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Edgar Morin, Società-mondo contro terrore-mondo

A due mesi dalla strage delle torri gemelle, la proposta di una speranza nell'improbabile

di Patrizia Lotti
03 Ottobre 2003

Da "Société-monde contre terreur-monde", articolo di Edgar Morin pubblicato su Le Monde il 22 Novembre 2002, poi tradotto e adattato da Emanuela Martini per Ernesto Balducci: attualità di una lezione, numero speciale di Testimonianze, gennaio-aprile 2002, riportiamo i passaggi conclusivi:

Mondializzazione: emergenza della società-mondo ancora in stato embrionale
Nel corso dell'ultimo decennio è emersa, per metà, una società-mondo; ha già ramificato la sua struttura di comunicazione ovunque (aerei, telefono, fax, Internet), ha un'economia mondializzata, ma là dove mancano i controlli di una società organizzata, ha la sua criminalità (mafia, in particolare modo della droga e della prostituzione), ha ormai il suo terrorismo.
Non dispone di un'organizzazione, di diritti, d'istanza di potere e di controllo per l'economia, la politica, la polizia, la biosfera. Non c'è ancora la coscienza comune di una cittadinanza mondiale.
La mondializzazione del terrorismo costituisce uno stadio di realizzazione della società - mondo, al-Qa'ida, non avendo né centro statale né territorio nazionale, ignora le frontiere, trasgredisce gli Stati, e si ramifica nel mondo; la sua potenza finanziaria e la sua forza armata sono sovranazionali. Dispone, meglio di uno Stato, di un Centro segreto mobile e nomade. La sua organizzazione utilizza tutte le reti della società-mondo già presenti. La sua mondializzazione è perfetta. La sua guerra religiosa è una guerra civile all'interno della società-mondo.
Questa macchina di terrore senza frontiere, ramificata in tutto il mondo, nutrita d'immense frustrazioni e disperazioni, animata da una Fede allucinata, ha subito rivelato un potere devastatore in cui la violenza omicida di una barbarie fanatica ha potuto utilizzare i posti avanzati più raffinati della barbarie tecnica. La lotta contro al-Qa'ida non dipende da una guerra (sempre tra nazioni) ma da una polizia e da una politica. Bombardando l'Afghanistan trasformiamo una metafora di guerra in una realtà di guerra (Max Pagès), e creiamo le vittime di una guerra, questo a scapito di un'azione adattata alla lotta contro un nemico ramificato a livello mondiale che necessita di un'azione planetaria comune altrimenti più complessa. (torna su)

 

Il peggioramento
Abbandonata a sé stessa, la dinamica emersa l'11 settembre aggrava e moltiplica i rischi. Il rischio economico: l'interdipendenza propria dei mercati globalizzati determina una fragilità, aggravata dall'assenza di un vero sistema di regolazione; una crisi generalizzata, divenuta inevitabile, sarà il brodo di cultura delle nuove dittature, perfino di totalitarismi, come lo fu la crisi del 1929. Più ampiamente, l'interdipendenza di tutto ciò che costituisce l'essere planetario renderà più fragile il destino stesso del pianeta.
Il rischio isterico: la minaccia permanente e multiforme sugli USA, l'esplosione dell'antiamericanismo non può che favorire le esagerazioni isteriche che inaspriscono i manicheismi e le demonizzazioni reciproche.
Il cancro israeliano-palestinese si aggrava, le sue metastasi saranno inguaribili se non si giungerà ad una soluzione rapida al conflitto. L'ondata anti-israeliana arrivata all'antisemitismo e all'antiamericanismo, resuscita le visioni medievali europee degli ebrei che bevono il sangue di bambini, inquinando lo spirito e il corpo (e diffondendo l'AIDS), con l'intenzione di dominare il mondo.
Il comportamento di Sharon non è solamente malvagio, ma condurrà Israele al suicidio, anche se questo suicidio sarà accompagnato dai fuochi d'artificio di 200 testate nucleari israeliane che distruggeranno gran parte del mondo arabo. L'incapacità degli USA, delle nazioni europee, delle nazioni unite per cercare di imporre un intervento militare internazionale tra i combattenti, separando i due territori secondo le frontiere del 1967, condurrà a una catastrofe storica di ampiezza inaudita. Sotto l'effetto dell'onda di shock causata da Bin Laden, si può considerare la disgregazione a catena dei regimi islamici esistenti, a favore non della democrazia, ma del fanatismo religioso.
Infine il rischio nucleare, batteriologico e chimico, che aleggia sul pianeta, è divenuto visibile, pressante, urgente.
Il ventesimo secolo ha visto stringere un'alleanza tra due barbarie: una data dalla distruzione e dai massacri venuti dalle epoche storiche, l'altra interna alla nostra civiltà, venuta da un regno anonimo e circondata dalla tecnologia, da un pensiero che ignora tutto ciò che non ha niente a che vedere con il calcolo e il profitto. Il "Bin ladenismo" rappresenta una nuova alleanza tra queste due barbarie.
Così detto, non possiamo ignorare che ci sia una barbarie all'interno della nostra civilizzazione che produce forze di disgregazione e di morte, e che al nostro ipersviluppo scientifico e tecnico corrisponde un sottosviluppo mentale e morale. Tuttavia, questa civilizzazione dispone ancora di due virtù insostituibili: la laicità e la democrazia, anche se quest'ultima si è ormai atrofizzata. (torna su)

 

Nel rischio, la possibilità
Gli Stati Uniti, e più ampiamente, l'Occidente, oscillano tra due vie, quella della pazzia, che porta alla catastrofe, e quella della saggezza, difficile e aleatoria.
La via della pazzia è quella delle crociate, della demonizzazione, del manicheismo cieco (poiché c'è del male dentro il bene, ma anche del bene dentro il male) e, sviluppando l'isteria della guerra, è la via del massacro di massa da parte di altri.
D'altro canto, la coscienza del pericolo potrebbe rappresentare un colpo di frusta per intraprendere la via della saggezza.
La via della saggezza comporta la presa di coscienza capitale dell'intersolidarietà umana e del comune destino del pianeta. Più che il motto "siamo tutti americani", sarebbe più corretto dire che siamo tutti figli e cittadini della Terra e, al tempo stesso, dagli Stati Uniti si dovrebbe sentir dire: "Siamo solo americani".
Essa comporta la coscienza che non solo, come ricorda Paul Valéry dopo la prima guerra mondiale, le civilizzazioni sono mortali, ma anche che l'umanità dell'intero pianeta lo è. Essa comporta la coscienza che oggi l'unica alternativa alla democrazia è rappresentata dall'odio.
Essa comporta il riconoscimento di questo principio etico minimo: non ci sarà mai un mondo nobile finché ci saranno mezzi ignobili.
Essa comporta la coscienza che la creazione di una società-mondo è divenuta vitale: solo una società-mondo può rispondere ad un terrore-mondo. Da qui la necessità di superare l'ideologia economista che dà al mercato mondiale la missione di regolare la società-mondo, in modo che sia la società-mondo che deve regolare il mercato mondiale.
Il nuovo tipo di guerra necessita di un nuovo tipo di pace. Comporta la necessità di dichiarare pace all'lslam dichiarando guerra al terrorismo, in modo tale da separare radicalmente i fanatici allucinati dall'insieme dell'lslamismo. È necessario stabilire al più presto una pace equa nel Medio Oriente.
Una politica confederale mondiale si deve sostituire alla politica imperiale. Oltre alla Cina, all'India, all'Europa, all'America Latina, è necessario costituire grandi unioni confederali che diventeranno le grandi province del pianeta, creando un califfato in chiave moderna.
Una politica di civilizzazione è l'unica risposta alla guerra di civilizzazione. Concretamente: un Piano Marshall per le zone più indigenti della società-mondo; una mobilitazione di massa della gioventù dei paesi ricchi affinché venga in aiuto ai paesi diseredati; un'agenzia mondiale di medicinali e cure mediche per le popolazioni che non possono farsi carico di queste spese.
Infine il nuovo tipo di guerra necessita di un centro mondiale di lotta antiterroristica adeguatamente ramificato.
La politica americana ha cominciato a zig-zagare tra pazzia e saggezza, tra guerra imperiale e guerra confederale, tra regressione di coscienza e presa di coscienza. Dopo questo zig-zag tra le due vie, l'intervento massiccio e continuo in Afghanistan si sta rivelando poco applicabile, la seconda invece rimane possibile. Per concludere, il momento di rispondere alla sfida della complessità planetaria è giunto: si devono riconoscere le ambivalenze e le contraddizioni presenti in tutti i campi e in tutti gli schieramenti politici, si devono riconoscere le relazioni e le retroazioni tra tutte le parti.
Siamo costretti a condurre una grande lotta spirituale in ognuno di noi. Lo spirito umano porta con sé il peggio del male, quello dell'incomprensione, della cecità, dell'illusione, della pazzia. Ma reca con sé anche le possibilità della razionalità, della lucidità, della comprensione e della compassione.
Nell'attuale stato barbaro in cui si trova oggi il mondo, non sarà certo la soluzione attualmente intrapresa ad essere quella giusta.
Si deve contemporaneamente evitare il peggio e percorrere la giusta direzione verso la società-mondo e la terra-patria.
Forse sarà necessario andare ancora di più verso il baratro per avere un vero sussulto positivo, affinchè la società-mondo si attualizzi in società di nazioni e di culture unite contro la morte. A condizione di non affondare nella catastrofe come ultima chance. (torna su)

Articolo a cura di Patrizia Lotti - Indire (p.lotti@indire.it)

 
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