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EDILIZIA SCOLASTICA

Come nasce un progetto di ristrutturazione innovativo e sostenibile

Dare forma e materia ai valori educativi di una scuola

di Roberto Giacomucci
24 Ottobre 2013

E’ difficile raccontare come elaboro un progetto in poche righe, probabilmente non riuscirò ad essere esaustivo. Di solito assimilo nozioni e incamero emozioni, finché ad un tratto mi viene l’idea: si tratta di un’immagine, sintesi di tanti impulsi, che vado poi a concretizzare con disegni e prototipi.
Questa è la fase in cui semplifico il tutto, lo rendo più funzionale o più facile da assemblare.
Nel caso della ristrutturazione, in realtà mi piace definirla "nuova strutturazione", dello spazio per l'Istituto Savoia Benincasa il mio primo pensiero, dopo il briefing avuto con i promotori del progetto, è stato per i fruitori di questo ambiente polifunzionale e per le loro aspettative. Innovare significa sempre, e in ogni caso, creare spazi/oggetti che migliorino la vita della gente restando al passo con il mondo che si evolve. Progetti validi sia funzionalmente che esteticamente e che riescano magari a strappare un sorriso.
Questo progetto si sposava particolarmente bene con la mia vision in quanto i promotori desideravano che lo spazio da abitare per l’apprendimento incarnasse anche alcuni valori al centro della missione educativa della scuola, come il risparmio energetico e il rispetto dell’ambiente.

La sostenibilità è da sempre parte integrante dei miei progetti, in quanto scelgo materiali riciclabili o tecnologie che permettono una produzione a basso impatto ambientale. Dal confronto sinergico con le aziende con cui collaboro, è nata, nel tempo, un'interessante sperimentazione con materiali ecocompatibili: cartone, plastica termofusa, marmo, vetro, cemento ecc. Ritengo che non abbia più senso al giorno d'oggi, quando ormai anche alcuni tipi di plastica possono avere una seconda chance, utilizzare materiali non riciclabili.
E innovare può voler dire anche investire le risorse in tecnologie che mirino ad un consumo attento e coscienzioso, alla riduzione degli sprechi e delle emissioni di sostanze nocive. Le lampadine a risparmio energetico, per esempio, permettono di ridurre i consumi fino all’80% e sono dotate di una longevità nettamente superiore rispetto a quelle convenzionali ad incandescenza. Innovare può voler dire allora ideare prodotti che abbiano come mentore il risparmio energetico, l'ottimizzazione delle fonti di luce e la possibilità di spostarle là dove realmente servono.
Il cartone, ad esempio, a cui da qualche anno, grazie ai progetti di Kubedesign, tengo particolarmente, ci "avvicina" a una natura troppo spesso relegata esclusivamente all'agognato tempo libero di un fine settimana e potrebbe, invece, essere presente, in ogni momento, nell’arredamento degli ambienti in cui trascorriamo gran parte delle nostre ore: case, uffici e ovviamente scuole. Personalmente penso che il lavoro di un designer/architetto non possa prescindere da una radicata coscienza ecologica. Un progettista è un punto di riferimento capace di influenzare con le sue idee il senso estetico e il modo di pensare delle persone ed è quindi doveroso che faccia da apripista anche su fondamentali questioni come quelle connesse alla sostenibilità.
Trattandosi poi di progettare un’aula ipertecnologica, mi piaceva particolarmente l’accostamento virtuoso che, negli arredi in cartone, si crea fra natura e tecnologia.
Il cartone che abbiamo utilizzato per questi arredi infatti è trattato con innovazione tecnologica elevata, che lo rende resistente all’urto (ogni complemento riesce a resistere a più di 300 Kg di sollecitazione), all’acqua, ignifugo, facile da montare e smontare e quindi da trasportare e riutilizzare, conservando le caratteristiche di leggerezza e maneggevolezza che lo rendono particolarmente adatto ad un’aula flessibile come quella che avevamo immaginato, dove si effettuano rapidi spostamenti di suppellettili per consentire differenti configurazioni. Il cartone non riga i pavimenti, si sposta con un dito, può essere trasportato agevolmente in ogni ambiente e inoltre viene fornito in un imballaggio senza sprechi (complementi smontabili il cui assemblaggio non richiede l’uso di attrezzi), e ogni mobile è costituito da una serie di incastri che lo rendono molto pratico da montare.

Nell’Aula 3.0 del Savoia Benincasa questo materiale ha dimostrato ancora una volta di essere molto versatile, capace di "conformarsi" ed adattarsi con semplicità e intelligenza ai vari usi richiesti nelle diverse aree funzionali dell'ambiente di apprendimento.

Il progetto ha reso anche necessario occuparsi dell’illuminazione. Lo spazio messo a disposizione infatti, un vecchio laboratorio di informatica dismesso, era illuminato con i classici tubi al neon che si trovano in tutte le scuole italiane e che avrebbero creato un contrasto stridente con l’ambiente ideato. Era necessario trovare fonti di luce adeguate che rispondessero allo spirito dell’aula, flessibilità e quindi autonomia delle diverse zone di lavoro all’occorrenza. Possono infatti coesistere momenti in cui un gruppo di lavoro necessita di luce soffusa per visualizzare immagini o filmati, mentre un altro di illuminazione piena, per scrivere, disegnare o altro. E al tempo stesso occorreva una tecnologia che si sposasse alla perfezione con la filosofia green del materiale utilizzato.

La scelta è caduta in modo molto naturale sulla gamma Ultraluce dell’azienda anconetana FALA con la quale collaboro. Sono stati installati otto gruppi luce a LED, una soluzione che consente di abbassare il consumo energetico ed ha elevati standard di sostenibilità in termini di riciclabilità e riduzione dell’accumulo di rifiuti, in quanto i LED utilizzano molta meno energia di qualunque altra sorgente luminosa, hanno una durata lunghissima, non contengono mercurio e possono essere agevolmente utilizzati in apparecchi progettati per rendere facile smontaggio e riciclaggio. Essi sono anche intelligenti e possono essere programmati e controllati semplicemente sfiorando un pulsante e creando effetti diversi nello stesso ambiente.
L’occasione offertami dalla collaborazione con l’istituto è stata preziosa da molti punti di vista. Nel corso della mia professione ho progettato molti tipi di ambienti e mi è spesso capitato anche di immaginare con grande interesse soluzioni per spazi scolastici, ma sinceramente non avrei mai creduto possibile che la scuola italiana potesse non solo avvicinarsi al design ma anche pensare a progetti di ristrutturazione così profondi. L’ho vissuta come una grande opportunità professionale.
Avere un approccio innovativo può significare dunque molte cose e può essere rappresentato, come nel caso dell'Aula 3.0, dall'esempio di responsabili "illuminati" che si sono persuasi ad attrezzare uno spazio multifunzionale con complementi in cartone.
Ricordo ancora le facce perplesse delle persone che hanno visto per la prima volta uno sgabello di cartone; erano molto titubanti e abbastanza incredule perché dubitavano del fatto che potesse sorreggerle. Poi quando si sono sedute e ne hanno verificato la solidità, sono state piacevolmente sorprese e la sensazione data da quel materiale naturale rispetto a qualcosa di sintetico, alla fine, le ha davvero fatte sorridere.

Il Design, passione nata per caso, si rivela per l'architetto anconetano Roberto Giacomucci, uno stile di vita che connota ogni momento della giornata. Sfrutta le conoscenze acquisite negli anni di studio per imparare a gestire spazi, tecniche e materiali.
"Artigiano del design" considera fondamentale conoscere l’anima della materia da plasmare, verificandone step by step la trasformazione. Riesce così a stabilire un rapporto unico con l’oggetto: lo riveste di significati inediti pur rispettando le esigenze dei materiali che lo compongono. È un designer estroso, ironico, ma concreto e non un mero visionario dalle idee irrealizzabili. Crede nei talenti locali e nei giovani promettenti, molti dei quali passati per i suoi corsi alla Facoltà di Architettura di Ascoli Piceno. Art Director di aziende delle quali ama valorizzare il mood, applica abilità strategiche/comunicative per promuovere la diffusione capillare e “democratica” dei progetti.

Non si era mai occupato di spazi per l’apprendimento fino all’incontro con la dirigente Alessandra Rucci. Ha creduto nel suo progetto e disegnato la configurazione e in esclusiva tutti gli arredi dell’Aula 3.0.

 

 Editing a cura di Francesco Vettori, redazione Indire.

 
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