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ARCHIVI E BANCHE DATI

Dalla scelta delle fonti all'attività laboratoriale

Intervista alla Prof.ssa Raffaella Calgaro, nuovi materiali didattici prodotti in classe

di Francesco Vettori
01 Luglio 2014

Oggi chi usa le nuove tecnologie, e nello specifico le banche dati ricche di documenti storici, fa innanzitutto i conti con una delocalizzazione e smaterializzazione delle fonti cui attinge.
Può raccontarci come avete proceduto per recuperare i documen
ti di interesse per la Vostra ricerca, quali avete trovato e che cosa emerge dal loro insieme?

Il lavoro di recupero di informazioni e fonti si è svolto su due binari: quello tradizionale di ricerca archivistica e quello più innovativo di ricerca digitalizzata.
Sicuramente, per i nativi digitali più stimolante, perché vicino al loro mondo, è stata la ricerca digitalizzata che, se da un lato presenta vantaggi notevoli, dall’altro pone anche dei problemi non irrilevanti. Senza dubbio la rete consente di accedere facilmente ad una tipologia di fonti molto più ricca e variegata rispetto ai tradizionali archivi o alle biblioteche: si tratta di documenti scritti, iconografici, cinematografici, musicografici ed altro ancora.
Tuttavia, nel corso dell’attività di didattica laboratoriale, alcuni documenti reperiti in questo modo apparivano non contestualizzati, dando per scontato un importante background di conoscenze che gli studenti non avevano. E' stato pertanto necessario porre l'attenzione sulla rivisitazione storica e ripercorrere tutte le tappe per potere decodificare e quindi interpretare le fonti e le informazioni in esse contenute. Una volta guidati, gli studenti hanno potuto fare affidamento sulla mediazione fra documentazione, strumenti ed utente, che ha loro veicolato informazioni preziose.

Il metodo tradizionale di ricerca, anche questo mediato dall’insegnante, ha permesso allo studente di agire all’interno di quelle procedure di selezione-scomposizione-critica-interpretazione-ricomposizione delle fonti. Questa procedura è stata utilizzata, ad esempio, quando abbiamo trovato in un sito web un giornalino per ragazzi dell’epoca, dove veniva esplicitato, attraverso immagini e racconti, quanto i giornali a tiratura nazionale cercavano di rendere noto il meno possibile: la figura del bambino-profugo ed il suo dolore.

Determinante è stato altresì l’apporto delle testimonianze dei sopravvissuti i quali hanno narrato agli studenti storie di grande umanità, appartenenti a gente semplice, lontana dalle gesta eroiche declamate dalla storiografia ufficiale. Questa tipologia di fonte si è rivelata strategica, in quanto ci ha permesso di ricostruire non solo gli eventi ma soprattutto il modo in cui quegli eventi sono diventati vita per i protagonisti.

A proposito delle comunità che si formano in rete, e delle inedite forme di identità che assumono i loro componenti, si è fatto anche ricorso al concetto di "nomadismo". Prendendo a riferimento la vicenda raccontata nel libro, può spiegarci che caratteristiche ha assunto invece la figura del profugo, che aspetti identitari perde e acquisisce, e perché?

Quando si parla di identità si parla di “forme di vita”. Cento anni fa le identità erano territoriali, ben localizzate e “solide”: esse distribuivano ruoli che si tramandavano di generazione in generazione. Erano ruoli indiscussi che marcavano l’identità di ogni persona e contribuivano al perpetuarsi della società. La profuganza, (ma in generale tutta la Grande Guerra) rappresentò una frattura rispetto a queste identità - forme di vita. Il profugo, allontanato forzatamente dalla terra d’origine, dal proprio contesto sociale, e catapultato nei nuovi centri di accoglienza, vide per la prima volta la propria identità messa in discussione e dunque in crisi. Privato di quella dimensione dignitosa di cui precedentemente godeva, in un mondo a lui estraneo, il profugo si trovò a dipendere dalla pubblica carità, persino nei bisogni primari.
La realtà era deludente, frustrante e molti sfollati non seppero reagire.
La follia fu la loro unica risposta al disorientamento profondo che vivevano. Altri, la maggior parte, cercarono di adattarsi al nuovo contesto imparando l’italiano o il dialetto veneto, mandando i propri figli a scuola e cercando un inserimento sociale, e una nuova identità, attraverso il lavoro.
Confrontare quelle del passato con le identità che si formano oggi nelle comunità di rete significa mettere a confronto mondi per certi versi incomunicabili, identità solide che tendono al granitico e liquide che tendono al gassoso. Più utile richiamare le identità dei profughi di oggi che portano con sé, oltre ai bagagli, anche le loro tradizioni, le loro forme di vita.

Nel testo, che è stato scritto dalla Vostra Classe, si fa riferimento ad alcune figure che, nel corso della guerra, assumono all'interno della comunità un ruolo sociale eccezionale: può parlarne?

La frattura, determinata dalla Spedizione Punitiva, investì anche la famiglia ed il mondo femminile fu proiettato in un processo di emancipazione senza precedenti. La donna divenne protagonista della storia, rispondendo con una forza incredibile ai mutamenti che la società andava registrando. Prima della Grande Guerra i nuclei familiari, per lo più di origine contadina, mantenevano solidi legami con le consuetudini e le tradizioni del passato: gli uomini lavoravano fuori dalle mura domestiche, le donne rimanevano dentro. Il mondo femminile era chiuso, tagliato fuori da ogni significativa esperienza sociale. Poi, con la guerra, la struttura familiare venne scossa dalle fondamenta: le comunità si dispersero e le famiglie si smembrarono. E l’esodo completò il processo di disgregazione.
L’uomo, il grande assente
, era al fronte o emigrato all’estero e la donna, divenuta capofamiglia, fu costretta ad esercitare un potere decisionale senza precedenti. Fu lei a decidere dove spostarsi con i vecchi e i bambini, in quale città andare e in quale regione d’Italia. E fu sempre lei ad organizzare e ad affrontare le traversie del viaggio con il suo nucleo familiare, all’epoca piuttosto numeroso. Per la prima volta usciva dal proprio microcosmo e camminava, comunicava, viaggiava in treni che la portavano in luoghi impensabili.
Giunte nei paesi di accoglienza, molte donne impararono l'italiano dato che numerose erano quelle che comunicavano solo in cimbro; cominciarono a chiedere sussidi e aiuti per la sopravvivenza della famiglia, iniziarono a cercare un impiego. Ma non era semplice neanche questo: la donna affacciata per la prima volta al mondo del lavoro, non aveva potere contrattuale, anche se si adattò ai mestieri più modesti, a volte faticosi, come scavare con piccone e badile trincee profonde oltre due metri.
Questa sorta di emancipazione forzata non fu indolore: l’esodo aveva mutato le persone disgregando i rapporti familiari. E la donna, per le scelte fatte nella nuova realtà in cui si trovava a vivere, venne a volte considerata “di facile morale”.
La famiglia tradizionale viveva una profonda crisi. Al rientro toccò sempre alla donna riallacciare legami affettivi, ricomporre realtà familiari divise e non sempre tutto poté tornare come prima.

Quali sono gli aspetti didattici, traducibili anche in altri contesti scolastici, da sottolineare dell'esperienza che Vi ha portato a scrivere: "Profughi. Storie vicentine della Prima Guerra Mondiale"?

Sicuramente all’interno delle strategie adottate in questa tipologia di didattica laboratoriale, un ruolo importante è stato quello rappresentato dal Cooperative Learning.
Questo metodo di insegnamento/apprendimento ha mostrato agli studenti come lavorare in team per dare forma al progetto/libro. Nella fase di realizzazione, la competizione si è spostata dagli individui ai gruppi che si sono formati e che presentavano parecchi elementi eterogenei al loro interno.
In ogni gruppo, i ruoli e i compiti sono stati discussi, negoziati, condivisi ; una volta pianificato il progetto, gli studenti si sono attivamente impegnati per costruire il proprio sapere, consapevoli che i risultati da conseguire dipendevano dal singolo, responsabile per sé e per gli altri membri. Ciò ha permesso di creare tra loro una sorta di interdipendenza positiva, perché ha favorito, attraverso la condivisione, la soluzione dei problemi più o meno complessi come il reperimento delle fonti, la loro scelta, la decodificazione delle stesse, la loro interpretazione ed altro ancora. Nello sviluppo di queste attività, la strategia adottata è divenuta un vero e proprio strumento di integrazione tra studenti con conoscenze, competenze e capacità differenti, sia da un punto di vista cognitivo che relazionale. Lo studente ha potuto così imparare ad imparare attraverso la gestione delle informazioni e delle relazioni interpersonali.



Raffaella Calgaro è docente di Italiano e Storia presso l’Istituto Tecnico Tecnologico "G. Chilesotti" di Thiene (VI).

Attenta a garantire a tutti gli studenti la possibilità di apprendere qualcosa di importante non solo per la scuola, ma soprattutto per i concreti contesti sociali in cui essi vivono, ha condiviso innumerevoli esperienze professionali particolarmente significative come:

  • la collaborazione al progetto FSE "Competences in progress" (a.s.2010-2011) della Rete Veneta delle Competenze-Regione Veneto, in qualità di addetto alla progettazione per la definizione delle competenze, per la predisposizione e la stesura delle prove esperte , per la realizzazione delle griglie di valutazione e correzione ;
  • lo sviluppo, con il coinvolgimento di studenti di Informatica, di un progetto didattico di storia locale nell'ambito del concorso "Storia d'impresa " indetto da Confindustria Vicenza, che ha portato alla produzione di un DVD (2011-2012);
  • la realizzazione per il secondo anno consecutivo (2012-2013 e 2013-2014), con gruppi di studenti di Informatica, di un progetto di didattica museale della Storia per la costruzione del "Museo Virtuale della Scuola Italiana", richiesto dall'Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa (Indire) di Firenze;
  • la realizzazione del progetto "Le basi logistiche tra Veneto e Balcani nel presente e nel passato", basato su una ricerca documentaristica fatta da studenti di Logistica, e concluso con la produzione di un libro virtuale (2012);
  • la realizzazione del laboratorio didattico "Le vie di pellegrinaggio: la via Francigena e la via Diagonalis", basato su una ricerca documentaristica fatta da studenti di Logistica, e concluso con la produzione di una rivista multimediale (2013);
  • la pubblicazione del libro "Profughi. Storie vicentine della Grande Guerra", basato su una ricerca documentaristica fatta da studenti di Logistica e dedicato alla storia dell’esodo di circa 100.000 persone a seguito della Spedizione Punitiva, attuata nel 1916 dall’Austria nei confronti dell’Italia (2014);
  • la realizzazione, con il coinvolgimento di studenti di Informatica e di Elettronica, di un video sulla storia della Grande Guerra, comprensivo di canti cimbri rivisitati in chiave elettronica (2014).
  • la partecipazione alla trasmissione RAI "Generazione Digitale", dedicato al tema delle nuove tecnologie nell’insegnamento della storia (marzo 2014).
 
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