di Giusy Cannella
15 Aprile 2008
L’Unesco nel Rapporto Internazionale “Towards Knowledge Society” sostiene che una società della conoscenza deve basarsi su conoscenza condivisa e vede nelle tecnologie della comunicazione e nei contenuti digitali una opportunità educativa per tutti di acquisire conoscenza. Tra le iniziative a sostegno di questa posizione nasce il movimento delle Open Educational Resources (Risorse Educative Aperte). Una vera e propria community of interest costituita da oltre 600 membri di varie organizzazioni di 192 paesi dell’UNESCO dislocate in tutte le parti del mondo. Il gruppo di lavoro on line ha perseguito l’obiettivo di trovare soluzioni ai problemi legati alla condivisione di materiali digitali in termini di adattabilità, localizzazione dei contenuti a partire da una licenza d’uso delle risorse di tipo “open”, oltre ovviamente a fornire una definizione condivisa del termine Open Educational Resources.
E’ evidente che l’interesse di organizzazioni di questo tipo si rivolge soprattutto ai paesi dove l’accesso a contenuti digitali rappresenta una delle fonti principali per acquisire conoscenza. Ma il problema dei contenuti digitali in contesto educativo per veicolare conoscenza, costituisce l’evoluzione naturale del dibattito sui Learning Object, che ha visto il mondo della formazione in fermento rispetto alla definizione di questa “entità” sia in termini tecnici che in termini pedagogici. Agli albori di questo dibattito (si tratta solo di qualche anno fa) la maggiore criticità del learning object era legata alla riusabilità dell’oggetto e quindi l’attenzione si concentrava prevalentemente sulla definizione di uno standard che ne identificasse la struttura interna a prescindere dal contesto d’uso. Ma ha ancora senso parlare di contenuti digitali in questi termini? E che ruolo riservano gli insegnanti a questi strumenti?
Alcuni progetti pilota condotti dall’Agenzia Scuola, con una modello di formazione che privilegia un approccio collaborativo, hanno dimostrato che i docenti preferiscono progettare e realizzare i contenuti digitali in modo autonomo a misura di contesto, così da personalizzarli a seconda delle esigenze dei propri studenti e modificarli all’occorrenza. Di questo ne danno conferma i dati raccolti dal monitoraggio del Progetto Digiscuola del quale si è conclusa la prima fase di formazione di recente. Il progetto prevedeva l’uso di risorse digitali, definiti CDD – Contenuti Didattici Digitali - prodotti da case editrici italiane e disponibili all’interno di un archivio e di una lavagna interattiva da utilizzare in classe per le quotidiane attività didattiche. I docenti spinti dall’aspirazione ad incentivare la motivazione degli studenti hanno partecipato all’iniziativa progettando un percorso didattico arricchito ed integrato di risorse digitali e non (86,2%), creando dei contenuti aderenti ai percorsi curricolari previsti per gli studenti del biennio della scuola secondaria superiore. E ancora. Sempre i dati del monitoraggio riportano bassi livelli di soddisfazione da parte degli insegnanti rispetto alla qualità dei contenuti digitali: acquistare un Contenuto Digitale già “confezionato”, senza alcun richiamo alla realtà, senza particolare adattamento alla classe cui ci si rivolge richiama ad una didattica di impianto trasmissivo e che ricalca la logica del libro di testo. Sembra che la rotta che gli insegnati seguono sia quella della conoscenza per mediazione, che vuole fornire agli studenti strumenti e criteri per conoscere la realtà e consentire alla ragione di collegare i saperi. Se prendiamo il caso dei contenuti digitali, sono in grado di assolvere a questo compito di mediatori? Un tentativo di manipolazione di oggetti di apprendimento digitali, precedente al Digiscuola, è stato realizzato con il Progetto SCOLA, rivolto ai docenti delle scuole delle piccole isole del Mediterraneo. La proposta di formare i docenti di queste scuole alla progettazione e realizzazione di oggetti didattici rispondeva ad un bisogno specifico del contesto: consentire ai docenti di fare scuola anche dalla terraferma, per eventuali condizioni del mare avverse, utilizzando contenuti digitali erogati a distanza. Il lavoro di progettazione svolto dai docenti, attraverso il confronto e la discussione in rete tra gruppi di docenti di isole diverse, ha consentito loro di aprire nuove rotte di integrazione della tecnologie nella didattica quotidiana e di declinare il curricolo operando una selezione dei contenuti a favore di attività collaborative. La co-progettazione è il faro che guida il processo di realizzazione dei contenuti digitali e che viene declinato in alcune fasi.
Comincia a delinearsi anche nel panorama scolastico italiano la fisionomia dei contenuti digitali ed occupano un posto nella cassetta degli attrezzi dell’insegnante. Ma si corre un rischio…che l’esempio del progetto Telescuola emblematicamente descrive.
Più di cinquanta anni fa, il Ministero della Pubblica Istruzione per supplire alle carenze del sistema scolastico mette a punto un modello didattico che, utilizzando la televisione, offriva la possibilità di frequentare la scuola secondaria inferiore a tutti coloro che erano stati costretti a interrompere gli studi dopo la quinta classe elementare. Nel 1954 nasce Telescuola, che offre la possibilità di frequentare la scuola secondaria inferiore a tutti coloro che sono stati costretti a interrompere gli studi dopo la quinta classe elementare. Telescuola, un archetipo degli attuali modelli di didattica a distanza, un sistema di istruzione grazie al quale gli studenti potevano inviare gli elaborati a una commissione e, dopo un esame, conseguire un diploma di scuola media. Poi, per ovviare alla scarsa diffusione degli apparecchi televisivi e per creare un spazio di mediazione tra le videolezioni e gli studenti, vengono istituiti 1.626 posti di ascolto di telescuola (PAT) in cui un coordinatore segue e supporta lo svolgimento delle lezioni via etere. Infine nel 1960 viene trasmesso il programma "Non è mai troppo tardi", condotto dal Maestro Manzi che da mediatore di cultura e conoscenza ha saputo introdurre molti alla conoscenza della realtà. Sembra una storia contemporanea eppure è accaduto cinquanta anni fa!
Contenuti “vecchi” in contenitori “nuovi”. Oggi come allora il cambiamento di medium nel contesto scolastico implica anche la necessità di avviare una riflessione sui contenuti didattici, digitali e non, in funzione del curricolo e sull’uso e la funzione della mediazione delle tecnologie digitali rispetto al processo di apprendimento.
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