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ARCHIVI E BANCHE DATI

Una storia narrata in classe

Interdisciplinarietà e nuove forme didattiche

di Raffaella Calgaro
08 Luglio 2014

Mai come oggi, di fronte alle sfide inquietanti dell’attualità, alla straordinaria accelerazione nei processi di trasformazione del mondo, si avverte il bisogno di conoscere il passato.
Non si tratta di una conoscenza fine a se stessa, ma di un saper affrontare i vari fenomeni con consapevolezza e senso critico.
In quest’ottica, si inserisce la didattica della storia che dovrebbe rintracciare nel passato nessi significativi con la realtà odierna, in modo da creare una sorta di circolarità temporale tra ciò che è e ciò che è stato.
Nel nostro caso, costruire attivamente la conoscenza del passato, come chiave di lettura del presente, ha significato per i ragazzi una vera e propria opportunità di apprendimento della storia, narrandola, e di educazione del proprio sguardo storico.
Per sguardo storico intendiamo la capacità di leggere storicamente il territorio, inserendolo nella dimensione spaziale la più ampia possibile, acquisendo quella prospettiva che oggi viene chiamata World History, rivelatasi un'ottima strategia didattica.
Vediamo come.

L'argomento affrontato riguarda la profuganza.
Ogni mese dalle coste del Medio Oriente e dall'Africa, sono migliaia i profughi che giungono sulle coste italiane: si tratta di donne, bambini e uomini disperati che arrivano sui barconi affrontando onde e intemperie. Scacciati o fuggiti da altri Stati si dirigono verso la penisola; sono persone, definite dalla filosofa Hannan Arendt "la schiuma del mondo", avendo lasciato tutto, private di ogni forma di diritto.

Oggi, l'immaginario collettivo fa riferimento a questa tipologia di profuganza, ma un secolo fa i profughi eravamo noi.
Eravamo noi quelli che fuggivano dalla proprie terre, spesso parlando una lingua diversa dall'italiano, incomprensibile e sconosciuta ai più. Italiani che, recisi i legami con la loro vita precedente, ne cominciarono una nuova, con un grande punto di domanda sulla loro identità.
Presente e passato si aggrovigliano e la storia ci aiuta a dipanare diversi fili, uno dei quali ci conduce alla Grande Guerra, precisamente al 1916, anno in cui quasi 100.000 italiani fuggirono dai loro paesi e cercarono accoglienza in tutte le regioni d'Italia.

In questo contesto, si inserisce il progetto di storia laboratoriale, avviato durante l'anno scolastico 2013-2014 con la classe IV Logistica dell'Istituto Tecnico Tecnologico Chilesotti di Thiene, in provincia di Vicenza.
L'attenzione alla storia locale ha creato la base su cui costruire un nuovo scenario storico che non ha annullato le caratteristiche originarie ma, attraverso l'indagine di queste stesse, ha permesso la comprensione dei multiformi volti della realtà di quella comunità e delle identità individuali.
L'apprendimento storico si è così sviluppato utilizzando le fonti scritte ma anche e soprattutto recuperandone di altre tipologie come il paesaggio, la tradizione orale, la canzone, la cucina, le iconografie, per poi interrogarle in modo critico.
E' stato raccolto così tanto materiale che la Classe ha realizzato un vero e proprio libro di testo, Profughi. Storie vicentine della Grande Guerra, dove si narra la storia di un popolo invisibile, assente dalla storia dei manuali scolastici, costretto, suo malgrado, a percorrere tutte le tappe dolorose della profuganza.

Dopo il 15 maggio 1916, a seguito della Spedizione Punitiva, attuata dall’Austria nei confronti dell’Italia, dalle terre di confine dell’Altopiano di Asiago e dalla fascia pedemontana, zone martoriate dai bombardamenti, fuggirono migliaia di donne, vecchi, bambini. Il numero è ancora oggi sorprendente: quasi 100.000 persone.
La fuga avvenne in maniera improvvisa, senza preavviso, senza alcun tipo di organizzazione da parte dello Stato, almeno in un primo momento.
Ma perché il fenomeno della profuganza venne accantonato, dimenticato fin da subito?

L'esodo, evento non previsto in un conflitto immaginato in un modo, sviluppatosi in un altro, rappresenta una memoria “scomoda”, simbolo di una guerra per alcuni versi non vittoriosa, e non mitizzabile.
Non il soldato/eroe, il Piave, la trincea ma una guerra, vissuta da migliaia, non dentro ma al di là della trincea, che ha causato, tra le altre cose, la definitiva scomparsa di una civiltà: quella annodata alla storia di antiche popolazioni di origine germanica, tramandata da secoli e mai messa in discussione.
La civiltà dei Cimbri, popolo insediato durante l'Alto Medio Evo nella zona prealpina tra gli Altipiani veneti e trentini ed i monti Lessini.
In particolare, per l'Altopiano di Asiago, la posizione geo-fisica della zona favorì un processo conservativo della lingua, delle tradizioni, dell'architettura.
La lingua cimbra era essenzialmente orale; gli scritti appartenevano infatti ad una letteratura non "alta", perlopiù canti, preghiere, fiabe, proverbi. Nonostante i contatti continui con la pianura, la scolarizzazione e la leva obbligatoria avessero sbiadito nel corso degli anni l'idioma, alcune migliaia di persone nei primi anni del Novecento comunicavano ancora in cimbro. Poi la Spedizione Punitiva irruppe nella storia di queste genti e nulla tornò più come prima.

Inizia così l’esodo. Il lungo cammino dei profughi in fuga è narrato da una coralità di voci che raccontano la disperazione di queste genti. Tra queste, vi è anche quella di Emilio Lussu che nel romanzo "Un anno sull'Altopiano" non mancò di sottolineare “il convoglio del dolore” : i profughi ingombravano le strade con i loro carri che "lenti, sembravano un accompagnamento funebre”.
Fonti non ufficiali raccontano poi dell'accoglienza, non proprio benevola, di questi profughi in pianura: si era diffusa infatti l'idea che "gli orsi della montagna" fossero diversi e dunque pericolosi. In effetti, una forte estraneità, determinata anche dalla lingua parlata, marcava la diversità di due mondi costretti a coesistere. "Austriacante" era il termine con cui veniva etichettato il profugo, considerato spesso una spia del nemico, proprio per il suo "dialetto della montagna" incomprensibile, simile al tedesco. Nel frattempo i profughi aumentavano: dalle zone pedemontane vennero fatti sgomberare migliaia di civili e Vicenza si trovò ad allestire una vera e propria tendopoli nei pressi della stazione ferroviaria, centro di smistamento degli sfollati. Ma la sua capacità di ricezione era davvero limitata: la gravità della situazione richiedeva risposte concrete, immediate che la città non era in grado di dare. A ciò si aggiungano le malattie che, in breve tempo, si diffusero tra i profughi viste le condizioni igieniche assai precarie. E così tifo, meningite, TBC, spagnola incisero in modo consistente soprattutto per quanto riguarda la mortalità infantile. Spettava ai Prefetti gestire le modalità dello sgombero che si attivarono mediante ordinanze, ma la situazione era davvero grave, visto il numero consistente di profughi. L’intervento della Chiesa, attraverso le diocesi di Padova e di Vicenza, fu in questo contesto determinante.
I vescovi, e con essi i parroci, compresero sin dall’inizio la gravità della situazione ed agirono: capillare fu l’organizzazione dei loro centri di accoglienza. Papa Benedetto XV conosceva in maniera dettagliata la storia di queste genti: il carteggio tra vescovi e papa è piuttosto consistente ed interessante, visto che non era sottoposto a censura. A questo proposito sembra accreditata l’opinione che la celebre espressione “inutile strage, utilizzata dal papa nella Nota ai governi belligeranti del 1917, sia stata desunta proprio da una di queste lettere.
La storia prosegue con la voce degli ultimi sopravvissuti che, intervistati dagli studenti, hanno voluto raccontare la “loro” storia, quella non ufficiale, fatta di episodi apparentemente poco significativi, che hanno però illuminato gli allievi sul profondo senso di sradicamento e di disorientamento vissuto.

Rintracciare ed interrogare queste ”voci” è stata l’occasione per conoscere le radici culturali di un mondo scomparso ed ha permesso di comprendere il dolore appartenente alla storia di ogni tempo, ma anche la solidarietà, la diversità intesa come valore aggiunto in una società multiculturale. Lo studente è divenuto protagonista nello sperimentare la ricostruzione del passato, smontando il testo storico in cui si è cristallizzata la conoscenza “esperta” e ripercorrendo l’iter cognitivo dello storico, senza esserlo. In questo modo ha fatto propria l’essenza complessa dello sguardo storico, arricchendolo con quelle competenze linguistico-comunicative che il lavoro necessariamente richiedeva.

E' stato necessario mutare anche il ruolo di docente che, flessibile alle richieste, è divenuto quello del facilitatore, del mediatore tra sapere esperto e sapere in via di formazione. Fondamentale è stata la volontà di creare scopi comuni e condivisi (Cooperative Learning) per permettere a ciascuno studente di essere protagonista del proprio sapere.
Sulla stessa lunghezza d'onda è stato l'intervento della mia collega, prof. Lucia Carli, docente di Informatica, che ha seguito gli studenti nella creazione grafica del testo.
Il percorso di apprendimento è stato quindi multidisciplinare con il coinvolgimento, a fianco di materie umanistiche come Storia e Italiano, di materie tecniche come Informatica, Grafica e Logistica. Ciò risponde a buona parte dei criteri richiesti dalla Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 che ha individuato le competenze chiave per l'apprendimento permanente, necessarie ad ogni cittadino per riuscire ad inserirsi con successo all'interno dell'ambito sociale e lavorativo. Il saper affrontare situazioni appartenenti a diversi ambiti disciplinari, lontani nello spazio e nel tempo come in questo caso, attraverso diversi strumenti educativi, non può che promuovere la capacità di intraprendenza dello studente e in questo senso può contribuire alla formazione di nuove figure professionali probabilmente più duttili alle dinamiche del mercato del lavoro, con una visione a 360 gradi nell’affrontare i problemi, interagendo con essi. Ed in questo senso si inserisce anche l’attivazione da parte nostra del crowdfunding, una forma di finanziamento collettivo in rete, che ci ha sostenuto e ci ha permesso di pubblicare il libro ad un prezzo contenuto, dieci euro, senza nulla chiedere alla scuola. Ogni copia distribuita, è servita e servirà a comprare materiale didattico per la scuola.

Un'anteprima del testo è visibile qui (info all'indirizzo itis@chilesotti.it)

Aggiungiamo infine che in occasione del centenario della Grande Guerra, la Compagnia Lessico Armonico, con la regia di Elda Olivieri e in collaborazione con la prof.ssa Raffaella Calgaro, realizzerà uno spettacolo tratto dal  libro: Profughi. Storie vicentine della Grande Guerra.


Raffaella Calgaro è docente di Italiano e Storia presso l’Istituto Tecnico Tecnologico “G. Chilesotti” di Thiene (VI).

Attenta a garantire a tutti gli studenti la possibilità di apprendere qualcosa di importante non solo per la scuola, ma soprattutto per i concreti contesti sociali in cui essi vivono, ha condiviso innumerevoli esperienze professionali particolarmente significative come:

  • la collaborazione al progetto FSE " Competences in progress " (a.s.2010-2011) della Rete Veneta delle Competenze-Regione Veneto, in qualità di addetto alla progettazione per la definizione delle competenze, per la predisposizione e la stesura delle prove esperte , per la realizzazione delle griglie di valutazione e correzione ;
  • lo sviluppo, con il coinvolgimento di studenti di Informatica, di un progetto didattico di storia locale nell'ambito del concorso "Storia d'impresa " indetto da Confindustria Vicenza, che ha portato alla produzione di un DVD (2011-2012);
  • la realizzazione per il secondo anno consecutivo (2012-2013 e 2013-2014), con gruppi di studenti di Informatica, di un progetto di didattica museale della Storia per la costruzione del "Museo Virtuale della Scuola Italiana", richiesto dall'Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa (Indire) di Firenze;
  • la realizzazione del progetto "Le basi logistiche tra Veneto e Balcani nel presente e nel passato", basato su una ricerca documentaristica fatta da studenti di Logistica, e concluso con la produzione di un libro virtuale (2012);
  • la realizzazione del laboratorio didattico "Le vie di pellegrinaggio: la via Francigena e la via Diagonalis", basato su una ricerca documentaristica fatta da studenti di Logistica, e concluso con la produzione di una rivista multimediale (2013);
  • la pubblicazione del libroProfughi. Storie vicentine della Grande Guerra”, basato su una ricerca documentaristica fatta da studenti di Logistica e dedicato alla storia dell’esodo di circa 100.000 persone a seguito della Spedizione Punitiva, attuata nel 1916 dall’Austria nei confronti dell’Italia (2014);
  • la realizzazione, con il coinvolgimento di studenti di Informatica e di Elettronica, di un video sulla storia della Grande Guerra, comprensivo di canti cimbri rivisitati in chiave elettronica (2014).
  • la partecipazione alla trasmissione RAIGenerazione Digitale”, dedicato al tema delle nuove tecnologie nell’insegnamento della storia (marzo 2014).
 
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