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INIZIATIVE PER LA SCUOLA

Il dibattito filosofico a scuola

L’esperienza di un insegnante del progetto “Palestra di Botta e Risposta”

di Luca Bianchi
01 Settembre 2014

Insegnare filosofia?

Ho 48 anni, mi chiamo Luca Bianchi, e insegno da diverso tempo Filosofia e Scienze Umane al Liceo “Maria Ausiliatrice” di Padova. Dal 2008 il mio preside mi ha affidato il coordinamento e il tutoring della partecipazione al torneo di dispute filosofiche “Palestra di Botta e Risposta” promosso dall’Università di Padova. Fin qui tutto bene se non fosse che fin dagli anni del mio Liceo, spesso, mi sono domandato cosa significasse per me imparare e poi, ora, che sono passato dall’altra parte della barricata, insegnareFilosofia”.
Si diceva un tempo, in cui la matrice neo idealista della riforma scolastica d’impronta gentiliana era evidente e preponderante, che la filosofia fosse la disciplina delle discipline, che rappresentasse il culmine, la vetta, della formazione culturale di ogni studente, di ogni uomo di scienza che aspirasse alla piena coscienza e padronanza del sapere. Poi, come direbbe Umberto Galimberti, la “techne” ha iniziato lentamente ma inesorabilmente ad insidiare il primato della “psiche”, fino a decretare lo scontro epistemico tra le scienze formali e sperimentali da una parte e quelle umane dall’altra. Formazione umanistica o scientifica? O, meglio: formare tecnici pronti per il mercato del lavoro tout cour oppure continuare a declinare il paradigma, stanco e logoro, del primato di un’istruzione classica e teorica?
Sto già dibattendo!
In realtà, questa contrapposizione è ormai superata in nome di una ricerca tutta nuova, di un sapere più integro e integrale che vorrebbe andare oltre inutili e pericolose divisioni sulla natura del sapere e sulla struttura della scuola.
Resta però la domanda chiave: cosa insegnare quando si parla di “filosofia”?

Imparare a pensare e imparare ad essere uomini e donne civili e consapevoli

I programmi di filosofia per i licei risalenti al 1944, e rimasti in vigore fino al 2010 (fedeli tutto sommato alla riforma De Vecchi, in pieno regime, degli anni ’30), riprendono fondamentalmente l’impianto dello sviluppo storico della disciplina suddividendola, secondo i criteri voluti da Giovanni Gentile, in tre grandi periodi: antica e medievale, moderna, contemporanea, in perfetta corrispondenza con il triennio dei licei italiani. Lo studio della disciplina aveva (ed ha ancora oggi) come struttura portante il sovrapporsi cronologico degli autori più significativi di ogni periodo attraverso un approccio manualistico e antologico che vedeva, e vede ancora, il libro di testo come più importante strumento di analisi e approfondimento.
Di fronte a tale prospettiva mi sono sempre domandato, sia da studente che da insegnante, quale senso avesse una materia che, a mio avviso, in siffatta maniera, nella peggiore delle ipotesi, assomigliava ad una visita al Museo delle Cere dei personaggi illustri e, nella migliore, alla collezione, più o meno completa, un po’ come le figurine dei calciatori, dei pensieri e delle teorie di grandi filosofi del passato, o del presente.
Ricordo ancora la mia indignazione, associata alla frustrazione (perché la forma della mia memoria non mi ha mai aiutato in questo), quando i miei compagni di tanti anni fa riducevano lo studio alla memorizzazione dei “paroloni” dei manuali, ripetuti a pappagallo senza che le loro anime venissero minimamente intaccate dal dubbio, dalla riflessione, dal ragionamento, da un coinvolgimento emotivo o dal desiderio di un chiarimento o di un approfondimento.
Ed è la stessa sensazione che provo oggi, quando uno dei miei studenti, nell’intento di compiacermi o di spuntare un buon voto, fa la stessa cosa, ripetendomi a memoria la lezioncina sulla metafisica platonica o sulla dialettica hegeliana. E qualche volta ci casco pure!
Non stupisce allora, in questa prospettiva, quel detto ripetutomi tante volte dai miei formatori ai tempi dell’università secondo il quale “la filosofia è quella cosa con la quale, o senza la quale, tutto resta tale e quale”.
Per evitare una soluzione gordiana che porterebbe all’abolizione della disciplina per sostituirla con qualcosa di più “pratico e utile” urge rispondere, allora, alla domanda esiziale che ho formulato nel paragrafo precedente.
Pur convinto di non poter fare a meno della “Storia della Filosofia”, svolta attraverso l’analisi per autori, sono ormai convinto che non sia sufficiente. Occorre mettere in luce che i pensieri e il pensare non sono separabili, per questo filosofare non significa collezionare convinzioni altrui ma, piuttosto, mettere a tema il noto, l’esperienza ordinaria che, in quanto tale, è sconosciuta. Significa problematizzare le questioni di fondo dell’essere e dell’esistere che, pur trovandosi nel territorio dell’opinabile e non in quello del dimostrabile, non vuol dire che siano meno reali e concrete della fisica quantistica, della chimica organica o dell’informatica.
Per questo le indicazioni ministeriali del 2010 a proposito della filosofia nei licei affermano che “la conoscenza degli autori e dei problemi filosofici fondamentali dovrà aiutare lo studente a sviluppare la riflessione personale, lattitudine allapprofondimento e la capacità di giudizio critico; particolare cura dovrà essere dedicata alla discussione razionale, alla capacità di argomentare una tesi, riconoscendo la diversità dei metodi con cui la ragione giunge a conoscere il reale, e allimportanza del dialogo interpersonale”.
Sviluppare il senso critico, imparare apensare e fare in modo che tutto questo formi uomini liberi, consapevoli, partecipi e democratici. A questo punto si presenta un’altra domanda fondamentale: come realizzare questo programma?

Ragionare, argomentare, dibattere.

Le scienze formali dimostrano, le scienze naturali sperimentano, le scienze umane, filosofia prima di tutte, argomentano.
La dialettica come strumento d’indagine nasce con Socrate e con i Sofisti, ma è con Platone e Aristotele che assume il carattere di asse portante per indagare i principi ultimi della scienza, di tutto ciò che riteniamo essere alla base e il presupposto di quello che viviamo e pensiamo, ciò che sta alle fondamenta di ogni azione e comprensione di essa, ciò che costituisce il punto d’appoggio di ogni conoscenza e di riflessione epistemologica.
Il ragionamento argomentativo non si muove nel campo delle certezze, proprio delle scienze formali come la matematica, ma in quello delle probabilità, concesse dai limiti della razionalità umana e dalla delimitazione del raggio d’azione, stabilito dai protagonisti del processo dialettico. Costruire ragionamenti rispettando le regole della logica e dell’euristica, in un clima di collaborazione e confronto con altri, rappresenta un modo nuovo, anzi antichissimo, per fare in modo che gli studenti colgano in pienezza il senso dello studiare filosofia.
Scrive il prof. Adelino Cattani, ideatore e promotore dell’iniziativa “Palestra di botta e risposta”: “La rinnovata attenzione per la dialettica ci ha regalato una consapevolezza: dobbiamo cercare la verità sapendo di non possederla. Argomentare è il solo modo per inoltrarsi in questo regno del più e meno, è il solo modo per cercare una piattaforma comune, una qualche verità, una ragionevole condivisione. Argomentare equivale ad educarci a questa ricerca, mai definitiva, mai perentoria, sempre pregiudicata. Ma è il modo più civile con cui, senza violenza, possiamo razionalmente convivere”.

Sono cosciente che la didattica del dibattito non sia l’unico modo per reinterpretare le istanze di rinnovamento dell’insegnamento della Filosofia che ho descritto sopra ma, sicuramente, nella mia esperienza di insegnante, ha rappresentato una sorgente portatrice di stimoli, ricchezze e sorprese.
Certamente qualcuno potrebbe obiettare: perché non accontentarsi dell’argomentare?
Perché non ritenersi soddisfatti nell’insegnare ad un ragazzo il procedere logico-razionale del pensiero? Perché inoltrarsi nelle dinamiche conflittuali del dibattito?
Ma proprio perché le verità opinabili di cui si occupa la filosofia, pur fondamentali e fondanti, hanno bisogno del confronto e anche dello scontro, della cooperazione e della competizione, della validità argomentativa e della forza persuasiva.
È ciò che gli studenti hanno sperimentato in questi anni di partecipazione al torneo di disputa, ciò che ha consentito a molti di loro di motivare con più forza il loro studio, di sbloccare situazioni di rigidità logica ed espressiva, di rimuovere ostacoli emotivi e sanare carenze nella formazione di base.
In poche parole ho visto molti dei miei ragazzi diventare competenti, capaci di ideare, sostenere e condurre una strategia retorico-argomentativainmerito ad un problema, lavorare in squadra costruendo insieme la struttura del dibattito, padroneggiare il linguaggio verbale e non verbale, nella sua ricchezza e nei suoi utilizzi, saper utilizzare i processi logici che congiungono parole e concetti, affrontare e sostenere una controversia rispondendo a domande, obiezioni e repliche, saper riconoscere e gestire le proprie emozioni durante un confronto con compagni ed estranei, sapersi misurare con persone terze che misurano e valutano il nostro operato, difendere le proprie ragioni e rispettare le ragioni altrui, ascoltare, comprendere e rispettare coloro che non la pensano come noi, vivere e operare in un contesto democratico rispettando le leggi e adoperandosi per migliorarle, orientarsi nella complessità della cultura umana, dell’essere e dell’esistere.

Un progetto didattico interdisciplinare

L’esperienza della partecipazione alla “Palestra di Botta e Risposta” non ha significato solamente la possibilità per gli studenti di sperimentare un percorso efficace di crescita ma ha rappresentato per me un modo molto più stimolante di vivere la mia professionalità di docente.
Prima di tutto per la collaborazione con la collega di lettere Laura Zanderin e con il collega di filosofia Michele Visentin, insieme a loro e a 16 alunni di terza e di quarta, abbiamo potuto mettere in atto una vera esperienza di cooperative learning: tutto il gruppo si riunisce in un’aula appositamente modificata in cui si può sedere intorno ad un tavolo senza che alcuno, nemmeno gli insegnanti, occupi posti esplicitamente riconoscibili e identificabili con un ruolo di leadership, viene analizzato il topico cercando di comprendere inizialmente tutte le parole, il senso della questione, le sue implicazioni, le sue sfumature i contesti in cui la tematica è inserita.

Ognuno verifica le proprie conoscenze sul tema e prova a fare chiarezza, vengono messe a confronto le posizioni diverse che emergono dalla condivisione. Si cerca di schematizzare il topico, di riconoscerne le componenti e si inizia a cercare una possibile strategia argomentativa da perseguire. In questo senso si avvia un lavoro di ricerca, in ogni direzione possibile, che possa fornire informazioni, testimonianze, riflessioni, che confermino o smentiscano la linea tracciata.
La fase euristica e di confronto si protrae per diversi incontri fino a quando non si arriva allasufficiente convinzione di aver intrapreso la strada più giusta ed efficace in merito alla linea da tenere durante il dibattito cercando anche di prevedere le mosse e i possibili argomenti a favore degli avversari. All’interno del gruppo il livello di interdipendenza è molto alto, la leadership è condivisa, tutti sono responsabili di tutti, si insegnano e si apprendono le abilità sociali e si enfatizzano compiti e qualità dei rapporti, gli insegnanti osservano e intervengono, il gruppo controlla le interazioni e l’efficacia mentre si lavora, c’è molta attenzione alla valutazione del lavoro del gruppo sia individuale che di squadra. Il successo nella disputa è molto legato al lavoro di tutti e vi è una forte interdipendenza positiva in merito agli obiettivi comuni da raggiungere, alla divisione del lavoro, alla condivisione di materiali, risorse e informazioni, nell’assegnazione dei ruoli e nella condivisione dei “premi”.
Al termine di questa fase sono evidenti il miglioramento delle relazioni reciproche, della conoscenza delle qualità proprie e degli altri, aumentano la stima, la collaborazione e l’aiuto reciproci, crescono molto la motivazione e lo stimolo ad approfondire la ricerca e lo studio.

In sintesi

Il progetto della “Palestra di Botta e Risposta” consente di affrontare la didattica in un modo nuovo, motivante ed efficace poiché, per quello che riguarda la filosofia, consente di uscire dalla strettoia angusta e soffocante del legame con la storia, consente di ampliare gli orizzonti e di iniziare a cogliere la crescita del pensiero come sviluppo di concetti e non come mera sequenza temporale di autori isolati come monadi leibniziane: ogni topico infatti costringe ad analizzare lo stato della questione nella sua complessità, nella sua articolazione e secondo tutti (o quasi) i punti di osservazione possibili.
Inoltre la disputa, con il suo aspetto ludico e competitivo, ha stimolato decine di studenti a conoscere, praticare e affinare le capacità argomentative e logiche per produrre ragionamenti fondati e fondanti e uscire così da quella sciatteria, improvvisazione eapprossimazione che tanto caratterizzano lo studio, a scuola, e la capacità di difendere le proprie ragioni nella vita di tutti i giorni. Va sottolineato come ogni argomentazione, prima di essere declamata, è stata pensata, costruita e redatta su carta, dando modo agli studenti di esercitarsi nella pratica della scrittura di un testo filosofico dalle caratteristiche di un vero e proprio piccolosaggio.
Infine l’esercitarsi nel dire, nel parlare, nell’esprimersi e nel comunicare, nel cercare le parole giuste, più adatte, più efficaci in un determinato contesto, l’imparare a modulare la voce e a gestire il proprio corpo, i gesti, le emozioni, lo sguardo, hanno aiutato bravi alunni, estroversi e motivati, a migliorare la gestione della propria sfera relazionale e comunicativa ma ancor di più hanno condotto ragazzi e ragazze timidi e impacciati, impauriti di fronte alla prospettiva di affrontare un uditorio attento e critico, a crescere nell’autostima e nella capacità di affrontare se stessi e gli altri, la vita.


Luca Bianchi vive e lavora a Padova dove è docente di Filosofia e Scienze Umane presso il Liceo “Maria Ausiliatrice”, responsabile del progetto “Palestra di Botta e Risposta” all’interno dell’istituto, è inoltre animatore di laboratori pomeridiani di filosofia applicata nella stessa scuola. Ha dedicato il suo elaborato di abilitazione all’insegnamento all’esperienza didattica dell’argomentazione e del dibattito.

Bibliografia essenziale

L. Illetterati (a cura di), Insegnare filosofia. Modelli di pensiero e pratiche didattiche, Utet, Novara, 2007.
A. Gaiani, Insegnare concetti, la filosofia nella scuola di oggi, Carocci editore, Roma, 2012. A.Cattani, Botta e risposta. L’arte della replica, Il Mulino, Bologna, 2001.
A. Cattani, P.Cantù, I.Testa, P.Vidali (a cura di), La svolta argomentativa. 50 anni dopo Perelman e Toulmin, Loffredo Editore, Casoria (NA), 2009.

Sitografia

www.argomentare.it

http://www.educazione.unipd.it/bottaerisposta/

 
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