di Paola Castellini
27 Gennaio 2011
La scelta politica di introdurre anche in Italia un sistema di istruzione e formazione tecnica superiore risponde al bisogno fortemente sentito di aprire l’accesso a nuove strade e nuove possibilità per i giovani diplomati. E abbiamo sentito fonti autorevoli esprimere la necessità di investire nell’innovazione, nelle aree tecnologiche strategiche per lo sviluppo economico, là dove un’alta specializzazione tecnica è necessaria per rilanciare la competitività del sistema produttivo italiano. I saperi trasmessi e le competenze sviluppate devono essere funzionali alle esigenze di una contemporaneità che, almeno per quanto riguarda il nostro Paese, è troppo debole per entrare a vele spiegate nel mondo globalizzato, ma è altresì troppo cresciuta per sopravvivere nel ristretto ambito di una comunità solo locale: è stato creato apposta un termine per definire la nuova collocazione da perseguire, si parla di glocalizzazione, stare dentro un territorio, mantenere con esso i legami attraverso una rete di piccole e medie imprese che però siano in grado di divenire competitive sul piano mondiale per creatività e tecnologie innovative.
Un obiettivo viene raggiunto solo dalle persone in grado di farlo. Si ritiene che queste persone siano i futuri studenti di una formazione superiore terziaria, parallela ai percorsi accademici, che apprenderanno attraverso prevalenti attività laboratoriali e di tirocinio ad integrare competenze generali, comunicative e tecnico-professionali in vista degli obiettivi da raggiungere, rispondendo ai fabbisogni relativi alle aree tecnologiche da implementare, attualmente sguarnite delle figure professionali necessarie. Il nostro paese ha una grande tradizione di scuole di formazione tecnica che hanno fatto da apripista nella nascita e nella crescita di quelle realtà produttive che sono state vanto e ricchezza di intere regioni, dal settore tessile, a quello meccanico, navale, agrario…
“La fabbrica della competenza” è stato intitolato un recente convegno, nell’ambito di Job&Orienta 2010, in cui sono state premiate sei scuole che da più di 150 anni sono, appunto, fabbriche di competenza: scuole nate per avviare un paese a prevalente economia agricola spesso arretrata verso uno sviluppo artigianale e industriale, che poi, nel tempo, sono state capaci di adeguarsi ai processi di innovazione tecnologica e di preparare così le figure professionali richieste dal mercato del lavoro. Al passo con la contemporaneità vogliono oggi porsi i 50 Istituti Tecnici Superiori (ITS) costituiti sul territorio nazionale, che, a norma del DPCM 25/01/2008, intendono formare figure definite a livello nazionale per rispondere al fabbisogno di specializzazioni tecniche per le sei aree individuate come luoghi di innovazione e sviluppo per il nostro paese:
- efficienza energetica,
- mobilità sostenibile,
- nuove tecnologie per la vita.
- nuove tecnologie per il made in Italy (articolata in alimentare, casa, meccanica, moda, servizi alle imprese)
- tecnologie dell’informazione e della comunicazione,
- tecnologie innovative per i beni e le attività culturali e il turismo
Queste aree si collegano alle linee strategiche per lo sviluppo e la competitività del sistema produttivo italiano individuate dal Ministero dello Sviluppo Economico con il Piano Industria 2015, che ha l’obiettivo fondamentale di incentivare il riposizionamento strategico del sistema industriale italiano nell’ambito dell’economia mondiale, globalizzata e fortemente competitiva. Con l’istituzione degli ITS in queste aree si è scelto così di innescare un circolo virtuoso fra la formazione a livello terziario di giovani tecnici specializzati, competenti e consapevoli, e o sviluppo dei sistemi economici e produttivi del Paese. È anche importante sottolineare che lo stesso Piano Industria 2015 si definisce applicabile nel medio periodo, lasciando spazio nel futuro ad un aggiornamento triennale delle aree di intervento e ad una ridefinizione delle figure formative, così da adeguarsi nel tempo a nuove esigenze del sistema produttivo.
Gli ITS intendono infatti rispondere ai bisogni di sviluppo del paese in termini di fabbisogno di tecnici di un livello superiore a quello attualmente uscente dal secondo ciclo di istruzione. Si è, in ciò, in linea con quanto avviene in molte altre nazioni europee, si punta cioè alla formazione, per tutti i settori di produzione delle sei aree, attraverso un insegnamento tecnico-professionale superiore non accademico, di una nuova tipologia di tecnici intermedi corrispondente agli standard internazionali. La nostra tradizione di istruzione tecnica e professionale di grande livello non solo non viene sminuita dai nuovi ITS, ma viene anzi valorizzata.
Gli Istituti Tecnici Superiori coprono infatti uno spazio di formazione che era carente (tanto da motivare in parte il relativo disinteresse dei giovani per l’istruzione tecnica) ma certo, e giustamente, il decreto che li istituisce riconosce fondamentale nella loro costituzione il ruolo degli istituti tecnici e degli istituti professionali di secondo grado come depositari di sapere, saper fare, esperienza, reputazione e rispetto, tanto da farne gli enti di riferimento delle Fondazioni di partecipazione, lo standard organizzativo con il quale si configurano gli ITS. L’ ente di riferimento ne promuove la costituzione, ma accanto ad esso compaiono altri soggetti: una struttura formativa accreditata dalla Regione per l’alta formazione, ubicata nella provincia sede della formazione, una impresa del settore produttivo cui si riferisce l’istituto tecnico superiore, un dipartimento universitario o altro organismo appartenente al sistema della ricerca scientifica e tecnologica, un Ente locale. Altre persone fisiche e giuridiche, pubbliche e private, possono essere Partecipanti alla Fondazione, laddove ne contribuiscano agli scopi sia con donazioni in denaro o in beni e servizi, che con attività professionali di particolare rilievo.
La scelta dei soggetti Soci Fondatori e Partecipanti garantisce la permanente connessione di questo nuovo sistema di formazione con il sistema produttivo, cioè con le imprese del territorio, e quindi col mercato del lavoro e induce a pensare ad una progettazione flessibile che tenga conto dell’emergere di nuovi bisogni in relazione al prodursi di nuovi campi di conoscenza e di nuove tecnologie. Questo richiede risorse adeguate anche per garantire il costante rinnovo di strumenti, attrezzature e piattaforme tecnologiche, così come la partecipazione all’insegnamento di tecnici e professionisti. Tutto ciò potrebbe essere garantito dalle imprese partecipanti e ricambiato dagli ITS con prestazione di servizi (DPCM 25/01/2008, all. b, art 3). E’ inoltre importante che le Fondazioni non solo contino sui finanziamenti statali, ma siano proattivi nella ricerca di fondi dalle regioni, dagli enti locali e da altri soggetti pubblici o privati. Due punti significativi sottolineano la volontà di coinvolgimento negli ITS dei partner sociali: attribuire agli stage aziendali ed ai tirocinii formativi obbligatori il 30% del monte ore complessivo di formazione; prevedere che il 50% dei docenti provengano dal mondo del lavoro, con una specifica esperienza professionale nel settore di indirizzo. Queste nuove scuole speciali di tecnologia daranno inizio, a partire dall’a.s. 2011/2012, in punti dislocati su tutto il territorio nazionale, ai loro percorsi, strutturati nel rispetto delle priorità indicate dalle regioni, secondo quelle che sono le vocazioni territoriali prevalenti e le esigenze connesse all’innovazione tecnologica e alla ricerca, all’interno del quadro di riferimento nazionale che ha definito le sei aree citate sopra come le più indicate per esercitarvi, attraverso la formazione tecnica superiore, una strategia di innovazione (con particolare riferimento alla piccola e media impresa, così da renderla competitiva sul piano europeo e internazionale). I percorsi avranno una durata di quattro semestri, per un totale di 1800/2000 ore, con un possibile ampliamento della durata fino a sei semestri per particolari figure, nell’ambito di specifiche convenzioni con le università. A conclusione dei percorsi, i partecipanti potranno conseguire un Diploma di tecnico superiore relativo all’area tecnologica ed alla figura nazionale di riferimento adottata nell’ITS frequentato. Il diploma è valido su tutto il territorio nazionale e all’interno della Comunità europea, raccordandosi con il Quadro Europeo delle qualifiche (EQF), e costituisce titolo per l’accesso ai pubblici concorsi. Il diploma viene rilasciato previa verifica finale delle competenze acquisite da parte di una commissione d’esame cui partecipano, accanto a docenti della scuola, rappresentanti dell’università, della formazione professionale ed esperti del mondo del lavoro. Intanto, fino all’inizio del nuovo anno scolastico, gli ITS, coinvolti nella definizione degli ordinamenti dei percorsi formativi, sono chiamati a svolgere alcune attività, tra le quali su una vogliamo richiamare l’attenzione: l’orientamento. Si tratta di attività di orientamento alle professioni tecniche dei giovani in uscita dal secondo ciclo, ma anche di orientamento rivolto agli studenti delle ultime classi del primo ciclo, per stabilire nuove sinergie fra le scuole e fra le scuole e gli altri soggetti sul territorio a sostegno dell’istruzione tecnica e professionale.
Per maggiori informazioni, si può vedere il nuovo sito ITS
|