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SISTEMI EDUCATIVI EUROPEI

La professione docente in Europa

Principali dati emersi dall’ultimo rapporto Eurydice della Commissione europea

di Simona Baggiani
26 Febbraio 2014

Il contesto delle politiche europee 

La necessità di assicurare un insegnamento di qualità è uno degli obiettivi chiave del quadro strategico della Commissione europea per la cooperazione nel settore dell’istruzione e della formazione adottato, nel 2009, dal Consiglio dei ministri dell’istruzione europei.[1] Tale obiettivo indica negli insegnanti le figure chiave per l’innalzamento della qualità nei sistemi educativi, sottolineando l’importanza di offrire loro un’adeguata formazione iniziale, di sostenerne lo sviluppo professionale continuo e di accrescere la motivazione ad intraprendere la carriera dell’insegnamento.
Le Conclusioni del Consiglio del marzo 2013 sull’investimento nell’istruzione e nella formazione,[2] in risposta alla Comunicazione della Commissione “Ripensare l’istruzione”,[3]pongono ulteriormente l’enfasi sul ruolo dell’insegnante e sulla necessità di rivedere e rafforzare il profilo professionale delle professioni dell’insegnamento. Nella fattispecie, il Consiglio dell’Unione europea invita gli Stati membri, nel rispetto del principio di sussidiarietà, a:

“Rivedere e rafforzare il profilo professionale delle professioni dell’insegnamento (insegnanti, dirigenti, formatori) […] garantendo un’efficace formazione inziale degli insegnanti e fornendo sistemi coerenti e dotati di risorse adeguate per il reclutamento, la selezione, la formazione iniziale, il sostegno a inizio carriera e lo sviluppo professionale continuo del personale docente basato sulle competenze”.

Per quanto riguarda in particolare il nostro paese, nella Raccomandazione del Consiglio sul programma nazionale di riforma 2013 dell’Italia,[4] insieme a tutte le altre analisi e raccomandazioni di carattere economico e sociale, si sottolinea come la professione docente è attualmente caratterizzata da un percorso di carriera unico e da prospettive limitate di sviluppo professionale e si raccomanda pertanto di intensificare gli sforzi in questi due settori per scongiurare l’abbandono scolastico, fenomeno che affligge particolarmente il nostro paese, e per migliorare qualità e risultati della scuola.

Lo studio comparativo: Cifre chiave sugli insegnanti e i capi di istituto in Europa

Nel contesto di tali politiche la rete Eurydice [5] ha pubblicato uno studio comparativo che presenta lo stato dell’arte della professione docente in 32 paesi europei (stati membri dell’UE, Croazia, Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Turchia): Cifre chiave sugli insegnanti e i capi di istituto in Europa – edizione 2013. Tale rapporto fa parte della collana Cifre chiave, il cui obiettivo è combinare dati statistici e informazioni qualitative sui sistemi educativi europei. Questa prima edizione tematica dedicata agli insegnanti e ai capi di istituto offre una panoramica sullo sviluppo professionale e sulle condizioni di servizio degli insegnanti e dei capi di istituto in Europa, illustrandone contemporaneamente i reali elementi di forza e di debolezza.
Più precisamente, il rapporto fornisce informazioni sugli insegnanti europei del livello pre-primario, primario e secondario inferiore e superiore. Prende in esame i diversi stadi della carriera di un insegnante a partire dalla formazione iniziale, l’accesso alla professione e lo sviluppo professionale fino alla pensione. La leadership scolastica è trattata in termini di condizioni di accesso alla posizione di capo di istituto, di forme di leadership distribuita e di principali compiti richiesti al ruolo di dirigente. Il rapporto descrive anche caratteristiche e condizioni di lavoro di insegnanti e capi di istituto, incluso età, genere, ore di servizio e stipendi. I contenuti del volume sono organizzati attraverso 62 indicatori, derivati dai dati forniti dalla rete Eurydice, dai dati Eurostat e dai risultati delle indagini internazionali TALIS 2008, PISA 2009 e TIMMS 2011.

I principali dati emersi

Un primo dato che emerge dall’indagine è la tendenza alla diminuzione in termini percentuali dei docenti rispetto alla popolazione attiva [6] del rispettivo paese. Infatti, nel 2010, gli insegnanti dell’istruzione primaria e secondaria inferiore e superiore rappresentavano il 2,1% della popolazione attiva totale di tutti gli stati membri dell’Unione europea, per un totale di 5 milioni circa, mentre nel 2008 , gli insegnanti erano circa un milione in più, ossia pari al 3% della popolazione attiva.
Le percentuali, tuttavia, differiscono notevolmente tra i singoli paesi. Quelli con le più basse percentuali di insegnanti rispetto alla popolazione attiva sono Germania (1,6%), Estonia (1,6%) e Bulgaria (1,7%), mentre la più elevata concentrazione di insegnanti rispetto alla popolazione attiva si riscontra in Lussemburgo (3,6%), Lituania (3,5%) e Belgio (3,5%).
Un altro dato di contesto che evidenzia una tendenza significativa è quello relativo alla distribuzione degli insegnanti per fascia d’età. Nell’istruzione secondaria, in particolare, emerge chiaramente il quadro di un corpo docente che sta invecchiando: quasi la metà degli insegnanti ha più di 50 anni in Bulgaria, Repubblica ceca, Germania, Estonia, Italia, Paesi Bassi, Austria, Norvegia e Islanda. Inoltre la percentuale degli insegnanti nella fascia d’età inferiore ai 30 anni è particolarmente bassa in Germania, Italia e Svezia. Questa situazione, unita, in alcuni paesi, a un numero in diminuzione di candidati alla formazione degli insegnanti, potrebbe portare a una carenza di docenti e alla necessità di reclutare nuove leve: alcuni Stati membri, in particolare Svezia, Germania, Italia, si troveranno, infatti, a dover reclutare nei prossimi anni un gran numero di nuovi docenti per far fronte al gap lasciato dalla grande ondata di pensionamenti.
Anche alla luce di ciò, la maggior parte dei paesi ha previsto delle misure per monitorare la domanda e l’offerta di insegnanti. Si può trattare di una specifica politica di programmazione, oppure di un monitoraggio generale del mercato del lavoro. In entrambi i casi, le misure sono generalmente disposizioni attuate su base annuale per soddisfare le necessità più urgenti. Potenziali carenze o esuberi di insegnanti potrebbero, invece, essere prevenuti con maggiore efficacia attraverso una pianificazione di medio o lungo periodo.
La formazione iniziale degli insegnanti è stato oggetto in molti paesi di recenti riforme. La tendenza che emerge a livello europeo è relativa a un generale potenziamento dei percorsi di studio sia in termini di durata che di qualità della formazione professionalizzante. La qualifica più comune per insegnare è il diploma universitario di primo livello (bachelor), fatta eccezione per gli insegnanti dell’istruzione secondaria superiore, che, nella maggioranza dei paesi, devono essere in possesso di un diploma universitario di secondo livello (master). La durata dei percorsi di studio si attesta generalmente tra i quattro e i cinque anni.
Per diventare un insegnante del livello secondario inferiore, la parte della formazione iniziale dedicata nello specifico alla formazione professionale è, nella maggioranza dei paesi, superiore al 20%, ed è particolarmente elevata nel Belgio francese e in Islanda. In Italia, invece, nonostante la formazione iniziale degli insegnanti preveda un percorso di livello Master anche per questo grado di istruzione, la percentuale di tempo dedicato alla formazione professionale è di solo 16,6% (vd Figura 1).

Figura 1- Livello e durata minima della formazione iniziale degli insegnanti dell’istruzione secondaria inferiore generale, e percentuale minima di tempo dedicato alla formazione professionale, 2011/12

Nel caso dell’istruzione secondaria superiore, nella maggioranza dei paesi la formazione professionale rappresenta ancora il 20% circa. Solo in tre paesi, tuttavia, la percentuale di formazione professionale per gli insegnanti del secondario superiore supera il 30%.
Se poi si passa ad analizzare lo stadio successivo alla formazione iniziale, ossia quello del reclutamento dei docenti, si osserva che l’accesso alla professione docente può essere gestito a diversi livelli amministrativi e secondo procedure diverse. Il metodo più diffuso in Europa per assumere gli insegnanti è quello cosiddetto “aperto”, in cui la responsabilità della pubblicizzazione dei posti vacanti, della richiesta delle domande di lavoro e della selezione dei candidati è decentralizzata. La responsabilità del reclutamento in genere spetta alla scuola, a volte congiuntamente all’autorità locale (vd Figura 2).

Figura 2 - Principali tipi di metodi di reclutamento degli insegnanti dell’istruzione pre-primaria, primaria e secondaria (inferiore e superiore) generale, 2011/12

Nei Paesi Bassi, ad esempio, le scuole o gli organi di governo delle scuole seguono le proprie procedure per la selezione di personale. Non esiste un piano a livello di governo centrale per distribuire gli insegnanti in modo equo tra le scuole e gli insegnanti sono liberi di candidarsi per qualsiasi posto di insegnante e di cambiarlo a proprio piacimento.
Dall’altro lato, una minoranza di paesi, principalmente nell’Europa meridionale, organizza concorsi per reclutare il personale docente. In Grecia, Spagna, Francia, Malta, Liechtenstein e Turchia, questo è infatti l’unico metodo utilizzato. In Spagna, ad esempio, l’accesso al posto di insegnante nelle scuole pubbliche è soggetto al superamento di un concorso che comprende tre fasi: un esame che valuta le specifiche conoscenze relative alla specializzazione scelta, l’attitudine all’insegnamento e la padronanza delle necessarie metodologie di insegnamento; una selezione per meriti che valuta l’idoneità dei candidati (nella fattispecie il background formativo e l’eventuale esperienza di insegnamento pregressa); un periodo di prova durante il quale i candidati prescelti devono dimostrare la loro attitudine all’insegnamento.
Infine, solo sei paesi ricorrono alle cosiddette “graduatorie di candidati” per reclutare gli insegnanti. In questo sistema, le candidature al posto di insegnante implicano la presentazione dei nominativi dei candidati e delle relative qualifiche all’autorità di livello superiore o intermedio.
In Europa, i datori di lavoro degli insegnanti, ossia gli organi con responsabilità diretta della nomina e della definizione delle loro condizioni di lavoro,[7] dipendono da vari livelli amministrativi (centrale, regionale, locale e di istituto). Il livello amministrativo responsabile dell’assunzione degli insegnanti è di solito strettamente correlato al loro status professionale. Infatti, gli insegnanti che sono dipendenti pubblici di carriera in genere sono assunti dalle autorità centrali [8] o regionali mentre, quando il datore di lavoro è la scuola o l’autorità locale, nella stragrande maggioranza dei casi gli insegnanti hanno uno status contrattuale.
In Danimarca, Finlandia, Norvegia e Islanda (per i livelli pre-primario, primario e secondario inferiore), e anche nei Paesi Bassi, in Ungheria e in Scozia, l’unico datore di lavoro degli insegnanti delle scuole pubbliche è l’autorità locale. In particolare, nei Paesi Bassi gli insegnanti sono assunti dall'autorità competente (la bevoegd gezag), ovvero l’esecutivo municipale per l’istruzione pubblica, e l’organismo amministrativo regolato dal diritto privato per l’istruzione privata sovvenzionata.

Figura 3 - Livello/organo amministrativo responsabile dell’assunzione degli insegnanti dell’istruzione pre-primaria, primaria e secondaria (inferiore e superiore) generale, 2011/12

Le scuole sono gli unici responsabili dell’assunzione degli insegnanti in Bulgaria, Repubblica ceca, Estonia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovenia, Slovacchia e Croazia. Infine, in tre paesi la responsabilità dell’assunzione degli insegnanti varia in base alla categoria della scuola (Belgio, Svezia e Regno Unito). Nella fattispecie, in Svezia, il datore di lavoro formale è l’organismo responsabile, ovvero la municipalità per le scuole municipali e l’organizzazione/l’ente di formazione privato per le scuole indipendenti sovvenzionate. Ciononostante l’effettiva responsabilità dell’assunzione degli insegnanti è quasi sempre delegata alle scuole.
Se passiamo poi ad analizzare lo status dello sviluppo professionale continuo, ci accorgiamo che ha assunto, nel corso degli anni, una notevole importanza ed è attualmente considerato un dovere professionale in ben 28 sistemi educativi. In genere questo dovere è menzionato nella normativa, ma in alcuni paesi è stabilito nei contratti di lavoro degli insegnanti o negli accordi collettivi.
Diversi paesi in cui lo sviluppo professionale continuo è considerato un dovere professionale incoraggiano ulteriormente la partecipazione degli insegnanti rendendolo necessario per ottenere una promozione; è dunque necessario allegare documenti che attestino la partecipazione a questo tipo di attività al momento della presentazione della domanda per un posto di livello professionale più elevato. In Bulgaria, Spagna, Lituania, Portogallo, Romania, Slovenia e Slovacchia, per esempio, lo sviluppo professionale continuo è un dovere e un prerequisito per l’avanzamento di carriera e gli aumenti di stipendio. In Danimarca, Irlanda, Grecia, Francia, Paesi Bassi, Polonia, Svezia, Islanda e Norvegia, la partecipazione degli insegnanti allo sviluppo professionale continuo non è stabilita in termini di dovere professionale. Ciononostante, in Francia e in Polonia, tali attività sono legate in modo evidente all’avanzamento di carriera. In tutti gli altri sistemi educativi, anche se lo sviluppo professionale continuo non è esplicitamente richiesto per ottenere una promozione, rappresenta un vantaggio importante. In molti paesi la partecipazione ad attività di questo tipo è un elemento preso in considerazione nell’ambito del processo di valutazione degli insegnanti.
Nonostante la diffusa importanza accordata allo sviluppo professionale continuo, la necessità percepita di questa formazione varia notevolmente tra i 17 paesi europei che hanno partecipato all’Indagine internazionale dell’OCSE sull’insegnamento e l’apprendimento (TALIS 2008). In media, soltanto il 18% circa degli insegnanti del livello secondario inferiore che hanno partecipato all’indagine aveva capi di istituto che ritenevano che “la carenza di preparazione pedagogica”[9] degli insegnanti ostacolasse l’istruzione “in parte” o “molto” nelle loro scuole (vd Figura 4).
Il paese con la più elevata percentuale di insegnanti di questo livello i cui capi di istituto ritenevano che l’istruzione risentisse di tale carenza era l’Italia, con oltre il 50%. In Bulgaria, Estonia, Polonia e Slovacchia, invece, pochissimi capi di istituto ritenevano che la carenza di preparazione pedagogica degli insegnanti ostacolasse l’istruzione.

Figura 4 - Percentuale di insegnanti a livello secondario inferiore i cui capi di istituto ritenevano che la “carenza di preparazione pedagogica” degli insegnanti ostacolasse l'insegnamento” “in parte” e “molto” nella loro scuola, 2008

Una qualche forma di valutazione strutturata dei singoli insegnanti è presente in tutti paesi europei, ad eccezione di Italia, Finlandia, Scozia e Norvegia. Ciononostante, in Finlandia, a seconda della scuola, i capi di istituto possono svolgere colloqui o valutazioni annuali con i propri insegnanti. In questo caso, tuttavia, l’attenzione non si concentra sulla valutazione delle prestazioni passate, ma è più rivolta al futuro. In Scozia, sebbene non sia prevista una valutazione formale degli insegnanti su base individuale, i dirigenti effettuano annualmente un colloquio di sviluppo professionale con gli insegnanti.
Nella maggior parte dei paesi, al capo di istituto spetta la responsabilità della valutazione degli insegnanti che viene spesso effettuta in maniera regolare. Nei Paesi Bassi, è, invece, l’organo di governo della scuola a svolgere la valutazione individuale del personale. In Polonia, la valutazione dei risultati professionali degli insegnanti è svolta dal capo di istituto nei casi in cui un insegnante faccia richiesta di promozione a un grado professionale superiore. In Slovacchia esiste una specie di sistema a cascata in cui il capo di istituto valuta il vice capo di istituto, che a sua volta valuta gli insegnanti. Un insegnante mentore valuta un insegnante neo-assunto.
In 17 paesi, la valutazione degli insegnanti su base regolare oppure soltanto in circostanze specifiche viene effettuata da valutatori esterni. Questo avviene spesso in aggiunta ad altre procedure, come ad esempio la valutazione da parte del capo di istituto. I corpi ispettivi sono i principali responsabili della valutazione degli insegnanti in Francia, Lussemburgo (livello primario) e Turchia.

In Europa, l’autovalutazione degli insegnanti non è una tecnica di valutazione molto diffusa. Questa procedura viene svolta soltanto in sette paesi, e in tutti i casi – tranne che in Irlanda (per il livello secondario) e in Islanda – viene svolta insieme a un’altra procedura.
In diversi paesi, la valutazione degli insegnanti su base individuale è un sistema più complesso che coinvolge diversi attori. In Portogallo, ad esempio, il nuovo sistema di valutazione entrato in vigore nel 2011/12 include una componente interna e una componente esterna. La prima è svolta dal Consiglio pedagogico della scuola e riguarda tutti gli insegnanti.
La valutazione esterna è svolta attraverso l’osservazione in classe da parte di valutatori esterni soltanto in situazioni specifiche, e precisamente per la valutazione di “eccellente” e per coloro che si trovano a determinati livelli della loro carriera di insegnante. Tra i requisiti che devono possedere, i valutatori esterni devono essere insegnanti di altre scuole con formazione in “valutazione delle prestazioni” o “supervisione pedagogica”, oppure insegnanti con esperienza professionale in “supervisione pedagogica”. Gli insegnanti sono coinvolti nel processo di valutazione attraverso un rapporto di autovalutazione.
È importante tenere presente che la maggioranza dei paesi ha introdotto un processo di valutazione degli istituti nel quale la valutazione individuale degli insegnanti non è che una parte di un sistema più complesso.

A complemento dello studio comparativo fin qui preso in esame, la rete Eurydice ha prodotto, in seguito, un rapporto dedicato nello specifico agli stipendi di insegnanti e capi di istituto, che conferma come ancora la maggioranza degli insegnanti europei percepisca stipendi al di sotto del PIL pro capite del rispettivo paese, sottolineando pertanto la necessità, in molti paesi, di politiche che ne valorizzino - anche attraverso adeguate remunerazioni - la professionalità e ne accrescano la motivazione.

In particolare, da questo rapporto emerge che nella maggioranza degli stati membri gli stipendi degli insegnanti in termini di potere d’acquisto sono aumentati dal 2000 al 2009 per poi subire, negli ultimi anni, un brusco arresto, se non addirittura un arretramento, a causa della diffusa crisi economica. Circa la metà dei paesi europei sono stati, infatti, obbligati a tagliare o a congelare gli stipendi dei pubblici dipendenti. In Italia, Portogallo, Slovacchia e Regno Unito, gli stipendi minimi stabiliti per legge a prezzi costanti (cioè in termini reali) sono, nel 2013, inferiori a quelli del 2009 di una percentuale compresa tra il 6 e l’11%. In Irlanda, Ungheria e Slovenia il decremento è stato tra l’11 e il 18%. Il calo più significativo degli stipendi degli insegnanti si è verificato in Grecia (-40%).
Tuttavia, gli incrementi salariali applicati tra il 2000 e il 2009, hanno consentito agli insegnanti di molti paesi, fatta eccezione per la Grecia, di mantenere, nel 2013, il loro potere d’acquisto a livelli simili a quelli del 2000. È il caso anche dell’Italia, insieme a Belgio (Comunità francese), Francia, Danimarca, Spagna, Austria, Portogallo, Slovenia, Finlandia, Svezia e Regno Unito (Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord). Gli insegnanti di alcuni paesi hanno, invece, aumentato il loro potere d’acquisto: Bulgaria, Estonia, Ungheria, Romania, Estonia, Lettonia tra il 40 e il 70%, Repubblica Ceca, Slovacchia, Turchia addirittura fino al 90%; tuttavia, nel 2000, partivano da livelli assai più bassi della maggioranza degli altri stati europei.
Infine, il rapporto analizza anche le voci che vanno ad integrare lo stipendio minimo lordo di base, ossia le indennità salariali e le remunerazioni aggiuntive, aumentandolo, in certi casi, anche in maniera considerevole. Meno di un terzo dei paesi presi in esame offre queste integrazioni per tutti o quasi i seguenti criteri: qualifiche formali aggiuntive, qualifiche aggiuntive legate allo sviluppo professionale continuo, valutazione positiva del lavoro degli insegnanti o dei risultati degli studenti, maggiori responsabilità, posizione geografica, insegnamento ad alunni con bisogni educativi speciali o in condizioni difficili, partecipazione ad attività extracurricolari e ore di lavoro straordinarie. Più comunemente vengono attribuite indennità integrative allo stipendio per responsabilità aggiuntive e per ore di lavoro straordinario; mentre solo la metà dei paesi le assegna sulla base delle qualifiche ottenute mediante la formazione continua e del giudizio positivo per il lavoro svolto o per i buoni risultati degli studenti.

L'articolo è scaricabile in formato pdf.

Simona Baggiani è un’analista esperta di sistemi e politiche educative. Lavora presso INDIRE dal 1996 e si occupa, in particolare, di documentazione, analisi comparata e ricerca nell’ambito delle attività dell'unità italiana di Eurydice, che fa parte dell’omonima rete della Commissione europea.


Note

[1] Il quadro strategico ET 2020 stabilisce 4 obiettivi strategici a lungo termine che devono guidare la cooperazione europea fino al 2020: 1) Fare in modo che l’apprendimento permanente e la mobilità divengano una realtà; 2) Migliorare la qualità e l'efficacia dell'istruzione e della formazione; 3) Promuovere l'equità, la coesione sociale e la cittadinanza attiva; 4) Incoraggiare la creatività e l'innovazione, compresa l'imprenditorialità, a tutti i livelli dell'istruzione e della formazione. Per ogni obiettivo strategico sono state identificate un numero di aree prioritarie a medio termine. Per quanto riguarda l’obiettivo 2) le aree prioritarie sono le seguenti: insegnamento delle lingue, sviluppo professionale degli insegnanti, governance e finanziamenti, competenze di base in lettura, matematica e scienze, nuove competenze per nuovi lavori.

[2] Conclusioni del Consiglio su Investire nell’istruzione e nella formazione – Una risposta a “Ripensare l’istruzione e la formazione: investire nelle abilità in vista di migliori risultati socioeconomici” e Analisi annuale della crescita per il 2013, 5 marzo 2013.

[3] Comunicazione della Commissione, “Ripensare l'istruzione: investire nelle abilità in vista di migliori risultati socioeconomici”, Strasburgo, 20 novembre 2012, COM(2012) 669 final.

[4] Raccomandazione del Consiglio sul programma nazionale di riforma 2013 dell’Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità dell’Italia 2012-2017; 29 maggio 2013, COM(2013) 362 final.

[6] La popolazione attiva corrisponde al numero totale di persone occupate e in cerca di occupazione. I dati sulla popolazione attiva sono tratti dall’Indagine sulla Forza Lavoro.

[7] Ciò include anche il pagamento degli stipendi degli insegnanti, sebbene i finanziamenti per tale fine possano non necessariamente derivare direttamente dal budget dell’autorità.

[8] Nella maggior parte dei paesi, il governo centrale è l’autorità educativa di livello superiore. In due casi, tuttavia, la maggior parte delle decisioni in materia di istruzione sono assunte dal governo regionale, precisamente quello dei governi dei Länder in Germania e dei governi delle Comunità autonome in Spagna.

[9] Carenza di preparazione pedagogica significa che gli insegnanti non sono preparati ad affrontare le sfide che possono incontrare, ad esempio soddisfare gruppi di apprendimento sempre più eterogenei, gestire il comportamento degli studenti e utilizzare con efficacia le tecnologie della informazione e della comunicazione.
 
 
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