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INIZIATIVE PER LA SCUOLA

La verifica di una sperimentazione a scuola

L'opinione degli studenti, cittadini di domani

di Laura Simeon
14 Maggio 2014

È scontato che la voce degli studenti non può mancare quando si intenda verificare il successo di una sperimentazione didattico-educativa.
Nel caso del torneo argomentativo “A suon di parole[1], la valutazione espressa dagli studenti ha avuto molta importanza per delineare la specificità del Torneo trentino nel panorama di attività analoghe che si stanno diffondendo nelle scuole italiane e per promuovere l’utilizzo del dibattito come metodologia didattica nuova e vincente.
Nei Licei scientifici “Leonardo Da Vinci” e “Galileo Galilei” di Trento, i due istituti che partecipano al torneo fin dalla fase sperimentale, i docenti del biennio hanno dato vita autonomamente a esperienze parallele, chiamate rispettivamente “A Suon di paroline” e “Apertis verbis”; esse, pur con un grado di complessità delle tematiche da affrontare e un livello di competenze da attivare rapportati all’età degli studenti, condividono infatti gli aspetti formativi e le scelte metodologiche del progetto “A suon di parole” che è rivolto ai ragazzi del triennio.
La 3^F e la 3^I del Liceo Galilei sono due delle classi che hanno partecipato al torneo nelle edizioni 2011/12 e 2012/13. Al termine, ogni studente è stato invitato a tracciare in modo franco e critico un bilancio complessivo personale dell’esperienza che, considerata dal punto di vista degli stretti risultati di gara, poteva dirsi un po’deludente poiché le classi erano arrivate al massimo alle semifinali. Le loro parole acquistano perciò particolare valore a testimonianza che la pratica del dibattito ha un futuro nella didattica e nella formazione dei ragazzi.
Riportiamo qui alcune riflessioni di alcuni studenti partecipanti [2].

L’impatto con la proposta

“A dire la verità, all’inizio di questa esperienza ero piuttosto scettica e non volevo cimentarmi né come attrice né come confutatrice, anzi, non avrei nemmeno voluto cominciare le gare. Poi, non so come mi sono ritrovata a propormi come attrice per la prima gara d’istituto e a sostenere una tesi alla quale ero completamente avversa”.

“Mi dispiace non aver vinto, ero entrato nella parte. È stato dalla terza sfida che ho capito quanto queste gare di dibattito fossero un’occasione e non una perdita di tempo, come avevo pensato all’inizio”.

“All’inizio del torneo non avrei mai pensato di parlare davanti ad un pubblico sconosciuto e, sinceramente, ritenevo l’idea di partecipare più come una perdita di tempo piuttosto che un allenamento per il futuro, in vista degli esami di stato ma non solo”.

L’adesione al torneo parte da docenti che sono pronti a scommettere su una modalità nuova di apprendimento. Nonostante cerchino di presentare l’attività agli studenti nella maniera più adeguata ad accoglierla, anche nel suo aspetto ludico-agonistico, può esserci la resistenza verso una proposta calata pur sempre dall’alto. Ma quando gli studenti entrano in campo e iniziano a giocare sentono di essere i veri protagonisti e passano all’entusiasmo e all’impegno, fino a dire:

“Vorrei ringraziare la scuola per avere dato a tutti noi l’opportunità di cimentarci in qualcosa di nuovo e consiglio vivamente di continuare a promuovere questa esperienza”.

“Di sicuro consiglio il torneo agli altri studenti e, se si potesse, lo rifarei il prossimo anno”.

A partire dalle ultime due edizioni si è affermata, nelle scuole, la prassi che a fare la formazione per “A suon di parole” siano gli studenti che vi hanno già partecipato. Questo crea una comunità di peer education [3] che fa passare in modo più immediato ed efficace i principi teorici sottesi alla tecnica del dibattere, le dinamiche retoriche che il torneo prevede e gli aspetti emozionali che mette in atto, favorendo un’adesione convinta e una forte motivazione fin dall’inizio.

Un cammino di crescita

Video Trento "Gli argomenti proposti ci hanno interessati ed è proprio questo uno dei punti forti del torneo: sensibilizzare i partecipanti a far sviluppare loro un’opinione riguardo certi temi. Ormai ben poche attività scolastiche favoriscono lo sviluppo del pensiero critico dello studente, e questa competizione è una di quelle”.

““A suon di parole” mi ha portato a sviluppare il mio spirito critico e oggettivo. Ascoltare discorsi ed imparare a confutarli, o comunque a trovarne i punti deboli, mi ha aiutato moltissimo a prestare un’attenzione diversa dal normale, più concentrata ma soprattutto finalizzata a qualcosa di più del semplice ricordo. È un’esperienza che consiglierei a tutti, in quanto ti offre delle opportunità che normalmente non si presentano durante il percorso scolastico ma che immagino saranno molto utili un giorno, in un futuro che tanto lontano non è”.

“Con la scusa di questi dibattiti abbiamo preso in mano i giornali e analizzato un po’ di attualità, cosa che molti di noi giovani purtroppo non fanno”.

“Ci siamo fatti un’idea molto chiara dei vari argomenti su cui abbiamo gareggiato, conoscendoli da molti punti di vista. Sostenere una tesi non condivisa comporta sforzi maggiori, ma dopo esserci documentati approfonditamente molti di noi, me compreso, sono diventati dell’idea che la sperimentazione animale sia veramente importante nella farmacologia, contrariamente alla maggior parte delle opinioni superficiali che si trovano per esempio sul web”.

”Il confronto con i miei compagni su argomenti attuali mi ha portato a riflettere maggiormente sulle cose e in alcuni casi a cambiare persino il mio pensiero”.

Al termine dell’esperienza gli studenti hanno la consapevolezza di aver fatto un cammino che è loro servito a crescere. Non parlano di competenze, ma riconoscono che sanno e sanno fare di più.

“Alla fine del Torneo ho notato che, coloro che hanno parlato, hanno tutti migliorato la loro capacità di esprimere il proprio pensiero davanti a tanta gente; nella parte di "actio" hanno imparato a recitare un discorso, dissimulando la sua mnemonicità mentre i confutatori hanno perfezionato la dote dell’improvvisazione, dovendo imparare ogni volta dei discorsi costruiti in tempi limitatissimi. Ma non sono solo gli oratori che meritano un plauso; la maggior parte del lavoro è stata eseguita dalla classe intera che ha preparato le argomentazioni e che ha aiutato i sei protagonisti di ogni gara nello studio della scaletta”.

”Mi sono appassionato molto e ho trovato divertente sia la preparazione in classe che il dibattito di per sé. Ho imparato a cercare informazioni riguardo un argomento specifico, a formulare un discorso di argomentazione e di contro-argomentazione che fosse chiaro, con vocaboli ricercati e tecnici, e che toccasse tutti i punti decisi con ordine e un corretto ragionamento”.

“Io non me la sono sentita di parlare, comunque sono riuscito a ricavare qualcosa di buono da questa esperienza. Infatti ho cercato di aiutare nella ricerca dei materiali utili all’argomentazione e nella stesura del discorso. Inoltre, ho cercato di dare qualche idea per la contro-argomentazione. Ciò penso mi sia stato molto utile per migliorare nei temi di italiano nei quali ho sempre avuto qualche difficoltà”.

”Le gare di dibattito ci hanno permesso di avvicinarci al mondo della discussione con le sue regole, insegnandoci norme importanti, utili non solamente a scuola ma anche nella vita, dove si è vista la lacuna su questo e la TV ne è un esempio”.

La contro-argomentazione è la fase del torneo nella quale le due classi in gara cercano di smontare le argomentazioni portate dalla parte antagonista rendendone inconsistenti gli argomenti, mettendo in luce errori e fallacie, scovando eventuali contraddizioni.

“Al dibattito la mia parte preferita è sempre stata la contro-argomentazione e, anche se ero sempre agitato al massimo, mi è sempre piaciuto sia quando ho parlato io che quando parlavano gli altri”.

“Partecipare come confutatrice mi ha aiutato ad affrontare le mie ansie, ma più di tutto mi ha messo nella condizione di dover dire qualcosa che dipendeva completamente dalla mia testa”.

“Più che l’argomentazione mi è servita la confutazione. Lì c’eravamo solo noi: nessun adulto, nessun prof, solo i compagni. Ritengo che sia servita di più perché bisogna imparare ad essere autonomi e a risolvere i disguidi in modo diretto, senza mediatori”.

”Per affrontare la gara, soprattutto la parte della contro-argomentazione, erano richieste capacità di saper analizzare i discorsi altrui per trovare errori e conseguentemente controbatterli. Questo è molto più facile a dirsi che a farsi: essendo le argomentazioni preparate prima, anche con l’aiuto degli insegnanti, sono molto solide e trovarvi una falla non è sempre facile”.

La fase contro-argomentativa è apprezzata perché gli studenti mettono lì del tutto allo scoperto il loro grado di autonomia e di capacità critiche e, anche, i propri limiti. È in quel momento dialettico che comprendono appieno che la vince chi sa portare ragioni.

“Nella contro-argomentazione abbiamo dovuto giocare tutte le nostre carte”.

“Nella gara poteva essere inserita un’altra fase di contro-argomentazione, così da aumentare la discussione stessa fra i partecipanti”.

“La sconfitta è servita a mettere in risalto le nostre lacune e i nostri punti deboli nell’arte della retorica”.

Alcuni studenti muovono critiche agli argomenti oggetto dei dibattiti.

“Personalmente avrei preferito affrontare altri argomenti più vicini a noi giovani; non ho trovato il dibattito ‘Le regole sono un limite/un’opportunità’ troppo stimolante in quanto le due tesi non erano del tutto opposte ed era quindi molto semplice ricadere in errori, soprattutto perché la mia personale opinione era contraria a ciò che dovevo sostenere”.

”Gli argomenti del dibattito spesso sono vaghi e più o meno interpretabili liberamente. Inoltre a volte le due tesi invece di essere opposte sono talmente vicine da poter essere ridotte in un’unica tesi”.

”Io penso che un dibattito vero, con botta e risposta, non possa cimentarsi su argomenti ampi e con tesi parallele, ma con tesi ristrette e opposte l’una all’altra”.

“Gli argomenti erano molto astratti e ambigui. Davano certamente la possibilità di giocare sull’abilità linguistica ma di certo non erano così coinvolgenti. Io avrei inserito anche qualche argomento più attuale e concreto, per dare la possibilità agli studenti di immedesimarsi di più nell’argomento stesso”.

Le questioni da dibattere sono scelte nell’ambito del possibile, tali dunque che per esse non c’è una risposta assoluta ma argomenti sostenibili sia pro che contro. Con i termini ‘ambiguità’ e ‘vaghezza’ i ragazzi colgono la caratteristica e insieme la difficoltà del dibattito sano: dover sostenere in maniera convincente una tesi, resistendo agli attacchi delle confutazioni, sapendo però che la propria posizione non è infallibile e che il suo contro ha motivi altrettanto forti e validi.
Talora gli argomenti da dibattere non sono così immediatamente vicini ai giovani.
Ma se “A suon di parole” si pone nell’ambito dell’educazione alla cittadinanza, con la finalità di sviluppare competenze sociali e civiche che promuovano la partecipazione ai processi democratici del nostro tempo, è necessario che i ragazzi siano chiamati anche ad affrontare tematiche complesse e impegnative che li riguardano come cittadini della comunità globale. [4]

La forza del lavoro di squadra

Nel torneo “A suon di parole” il gioco deve essere di squadra, dove la squadra è l’intera classe nella sua variegata composizione e in campo scendono tutti gli studenti. Ognuno è quindi costretto a misurarsi con se stesso e con i compagni per trovare il ruolo nel quale può dare il meglio di sé. Si scopre che il torneo sa coinvolgere ragazzi introversi e timidi che mai si impegnerebbero con altri in una discussione, sa incanalare entro certe regole la vivacità di studenti che spesso sono frustrati dal normale lavoro scolastico, sa far emergere doti nascoste.

“Quando all’inizio pensavo a questi dibattiti ero convinto che solo tre o quattro della nostra classe avrebbero parlato e che sarebbe stato un macello; invece quasi tutti si sono buttati. All’inizio ci si sente poco sicuri e si spera di non sbagliare, ma andando avanti si è sempre più determinati”.

“Il mio problema è sempre stato il pubblico. Proprio per questo alla prima gara mi sono bloccata e non è proprio andata bene. Però mi sono riproposta per un altro dibattito: l’argomento mi piaceva tanto e poi dovevo parlare di arte e quindi il discorso lo sentivo proprio mio. E infatti sono riuscita a parlare senza grandi interruzioni davanti alle classi e ai giudici. Inoltre, queste gare mi hanno fatto pensare che forse non sarebbe male iscriversi ad un corso di teatro”.

“Sebbene all’inizio fossi scettico nel cimentarmi in questa esperienza, alla fine ho compreso come il dibattito sia stato di grande importanza per la mia personalità. Sono passato dalla timidezza, dalla paura nel sostenere la mia tesi di fronte ai compagni per poi arrivare ad una sicurezza e tenacia che non avevo mai riscontrato in me”.

“L’esperienza mi ha fatto capire l’importanza di parlare davanti agli altri. Provando a dire il discorso che dovevo presentare sono arrivato fino al pianto perché capivo quanto il mio problema fosse così grande”.

Il torneo crea e rafforza lo spirito di gruppo, portando gli studenti a essere disponibili e capaci di lavorare insieme e produrre elaborazioni collettive, con la consapevolezza che non è sempre facile ma che la squadra risulta vincente solo grazie all’apporto di tutti. Su questo le valutazioni sono corali. [5]

“Abbiamo anche imparato a fare squadra collaborando insieme e aiutandoci a vicenda e siamo riusciti a cooperare molto bene tra di noi pur avendo in alcuni casi idee e opinioni divergenti”.

“Il fatto stesso di essere gara ci ha permesso di tirare fuori il nostro spirito competitivo e impegnarci al cento per cento”.

“Dal punto di vista della classe poche volte ci ho visti così affiatati come nei fatidici 30 minuti tra una fase e l’altra della gara. Ci è stata inoltre concessa la possibilità di confrontarci tra di noi, di accomunare, gestire e trasformare le nostre idee personali per arrivare ad una conclusione condivisa”.

“Il doversi relazionare con una tesi opposta stimola in noi studenti una vera e propria mentalità competitiva che ci ha portato a sentirsi partecipi della gara e quindi era pressoché impossibile non prendervi parte”.

”In conclusione “A suon di parole” è stato un confronto con altre classi e con altre scuole, con aggiunto un pizzico di sfida e di voglia di vincere. Abbiamo dovuto, se così si può dire, schierarci: tutti avevano qualcosa da fare, nessuno escluso. Ci sono stati momenti un po’ critici: eravamo indecisi, a volte non eravamo molto attivi e, cosa peggiore, arrivavamo ogni tanto a scontrarci anche tra di noi per difendere le nostre idee, cosa negativissima. Se però siamo arrivati fino alla semifinale significa che i momenti bui sono stati pochi: il gioco non può funzionare se gli alleati non collaborano e questa esperienza è servita a rendere la classe più unita”.

Una buona pratica da valorizzare

A suon di parole” ha raccolto un numero crescente di adesioni da parte delle scuole trentine, ma le classi che ripetono l’esperienza un secondo anno sono minoritarie. L’apparente contraddizione non deve far pensare che il Torneo sia accolto come attività molto interessante, che rimane però una parentesi all’interno del lavoro curricolare. È segno, piuttosto, del suo valore assolutamente formativo: sviluppa negli studenti competenze trasversali e stimola nei docenti pratiche didattiche che non hanno più bisogno di una gara di argomentazione per essere incentivate e messe alla prova in quella classe, ma che possono essere attivate nel normale lavoro scolastico. [6]

“Complessivamente il Torneo di dibattito è stato una bella e interessante esperienza che non si limita ad una semplice competizione, ma che ci servirà sicuramente durante la nostra vita”.

Inoltre, nelle classi quarte che diventano quinte, il lavoro scolastico si concentra sull’esame di stato; molti docenti e studenti testimoniano, peraltro, che l’esperienza del torneo rende gli studenti più sicuri e competenti nel colloquio d’esame.

Dibattere con spirito ludico-agonistico temi vicini alla loro esperienza personale, ma anche questioni impegnative di natura civile e sociale, fa divertire e appassionare gli studenti. L’entusiasmo non si affievolisce, anzi nel corso del Torneo cresce il desiderio di fare meglio, anche quando l’idea da difendere non è condivisa o sembra molto difficile. E la delusione dei perdenti va pure crescendo, nella misura in cui gli studenti diventano coscienti di saper usare, per far valere la propria voce, quello strumento che è la forza della discussione razionale e delle parole che persuadono e convincono.

Non poco, se pensiamo che questi ragazzi sono i cittadini di domani.


Note

[1] Si veda qui.

[2] Anna Bridi, Arianna Pati, Emanuele Avi, Federico Carlini, Federico Dal Rì, Giada Morat, Gianluca Fedel, Giovanni Moser, Leonardo Nerini, Lorenzo Rossi, Mattia Dorigatti, Niccolò Ioriatti, Pietro Nanfitò, Ruben Toniolli, Silvia Scoz, Stefano Boschetti, Stefano Raus e Valerio Luminati.
Le citazioni sono letterali, nella loro immediatezza e semplicità senza interventi correttivi.

[3] http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=1133.

[4] La scelta dei temi è un momento di grande impegno per i promotori dei dibattiti, ad ogni livello. Il gruppo di coordinamento di “A suon di parole” ha ipotizzato di ricorrere ad una sorta di “sondaggio” fra gli studenti per raccogliere indicazioni degli argomenti sui quali desidererebbero gareggiare.

[5] È significativo che, pur essendo richiesto un bilancio individuale, gli studenti si esprimano spessissimo con il ‘noi’, a indicare che il torneo è stata autentica occasione di cooperative learning.

[6] Ciò è confermato dalle risposte ai questionari semistrutturati somministrati a docenti e studenti al termine di ogni edizione del torneo (cfr. C. Tamanini, Il terzo torneo di “A suon di parole”: valutazione e peculiarità dell’esperienza trentina).


Le fotografie sono state scattate nel corso della semifinale del Torneo "A Suon di Parole", che ha visto coinvolte le classi II A Classico, Liceo "Maffei" di Riva del Garda vs IV B Grafica, Liceo Artistico "Depero" di Rovereto.
Tema da dibattere: "La diffusione delle nuove tecnologie favorisce / non favorisce la qualità dell'informazione".


Laura Simeon insegna Filosofia e Storia presso il Liceo Scientifico “Galileo Galilei” di Trento, dove è collaboratrice del Dirigente scolastico, occupandosi in particolare della progettazione di attività nell’ambito dell’educazione alla legalità. Ha curato il volume La scuola dei talenti. Affrontare le difficoltà di apprendimento nell’era globale, Franco Angeli, MI, 2002. Fa parte del Gruppo di coordinamento del Torneo argomentativo “A suon di parole”.

 

Editing a cura di Francesco Vettori, Comunicazione Indire

 
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