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INIZIATIVE PER LA SCUOLA

PON Educazione Scientifica: formazione-laboratorio

Un piano formativo nuovo di educazione scientifica

di Serena Goracci
11 Ottobre 2011

Dopo un periodo di incubazione durato un anno e mezzo, a Gennaio 2010 è partito, per i docenti di scienze delle regioni PON (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) un piano di formazione nuovo sull’educazione scientifica, una scommessa entusiasmante per l’Ansas e per coloro che hanno partecipato all’iniziativa.
Ispirandosi e, in alcuni casi, avvalendosi delle esperienze italiane più significative in questo ambito, il piano, oggi alla sua seconda edizione, ha tentato un’integrazione strutturata con il modello di formazione blended, configurandosi come una proposta originale nel panorama della formazione in servizio dei docenti di scienze.
Ripartendo dalle Indicazioni per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, per la prima volta, ANSAS ha chiesto ad un gruppo di esperti e di autori di provenienza diversa di delineare un corpus di proposte didattiche che, lontano dall’idea di enciclopedia, potesse riorganizzare e mettere a disposizione dei docenti quanto di meglio la ricerca e l’esperienza didattica avesse prodotto fino a quel momento (vedi, R. Govoni-A. Pascucci, Proposte per un insegnamento più efficace in Scienze).
Il Comitato Scientifico, proveniente dalle Associazioni disciplinari, dalla ricerca didattica universitaria e dalla ricerca scientifica, ha selezionato esperienze innovative maturate sia all’interno del Piano ISS che in scuole di eccellenza con l’idea che la proposta debba parlare i tanti linguaggi dell’educazione scientifica.

Il cambiamento come ricerca

Obiettivo del Piano non è, in primis, una “nuova conoscenza”, ma la ricerca di cambiamenti migliorativi nella pratica di insegnamento delle scienze in un settore scolastico, quello della scuola secondaria di I grado, ancora troppo ancorato, soprattutto nelle regioni del Sud, a convinzioni sull’insegnamento di tipo trasmissivo (vedi Indagine T.A.L.I.S. - Teaching and Learning International Survey).
Sono ormai a tutti note le indagini comparative europee e internazionali (ad esempio, TIMSS), nonché le riflessioni condotte in Italia (vedi, Comitato per lo sviluppo della cultura scientifica e tecnologica) che rilevano come, nel nostro paese, l’insegnamento delle scienze manchi di una tradizione significativa e diffusa di didattica laboratoriale orientata allo studente, mentre prevale un insegnamento ex cattedra attraverso l’uso prevalente del libro di testo.
Riprendendo le indicazioni che emergono sia a livello europeo (vedi pubblicazione nota come documento Rocard, Science Education Now: a renewed pedagogy for the future of Europe ) che italiano (Piano ISS), il PON ES propone  la migliore via possibile: l’approccio laboratoriale, basato sull’investigazione, non come un enunciato teorico ma con proposte pratiche innovative, diversificate per contenuti, metodologie, strumenti e livelli di competenza.
Il coinvolgimento diretto dei ragazzi dalla progettazione all’esecuzione, all’interpretazione e alla riflessione critica sulle esperienze, il lavoro di gruppo, il riferimento a contesti di senso vicini al loro mondo, il ricorso a problemi reali produce un effetto benefico immediato, che alimenta l’interesse di tutti gli allievi, dai più competenti ai più deboli.
Diversamente da altre proposte, il “cambiamento” di approccio che il PON ES propone al docente - e alla sua classe - si inserisce, però, in un processo “complesso” che presuppone che egli, con l’aiuto del docente-tutor e dei colleghi, effettui prima un'analisi attenta del contesto in cui opera e del suo individuale bisogno formativo e, solo dopo, la progettazione e la realizzazione con gli alunni dell’attività laboratoriale.
Problemi e difficoltà, successi e risultati relativi all’attuazione sono oggetto di riflessione condivisa fra pari e con gli esperti.

Il cambiamento e, si spera, il miglioramento della prassi educativa si attua sia attraverso le azioni pratiche sia attraverso la riflessione sulle condizioni e sugli effetti di queste azioni.
In questo circolo virtuoso, il primo attore coinvolto (il docente-corsista) trascina con sé tutti gli altri come soggetti della ricerca: gli alunni, in primo luogo, ma anche il tutor, i colleghi della scuola, gli esperti, il territorio.

Guardare con occhi diversi

Punto di partenza, stimolo e provocazione, sono contenuti “nuovi”, veicolo per un ripensamento, insieme, delle metodologie, degli strumenti e, quindi, della “materia” dell’insegnamento.
Da una parte, infatti, sono necessarie metodologie nuove che guidino, passo passo, il docente affinché i ragazzi “mettano le mani” sui concetti prima attraverso i “fenomeni”, riprodotti in laboratorio o incontrati nell’esperienza quotidiana poi, e insieme, attraverso la riflessione e l’argomentazione. Solo così si può sperare di acquisire delle competenze.
Dall’altra, l’organizzazione di pratiche di tipo laboratoriale impone un’integrazione produttiva e non improvvisata degli “strumenti” e dei “linguaggi” dell’insegnare e dell’apprendere: dalla matita al microscopio, dalla provetta alla LIM, dall’osservare alla costruzione di un filmato, dal metro al software di calcolo, in una sinergia dinamica fra nuove e vecchie tecnologie, fra nuovi e vecchi linguaggi.
Il buon uso di metodologie e tecnologie, vecchie o nuove, comporta un’idea diversa dell’oggetto di insegnamento/apprendimento come “materia viva e complessa”, interconnessa con gli altri saperi e con il contesto storico e socio-culturale in cui viviamo.
Il “laboratorio”, lontano dall’identificazione con uno spazio fisico attrezzato, è il luogo in cui la “realtà” viene tradotta in fenomeni e questi scomposti in “elementi, relazioni e strutture pertinenti ai diversi campi disciplinari” (Indicazioni per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, p. 105).

Il piano dell’offerta

Anche nella scelta delle tematiche, il piano dell'offerta formativa tiene in forte considerazione le Indicazioni per il Curricolo per la Scuola dell’Infanzia e per il primo ciclo d’istruzione, le indicazioni europee per l’educazione scientifica, i risultati, prima ricordati, delle ricerche internazionali, e i suggerimenti provenienti dalla ricerca educativa, nazionale e internazionale.
Il piano nasce con l’idea di fornire esemplificazioni strutturate o semi-strutturate di percorsi didattici da portare in classe per attività laboratoriali. Ciascun percorso serve anche a stimolare la riflessione sugli aspetti di progettazione e di organizzazione didattica delle attività, oltre che di valutazione in itinere e finale. Ad essi si accompagnano materiali teorici utili al docente per un approfondimento/aggiornamento delle conoscenze disciplinari, vista, peraltro, la molteplicità delle discipline afferenti quest’area. I contenuti, pubblici sul sito Risorse per Docenti, constano ad oggi di 23 percorsi didattici, 15 materiali teorici e 20 batterie di test di valutazione ormai sperimentati in due anni di formazione (a.s. 2009-10 e a.s. 2010-11), offrendo proposte, adattabili alle esigenze di contesti diversi, per una didattica delle scienze che:

• sia fortemente laboratoriale senza necessità di strumentazione sofisticata;

• eviti un’impostazione enciclopedica e proponga delle scelte di argomenti;

• inviti a riflettere sia sulle modalità di indagine del passato (storia della scienza) sia su come la scienza possa contribuire a progettare il futuro (educazione allo sviluppo sostenibile) restituendo così un’immagine complessa e realistica dell’impresa scientifica;

• integri le competenze scientifiche con quelle linguistiche e matematiche;

• sviluppi contemporaneamente competenze ‘di cittadinanza’, di collaborazione in gruppo, autonomia di pensiero e creatività nella soluzione dei problemi.

Come premesso, i percorsi didattici, partendo da osservazioni quotidiane e di fenomeni facilmente rilevabili in classe o nell’ambiente, arrivano gradualmente ad una descrizione/rappresentazione degli eventi con buoni livelli di interpretazione e formalizzazione. Soprattutto la rappresentazione di tali eventi risulta utilizzabile in contesti differenti.
I contenuti sono stati riorganizzati in ‘nuclei tematici’ abbastanza ampi da accogliere gran parte degli argomenti che i docenti di scienze solitamente affrontano nell’arco del triennio. Alcune tematiche non affrontate nella prima produzione di materiali verranno elaborate e sperimentate entro il 2012 (ad esempio, il moto, il corpo umano, il suono).
I quattro nuclei tematici sono in parte mutuati dal piano nazionale ISS:

• Leggere l’ambiente: reti di relazioni e processi di cambiamento;
• Terra e universo;
• Trasformazioni;
• L’energia e le sue trasformazioni.

L’obiettivo da raggiungere per tutti i nuclei tematici è quello di portare gradualmente i ragazzi a “padroneggiare alcuni grandi organizzatori concettuali che si possono riconoscere in ogni contesto scientificamente significativo: le dimensioni spazio-temporali e le dimensioni materiali; la distinzione tra stati (come le cose sono) e trasformazioni (come le cose cambiano); le interazioni, relazioni, correlazioni tra parti di sistemi e/o proprietà variabili; la discriminazione fra casualità e causalità …” (Indicazioni per il curricolo).

A questi 4 nuclei tematici si aggiungono tre aree ‘trasversali’:

• Storia della Scienza.
• Educazione allo sviluppo sostenibile.
• Valutazione delle competenze scientifiche.

Questi nuclei, non presenti nel piano ISS, propongono percorsi e/o materiali che possono essere sviluppati autonomamente, come quelli degli altri nuclei, o costituire una “chiave di lettura” che permette di attribuire un valore aggiunto alle attività ed ai percorsi degli stessi. Attraverso questi nuclei trasversali si intende infatti “guidare i ragazzi ad apprezzare, sulla base sia della propria esperienza di sviluppo cognitivo sia di esempi adeguati, affinità e diversità significative nell’evoluzione storica di saperi così diversi, eppure fra loro interdipendenti”, aiutarli a comprendere "il ruolo della comunità umana nel sistema, il carattere finito delle risorse, nonché l’ineguaglianza dell’accesso a esse" e ad adottare “atteggiamenti responsabili verso i modi di vita e l’uso delle risorse” .

I nuclei tematici sono stati pensati come contenitori di percorsi didattici finalizzati allo sviluppo di particolari conoscenze e competenze.
Ciascun nucleo tematico è stato articolato in:

1. Presentazione video a cura dell’esperto responsabile
2. Unità teoriche
3. Percorsi didattici
4. Eventuali risorse di rete

Le unità teoriche sono organizzate intorno a idee fondanti e hanno come obiettivo l'aggiornamento o l'approfondimento delle conoscenze del docente in formazione, in maniera funzionale a quanto proposto dai percorsi.
I percorsi sono attività didattiche proposte ai docenti in formazione, che afferiscono a uno o più nuclei tematici e che possono essere sperimentati in classe, eventualmente dopo un loro riadattamento. La descrizione dettagliata dei percorsi contiene il contesto (o i contesti), la metodologia, le attività, possibili prove di verifica, i collegamenti alle unità teoriche o ad altre risorse per approfondimenti.
Ai percorsi sono collegate prove per la valutazione delle competenze, ognuna contenente una decina di domande, appositamente preparate utilizzando il modello del PISA, a volte con lo stesso titolo a volte con titoli diversi anche per sottolineare la diversità dei contesti al cui interno si cerca di valutare l’apprendimento.

Un esempio

Immagine tratta dall'Archivio DIALo scorso anno scolastico, un vivo interesse fu dimostrato da parte dei docenti per i percorsi che propongono l’allestimento di un acquario in classe (Guppy cerca casa e Danio prende forma - Nucleo Leggere l’ambiente).
La scelta di proporre questa esperienza, fatta dalla referente, prof.ssa Anna Pascucci (ANISN), fu motivata dalla straordinaria potenzialità didattica e disciplinare che riveste la realizzazione dell’acquario in classe e l’allevamento di piccoli pesci di acqua dolce.

Come spiega Lei stessa, “l’esperienza si rivelava, infatti, quanto mai versatile in dipendenza del livello di “maturità sperimentale”, del livello di complessità cognitiva che ci si è posti come obiettivo e della direzione contestuale che la proposta sperimentale ha indotto. Il compito che la classe assume è dunque molto coinvolgente: ai ragazzi piace aiutare piccoli animali a crescere e moltiplicarsi, ma l’insegnante sa bene che dietro tutto questo ci sarà molto di più, sa che gli acquari sono situazioni “controllate” utili per individuare alcuni processi fondamentali che avvengono anche in ambienti naturali, sa che “Leggere l’ambiente acquario” significa avere a che fare con una complessità in cui gli equilibri e l’interazione tra sistemi, le relazioni, le variabili e le costanti possono essere più facilmente riconosciute ed interpretate. L’acquario permette per sue evidenti caratteristiche, un campo privilegiato di connessioni tra ambiti disciplinari diversi (chimica e fisica) oltreché di correlazioni strettamente connesse a problematiche ambientali. Per esempio, le esperienze con gli acquari partono sovente dalla riflessione sulle caratteristiche del biotopo di origine degli organismi che devono essere accuditi per cercare di riprodurle in acquario, si completano e integrano con uscite in campo per lo studio di ambienti fluviali dove i parametri fisici e chimici, le relazioni e le variabili tenute sotto controllo negli acquari della classe sono ritrovate e confrontate con quelle misurate in ambiente naturale determinando consequenziali riflessioni comparative”.

Così una docente campana racconta, nel forum dell’ambiente, ai colleghi in formazione la risposta degli alunni e dell’intera scuola a questa esperienza:

“Ho visto la femmina di guppy, quella più grande, nascondersi sotto il filtro dell’acquario e restare immobile. Ho detto alla signora Maria: “Qui «gatta ci cova»…la vedo troppo immobile, che voglia partorire? ” ma, poi, vista l’inesperienza nel campo e il tempo tiranno che rimaneva perché dovevo entrare in classe, sono andata via lasciando gli eventi al caso…e infatti…Sono nati!!! Ero in classe e la signora Anna ha bussato alla porta della classe e, tutta trafelata, ha detto:” Presto, presto, stanno nascendo, prendiamo i nastri rosa e azzurri e corriamo”. Non me lo sono fatto ripetere due volte che ero già al piano di sopra, in primo piano davanti all’acquario a constatare di persona che effettivamente eravamo diventati tutti “zii”. La nascita non sono riuscita a vederla! Comunque eravamo tutti lì, alunni, docenti e personale ATA, estasiati dalla nascita e dal perpetuarsi della vita. Purtroppo sono sopravvissuti soltanto tre avannotti perché gli altri erano già stati divorati dalla madre. Pazienza! I tre sono salvi perché si sono rifugiati nel filtro. Li abbiamo presi, con l’aiuto della tutor e messi in un contenitore a parte; nel pomeriggio, la tutor porterà la nursery per sistemarli meglio. Quando sono rientrata in classe, i ragazzi mi hanno chiesto del perché la madre divora i propri piccoli: domanda non facile da rispondere! E non sto a riferire i commenti dei ragazzi su questa madre “divoratrice e cattiva” ( queste sono state le parole più gentili che hanno detto ). Poiché avevamo parlato dell’evoluzionismo e di Darwin proprio in questi giorni, ho colto l’occasione per ripetere i concetti della selezione naturale, della competizione dello spazio e del cibo e che sopravvivranno solo i più forti e, direi, i più furbi e veloci a nascondersi. Dalla pratica alla teoria...e ogni giorno la mia meraviglia aumenta insieme allo sguardo, alle domande e allo stupore dei miei ragazzi. L'anno scolastico prossimo comincerò prima questa ed altre esperienze! I ragazzi si sono già prenotati per avere il loro avannotto e, mediante sorteggio, li daremo "in adozione".A presto con altre notizie da condividere. Ciao”.

 
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