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Le Riviste Elettroniche. Partiamo da Form@re.

Breve intervista ai responsabili della rivista Form@re, indicizzata da Indire nella banca dati Rivi

di Francesco Vettori
16 Luglio 2004

Vorremmo una valutazione dell’accoglienza che il pubblico ha riservato a Form@re e dell’interesse che la rivista ha suscitato: più che a una valutazione meramente numerica stiamo pensando a quanto il pubblico, e la stessa redazione della rivista, sia riuscito a sfruttare le potenzialità del formato online, come l’interattività, la personalizzazione della lettura con percorsi intertestuali, ma anche il feedback del lettore per eventuali miglioramenti e proposte non prese in considerazione.
Ampliando di più il discorso, quali ritiene siano i tratti costitutivi di questa forma di comunicazione - la rivista elettronica - che si sta ormai diffondendo anche in Italia? Per esempio, il continuo aggiornamento - rispetto ad una rivista cartacea - che il formato online consente dovrebbe favorire la sua accoglienza, ma è davvero così?

Risposta della Dott.ssa Sofia Cramerotti, collaboratrice della rivista

L’accoglienza riservata a Form@re è stata ben al di sopra delle aspettative che avevamo quando siamo partiti, molto timidamente, con il primo numero nel maggio 2001; all’epoca certo non ci aspettavamo una risposta così ampia in termini di iscrizioni alla newsletter e di visite al sito.
Certamente il fatto che la newsletter sia sempre stata fruibile gratuitamente ha favorito l’iscrizione da parte di un numero consistente di utenti, tanto da farci raggiungere i lusinghieri 3800 attuali.
Ma credo che il successo della newsletter vada ben oltre il semplice fatto che sia fruibile gratuitamente; l’interesse per l’ambito dell’e-learning e della formazione in rete è stato via via, in questi ultimi anni, sempre maggiore. Questo è testimoniato dalle numerose segnalazioni che arrivano settimanalmente alla redazione e che riguardano iniziative di formazione, progetti, eventi e pubblicazioni sull’e-learning e la formazione a distanza.
Tra i progetti futuri è previsto un sempre maggiore coinvolgimento di partner stranieri (a gennaio 2004 abbiamo avuto il primo contributo straniero curato da Carmen Holotescu del Politecnico dell’Università di Timisoara in Romania) e quindi, come “sogno nel cassetto” che speriamo diventi presto realtà, c’è quello di poter offrire la newsletter anche in lingua inglese, aprendoci ad una gamma sempre più ampia di possibili utenti.
Infine, è da ricordare che recentemente è nata presso la casa editrice Erickson una nuova collana curata dal Prof. Calvani, dal titolo “Quaderni di Form@re" con taglio didattico e divulgativo, che riprende in forma cartacea i principali e più interessanti argomenti trattati nella Newsletter Form@re in questi primi tre anni di vita.

Per quanto riguarda poi la seconda parte della domanda credo che i punti di forza specifici di una rivista elettronica, sul versante dell’utenza, siano due: la rapida accessibilità e la sua “plasticità”, intesa nel senso che la rivista può ampliarsi in forme dialogiche, commenti, interventi dImmagine tratta dall'archivio DIA di Indireei lettori e così via, anche se questo secondo aspetto non è stato al momento molto perseguito in Form@re.
Poi ci sono fattori che incidono per ogni tipo di rivista, elettronica o meno (la rilevanza, essenzialità dei contenuti ecc.), che comunque sono inseparabili nella valutazione dell’efficacia.
Se tutti questi fattori sono presenti, non vedo sostanziali motivi che dovrebbero ostacolare la diffusione, almeno sul versante dell’utenza, per quanto risulta dall’esperienza condotta con Form@re. Semmai vanno considerate le limitazioni sul versante della produzione: se la rivista è gratuita, autori ed editore come possono mantenerla? Per quanto riguarda Form@re, un elemento importante è la gestione distribuita (un numero gestito a turno tra i centri universitari o CNR coinvolti), il che riduce sensibilmente lo sforzo di produzione, oltre alla disponibilità dell’editore per ciò che riguarda il supporto tecnico e amministrativo.

Nell'ambito di un'indagine europea sull'uso di Internet da parte dei ricercatori in scienze dell'educazione (aprile 2004), emerge, almeno a livello italiano, una certa resistenza ad utilizzare i nuovi media per la pubblicazione o la consultazione di dati di ricerca. Secondo Lei, a che cosa è dovuta tale diffidenza e quali accorgimenti o strategie dovrebbero essere adottati per incoraggiare l'utilizzo di Internet da parte dei ricercatori? Crede che in futuro tali atteggiamenti si modificheranno e perché?

Le risposte che seguono sono del Prof. Antonio Calvani, curatore della rivista

Francamente non darei molta rilevanza ad indagini del genere, si tratta di dati -ed atteggiamenti- in rapido cambiamento. Si consideri che nell’Università sino a qualche anno fa era ancora minoritario il numero dei docenti che si avvalevano della posta elettronica, mentre oggi tutti, volenti o no, ne fanno necessariamente uso. E del resto, quale ricercatore non si avvale ormai anche di Internet per le sue ricerche?
Semmai ci sono due fattori concreti, uno di sostanza ed uno di forma, che incidono sul problema.
Il primo concerne il fatto che di norma il materiale su Internet, essendo sottoposto a minori controlli, è anche spesso meno affidabile. Questo senz’altro è vero in generale, ma non è sempre così: una rivista scientifica ha ugualmente i suoi controlli e del resto un ricercatore, si presume, dovrebbe saper selezionare ciò che è valido da ciò che non lo è.
Il secondo è formale e giuridico e riguarda il valore delle pubblicazioni da presentare ad eventuali concorsi pubblici. Questo è senz’altro un fattore che porta a sottovalutare le pubblicazioni online in ambito accademico; qui c’è anche un vuoto di normativa. Rimane comunque il fatto che si tratta di problemi “formali”, che mantengono senso di fronte a Commissioni che privilegino questo ordine di problemi rispetto a problemi di sostanza (ed anche questi sono aspetti sottoposti a rapidi cambiamenti).
Al di là di questi elementi che rimangono tutto sommato di modesta rilevanza, siamo di fronte ad una trasformazione epocale straordinaria: nel mondo si va ormai dovunque verso forme “open” di accesso al sapere scientifico.
Ci si rende davvero conto di cosa significa poter avere in pochi secondi sulla propria scrivania i lavori più rilevanti del proprio settore di ricerca, rispetto a cosa bisognava fare sino a non molti anni fa per venire in possesso anche di un singolo lavoro di interesse? 

Oggi, soprattutto nell’ambito della formazione professionale, si parla molto di comunità di pratiche e dell’impulso che queste possono ricevere grazie alla diffusione capillare delle nuove tecnologie. Che ruolo può avere una rivista elettronica di settore nel favorire la nascita e lo sviluppo di reti di conoscenza e comunità di pratiche?

Una rivista può fare da elemento di coagulo, integrazione di una comunità professionale o di interesse, e fornire un’infrastruttura per forme di condivisione allargata del sapere.
Parlare di comunità di pratica francamente mi appare un po’ eccessivo; appartengo alla categoria di coloro che ritengono che le comunità di pratica possano essenzialmente nascere e svilupparsi solo se radicate in rapporti diretti.

Vedi l'articolo correlato Le Riviste della Banca dati Rivi per la Formazione in rete .

Editing a cura di Francesco Vettori, Ufficio Comunicazione, Indire 
 
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