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PORTFOLIO

Portfolio: intervista a Elena Esposito

Famiglie e docenti per preparare insieme la "valigia" del bambino

di Lorenzo Calistri
01 Dicembre 2003

Immagine tratta dall'archivio DIA Elena Esposito
Insegnante e collaboratrice per l'Emilia Romagna
del Coordinamento Nazioanle in difesa del Tempo Pieno
e Prolungato 

62elena@tiscali.it
Coordinamento Nazionale in difesa del Tempo Pieno e Prolungato

"Sono mamma di quattro figli. Vivo da 13 anni l’esperienza della scuola come genitore. Ma vivo, anche, da più di 20 anni, l’esperienza della scuola come insegnante. Ciò che penso e conosco della scuola risulta dall’intreccio di queste due realtà".

A cosa serve il portfolio delle competenze?

Sono stati pubblicati dal ministero moltissimi documenti, nei quali viene citato, con più o meno chiarificazioni, il portfolio. Vi si legge che serve per la valutazione, l’orientamento, il coinvolgimento della famiglia, il supporto alla continuità negli anni di passaggio da un ciclo all’altro. Ciascuna di queste funzioni, però, verrà concretizzata in modi diversi, e di conseguenza il porfolio può condurre ad esiti diversi. Io penso che nell’intenzione del ministro debba servire per “ dare subito e con chiarezza a ciascun bambino quello che si merita”. Spiego quello che intendo con questa affermazione nelle considerazioni che seguono.

Secondo Lei le famiglie hanno chiaro cosa sia?

Le famiglie non hanno nessuna idea di che cosa sia il portfolio, perché le informazioni su questo, come su tutti gli altri aspetti della riforma, non arrivano alle famiglie se non in forma molto generale, spesso “romanzata”. Le famiglie al momento ricevono messaggi unicamente finalizzati a costruire il consenso sugli aspetti della riforma, non certo finalizzati a informare in modo chiaro e preciso.
Neppure gli insegnanti hanno chiarezza sulla struttura e le funzioni del portfolio, perchè i documenti nei quali se ne parla, ne contengono brevissimi accenni, o lo descrivono in modo molto sintetico.
Inoltre tali documenti non sono mai stati dichiarati ufficialmente validi. Si chiamano “Indicazioni nazionali per i Piani di Studio Personalizzati nella Scuola Primaria", “Raccomandazioni per l'attuazione delle indicazioni...”, “Linee guida…”, tutti nomi che  evidenziano la possibilità o meno di applicarli e di tenerne conto. Sarà quello scritto lì, il portfolio che poi la scuola sarà tenuta a costruire ?
L’unico documento ufficiale in cui se ne trova un cenno, comunque non esplicito, è il decreto approvato in settembre, per la scuola dell’infanzia e primaria, dove si parla di “…documentazione relativa al processo educativo…”

 
Di fatto ancora non esiste, come se lo immagina e come dovrebbe esser fatto secondo Lei?

Innanzitutto la scelta di un termine decisamente aziendalistico non può essere certamente casuale: mi fa immaginare la scuola trasformata in un luogo di precoce addestramento alle logiche del mercato.
Inoltre sui documenti ministeriali che ho indicato, lo strumento del portfolio è sempre legato alle funzioni di VALUTAZIONE ed ORIENTAMENTO: questo collegamento rischia di rendere il portfolio uno strumento di identificazione e mantenimento delle differenze sociali e culturali degli alunni, portando la scuola a rinunciare alla sua fondamentale funzione di colmare tali differenze.
A me sembra che voglia essere costruito come un mezzo di precoce canalizzazione dei bambini, che dall’età della scuola dell’infanzia si trovano legati a documentazioni delle loro capacità, competenze, attitudini.
Ma mi chiedo: saranno documentate le loro capacità, competenze, attitudini, oppure sarà documentato il pensiero e l’immagine che qualche adulto soggettivamente si costruisce, fortemente influenzata da ciò che egli pensa, vede, interpreta, giudica …? Il fatto che si prevede un unico docente responsabile della costruzione del portfolio (sebbene con la collaborazione degli altri docenti e della famiglia), evidenzia il rischio che si appiattisca la rilevazione delle caratteristiche e delle differenze individuali, in base alle inclinazioni, visioni, modi di pensare di una sola persona.
Questo è quello che riesco “tragicamente” ad immaginare. Quello  che invece mi piacerebbe è, innanzitutto, che non si chiamasse così, ma che avesse un nome tratto dal mondo infantile o familiare. Poi che fosse uno strumento con finalità contenuti struttura completamente diversi. Cerco di illustrare che tipo di strumento immagino, facendo riferimento, alla pratica ormai più che decennale, di quella che a Bologna viene definita la "Valigia di Canevaro” (vedi risposta n. 5).

Che tipo di partecipazione vede nella compilazione del portfolio da parte delle famiglie?

La collaborazione con la famiglia è necessaria per dare senso al processo di crescita del bambino, ma nella chiara distinzione dei ruoli, che nelle descrizioni del portfolio sembra annebbiarsi, si dice che la famiglia debba collaborare alla sua compilazione. Questo a me sembra del tutto negativo: come possono i genitori non essere fortemente coinvolti dal punto di vista emotivo e delle aspettative personali, in fase di valutazione ed orientamento del loro figlio ?
Che senso ha che la scuola accolga questo tipo di condizionamento?
E’ evidente che le famiglie accompagneranno i figli in ogni loro scelta, e che restano comunque liberi, ma la scuola deve poter mantenere una decisa autonomia di giudizio.
Ben diversa sarebbe la possibilità di collaborazione dei genitori nel costruire con insegnanti e bambini la “valigia “ di cui parlavo prima, perché quella ha un ruolo “narrativo di ricostruzione storica ed emotiva”, non un ruolo valutativo o di giudizio. 

È a conoscenza di sperimentazioni regionali simili a quelle del portfolio di recente introduzione?

La Valigia di Canevaro: l’università, in collaborazione con numerose scuole dell’infanzia, condusse una ricerca che usava come strumento di documentazione questa “valigia”. Era, ed è ancora in molte realtà, un contenitore dove insegnanti e bambini raccoglievano le tracce di esperienze significative, tappe importanti nella vita scolastica del bambino: foto di momenti “da non dimenticare”, disegni, oggetti, impronte delle mani o dei piedi da confrontare a distanza di anni,  la prima parola scritta, ….  Le documentazioni più svariate e fantasiose, purchè emotivamente significative per il bambino, o utili ad un confronto nel tempo della crescita fisica, della maturazione degli apprendimenti e della personalità.
Questa valigia accompagnava il bambino  di anno in anno. Si trasformava, ma manteneva come finalità quella di raccogliere il vissuto . Nulla a che fare con valutazione, certificazione di competenze, orientamento!

 
Conosce delle esperienze internazionali valide di portfolio?

No.

 

Leggi l'intervista di Franco Favilli  

 

Lorenzo Calistri, redazione webzine

[l.calistri@indire.it]

 
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