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FORMAZIONE

Strumenti per fare scuola con i nativi digitali

Alla ricerca di una nuova didattica

di Giuseppe Corsaro
10 Settembre 2013

Negli ultimi tempi è emersa con una certa evidenza la volontà da parte del MIUR di percorrere più decisamente la strada del “digitale a scuola” e tentare di recuperare il ritardo accumulato negli ultimi anni in quest’ambito.
Sono stati finanziati programmi a volte anche lungimiranti: Classi 2.0 [1], Scuole 2.0, Editoria digitale [2], Piano LIM [3], ForDoc [4], ecc…). Sono inoltre molteplici gli interventi utili all’avvio di tale processo di innovazione attivati da alcune Regioni usando risorse proprie, ministeriali o europee. E nonostante tutto ciò il digitale a scuola fatica a decollare veramente!

Forse il motivo di tali difficoltà sta in buona parte nel fatto che le maggiori resistenze sembrano venire proprio dall’interno del mondo scolastico ed in particolare dagli insegnanti stessi.
Ad onor del vero non si può neanche dar loro del tutto torto.
Tralasciando tutta una serie di giustificazioni a carattere più o meno sindacale (non perché poco valide ma semplicemente perché sarebbero qui fuori luogo) e sorvolando i tanti “motivi demotivanti” (scusate il bisticcio di parole) che un insegnante può oggi addurre come scusa per non cambiare il suo modo di lavorare, io penso che ci sia altro dietro alla forte ritrosia (per non dire netta opposizione) di molti insegnanti nei confronti del digitale a scuola.

A volte l’insegnante ha paura di trovarsi in difficoltà con dispositivi che non padroneggia (o che non conosce del tutto). Forse pensa di perdere il suo ruolo. Forse vede nel “mondo digitale” un potenziale concorrente.
O magari teme di esser costretto ad accettare l’aiuto dai suoi stessi alunni. Più concretamente, di certo il docente spesso non crede nella reale utilità e nell’effettiva valenza didattica del digitale. E in effetti, a poco probabilmente serve la presenza di nuove tecnologie e di dispositivi modernissimi nelle aule, a nulla la creazione e l’adozione dei più innovativi ed evoluti testi digitali, se non si ripensa in maniera radicale e completa il nucleo stesso dell’azione educativa e con esso inevitabilmente il rapporto insegnante/discente e il ruolo del docente stesso. Ripensare (o forse riscoprire) un’attività didattica che possa accogliere pienamente tutte le potenzialità offerte dalle innovazioni tecnologiche (traendo profitto da esse).
Da qui si dovrebbe iniziare.
Trovare nuovi strumenti per una nuova didattica [5].

Ma perché tutto questo sforzo? E’ proprio necessario?

Negli anni a venire si sentirà sempre più spesso parlare di “strumenti per insegnare ai nativi digitali[6]. Presto però non sarà più neanche indispensabile aggiungere “...ai nativi digitali”.
I bambini e i ragazzi che stanno popolando le nostre scuole in questi anni (e fra poco anche le università) sono sempre più “abitanti del digitale”. C’è chi li ha definiti “una nuova specie in via di apparizione”.
Imparano ad usare i dispositivi digitali prima di imparare a parlare, interagiscono con smartphone e tablet quando ancora non sanno leggere. Questi ragazzi non dovrebbero più trascinare quotidianamente pesanti zaini colmi di libri e ingombranti cartelle piene di strumenti tecnici e artistici dalle loro stanzette verso le loro classi e viceversa. A loro potrebbe bastare un tablet e una connessione ad Internet.

Questo è lo scenario che i più ottimisti (etichettati anche come “visionari”) delineano per la scuola che verrà [7]. Oggi ancora, i diretti interessati (docenti, studenti, genitori, sociologi, formatori, educatori, psicologi) non sono tra loro d’accordo su questo. La sensazione è che si stiano sempre più delineando due fronti opposti ma assolutamente trasversali e del tutto svincolati dall’agone politico. Possiamo per nostra comodità etichettarli (con una deliberata forzatura semplificante) in: progressisti pro-digitale e conservatori anti-digitale.
E questi due “poli” sono presenti anche fra gli insegnanti.

Per chi sta dalla parte dei conservatori il gioco è ancora relativamente facile in Italia. Il ritardo accumulato dalla scuola italiana e le forti resistenze ancora attive contro una effettiva penetrazione della “digital revolution” nel mondo scolastico, unitamente ai deficit infrastrutturali ed alla ritrosia di buona parte della classe docente costituiscono una fenomenale zavorra che rallenta (quando non ferma del tutto) ogni intento innovatore (a qualsiasi livello).

Per chi invece ha cominciato un percorso di “avvicinamento” ad un modello nuovo di scuola e di insegnamento fortemente caratterizzato dall’integrazione del digitale nell’azione didattica, gli ostacoli sembrano a volte insormontabili.
Ogni cambiamento comporta anche una certa dose di “fatica straordinaria”. E’ normale.
Ma qui da noi sembra restare tutto fermo e fisso su sè stesso. Molte delle iniziative ministeriali hanno avuto sinora per lo più carattere di sperimentazioni circoscritte e quindi non sono andate oltre il risultato di costituire delle buone pratiche a cui far riferimento.
In ogni caso, anche aumentando il numero di soggetti coinvolti probabilmente non si otterrebbe granché senza quel necessario “adeguamento” metodologico e senza modificare la funzione del docente di cui sopra. Ed ecco che alcuni (sempre più) provano ad esplorare, spontaneamente, volontaristicamente. Sacrificando del tempo libero, studiando, spesso leggendo documentazione in lingua inglese o francese… Confrontandosi con altri, scambiandosi esperienze, provando, incontrandosi anche solo virtualmente (sono sempre più numerosi i membri delle comunità online che hanno scelto come tema proprio la didattica con le nuove tecnologie). Si mettono in gioco e provano sul campo strumenti e metodi innovativi.

Questa modalità operativa ha però i suoi limiti. Non può essere “diffusa” a tutto il corpo docente senza interventi massicci e senza una “infrastruttura” di sostegno al docente. Bisogna pensare ad azioni serie di formazione mirata.
Il Didatec [8] forse potrà dare buoni frutti in questa direzione. Non basta pubblicizzare i tanti esempi positivi di cui si trova notizia in autorevoli riviste specialistiche che alla didattica supportata dalle nuove tecnologie dedicano da tempo grande attenzione ed ampio spazio (Bricks diretta da A.Fini [9], TD dell’ITD-CNR [10], Form@re diretta da Antonio Calvani [11], Education 2.0 diretta da Luigi Berlinguer [12] ): troppo pochi i lettori raggiunti. Non basta l’impegno profuso in centinaia di blog di alta qualità promossi da singoli docenti (non cito nessuno ma sarebbero centinaia): validissimi come modelli, ma poco diffusi. E non possono di per sè essere sufficienti neppure i tanti gruppi Facebook centrati sul tema (Insegnanti 2.0 [13], Docenti Virtuali [14], Docenti e LIM [15], Il tablet a scuola [16], La scuola nella nuvola [17], L’iPad in classe [18], ecc…): i docenti veramente attivi sono ancora troppo pochi. E allora ecco che i più temerari accettano in todo la sfida dei nativi digitali e si inventano qualcosa. E di solito funziona pure! Ricercano e scoprono tools, provano apps e valutano risorse cercando di pensare “come” dei veri nativi digitali.
Soprattutto cercano di mettersi “in rete”.
A tal proposito è molto chiara e fornisce un quadro complessivo la mappa realizzata da Paola Limone “Insegnanti nella rete”.
A volte, poi, decidono anche di incontrarsi realmente (è successo anche a noi con il 1° Meeting Docenti Virtuali e Insegnanti 2.0 che ha avuto luogo a Nicolosi (CT) il 25 e 26 Luglio 2013).

Sono necessari nuovi strumenti (tools) prima di tutto.
Per creare, per presentare, per realizzare libri interattivi o veri e propri cortometraggi animati, per far mappe concettuali e mentali, per le linee del tempo, per disegnare, per leggere, per fare grafica, per annotare, per fare musica, per esercitarsi in matematica, per simulare leggi di fisica, per fare esperimenti e simulazioni, per scrivere, per progettare e pianificare, per ricercare, per aiutare a memorizzare, per spiegare, verificare, somministrare test, valutare, comunicare, collaborare, pubblicare... per tutto ciò che rientra in una moderna attività didattica, insomma.
E poi le risorse reperibili in rete: video didattici, tutorials, lezioni già pronte, testi, audiolibri, animazioni esplicative,… ma anche articoli, post, interventi, webzine, forum, racconti di esperienze, ecc… Per ognuna delle tipologie sopra citate essitono decine e decine di apps, tools e riferimenti. Tutto rigorosamente in digitale, fruibile online ma anche senza connessione, su qualsiasi dispositivo (smartphone, tablet o pc).

Non esiste ad oggi (purtroppo) un repository generale condiviso e i docenti che vogliono intraprendere qualsiasi attività didattica usando e integrando le nuove tecnologie debbono darsi da fare a cercare gli strumenti più adatti estendendo magari la ricerca fuori dai confini nazionali (in lingua inglese si trova di tutto). Compito non semplice, questo. I gruppi su Facebook e i blog dei docenti più esperti vengono spesso in aiuto. Più recentemente anche alcuni fra gli editori italiani di testi scolastici hanno iniziato a realizzare vere e proprie piattaforme più o meno simili a quelle per l’e-learning. In esse è possibile trovare molte risorse aggiuntive affiancate ai libri di testo. Siamo però ancora molto lontani dagli ambienti digitali aperti e condivisi già sperimentati fuori d’Italia.
Il docente, in sostanza, se vuole avviarsi all’integrazione del digitale nella sua attività didattica deve un po’ (ad oggi) sbrigarsela da sè… e ovviamente non tutti hanno le competenze informatiche necessarie e/o sono in grado di leggere documenti in inglese… e, quindi, rinunciano. Carenze, queste, che potrebbero facilmente essere superabili attraverso la traduzione dei tools e delle apps e la realizzazione di video-tutorial in italiano per incoraggiare all’impiego degli strumenti di maggior interesse didattico.
Chi dovrebbe/potrebbe realizzarli? Il ministero?
L’Istituto Indire? Gli editori? Gli stessi insegnanti?
Forse la soluzione sta nel mettere insieme tutti questi attori e favorire una sinergia tra loro [19].
Potrebbe attivarsi una collaborazione fattiva e duratura.
Intanto continuiamo a darci da fare e facciamo in modo che i punti d’incontro anche spontanei (come i nostri gruppi su Facebook: Insegnanti 2.0, Docenti Virtuali, Docenti e LIM, e tutti gli altri) possano diventare sempre più funzionali ad una effettiva diffusione di una didattica per il 21° secolo.


Note

[1] http://www.scuola-digitale.it/classi-2-0/il-progetto/introduzione-2/

[2] http://www.scuola-digitale.it/editoria-digitale/il-progetto/editoria-digitale-scolastica/

[3] http://www.scuola-digitale.it/lim/ilprogetto/finalita/

[4] http://formazionedocentipon.indire.it/

[5] http://www.corrierecomunicazioni.it/pa-digitale/22378_carrozza-investire-nella-formazione-digitale-dei-docenti.htm

[6]http://educationduepuntozero.it/speciali/pdf/speciale_marzo2013_1.pdf

[7]http://www.agendadigitale.eu/egov/372_come-sara-la-scuola-dei-veri-nativi-digitali-il-futuro-nella-flipped-classroom.htm

[8]http://formazionedocentipon.indire.it/?cat=8

[9]http://bricks.maieutiche.economia.unitn.it/

[10]http://www.tdmagazine.itd.cnr.it/

[11]http://www.fupress.net/index.php/formare

[12]http://www.educationduepuntozero.it/

[13] https://www.facebook.com/groups/insegnantiduepuntozero/

[14] https://www.facebook.com/groups/apprenderevirtualmente/

[15]https://www.facebook.com/groups/156410167789353/

[16] https://www.facebook.com/groups/iltabletascuola/

[17] https://www.facebook.com/groups/344286125590498/

[18] https://www.facebook.com/groups/131057660337078/

[19]https://docs.google.com/document/d/1JBn3rUDWNcvpZp1kIu34kQB6SEjWjynEe5ahIlnlk7U/pub


Sitografia

 

 Editing a cura di Francesco Vettori, redazione Indire.

 

 
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