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INIZIATIVE PER LA SCUOLA

Un nuovo format per la storia della scienza

Il VideoLab entra al museo: il caso dell'Istituto - Museo di Storia della Scienza di Firenze

di Serena Goracci
03 Novembre 2012

Nell’ambito di alcuni progetti di formazione e di ricerca italiani ed internazionali Indire ha avuto l’occasione di collaborare con numerosi enti culturali e di ricerca. Un’interessante e proficua collaborazione è quella che, da qualche anno, vede coinvolti l’Indire insieme al Museo Galileo - Istituto e Museo di Storia della Scienza (prima nell’ambito della formazione Neoassunti e del progetto Pencil, poi del Piano di sviluppo professionale "Educazione scientifica" promosso dal PON FSE 2007/2013 "Competenze per lo Sviluppo").

Il Museo Galileo e la didattica museale

Nato nel 1927 con lo scopo di “raccogliere, catalogare, restaurare le testimonianze materiali della scienza”, il Museo è l'erede di una tradizione di collezionismo scientifico che vanta quasi cinque secoli di storia e che si sviluppa intorno alla centrale importanza conferita dai Medici e dai Lorena ai protagonisti e agli strumenti della scienza. Esso costituisce il maggior istituto in Italia, e uno dei maggiori nel mondo, di ricerca e di divulgazione di contenuti storico-scientifici: fra i numerosi oggetti conservati vi sono, appunto, gli strumenti di Galileo fra cui la lente con cui il più grande scienziato italiano di tutti i tempi avrebbe fatto le maggiori scoperte astronomiche del suo tempo. Alla tradizionale mission di conservazione, il Museo ha affiancato nel tempo una importante attività di didattica e di divulgazione attraverso i nuovi linguaggi e le nuove tecnologie. Risalgono infatti agli anni Novanta le ricostruzioni virtuali delle sale fatte con la tecnologia QTVR, le prime animazioni 3D dei modelli celesti e degli esperimenti e strumenti della storia della scienza poi confluite in quella che oggi è la sezione Museo Virtuale . Ai primi anni del 2000 risale, invece, la nascita della Biblioteca Digitale, un sistema informativo che rende accessibile a tutti un enorme patrimonio costituito da opere a stampa, manoscritti, documenti fotografici, e oggetti, in particolare strumenti scientifici. Sempre all’inizio degli anni 2000 l’istituto inaugura un filone di ricerca e sviluppo di applicazioni multimediali vicine al mondo dei ragazzi e della didattica. In particolare, con la collana “Gli strumenti della scienza”, il Museo offre dei prodotti immediatamente spendibili per e con i ragazzi. La vocazione educativa del Museo non era certo una novità nel panorama italiano di quegli anni, né tantomeno mondiale. La questione del valore educativo e sociale dei musei aveva, infatti, popolato il dibattito nel nostro paese già molto prima, fra gli anni ’50 e ’70, culminando nel Convegno Il Museo come Esperienza Sociale (Roma, 4-5-6- dicembre 1971) che decretò la nascita delle sezioni didattiche dei musei italiani. Originale, invece, è la ricerca sui nuovi linguaggi e sulle nuove tecnologie che il Museo ha condotto mettendola al servizio della divulgazione e dell’edutainment. Sebbene il patrimonio multimediale disponibile sul sito web del Museo sia sicuramente unico in Italia e al mondo per vastità dei contenuti, qualità di implementazione e rigore scientifico, purtroppo è ancora poco conosciuto dal pubblico italiano e, soprattutto, da quello scolastico.

Quale rapporto fra scuola e museo?
Comunemente, infatti, la scuola utilizza il museo come luogo per una visita occasionale, nel migliore dei casi come momento conclusivo di un percorso, più raramente viene integrato nella didattica quotidiana. Se si conosce la didattica museale come “l'insieme delle metodologie e degli strumenti utilizzati dalle istituzioni museali e da quelle scolastiche per rendere accessibili ad un più vasto pubblico collezioni, raccolte, mostre e in generale ogni tipo di esposizione culturale”, meno chiaro è, invece, il rapporto che intercorre, o che dovrebbe intercorrere, fra museo e scuola. Sempre in occasione del convegno sopra menzionato, l’allora Soprintendente della Pinacoteca di Brera, Franco Russoli sosteneva la necessità di “offrire il museo alle scuole di ogni grado come strumento formativo e non puramente nozionale, mettendo ogni museo a disposizione delle scuole non soltanto per un’attività didattica limitata alla singola disciplina, ma come un “laboratorio” aperto ad ogni indirizzo di ricerca” [1]. Negli anni passati un importante esempio di collaborazione scuola-museo si è avuto con il Piano Insegnare Scienze Sperimentali che, con l’obiettivo di innovare le modalità di insegnamento delle scienze di ogni ordine e grado, ha coinvolto i maggiori musei scientifici italiani (come il Museo della scienza di Milano e la Città della Scienza di Napoli) nella progettazione delle attività laboratoriali da portare in classe per l’apprendimento delle scienze. Negli stessi anni, a livello europeo, il Progetto Pencil [2] aveva coinvolto 14 musei (compreso il Museo Galileo) e centri scientifici europei e mondiali, oltre a due università, l’Indire ed Ecsite, per indagare il rapporto fra insegnamento/apprendimento informale (che avviene nei musei e centri della scienza) e quello formale (che avviene a scuola). Il progetto aveva sottolineato l’importanza di una sinergia fra i due “luoghi” dell’apprendimento, indicando come prodotto museale efficace quello che prevede, soprattutto, una progettazione condivisa. In altre parole, l’offerta museale è tanto più integrabile con quella scolastica e, quindi, didatticamente efficace, quanto più i docenti e il mondo della scuola collaborano già a partire dalla fase di progettazione e non solo in quella finale di fruizione.

PON Educazione Scientifica *

Il PON Educazione Scientifica, già dal suo nascere, ha coinvolto gli esperti del Museo Galileo che, insieme al gruppo del Comitato Tecnico Scientifico, ha progettato il piano dell’offerta formativa e le attività a supporto della formazione di tutor e corsisti. Ne sono nate delle proposte interessanti non solo come cornici o appendici storiche ai percorsi disciplinari (es. percorso sull’Alchimia) ma anche come approcci alternativi ai contenuti disciplinari (es. percorso sul cannocchiale). Il tentativo che ha fatto il gruppo di progettazione è stato quello di utilizzare la storia non solo per acquisire conoscenze sulla scienza, sul suo metodo e sul suo divenire (conoscenze sulla scienza), ma anche per acquisire conoscenze della scienza. Secondo il quadro PISA, l’acquisizione e la padronanza di questi due livelli di conoscenza (oltre all’acquisizione di atteggiamenti positivi nei confronti della conoscenza scientifica) sono condizioni indispensabili per l’acquisizione delle competenze scientifiche di base [3]. Le Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione [4] avevano marcato il legame fra l’apprendimento delle scienze e la conoscenza del loro sviluppo storico: “È importante infine guidare i ragazzi ad apprezzare, sulla base sia della propria esperienza di sviluppo cognitivo sia di esempi adeguati, affinità e diversità significative nell'evoluzione storica di saperi così diversi, eppure fra loro interdipendenti”. Nella loro revisione uscita in via provvisoria lo scorso settembre [5], la storia della scienza è presente anche fra i traguardi per lo sviluppo delle competenze che il ragazzo dovrebbe raggiungere alla fine della scuola sec. di I grado. Si dice infatti: “Collega lo sviluppo delle scienze allo sviluppo della storia dell’uomo. Ha curiosità e interesse verso i principali problemi legati all’uso della scienza nel campo dello sviluppo scientifico e tecnologico”. La storia ritorna anche fra gli obiettivi specifici di apprendimento, soprattutto per la fisica e l’astronomia, laddove si suggerisce il ricorso ad esperienze o modelli della storia della scienza per la comprensione del sistema solare, delle leggi del moto, etc… Di nuovo, quindi, l’evoluzione storica è vista sia come strumento metacognitivo – e luogo di intersezione fra discipline diverse - sia per comprendere meglio specifici contenuti delle discipline scientifiche [7].

Un nuovo format

In questo ultimo anno la collaborazione con il Museo Galileo si è arricchita grazie alla progettazione e implementazione di un nuovo format per la divulgazione della storia della scienza in ambito educativo, il VideoLab. Il progetto nasce dall’idea di poter portare il museo a scuola con i suoi oggetti, i suoi esperti e la sua pregnanza culturale: un curatore del museo, infatti, ci accompagna per mano dentro al museo alla scoperta degli uomini e delle idee che hanno fatto la storia del pensiero umano, degli strumenti del loro lavoro, delle loro esperienze, narrandone le vicende più significative, intrecciandole con il contesto storico-sociale del tempo, provando a ricreare le condizioni in cui operarono per comprenderne il vero valore rispetto all’oggi. Non è stato facile condensare in 10/15 minuti, la durata del video, la complessità di un racconto di questo tipo, ma questi prodotti sono stati pensati come “rompighiaccio”, sostegno alla curiosità e punto di vista originale che può e deve essere approfondito dal docente con i ragazzi attraverso la costruzione di percorsi disciplinari o interdisciplinari. Questo è uno dei ruoli che può assumere la didattica informale nell’apprendimento scientifico. Ad oggi è stata prodotta una prima serie di 6 video interattivi che propongono ai docenti un modo semplice e immediato, ma non per questo banale, per portare in classe contenuti di storia della scienza. Gli argomenti scelti si collegano al curricolo di scienze delle scuola sec. di I grado (e anche a quello del biennio superiore): La meccanica di Galileo, Il vuoto, Le esperienze di fisica del ‘700, Le tavole chimiche, Il termometro, Il microscopio.
I video seguono un format semplice e, per questo, adattabile didatticamente a contesti diversi: si parte da un’introduzione che contestualizza l’argomento, si passa quindi ad uno o più approfondimenti con fonti storiche rigorose, si propongono uno o più esperimenti storici – determinanti nella vicenda che ha portato all'individuazione di una determinata legge o scoperta – , alcuni dei quali replicabili in classe con gli studenti; si forniscono, infine, materiali da scaricare e link utili per un approfondimento e per la costruzione di un percorso didattico significativo.
I prodotti si caratterizzano non solo per la scelta dei contenuti ma anche per la ricerca di un linguaggio efficace che sfrutta tutti i codici: il video, l’immagine storica, il testo, l’illustrazione, l’animazione, il sonoro in un montaggio accurato che dà ritmo alla narrazione e conferisce significato ad ogni particolare. Sebbene nati per la formazione degli insegnanti della scuola sec. di I grado, i video, per il linguaggio che utilizzano, possono essere adattati ad una loro fruizione anche da parte degli studenti (anche di quelli del biennio superiore) in classe, sulla LIM o sul pc, oppure a casa, sui vari devices comuni fra i ragazzi (videofonino, tablet, pc) e, perché no, anche del genitore interessato.
A Novembre partiranno i nuovi corsi PON Educazione Scientifica e con essi la sperimentazione di questo nuovo prodotto per la formazione di cui verrà monitorato l’uso per comprenderne l’efficacia nella formazione dell’adulto e nella didattica d’aula. Dopo questo primo anno di sperimentazione all’interno dei corsi di formazione, i video saranno accessibili pubblicamente all’interno del sito Risorse per docenti dai progetti nazionali.Tanto più interessante sarà osservare l’uso del VideoLab per comprendere meglio un fenomeno ormai evidente e cioè un uso dilagante del video. Sarà per la nascita e l’esplosione di youtube, o forse per la facilità con cui i nuovi devices permettono a chiunque non solo la fruizione ma anche la produzione di video di qualità accettabile, sarà che il video, più di altre forme di linguaggio prevede una fruizione “semplice”, saranno tutte queste cose insieme ma il linguaggio dell’immagine in movimento ha preso piede in tutte le forme di comunicazione compresa quella formativa. Alla diffusione non corrisponde, però, una eguale qualità comunicativa, una ricerca sul linguaggio, una riflessione sulle strategie didattiche che rendono la fruizione video più significativa e sui processi cognitivi sottesi.
In altre parole, il video, di per sé, non è portatore di innovazione del linguaggio. È, infatti, frequente vedere video di scarsa qualità non solo tecnica (video fatti con cellulari o videocamere amatoriali) ma anche narrativa per cui si tratta di semplici riprese (senza tagli di montaggio) di una persona che parla e che scrive alla lavagna, senza cura della fotografia, delle luci, del montaggio, né tantomeno di una scrittura preliminare. In altri casi i risultati sono molto più dignitosi ma ci sembrano comunque ancora molto legati ad una “supplenza della presenza". Non vogliamo certo, in questo contesto, addentrarci in un’analisi approfondita di questi aspetti che meriterebbero una ricerca specifica. Non solo didattica e comunicativa ma anche sociologica e massmediologica.
Ci piacerebbe vedere con maggiore frequenza esempi di un uso intelligente e creativo, per non dire artistico, del video nella didattica, senza riservare prodotti di qualità – e non noiosi - solo all’educazione informale. Ci piacerebbe vedere con maggiore frequenza qualcosa che assomigli a questo piccolo gioiello, datato 1960 [6].
Sfido lo studente più svogliato a dimenticarsi almeno i primi 3 min. dopo averlo visto.
Il VideoLab non arriva a tanto ma è stato, da prodotti come quello, ispirato.

________________

[1] Sulla storia della didattica museale in Italia si vedano le pagine web del sito del MIUR dedicate all’argomento.
[2] I risultati del progetto di ricerca sono accessibili pubblicamente sul portale Xplora. Si veda in particolare il Deliverable 28 – Criteria of Innovation and Quality.
[3] Si veda il contributo scientifico sulla valutazione delle competenze di M. Mayer pubblicato nell’ambito del PON Educazione Scientifica.
[4] Si veda la versione online delle Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione (Pag. 101).
[5] Indicazioni nazionali per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione (Pag. 56).
[6] Si tratta del video sui Sistemi di riferimento, prodotto dal noto PSSC (Physical Science Study Committee), il comitato scientifico istituito presso il Massachusetts Institute of Technology di Boston nel 1956 con lo scopo di revisionare l'istruzione della fisica nella scuola superiore perché gli insegnanti si erano resi conto che i libri di testo utilizzati nelle scuole non stimolavano l'interesse degli studenti per la materia, non insegnavano loro a pensare e a risolvere i problemi come un fisico. La prima edizione del testo di fisica per la scuola superiore è apparsa nel 1960 e le sono succedute molte edizioni; assieme al libro di testo, erano disponibili guide per gli insegnanti, filmati, test standardizzati per la verifica e istruzioni per la costruzione di apparati sperimentali non molto costosi progettati dal PSSC stesso.
[7] Per conoscere nel dettaglio la visione proposta dal piano rispetto alla storia della scienza si vedano i contributi di G. Di Pasquale e di F. Giudice.

* Il PON Educazione Scientifica è il Piano di sviluppo professionale che il MIUR (Direzione Generale per gli Affari Internazionali. Ufficio IV - Programmazione e gestione dei fondi strutturali europei e nazionali per lo sviluppo e la coesione sociale), in collaborazione con Indire, ha proposto ai docenti di scienze delle regioni Obiettivo Convergenza nell’ambito PON FSE 2007/2013 "Competenze per lo Sviluppo".

 
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