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Raffaele Simone contro il Decreto Moratti-Stanca

Le 'università telematiche' rischiano di diventare una iattura: "Poveri "utenti finali", povera ricerca, povero paese" (da "La Stampa" 30-5-2003)

di Valentina Piattelli
13 Settembre 2003

Il Decreto Moratti-Stanca, che permette e regolamenta le cosiddette "Università telematiche", ha suscitato molte critiche e timori, soprattutto negli ambienti accademici. Il 30 maggio scorso il prof. Raffaele Simone, noto linguista e attualmente docente presso l'Università di Roma Tre, ha scritto per "La Stampa" un articolo intitolato Un decreto permette titoli di studio telematici, fortemente critico nei confronti del Decreto Moratti-Stanca che permette e regolamenta le cosiddette "Università telematiche" (vedi Laurearsi via Internet con le università telematiche)

 

La critica è importante perché Simone non è certo contrario per principio a un rinnovamento della scuola che sappia guardare anche alle nuove tecnologie. Infatti nel 2000 ha pubblicato un libro, La Terza Fase. Forme di sapere che stiamo perdendo, nel quale parla dei cambiamenti prodotti dalle tecnologie dell'informazione e accusa le istituzioni di essere state incapaci di affrontare lo scarto che si è creato all'inizio degli anni '80 fra il mondo-dentro-la-scuola (da lui chiamato endopaideia) e il mondo-fuori-della-scuola (che chiama esopaideia).
 
Ma non era certo questa la riforma che aveva in mente il prof. Simone: "Già il linguaggio di questo decreto mette sconforto, per le penose e insistenti metafore tecnologico-aziendali di cui la gestione Moratti si è fatta paladina - afferma Simone - ma la sostanza è anche peggio.(...) Gli studenti sono chiamati «utenti finali», si discute delle «architetture di sistema» dei corsi, e, nell'art. 3, si accenna ad una cosa oscura denominata «adattività, ovvero la possibilità di personalizzare la sequenzializzazione dei percorsi didattici sulla base delle performance e delle interazioni dell'utente coi contenuti online»".

 

Secondo Simone questo decreto "darà una spallata fatale al sistema universitario italiano, con il pretesto virtuoso di modernizzarlo".  Il professore teme che una qualunque entità privata, compresi gli istituti per le ripetizioni, possa mettere su la propria "Università" telematica, distribuire titoli di studio e la qualifica di professore "al di fuori di ogni verifica da parte del sistema universitario vero e proprio. (...) La qualifica di «università telematica» viene conferita su domanda da un comitato di esperti composto da sette persone, di cui tre designate dal Ministro dell'istruzione e tre dal Ministro per l'innovazione e le tecnologie (le università «vere» sono lasciate del tutto da parte). Le delibere sono vagliate dal consiglio universitario nazionale (detto più comunemente CUN)".
 
Ma l'Università - sostiene Simone - è qualcosa di più di un 'dottorificio', è anche e soprattutto ricerca: "Non si conoscono, nel mondo civile, università che non abbiano la ricerca come propria centrale energetica". Questo decreto quindi non è solo un "poderoso contributo alla privatizzazione dell'Università", ma avrà l'effetto di degradare la ricerca di alto livello. 


Il suo timore è che con "L'invenzione delle università telematiche" inviti tutti "anche i più disinvolti, a darsi da fare (purché documentino alcuni requisiti, tra cui ovviamente la fondamentale 'adattività') per acchiappare per contratto i loro 'utenti finali'. Poveri 'utenti finali', povera ricerca, povero paese".

 

Abbiamo chiesto al professor Simone di approfondire con un nuovo contributo per il nostro sito web la sua analisi del decreto Brichetto Moratti-Stanca, ma ha declinato il nostro invito.

 
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