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PROGETTI DI COLLABORAZIONE

Vivere insieme, uguali e diversi

Il progetto eTwinning sulla coesione comunitaria e l’inclusione sociale

di Graziella Favaro
26 Aprile 2010

Un uomo saggio  impara sempre dalla propria esperienza, 
ma un uomo ancora più saggio impara anche dall’esperienza degli altri.
                    Proverbio cinese

L’Unione Europea ha proclamato  il 2010  “anno europeo  contro l’esclusione  sociale”, individuando tre grandi obiettivi  da perseguire nelle politiche e nelle pratiche:

  • il riconoscimento dei diritti di tutti i cittadini e il contrasto a tutte le forme di discriminazione e di pregiudizio ;
  • la responsabilità  condivisa e la partecipazione  di ciascuno alla vita sociale  e politica  delle comunità ;
  • la coesione delle comunità, dal punto di vista sociale e culturale.


In linea con queste finalità l’azione eTwinning si propone di attivare anche su questi temi uno scambio e un confronto di pratiche e di  promuovere progetti comuni da realizzare in maniera partecipata tra scuole di diversi paesi europei. Già nel novembre del 2009 l’Unità eTwinning Italia  e quella della Gran Bretagna hanno lavorato insieme per avviare una comune riflessione coinvolgendo 30 docenti, metà italiani e metà inglesi, in un seminario bilaterale sull’inclusione sociale nella scuola.
Il tema della coesione della comunità è oggi cruciale  per la nostra  società e per le scuole, laboratori privilegiati  di convivenza  fra uguali e diversi. L’esperienza di un Paese come la Gran Bretagna, che ha una lunga storia di immigrazione e una presenza consolidata di  minoranze “etniche”, può inoltre essere di stimolo e di arricchimento per chi si è trovato i tempi più  recenti a gestire le differenze in classe. In particolare, in Gran Bretagna il progetto per incoraggiare  il lavoro in rete delle scuole  sui temi della “coesione comunitaria” è stato avviato nell’ottobre 2007 (School linking and Community Cohesion) e viene realizzato seguendo tre diversi approcci:

  • insegnamento/apprendimento: insegnare agli alunni a comprendere gli altri; promuovere discussioni e confronti  sui valori comuni e la diversità;
  • equità e qualità: rimuovere gli ostacoli all’inserimento e alla partecipazione; offrire uguali opportunità a tutti gli alunni per una riuscita fino ai livelli più alti;
  • coinvolgimento e ethos: promuovere occasioni  per i bambini, i ragazzi e le loro famiglie per  interagire con le persone di origini e culture diverse.

           
Ma vediamo quale è il contesto italiano e come si pone oggi il tema della coesione  delle comunità in un mondo che cambia.
 
Il mondo in casa
“L’uomo che fa le pulizie nel palazzo in cui abito è singalese; la parrucchiera dalla quale vado ogni due settimane, perché costa poco, è cinese; molti miei vicini di casa sono peruviani; compro il pane e la pizza da un fornaio egiziano; i miei nipoti vanno a scuola con bambini e ragazzi di tante nazionalità diverse. Tre mesi fa sono stata in ospedale  e la mia compagna di stanza  era una donna senegalese e le infermiere erano rumene e polacche …”.
Come si coglie dal frammento autobiografico, il microcosmo relazionale ed esperienziale  della signora R., che abita a Milano, (Favaro , Il tempo dell’integrazione, Angeli 2008) si è colorato in poco tempo di presenze, ormai stabili e durature, che hanno modificato il paesaggio sociale in cui vive, introdotto cambiamenti visibili, integrato linguaggi verbali e non verbali singolari e inediti. È ormai esperienza quotidiana  e diffusa l’incontro, sporadico o costante,  con persone che hanno storie e origini culturali diverse, che parlano una lingua differente e che condividono spazi e tempi, eventi e  circostanze.
Una sorta di multiculturalismo quotidiano, in ebollizione e aggiustamento continui, tiene insieme in una coesistenza di fatto persone e storie diverse, senza che sia stato finora proposto  e venga seguito un “modello” esplicito di convivenza plurale, lungimirante, voluto e accompagnato.
Abbiamo dunque “il mondo in casa”, ma quanto ne diverrà di casa? 
Il passaggio lento e complesso, da una coesistenza di fatto di diversi (e uguali) ad una progressiva comunanza di uguali (e diversi) è la sfida che si presenta oggi a tutti e in ambiti diversi: operatori e cittadini, servizi pubblici e spazi informali di incontro, scuole e luoghi aperti. È una sfida che richiede pazienza, tempi lunghi, e fatica e che implica un’intenzionalità esplicita dalle due parti,  l’incrocio di due volontà, nostra e altrui.
La fatica  che ognuno affronta nella convivenza plurale riguarda infatti aspetti e spazi del vivere molteplici,sia relazionali che cognitivi, ed ha a che fare, tra le altre cose, con la necessità di dare senso a tratti culturali che possono apparire dissonanti, tollerare l’incertezza,  sospendere il giudizio, integrare nel consueto e noto le percezioni e le immagini talvolta  estranee e difformi.   

Comunità che cambiano
La situazione italiana - quanto a dati, ritmo e durata del fenomeno, pervasività e disseminazione dell’immigrazione - è ormai “matura” perché i timori e le chiusure, le aperture e le convenienze reciproche, ora vissuti solo a livello individuale, trovino il modo di collocarsi in un copione di storia collettiva, in un orizzonte comune, che muova dal presente per immaginare il futuro insieme.
Alla fine del 2009, gli italiani hanno toccato la cifra di 60 milioni, quattro e mezzo dei quali sono rappresentati da cittadini stranieri di provenienza variegata, che risiedono qui ormai da tempo. Ne è testimonianza la percentuale di nati stranieri che oggi costituiscono, a livello medio nazionale, il 15% delle nascite, ma che salgono al 25-30% in alcune città del Centro-Nord. Un altro dato che fotografa l’integrazione di fatto è rappresentato dai matrimoni misti, con uno dei due coniugi straniero, che sono il 13% in Italia (ma  già il 18,6% nel Veneto; il 18,2% nel Lazio e in Emilia Romagna, il 22% in Toscana). (dati ISTAT)
Ancora incerti sulla via italiana dell’integrazione, siamo dunque diventati ormai di fatto multiculturali e mescolati, come è successo da tempo ad altre città e ad altri contesti in Europa e nel mondo.

Nella scuola multiculturale
Come le città anche la scuola italiana è profondamente cambiata negli ultimi vent’anni, diventando  multiculturale e plurilingue, avvicinandosi così in tempi rapidi alla situazione di altri Paesi europei, come la Gran Bretagna, meta da tempo dei flussi migratori.     
Quali sono le caratteristiche peculiari della situazione italiana, riferite, in particolare, alla presenza a scuola degli alunni con cittadinanza non italiana?
  
Vediamone alcune:

  • un ritmo di crescita sostenuto, ma attualmente in assestamento con crescite annue più contenute e derivate soprattutto dai nati in Italia. La presenza degli alunni stranieri era di   circa 120.000 nel 1999-2000; è salita  a 361.576 nel 2004/2005 e la stima per l’anno in corso è di circa 700.000. Un ritmo che tuttavia sta nel tempo rallentando e diventando “fisiologico”. Fra gli inizi e la metà degli anni Duemila, la crescita  percentuale annua era infatti superiore al 20% annuo; dalla metà degli anni Duemila si è attestata intorno al 15% e attualmente è del 10% circa;  
  • un insediamento sul territorio nazionale non omogeneo, ma concentrato soprattutto nelle regioni del Centro-nord: più del 90% degli alunni stranieri risiede nelle regioni settentrionali e centrali e meno del 10% nelle regioni del Sud e nelle isole;
  • una diffusione capillare, sia nelle città grandi e medie, sia nei piccoli centri: in molti territori provinciali, ad esempio, è maggiore la presenza nei piccoli comuni, rispetto a quella che si registra nella  città  capoluogo;
  • la pluralità delle provenienze e delle lingue d’origine: fra gli alunni stranieri  si conteggiano  191 nazionalità, con una netta prevalenza di coloro che provengono da Paesi europei: al primo posto nella graduatoria vi è infatti la Romania, seguita dall’Albania; al terzo posto il Marocco;
  • l’inserimento in tutti gli ordini di scuola: gli alunni stranieri sono ormai distribuiti su tutti gli ordini di scuola e, da 4-5 anni, il loro numero è significativo anche nelle scuole secondarie di secondo grado, soprattutto negli istituti professionali.

Tre diverse fasi 
Ormai da vent’anni (è del 1989 infatti la prima circolare sull’inserimento scolastico degli alunni stranieri), gli insegnanti sono impegnati anche nella scuola italiana ad accogliere, dare risposta a bisogni  specifici  - per lo più di tipo linguistico - mediare e facilitare le relazioni .
Non siamo dunque all’anno zero.
L’osservazione di vent’anni di pratiche e parole/chiave nella scuola multiculturale ci consente di  distinguere  tre diverse fasi .
La fase dell’accoglienza. Agli esordi, il tema più citato nella normativa e nei progetti delle scuole era quello dell’accoglienza dei bambini che venivano da lontano. Gli alunni stranieri erano allora  in numero limitato, inseriti soprattutto nella scuola  primaria e  arrivati per lo più in seguito al ricongiungimento famigliare. Nelle classi  vi era  nei loro confronti un clima di apertura e curiosità; c’erano tuttavia scarsi strumenti mirati e minore professionalità . L’attenzione alle “culture d’origine”, allora piuttosto enfatizzata, si esprimeva talvolta in maniera  un po’ folclorica e stereotipata , attraverso l’espressione, ad esempio, dei tratti più  esotici e  tranquillizzanti: cibo, feste, danze, musica …. 
La fase dei dispositivi di integrazione. Con il tempo, il numero degli alunni stranieri è andato aumentando di anno in anno e l’attenzione si è indirizzata soprattutto alle misure e agli interventi a carattere “compensatorio”: l’insegnamento dell’italiano, la mediazione linguistico -culturale, la rilevazione delle competenze e delle biografie scolastiche e linguistiche in ingresso, le modalità di valutazione .... E’ questa la fase in cui oggi si trova la maggior parte delle scuole e che prevede come destinatari e oggetto delle azioni gli alunni stranieri  e le loro carenze. In questa direzione, molti passi avanti sono stati compiuti  e gli insegnanti possono attualmente contare su: protocolli di accoglienza, materiali didattici variegati, esempi di programmazioni, testi di studio semplificati e più accessibili dal punto di vista linguistico, bibliografie e sitografie dedicate, maggiore competenza e più densi scambi professionali anche a distanza ….  

La fase dell’inclusione. Gli interventi e i materiali per l’integrazione, realizzati e prodotti nella seconda fase, si basano su una rappresentazione dell’alunno straniero che lo vede soprattutto  come “carente “ ( non o poco  italofono, sguarnito dal punto di vista dei contenuti curricolari ….) e sull’idea di una situazione di emergenza da riportare a norma, quando invece  insegnare e apprendere in una classe multiculturale è diventato ormai un tratto della  normalità. Una normalità abitata da bambini e ragazzi che hanno origini e storie diverse: accanto agli autoctoni, vi è una parte di minori nata all’estero e immigrata, molti altri  nati qui e destinati a diventare cittadini italiani alla maggiore età (in base alla legge sulla cittadinanza del 1992). E’ importante dunque inaugurare la fase dell’inclusione, in cui si possano  coniugare  le due finalità: da un lato, diffondere e  portare  a sistema le pratiche e i dispositivi  efficaci di integrazione fin qui sperimentati e, dall’altro, imparare e insegnare a vivere insieme, uguali e diversi, in pari dignità, cittadini di uno stesso Paese.     

Dal confronto ai progetti
Il seminario bilaterale eTwinning Italia - Gran Bretagna ha facilitato il confronto con le scuole e gli insegnanti inglesi, che da tempo lavorano sui temi della coesione sociale e culturale e delle relazioni interetniche, fornendo sollecitazioni e stimoli per elaborare progetti di inclusione. E, dall’altra parte, lo sguardo coinvolto e attento dei colleghi italiani, che in questi anni hanno affinato le loro competenze professionali per gestire classi diventate sempre più eterogenee per storie personali, viaggi, riferimenti culturali, può proporre un nuovo punto di vista.
L’azione eTwinning  che prevede una rete di scambi, in presenza e a distanza,  con l’obiettivo di una progettazione/sperimentazione comuni, può far fare un passo avanti alla riflessione e alle pratiche.
Tre sono soprattutto i punti di forza che gli insegnanti italiani possono cogliere nei progetti inglesi e fare propri, con i necessari aggiustamenti e regolazioni. Essi sono:

  •  l’attenzione costante e affinata ai diversi apporti culturali. Il modello di integrazione anglosassone è infatti improntato da sempre al multiculturalismo e pone al centro i gruppi e le comunità. Tende  quindi a riconoscere e valorizzare  i riferimenti culturali delle minoranze, le loro tradizioni, costumi, lingue d’origine…;
  • l’attenzione ai diversi linguaggi ed espressioni culturali. La conoscenza e lo scambio con gli altri trovano modalità concrete e canali privilegiati di realizzazione nei linguaggi artistici ed espressivi, quali la musica, il teatro, l’animazione, le immagini …. Tema che in Italia è stato finora poco approfondito e che invece potrebbe vivificare pratiche interculturali ora folcloriche ed esotiche, ora accademiche e distanti;
  • l’attenzione alle relazioni fra i gruppi e gli  individui. Il tema delle relazioni fra bambini e ragazzi con storie e origini differenti; i problemi legati al “clima” della classe, alle forme  esplicite o nascoste della discriminazione; la diffusione e sedimentazione di “etichette” e pregiudizi …: sono tutti aspetti sui quali poco ci siamo soffermati finora in Italia e che hanno invece una lunga tradizione di riflessioni e pratiche nelle scuole inglesi.   

Pur con tutte le differenze di contesto, scelte pedagogiche, priorità, il confronto con altri modi di affondare dentro la scuola le sfide poste dall’integrazione e dalla gestione educativa delle differenze può essere dunque per gli insegnanti italiani un’occasione per vivificare le loro pratiche, allargare il punto di vista , trovare altri cammini e piste di lavoro.
Dal momento che, come recita un proverbio africano: ci sono tanti sentieri che portano alla stessa cima.             

Diritti, doveri, riconoscimento 
La coesione  e il dialogo fra individui e gruppi diversi all’interno di una comunità, con proprie caratteristiche, storia e fisionomia, sono  le sfide che ci si pongono oggi e nell’immediato futuro nelle scuole e nei luoghi di vita. Di fronte alla radicalità di questa sfida, che chiede di  tenere insieme l’unità e la differenza, la risposta dei servizi, delle istituzioni educative e delle scuole non può che essere altrettanto importante.
In altre parole, da un lato, deve essere sempre più diffusa e sedimentata l’idea di “identità plurali ”, intendendo con questo che la storia e la biografia di una persona possono essere descritte e comunicate riferendosi a una pluralità di appartenenze e di identificazioni (di genere, nazionalità, residenza, status sociale, scolarità, religione, lingua…). Dall’altro lato, è necessario sottolineare sempre di più la condizione di ciascun uomo – qualunque siano le sue origini e le appartenenze – di cittadino della terra e dell’interdipendenza delle scelte e delle responsabilità individuali e collettive in una sorta di “simbiosi sociale”, che consente a ciascuno di essere riconosciuto per se stesso e di essere insieme agli altri.
La strada  dell’integrazione interculturale, così definita anche nelle normative europee e nel documento ministeriale “La via italiana all’integrazione interculturale”  (MPI ottobre 2007, ) si propone di procedere sui due binari paralleli: da un lato, quello dell’inclusione e dell’estensione dei diritti e dei doveri di cittadinanza ai nuovi cittadini e, dall’altro, quello di un riconoscimento della pluralità. Non dunque un riconoscimento di differenze considerate come un segno distintivo, definito una volta per tutte, una sostanza e un “fatto”, immutabili e “saturi”, ma come tratti che si modificano e interagiscono e che sono oggetto di infinite trasformazioni.
I luoghi privilegiati in cui promuovere e sostenere la conoscenza e lo scambio interculturale – e la coesione sociale a partire dai dettami della Costituzione – sono certamente oggi gli spazi dell’incontro quotidiano: i banchi della scuola, i tempi della socializzazione fra bambini e ragazzi, quelli della convivialità e delle relazioni fra minori e adulti.
Con lungimiranza, pazienza, rigore e un po’ di lucido ottimismo.

Breve Sitografia

Centro Come  (Milano) 
CD/LEI  (Comune di Bologna)  
Centri alfabetizzazione (Comune di Firenze) 
IPRASE (Trento)  
MEMO (Modena)  
Centro documentazione (Arezzo) 
Centro interculturale (Torino) 

Interviste ad alcuni docenti “gemellati” nel corso del seminario
Interviste a singoli partecipanti
Report Seminario Glasgow
Report Seminario Glasgow, docente partecipante


 

 
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