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INIZIATIVE PER LA SCUOLA

Tecnologie per la didattica: prospettive, esperienze e riflessioni

Un contributo per avvicinare gli insegnanti alle nuove tecnologie in modo critico

di Massimo Faggioli
25 Marzo 2011

Un gruppo  di ricercatori dell'Istituto Indire che operano da anni nei progetti di formazione degli insegnanti ha raccolto le riflessioni nate dall’esperienza sul campo sull’uso dei nuovi media nella didattica e sull’innovazione degli ambienti di apprendimento. Ne è nato “Tecnologie per la didattica” (Apogeo, 2010), un volume sull’incontro tra le  tecnologie digitali e il mondo della scuola. Nei vari capitoli si parla di LIM, contenuti didattici digitali, e-book, videogiochi, ambienti per l’apprendimento on line, mondi 3D, web 2.0. In ogni capitolo vengono presentate semplici spiegazioni sul funzionamento delle tecnologie, spunti per una riflessione sul loro uso in classe e alcune esperienze innovative di insegnanti sperimentatori.

Web 2.0, mobile devices, podcast, Massive Multiplayer Online Role-Playing Game, Podcast, Social Network
Parole, acronimi, nomi che sentiamo o leggiamo ogni giorno nelle rubriche dei giornali, che entrano a far parte del linguaggio dei media  e tendono a prendere campo nel linguaggio comune.
Ma quanti di noi hanno un’idea precisa del loro significato? Come orientarsi di fronte a un’evoluzione delle tecnologie che lascia anche agli addetti ai lavori pochissimo tempo per tenere il passo?  E come prevenire il rischio che si approfondisca il solco che divide chi, per fattori culturali e generazionali, ha tutti gli strumenti per un accesso consapevole alle tecnologie da chi riceve un’informazione superficiale e distorta attraverso i media di largo consumo?
La scarsa conoscenza reale, accompagnata da un intenso battage di luoghi comuni e di preconcetti agitati in modo sensazionalistico, finisce col creare mitologie apocalittiche che imputano ai nuovi media responsabilità di fenomeni sociali di cui varrebbe la pena di valutare bene la complessità.
Davvero i videogiochi spingono gli adolescenti all’emulazione dei personaggi del gioco facendo perdere di vista il confine tra reale e virtuale?
Sarà vero che atti sconsiderati di violenza, suicidi e comportamenti autolesionisti possono essere scatenati dall0’imitazione/immedesimazione nel contesto del videogioco?
Oppure: sarà vero che Facebook è la causa della fine della socialità reale a cui verrebbe preferita una ossessiva socialità virtuale?
O che YouTube è il punto di approdo creato apposta per depositare i video di ogni nefandezza giovanile?
Non ci saranno invece in atto fenomeni sociali di larga scala che comprimono l’esperienza sociale dei ragazzi lasciando a molti di loro il mondo virtuale come unico rifugio per sviluppare relazioni con gli altri? Sono domande, queste, che riguardano tutti, ma che investono in modo diretto chi si occupa dell’istruzione e dell’educazione dei bambini e dei ragazzi: la scuola e gli insegnanti.

Il libro che presentiamo ha un titolo molto semplice: “Tecnologie per la didattica”. Una semplice espressione  che dice tanto su come la scuola, gli insegnanti ed in generale chi si occupa di educazione e di formazione dovrebbe a nostro avviso affrontare il problema dell’uso delle tecnologie a scuola.
L’idea del libro è nata dalle riflessioni di un gruppo di ricercatori dell’Indire che da diversi anni lavora nei progetti di formazione dei docenti italiani entrando in contatto con un bacino di utenza che per quantità e per qualità rappresenta un laboratorio dai caratteri unici, per il nostro paese e nel contesto europeo e internazionale. E’ un’idea molto semplice: abbiamo in primo luogo cercato di individuare tra le tecnologie più innovative quelle che possono a nostro parere trovare un ruolo nella scuola. Alcune di queste, come la lavagna digitale o i contenuti digitali, hanno già da tempo uno spazio importante nelle esperienze di innovazione delle scuole, altre, come i mondi sintetici o i videogiochi, suscitano ancora una grande diffidenza. Per ognuna abbiamo cercato di prendere in considerazione tre domande:

Di cosa stiamo parlando?
In ogni capitolo abbiamo trattato una tecnologia. Abbiamo provato a spiegare in modo semplice, evitando il linguaggio da “addetti ai lavori”, che cos’è quella tecnologia,  come nasce, com’è fatta, quali sono le prospettive di. Abbiamo cercato di parlare della “natura degli oggetti” senza legarci troppo ai dettagli tecnici,  ma tentando di darne una descrizione funzionale, più orientata a far capire i caratteri fondanti, quelli che non rischiano diventare obsoleti nell’arco di pochi mesi.
Qualsiasi valutazione sull’opportunità di utilizzare uno strumento, nella scuola come in altri contesti lavorativi,  non può prescindere da queste conoscenze di base che non sono sempre semplici da reperire. La letteratura specialistica si rivolge a coloro che sono già solidamente alfabetizzati al gergo e ai concetti di base del settore, mentre i media generalisti parlano dei nuovi media dando per scontata la conoscenza da parte del grande pubblico del funzionamento e della struttura. In realtà a molte persone il gergo specialistico, denso di neologismi ed espressioni non tradotte in italiano, risulta ostico. In mancanza di una comunicazione chiare e di facile comprensioni, prevalgono luoghi comuni, pseudo conoscenze e pregiudizi soprattutto per le generazioni meno giovani a cui, in media, appartengono i docenti italiani (si stima che l’età media dei docenti italiani superi i 50 anni).

Che cosa ne potremmo fare a scuola?
E’ la seconda domanda a cui abbiamo cercato di rispondere, capitolo dopo capitolo. Siamo partiti dal presupposto che la scuola non è un mercato potenziale per qualsiasi tipo di innovazione tecnologica nel campo delle TIC, ma un ambiente finalizzato all’istruzione a all’educazione dei giovani che ha il dovere, per perseguire questi scopi, di valutare con attenzione l’utilità degli strumenti che adotta e che entrano a far parte, modificandolo, dell’ambiente di apprendimento.
Questa valutazione non può avvenire senza una conoscenza di base della natura dei nuovi media, ma deve realizzarsi anche grazie all’autonomia e la creatività dei singoli docenti, del team che opera nella classe e della capacità di programmazione complessiva della scuola.
Se le linee di intervento e di investimento pubblico in questo settore non si incrociano con questi percorsi che si realizzano nella scuola reale, difficilmente potranno essere efficaci ed avere un effetto sulla qualità del processo di insegnamento/apprendimento.
In ciascun capitolo del volume, abbiamo dato ampio spazio alla riflessione sul potenziale educativo degli strumenti, cercando di metterne in evidenza i legami con i temi classici della riflessione pedagogica e metodologica: dal ruolo della dimensione ludica, alla centralità della scrittura e dell’espressione, alla potenzialità educativa della pratica attiva dei linguaggi multimediali.
Abbiamo cercato di parlare delle tecnologie a scuola in chiave “evolutiva” e non nei termini di una “rivoluzione”: preservando la pratica, la cultura dell’innovazione e del miglioramento continuo che contraddistingue da sempre la storia della scuola migliore, ma offrendo alcuni spunti di riflessione sul contributo che i nuovi media possono dare al potenziamento dell’innovazione della didattica.
C'e' infatti il rischio, sempre presente, che la scuola viva l'ingresso dei nuovi media come un dovere e non come una scelta ponderata. Un dovere che potrebbe derivare da fattori estranei al cuore della professione docente e periferici rispetto ai compiti primari della scuola,  da far risalire ad esempio al senso di inadeguatezza rispetto alla presenza invasiva dei nuovi media nella vita dei ragazzi. O ancora, una necessità dettata dal bisogno di proiettare all'esterno, presso l'utenza, un'immagine positiva e moderna dell'istituzione scolastica, o al desiderio di sentirsi genericamente al passo coi tempi.
Sono motivazioni fragili, destinate a generare entusiasmi passeggeri e frustrazioni. Ma soprattutto sono idee che finiscono con il confermare una tendenza alla delega agli specialisti confinando i nuovi strumenti in momenti accessori alle attività di insegnamento disciplinare in classe, il lavoro che davvero “conta”. E' la tendenza, questa, che ha accompagnato i primi decenni di didattica con il computer, caratterizzata dalla diffusione dei laboratori di informatica e dalla crescita di figure ad essi dedicate, tecnici, operatori tecnologici. Solo riportando il tema dei nuovi media al centro delle scelte progettuali dei docenti  si può pensare di dare vita a una diffusione efficace e duratura di questi strumenti nella scuola.  In questa ottica, in ogni capitolo del volume abbiamo cercato di fornire suggestioni per associare la tecnologia presa in esame ai processi di apprendimento ed insegnamento, allo sviluppo delle conoscenze, alla rete di relazioni sociali e comunicative in classe, alla struttura dell'ambiente di apprendimento.

Cosa sta facendo la scuola?
Quando parliamo di scuola parliamo del lavoro di quasi un milione di insegnanti. Sebbene certe analisi sommarie la considerino come un'entità unica e uniforme, la scuola è un universo composito ed complesso. La professionalità docente si sviluppa nell'ambito del principio della libertà di insegnamento sancita dalla Costituzione che di fatto  salvaguarda il diritto di ogni singolo insegnante a compiere scelte in materia di metodologia e didattica e quindi anche una piena discrezionalità nella scelta degli strumenti per insegnare. A questo va aggiunto quanto previsto dalle norme sull'autonomia scolastica, un principio che negli ultimi anni ha approfondito l'idea che in materia di scelte didattiche non esiste un indirizzo unico, emanato dal centro, ma che la progettazione didattica e' un processo decentrato e partecipato. E' chiaro quindi che in un quadro di questo tipo sarebbe fuorviante immaginare lo sviluppo di processi innovativi omogenei. Al contrario, c’è da registrare un quadro di realtà molto diverse tra loro, con punte di sperimentazione e di ricerca molto avanzate che e' molto utile far conoscere come buone pratiche che possono rappresentare una risorsa per tutti. Nel campo dell'uso didattico dei nuovi media si registra un forte divario tra le situazioni pionieristiche,  quelle in cui se ne fa un uso blando o accessorio e quelle in cui ancora le scuole sono al punto di partenza. Non ci devono consolare i progressi che si registrano nei valori statistici come il rapporto computer-studenti nella scuola italiana o i dati sul crescente numero di lavagne digitali nelle aule. Si tratta di dati molto positivi, ma che andrebbero messi in relazione con i risultati di indagini qualitative per capire il livello di reale innovazione metodologica che accompagnano l'ingresso dei nuovi strumenti.
E' a questo livello che possiamo collocare le azioni di rilevazione di buone pratiche. L'ente presso il quale lavoriamo, prima come BDP, poi come Indire e oggi come ANSAS, rappresenta un polo di raccolta e di documentazione di buone pratiche sull'innovazione della didattica nelle scuole italiane. Le esperienze documentate sono una risorsa fondamentale per alimentare i processi di formazione, rappresentano un'occasione per metter a confronto i contributi teorici con l'innovazione sul campo e possono costituire l'occasione per aprire un confronto tra pari e costituire l'embrione di comunità di pratiche professionali degli insegnanti.
Nel volume, ove possibile, ci siamo riproposti di cercare ed esporre esperienze pilota di insegnanti innovatori per arricchire ogni capitolo di buone pratiche ed esempi di attività. Abbiamo deciso in partenza di non considerare i casi in cui il focus dell'esperienza  fosse spostato in modo prevalente sugli aspetti tecnologici e siamo andati a cercare quelle in cui fosse già avviata una riflessione sulle implicazioni didattiche dell'introduzione degli strumenti in classe. Non abbiamo quindi considerato esperienze che non riguardassero le ordinarie attività curriculari in aula e abbiamo scartato le esperienze in vitro, quelle basate su laboratori separati dall'aula.
Dal punto di vista offerto dal nostro osservatorio istituzionale, che non ha la pretesa di dire l'ultima parola sul variegatissimo arcipelago dell'innovazione in atto nella scuola, ma che comunque offre senz'altro un panorama molto ampio, abbiamo potuto verificare come ci siano differenze amplissime tra le pratiche connesse con tecnologie ormai stabilizzate e diffuse, come la LIM e tecnologie a cui ancora la scuola guarda con diffidenza o ostilità.  Così, mentre per alcuni capitoli non c'e stato che l'imbarazzo della  scelta per inserire esperienze significative condotte dai docenti, per altri la fatica e' stata enorme e in qualche caso ci ha convinti a rinunciare.
 
Speriamo che questo lavoro possa rappresentare un piccolo contributo al cammino dell'innovazione tecnologica e didattica della scuola, uno strumento di divulgazione che possa avvicinar gli insegnanti alle nuove tecnologie in modo critico e consapevole, ecologicamente sostenibile e orientato allo sviluppo di nuovi ambienti di apprendimento.

 
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