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MEDIA EDUCATION

La seconda rivoluzione: le nuove tecnologie entrano in classe

Per due giorni a Cambridge si sono riuniti esperti da tutto il mondo per disegnare i nuovi scenari aperti dalla diffusione delle LIM (sintesi delle sessioni plenarie)

di Leonardo Tosi
17 Luglio 2009

Si è tenuto dal 29 al 30 giugno presso l’Università di Cambridge il convegno internazionale RITWIT (Research Into Teaching with Whole class Interactive Technologies), interamente incentrato sull’uso delle ICT in classe con un focus particolare sull’uso della Lavagna Interattiva Multimediale (LIM). Calato nel verde della campagna inglese il funzionale e modernissimo Moller Centre della facoltà di Scienze dell’Educazione ha ospitato 88 delegati provenienti da Università di tutto il mondo (dall’Australia agli Stati Uniti, dalla Nuova Zelanda al Messico, dalla Finlandia all’Ungheria…), enti governativi, istituti di ricerca, scuole di eccellenza (principalmente inglesi), che si sono confrontati nelle presentazioni ufficiali, nelle sessioni scientifiche parallele, negli workshop e nei numerosi momenti di confronto informale condividendo e approfondendo esperienze, rapporti di ricerca e soluzioni tecnologiche per la classe del terzo millennio.

Mal Lee, autore del recente “The Interactive Whiteboard Revolution: Teaching With IWBs” e membro del comitato di esperti che ha individuato le competenze chiave per il sistema scolastico australiano, ha aperto il convegno tracciando lo scenario di sfondo della due giorni di sessioni. Lee ha messo in evidenza il ruolo della LIM (considerata dall’autore solo un “cavallo di troia” per una più ampia e pervasiva rivoluzione tecnologica) come elemento chiave nel percorso di integrazione e diffusione delle ICT nell’attività di insegnamento/apprendimento: per la prima volta dopo la lavagna d’ardesia una tecnologia entra in classe condizionando tutti gli aspetti legati all’ambiente di apprendimento e alla pratica didattica quotidiana. Con la LIM ha inizio un percorso che porta in classe quella “convergenza digitale” che permette al docente di avere simultaneamente e contestualmente a disposizione le potenzialità dei nuovi linguaggi e di tutti i media che prima richiedevano contesti e supporti specifici e differenziati.
Siamo ad un punto di svolta - dice Lee – poiché per la prima volta nella storia dell’educazione non ci sarà solo un gruppo ristretto di docenti-pionieri o una élite di appassionati di ICT: la LIM riguarda tutti i docenti delle scuole di ogni ordine e grado.
Anche per il settore produttivo privato dell’Information Technology lo scenario cambia: non vengono più progettate tecnologie per il consumer generico o per il settore business, ma esplicitamente per l’ambito educational, con compagnie che sviluppano un know-how specifico per il settore e annoverano tra il proprio personale aziendale instructional designer, docenti e ricercatori impegnati per dotare la scuola degli strumenti per l’apprendimento di domani.
I tempi e le modalità per l’attuazione effettiva delle potenzialità della LIM e i possibili modelli per l’integrazione in classe di tecnologie correlate sono stati oggetto degli interventi che si sono susseguiti durante il convegno.

Tra i progetti in rassegna assume particolare rilevanza Enciclomedia presentato dai ricercatori dell’istituto messicano responsabile per la collaborazione con l’UNESCO. Il progetto ha prodotto l’elaborazione dell’intero curriculum scolastico delle varie discipline in forma di risorse didattiche digitali. L’iniziativa (il cui iter generale è attualmente in fase di revisione) è stata successivamente potenziata con un massiccio investimento da parte del governo messicano volto a diffondere le LIM in modo capillare nelle classi dell scuole del Messico.
In particolare è stato illustrato un rapporto di ricerca condotto su 20 “lezioni in classe” in diverse discipline scolastiche, che ha previsto l’utilizzo di strumenti metodologici di tipo etnografico nell’ambito di un contesto teorico socio-culturale. Le lezioni sono state interamente video-registrate, le azioni e i dialoghi tra docenti e studenti sono stati trascritti mettendo a confronto la quantità e la qualità delle interazioni sviluppate all’interno di classi in cui si utilizzava la lavagna d’ardesia rispetto a classi in cui si utilizzava la LIM da almeno tre anni.
I primi risultati del rapporto (di prossima pubblicazione) evidenziano come l’uso della LIM favorisca livelli più elevati di interazione in classe quando i ragazzi sono messi nelle condizioni di manipolare contenuti multimodali e come tali interazioni risultino significative quando i docenti riescono a guidare gli studenti nel costruire e nell’esprimere la propria conoscenza in funzione di obiettivi prefissati dal docente. Tali interazioni significative sono contraddistinte da cicli di sequenze stimolo-risposta-feedback che, invece di spezzarsi in catene chiuse di domanda-risposta, innescano un continuum di costruzione dialogata della conoscenza.
I risultati dello studio, basati sull’analisi di sequenze di eventi comunicativi che si sviluppano all’interno della classe, risultano particolarmente interessanti se combinati con il rapporto di ricerca relativo alla scuola primaria pubblicato da BECTA nel 2007 e condotto da Bridget Somekh della Manchester Metropolitan University, in cui invece venivano misurati i risultati scolastici degli alunni dai 5 agli 11 anni (rilevando mediamente miglioramenti, anche se lievi, correlati all’uso della LIM in classe). Anche in questo studio l’utilizzo della LIM per almeno due anni continuativi è considerato un aspetto centrale.
I due studi citati assumono una particolare importanza poiché considerano per la prima volta gli effetti dell’uso della LIM in classe sugli aspetti comunicativi e sui risultati scolastici, andando oltre le semplici considerazioni relative alla percezione del docente, ai livelli di attenzione, motivazione e partecipazione (aspetti, questi ultimi, evidenziati già in studi precedenti anche quando l’attività in classe analizzata copre periodi più brevi e quando i docenti non possiedono un’esperienza consolidata di uso della LIM).

Un altro caso nazionale interessante, presentato da Piroska Birò dell’Università di Debrecen, riguarda l’Ungheria, in cui il piano di sviluppo nazionale sta introducendo (entro il 2010) 42.000 LIM nelle scuole ungheresi. Gli aspetti nodali del processo innescato dal piano nazionale risultano essere il modello di formazione rivolto ai docenti e i nuovi contenuti digitali necessari per supportare il processo di innovazione. In questo contesto in Ungheria esperti ed editori stanno lavorando per sviluppare i nuovi contenuti didattici digitali necessari per supportare una svolta epocale mentre in parallelo è in atto un processo di riforma e revisione dei programmi scolastici per far fronte all’esigenza sempre più pressante di poter mettere a disposizione delle scuole una sorta di curriculum digitale.
 
Molto ampia la finestra dedicata dal convegno alle nuove competenze professionali dei docenti. Modelli di formazione efficaci ed adeguati ai bisogni formativi e metodologie didattiche maggiormente student-centred sono emersi come i due ingredienti fondamentali in grado di innescare processi di innovazione e miglioramento nel medio-lungo periodo. Definitivamente tramontata sembra invece la popolarità delle tradizionali forme di certificazione delle “conoscenze informatiche” basate su specifici pacchetti di applicativi, per approdare invece a forme di “patente pedagogica delle ICT”, che mirano a riconoscere le competenze di docenti in grado di integrare efficacemente le nuove tecnologie nella pratica didattica e migliorare la qualità dell’insegnamento della propria disciplina.

Se esiste ancora una diversa enfasi e perfino una dicotomia tra modelli di formazione tecno-centrici basati sull’apprendimento delle funzioni di particolari software e modelli maggiormente orientati al supporto metodologico on the job, c’è invece una generale convergenza sulle metodologie didattiche ritenute più efficaci nella nuova scuola digitale. In tal senso sono stati presentati come buone pratiche esempi di lezioni in cui il docente è stato in grado di supportare, stimolare e sviluppare in modo efficace la partecipazione attiva degli studenti in processi di costruzione della conoscenza condivisi riuscendo a coinvolgere attivamente e continuativamente tutta la classe. In questo sta la vera sfida della classe digitale: nel conciliare l’esigenza di un insegnamento/apprendimento in aula inevitabilmente simultaneo (ma sviluppando modelli in cui gli alunni mantengono un alto livello di partecipazione e coinvolgimento nella lezione) con le possibilità di personalizzazione offerte dalle ICT in percorsi che si realizzano per buona parte al di fuori della classe (a casa, nei nuovi spazi dell’extra-classe dotati di libri, risorse digitali ed accesso ad Internet, ma anche negli ambienti dell’extra-scuola come le biblioteche per studenti dotate di centri multimediali, aree collaborative e punti di accesso wireless).

Nelle sessioni parallele sono state presentate esperienze di uso delle LIM e delle ICT con un focus specifico sull’uso di tecnologie e di software in diversi ambiti disciplinari. La maggioranza degli interventi prevedevano la presentazione di esperienze condotte da docenti in collaborazione con professori universitari con una formula che ha arricchito il dibattito e l’analisi dei risultati. Sono stati presentati nuove ipotesi di setting e nuove modalità di utilizzo delle ICT per l’apprendimento: dall’uso di risponditori e dispositivi a distanza personalizzati, all’uso di tavoli interattivi touch-screen, all’uso didattico di console per videogiochi, all’uso di iPod nell’insegnamento della letteratura, a modelli che prevedono l’uso di connessioni in videoconferenza… insomma attorno alla LIM si crea un indotto di tecnologie correlate che si offre alle competenze e alla professionalità del docente in ricerca di soluzioni creative e modelli di apprendimento sostenibili ed efficaci.

Altro piatto forte della prima giornata è stato l’intervento in plenaria di Niel McLean, Direttore Esecutivo di BECTA, l’agenzia governativa che nel Regno Unito promuove l’innovazione educativa attraverso l’uso delle nuove tecnologie. Dall’intervento emerge l’alto livello della penetrazione delle ICT nelle scuole del Regno Unito con il 73% dei docenti inglesi che utilizza regolarmente la LIM in classe.
Dopo il massiccio piano di diffusione delle LIM nelle scuole, implementato negli scorsi anni, l’esigenza di recuperare il “ritardo tecnologico” non è più l’obiettivo principale. La priorità è adesso rappresentata dal digital divide tra le possibilità di accesso alle nuove tecnologie da parte delle scuole e le possibilità di accesso delle famiglie a casa. L’attenzione dell’agenzia governativa è pertanto rivolta ad assicurare l’abbattimento delle barriere che si interpongono allo sviluppo concreto di nuove modalità di apprendimento più appropriate allo scenario culturale, sociale e professionale del nuovo millennio attraverso la partecipazione attiva alla vita scolastica e alla sfera dell’apprendimento da parte dell’intera comunità scolastica. Il coinvolgimento della comunità scolastica prevede che gli studenti siano in grado di lavorare da casa in stretta connessione con l’attività in classe grazie alle “estensioni” online delle scuole e alle potenzialità didattiche delle LIM in classe ma anche attraverso la possibilità di usare le ICT e di accedere ad internet da casa. Registro elettronico, valutazioni dei ragazzi accessibili online dalle famiglie tramite accessi protetti, Learning Management System scolastici, siti web scolastici in grado di offrire tutte le informazioni in modo chiaro e strutturato e attivare canali di comunicazione e partecipazione per le famiglie: se tutto questo è ormai una realtà per la maggioranza delle scuole del Regno Unito non si può dire altrettanto per le famiglie degli studenti e tale gap rischia di vanificare la possibilità di usare le ICT in modo pervasivo per l’apprendimento scolastico.

Sono queste le motivazioni dell’imponente progetto “Home Access” (2008 – 2011) che prevede un finanziamento di 300 milioni di sterline per garantire una comune “base di partenza” che permetta ad ogni studente dai 5 ai 18 anni di avere le stesse possibilità di uso delle ICT e accesso da casa a supporto del proprio percorso di apprendimento scolastico. Il progetto è il logico proseguimento della strategia che ha portato le ICT nelle scuole e nelle classi (principalmente con i piani di diffusione delle LIM) nell’ultimo quinquennio e che, dopo una fase di analisi di apposite task-force, ha focalizzato l’attenzione sull’abbattimento delle barriere all’accesso come elemento indispensabile per riuscire a dar vita ad un apprendimento innovativo in grado di non escludere nessuno.

L’intervento di Niel McLean si è basato su alcuni dati risultanti dalla recente indagine condotta da Ipsos MORI su un campione significativo di studenti di scuole primarie e secondarie inglesi relativamente alle modalità di apprendimento in classe. Tra l’altro, sono stati messi a raffronto i risultati di 2 domande poste ai ragazzi:

In base alle risposte date dai ragazzi alla domanda 1 su quale fosse il comportamento effettivo più frequente in classe sono emersi ai primi 4 posti:

1) Copiare dalla lavagna o da un libro (52%);
2) Ascoltare un insegnante che parla per lunghi periodi di tempo (33%);
3) Discutere in classe (29%);
4) Prendere appunti mentre l’insegnante parla (25%).

In base alle risposte date alla domanda 2 su quali fossero le modalità in cui glialunni preferivano apprendere sono emersi ai primi 4 posti:

1) In gruppi (55%);
2) Svolgendo attività “pratiche” (39%);
3) Con gli amici (35%);
4) Usando il computer (31%).

In questo secondo caso la risposta “apprendere copiando” è stata tra le meno gettonate con l’8% delle risposte, a conferma che le modalità con cui gli alunni vorrebbero sviluppare il loro percorso di studio scolastico sono ben diverse da quelle effettivamente attuate durante le lezioni in classe. L’avversione e il “disinnamoramento” che si manifesta da parte degli alunni verso la scuola – sembra concludere McLean - non riguarda l’istruzione scolastica in sé quanto le modalità con cui tale istruzione viene impartita.

L’ultima presentazione in plenaria ha previsto l’intervento del delegato di uno dei paesi europei che le prove comparative OCSE-PISA pongono ai primi posti nella valutazione delle competenze acquisite dai quindicenni scolarizzati, la Finlandia. Karen Littleton dell’Università di Jyvaskyla ha tirato le fila focalizzando i temi più importanti emersi dal dibattito e dagli interventi del convegno sottolineando la necessità di un nuovo approccio all’istruzione scolastica che preveda in classe maggiori livelli di interazione significativi con la necessità di sviluppare strategie dialogiche (“collaborative, reciproche, supportive, cumulative e propositive”) e di supportare la personalizzazione dell’apprendimento degli alunni al di fuori della classe. Il nodo torna ad essere quello di nuovi modelli in grado di permettere concretamente un ruolo attivo degli alunni nel percorso scolastico in contesti che prevedono perlopiù modalità di insegnamento simultaneamente rivolte a più studenti.
Su questi aspetti si sono svolte infine 8 sessioni di workshop parallele in cui i partecipanti hanno confrontato le proprie esperienze, individuato i punti critici e il valore aggiunto delle pratiche e delle tematiche toccate nel seminario e discusso su quali siano i modelli e le strategie più efficaci per supportare i processi di innovazione.
La figura di docente che emerge dal dibattito è quella di un professionista dell’istruzione dotato delle competenze digitali necessarie per vivere consapevolmente nella società contemporanea, che è in grado di accogliere l’inaspettato, di dare significato a ciò che non è necessariamente pre-strutturato in un libro, di utilizzare la propria professionalità e la propria competenza disciplinare per promuovere l’apprendimento dando voce alle domande inaspettate degli alunni e guidando i loro spunti e le loro discussioni in un percorso di crescita e di conoscenza.

Un filo conduttore riscontrabile nei vari interventi del convegno è quello di un uso efficace del digitale per supportare nuove modalità di apprendimento e migliorare i risultati scolastici accompagnato dalla capacità di agire concretamente le nuove competenze chiave nella vita personale e professionale di tutti i giorni.
Come già Marc Prensky ha sottolineato nei suoi ultimi lavori è ormai sempre meno rilevante la distinzione tra “nativi digitali” e “migranti digitali” su cui si sono consumati fiumi di inchiostro e  parole negli ultimi cinque anni: il concetto di base – dice Prensky - è ormai quello di Digital Wisdom, cioè la capacità di saper comprendere il valore aggiunto del digitale nel proprio specifico contesto professionale e quindi di saperlo integrare e utilizzare efficacemente.
In questo ambito non è rilevante che le ultime generazioni, nate in un brodo digitale, abbiano una maggiore naturalezza nell’utilizzo di dispositivi digitali e tecnologie di rete se tale uso resta superficiale e inconsapevole ed esclusivamente orientato al divertimento. Se le generazioni precedenti fanno più fatica ad acquisire competenze di questo tipo, ciò non impedirà (al contrario la condizione di “migranti digitali” può favorire una attitudine consapevole) di poter sviluppare uno spirito critico nei confronti dell’uso delle ICT, di esplorarne le effettive potenzialità didattiche, di dare loro il giusto posto nell’ambiente di apprendimento, di definirne modalità strutturate di utilizzo che siano finalizzate ad un apprendimento migliore rispetto al passato.
In questo senso il convegno di Cambridge lancia un segnale che rappresenta una linea di svolta nell’uso delle tecnologie nella didattica: le ICT si candidano ad essere anche per la scuola (come per il resto della società) la nuova normalità in un futuro non molto lontano, coinvolgendo tutto il sistema scolastico in un processo di trasformazione di cui si vedono i bagliori all’orizzonte e che coinvolgerà contenuti, docenti, alunni, famiglie e  l’organizzazione scolastica nel suo complesso.

 

Bibliografia

• AA.VV., Extending Opportunity - Home Access Taskforce Report, BECTA, 2008
• Lee M., Betcher C., The Interactive Whiteboard Revolution: Teaching With Iwbs, Australian Council for Educational Research, 2009
• Lee M., Winzenried A., Use of Instructional Technology in Schools, Australian Council for Educational Research, 2009
• Prensky M., H. Sapiens Digital - From Digital Natives and Digital Immigrants to Digital Wisdom, in Innovate, Feb-Mar 2009
• Prensky M., Open letter to the Obama administration, in Educational Technology, Mar-Apr 2009
• Somekh B. et alii, Evaluation of the Primary Schools Whiteboard Expansion Project, BECTA, 2007
• Wallace E., Smith K., Pye J., Crouch J., Ziff A., Burton K., Extended School Survey of Schools, Pupils and Parents, Department for Children, Schools and Families, 2009

 
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