitoraggio emerga un’interessante forbice tra usi e rappresentazioni che gli insegnanti hanno della LIM stessa. Se, infatti, soprattutto nei progetti didattici che hanno immaginato e che realizzeranno in questo anno scolastico con l’accompagnamento del coach, emerge l’intenzione di far produrre collaborativamente agli studenti i contenuti da visualizzare grazie alla LIM, nell’uso che essi stessi ne hanno fatto finora in classe si coglie una chiara continuità con la lavagna tradizionale di ardesia. In buona sostanza, prevale ancora una concettualizzazione della LIM come strumento trasmissivo piuttosto che come spazio di organizzazione creativa delle pratiche didattiche.
In tutti i casi risulta chiaro quanto lavoro resti ancora da fare per costruire una cultura ICT nella didattica e per far maturare negli insegnanti consapevolezze di uso critico e creativo tanto delle risorse disponibili nei giacimenti telematici (Information Literacy) quanto delle opportunità straordinarie dei media digitali in funzione dell’espressione (Digital Literacy).

Ruolo e competenze del tutor

Il tutor continua ad essere uno dei principali motivi di successo dell’azione formativa condotta attraverso il supporto di Puntoedu, come dimostra il generale apprezzamento espresso dai corsisti, tanto del percorso “Neo-Assunti”, quanto di “DIGIScuola”.
Anche in questo caso, tuttavia, come in relazione al precedente relativo alle competenze tecnologiche dell’insegnante, occorre leggere il dato in maniera contrastiva. Infatti, da una parte, è innegabile che questo apprezzamento possa ricondursi all’efficacia dell’azione del tutor rispetto ai corsisti. I questionari dei due monitoraggi lo chiariscono, indicando le ragioni di importanza di questa funzione: favorisce la circolazione delle informazioni svolgendo una funzione di cerniera tra corsista e Agenzia, rende possibile l’orientamento all’interno dei materiali disponibili in Puntoedu, garantisce supporto cognitivo ed emotivo. Ma il dato potrebbe essere letto anche in un altro modo. L’apprezzamento del lavoro del tutor, cioè, potrebbe emergere così chiaro proprio perché viene colto dall’utente come l’unico punto di riferimento ed ancoraggio sicuro all’interno di una “formazione liquida” che lascia proprio all’utente il compito di destreggiarsi consapevolmente tra le mille risorse che gli vengono rese disponibili. In sostanza, indipendentemente dalla sua efficacia, il tutor potrebbe essere comunque colto come un fattore di riduzione della complessità e di facilitazione a prescindere, e di conseguenza valutato positivamente già solo perché esiste.
Si tratta, lo capiamo bene, di una lettura un po’ maliziosa, ma crediamo sia possibile sostenerla. E proprio per questo diviene interessante approfondire l’analisi per capire come rendere questa figura, proprio per la sua importanza, sempre più professionale, passando da un’importanza percepita (dal corsista) a un’importanza de facto (giustificata dalle sue competenze).
L’ipotesi che avanziamo è che si possa lavorare in una duplice direzione.
La prima consiste nel promuovere ricerca sulle best practices e sulle criticità evidenziate dai corsisti durante il monitoraggio. È una linea di lavoro su cui già si pensa di intervenire nell’ambito del nuovo monitoraggio “Neo-Assunti” e che potrebbe tradursi in una prima piattaforma di indicazioni da utilizzare in funzione della definizione di uno standard delle competenze del tutor Puntoedu. Sulla base di questo standard si potrebbero meglio coordinare le diverse azioni rivolte alla sua formazione a livello nazionale e locale e, soprattutto, si potrebbe giungere alla definzione di un “albo” dei tutor Puntoedu grazie al quale censire nei singoli contesti regionali tutor con competenze certificate che siano riconoscibili attraverso il riferimento allo standard.
La seconda linea di lavoro, strettamente legata alla precedente, prende corpo nel ripensamento della formazione. Ad essa si dovrebbe chiedere di fornire strumenti laddove in larga parte ancora non ne vengono forniti (il 45% dei tutor dichiara di non aver ricevuto una formazione specifica) e soprattutto di contribuire a una crescita del profilo oltre la dimensione di semplice abilitazione tecnologica e di rassicurazione emotiva, verso una presenza culturale specializzata. In questa direzione le esperienze di formazione-pilota che in alcune regioni si stano svolgendo con l’aiuto delle università potrebbe offrire degli interessanti contributi di analisi e riflessione (penso, ad esempio, al piano di formazione FORTUTOR che l’USR Lombardia ha varato in collaborazione con le Università di Milano Cattolica e Bicocca e che ora sta confluendo nell’attivazione di un Master universitario di secondo livello in Metodi e tecniche per l’e-tutor della scuola).

Il modello formativo

Il riferimento alla formazione e alle sue modalità ci consente di introdurre il terzo ed ultimo rilievo su cui intendevamo soffermarci: la riflessione sul modello formativo messo a punto e consolidato (con le opportune correzioni di rotta) attorno all’ambiente Puntoedu.
A questo riguardo i monitoraggi consentono di confermare che la cultura di Rete, tra gli insegnanti, fatica a decollare, e allo stesso tempo fanno registrare una discrepanza tra il tipo di formazione che l’Agenzia propone e la formazione che poi concretamente viene svolta all’interno dei singoli corsi. Ci spieghiamo meglio.
Il modello formativo costruito fin dall’inizio e rispecchiato negli strumenti di lavoro e nelle attività proposte all’interno dell’ambiente è di tipo sociocostruttivista. In questa prospettiva didattica l’apprendimento si costruisce attraverso una forte contestualizzazione e una marcata sporgenza verso le attività di tipo collaborativo. Questo doppio orientamento dovrebbe tradursi da una parte nella proposta di attività che consentano al corsista di ricondurre la propria formazione al lavoro svolto in classe, dall’altra nell’adozione di strumenti – come il forum e la classe virtuale – che favoriscano lo scambio e la costruzione collaborativa delle conoscenze.
Ora, il forum, utilizzato in questa prospettiva, non funziona. Il 40% degli utenti non scrive un solo messaggio. I forum moderati del corso “Neo-Assunti” ottengono solo il 44% di valutazioni positive, una percentuale addirittura inferiore a quella già non entusiastica espressa negli scorsi anni.
La Classe Virtuale, per parte sua, viene usata in maniera ridotta (solo il 20% degli utenti dichiara di utilizzarla) e spesse volte impropria (molti tutor la utilizzano solo come bacheca-avvisi).
Le ragioni di questa difficoltà sono diverse.
Due consentono di riprendere, finalizzandole, osservazioni già introdotte sopra. Gli insegnanti, come abbiamo visto, hanno bisogno di crescere ancora nella loro cultura tecnologica. Il forum e la comunicazione sincrona non fanno ancora parte della loro normale attività, non appartengono alla loro quotidianità, quindi risulta difficile ottenere che ne facciano un uso appropriato all’interno della formazione. D’altra parte, attualmente sono gli e-tutor di fatto a decidere se e come utilizzare la Classe Virtuale. Questo perché non è stata messa a loro disposizione una serie di proposte preconfigurate o presentato un ventaglio di “best practices” delle edizioni precedenti. Manca in sostanza una pianificazione metodologico-didattica precisa che rinvia alla formazione dei tutor come esigenza non rimandabile.
Aggiungiamo a questi fattori due ulteriori indicazioni.
Lo scarso tempo a disposizione dei corsisti in relazione alla durata complessiva dei corsi (non per colpa dell’Agenzia, generalmente iniziano tardi e finiscono per comprimere le attività nello spazio di due mesi) rende impossibile l’acquisizione di un modus operandi sufficiente perché essi comprendano il senso di uno spazio come il forum e mettano in pratica alcune delle possibilità che esso può offrire. Il forum richiede insomma tempi più distesi di quelli attualmente disponibili.
L’altro aspetto è rappresentato da due elementi non irrilevanti dell’esperienza Puntoedu, ovvero i grandi numeri di insegnanti in formazione e la centralità dei contenuti digitali a disposizione degli insegnanti. Per quanto riguarda i grandi numeri, come essi impattino sulla praticabilità della formazione costruttivista è presto compreso se si pensa ai problemi di leggibilità forniti da un forum moderato cui partecipano migliaia di utenti. Quanto poi alla centralità dei materiali, ne vengono riconosciute la grande qualità e utilità didattica ma la loro numerosità finisce per orientare la percezione dell’ambiente da parte del corsista, che ne coglie più la dimensione di repository che non quella di spazio di costruzione collaborativa della conoscenza.
Se, dunque, i rilievi precedenti forniscono indicazioni al fine di migliorare la cultura tecnologica degli insegnanti e la formazione dei tutor, questi ultimi orientano l’analisi direttamente sul modello di formazione proposto.
Qui crediamo si imponga una riflessione di ampio respiro che coinvolge il senso stesso del fare e-learning nella formazione degli insegnanti. L’indicazione, a questo riguardo, è che probabilmente occorre rovesciare il tipo di approccio: mentre, per dir così, l’e-learning 1.0 è consistito nella grande maggioranza dei casi nel cercare di portare gli utenti a maturare certi usi della Rete, l’e-learning 2.0 deve consistere nella riprogettazione delle attività di Rete attorno all’utente. Se la collaborazione non funziona, probabilmente questo è segno che così come viene proposta non risponde alle esigenze reali dell’insegnante, non riesce a interpretare i suoi bisogni, non si radica nel suo contesto di appartenenza. Più che far diventare tutti costruttivisti, si tratterebbe costruttivisticamente di capire come il “vestito” Puntoedu possa essere indossato in modi diversi dai diversi insegnanti: un percorso che passa anche attraverso un’evoluzione tecnologica dell’ambiente e dei suoi servizi. L’Agenzia ha già capito l’esigenza di questo cambio culturale. Lo rivelano l’apertura di For, una comunità di pratica per gli insegnanti che rende accessibili i contenuti digitali indipendentemente dalle azioni formative cui si sta partecipando, e l’evoluzione stessa dell’ambiente cui si sta continuamente lavorando.
Si tratta di proseguire in questa direzione.

 

 

 

 
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