doppia3

Intervista doppia – Michele Lepore e Paolo Onelli

Michele Lepore è titolare di cattedra (insegnamento “salute e sicurezza sul lavoro”) presso l’Universitas Mercatorum e la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma, è stato permolti anni rappresentante italiano presso le Istituzioni europee e, in particolare, presso l’Agenzia per la salute e sicurezza di Bilbao. L’abbiamo incontrato a Roma nel suo studio dove ha accettato di rispondere ad alcune domande legate alla sua vasta esperienza, professionale e di rappresentanza di Amministrazioni pubbliche, in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Paolo Onelli è Direttore Generale della Direzione Generale delle relazioni industriali e dei rapporti di lavoro del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, struttura che annovera tra le sue competenze la salute esicurezza sul lavoro, e presso la quale ha sede la Commissione consultiva permanente (articolo 6 del d.lgs.n. 81/2008), da lui presieduta. L’abbiamo incontrato a Roma nel suo ufficio dove ha accettato di rispondere ad alcune domande legate alla sua vasta esperienza in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di dirigenza in Amministrazioni pubbliche.

Cosa intende per cultura della sicurezza?

Il concetto di “cultura della sicurezza” significa consapevolezza della importanza della prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali in ogni cittadino italiano, sia che lavori sia che non lavori. E’, quindi, qualcosa di diverso rispetto alla conoscenza delle procedure di lavoro “sicuro” e viene prima delle regole che disciplinano la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; da un certo punto di vista è qualcosa che da un lato precede la normativa di salute e sicurezza e dall’altro la rende davvero condivisa da tutti e, quindi, davvero efficace.

Si può parlare di “cultura della sicurezza” quando si è in grado di comprendere e declinare il concetto di “lavoro sicuro”, che implica una intima connessione tra la tecnica e l’organizzazione del lavoro, ovvero tra la salubrità e la sicurezza del lavoro. Si tratta di concetti antichi e conosciuti, che vanno tuttavia resi attuali e concreti garantendo non solo macchine e dispositivi sicuri ma anche contesti di riferimento – in termini di organizzazione del lavoro e relazioni sindacali – che rispettino la persona e impediscano che sia esposta a rischi di infortuni e malattie professionali.

Quali sono le azioni intraprese per favorire la sicurezza?

Negli ultimi anni il tema della salute e sicurezza sul lavoro è stato oggetto di attenzione come mai in passato e ciò ha portato a una serie di interventi importanti in materia. Parlo soprattutto del decreto legislativo n. 81/2008 (il “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro) che ha continuato l’opera di regolamentazione della materia già positivamente intrapresa con il d.lgs. n. 81/2008. A quest’opera legislativa si è affiancata una importante (anche se non quanto avrebbe dovuto essere) produzione di procedure e regole pratiche per l’applicazione della salute e sicurezza ovunque. Le stesse aziende (parlo soprattutto di quelle più grandi) hanno investito in modo diverso rispetto al passato sulla prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e questo – penso soprattutto ai modelli di organizzazione e gestione della salute e sicurezza sul lavoro – è stato un elemento determinante per la riduzione degli infortuni sul lavoro.

Promuovere la sicurezza in termini culturali significa mettere in campo una pluralità di misure promozionali: incentivi (anche ma non solo economici) alle imprese virtuose, sviluppo di tecnologie innovative, attenzione alle iniziative di formazione e promozione delle forme più moderne e sicure di organizzazione del lavoro (si pensi, per tutti, ai modelli di organizzazione e gestione). E’ fondamentale perseguire, in altre parole, un insieme di iniziative che, per quanto differenti tra loro quanto a contenuto, siano tutte finalisticamente orientate alla promozione di ambienti di lavoro che garantiscano la compresenza di relazioni umane corrette e l’assenza (o, almeno, la riduzione al minimo) di rischi di infortunio o malattie professionali.

Quali sono gli impedimenti?

Sono diversi, alcuni legati alla ancora scarsa conoscenza del tema e della materia, altri legati ad aspetti normativi, altri (inevitabilmente) a problemi economici. In generale, non favorisce le piccole e medie imprese italiane l’esistenza di una normativa troppo rigorosa e poco adatta alle aziende di dimensioni minori (moltissime in Italia); manca, poi, una uniformità di applicazione della normativa da parte degli organi di vigilanza e nelle diverse parti del territorio nazionale, circostanza che non favorisce la certezza del diritto.

Tutti quelli che considerano – per ragioni che possono essere politiche, contrattuali o anche solo economiche – il lavoro in modo limitato, non valutato nella sua complessiva dimensione. Tutto ciò che priva il lavoratore di una condizione, un diritto che ritengo fondamentale. Parlo di ogni approccio al tema di tipo utilitaristico, che spinge a richiedere alle Amministrazioni pubbliche interventi di tipo non progettuale e di portata ristretta. Richieste di questo tipo, ancora troppo frequenti, dimostrano come non vi sia ancora la piena consapevolezza che la salute e sicurezza degli ambienti di lavoro non è un costo ma un fattore di competitività per le aziende. L’aumento dei livelli di prevenzione è una forma di investimento, in questi termini la sicurezza aumenta anche la produttività.

Quali sono gli strumenti migliori per favorire la diffusione della cultura della sicurezza?

Tutti quelli che considerano – per ragioni che possono essere politiche, contrattuali o anche solo economiche – il lavoro in modo limitato, non valutato nella sua complessiva dimensione. Tutto ciò che priva il lavoratore di una condizione, un diritto che ritengo fondamentale. Parlo di ogni approccio al tema di tipo utilitaristico, che spinge a richiedere alle Amministrazioni pubbliche interventi di tipo non progettuale e di portata ristretta. Richieste di questo tipo, ancora troppo frequenti, dimostrano come non vi sia ancora la piena consapevolezza che la salute e sicurezza degli ambienti di lavoro non è un costo ma un fattore di competitività per le aziende. L’aumento dei livelli di prevenzione è una forma di investimento, in questi termini la sicurezza aumenta anche la produttività.

Bisogna avvicinare la scuola ai temi del lavoro e il lavoro alla scuola, quindi le persone al mondo della produzione. Ciò significa uno sforzo reciproco, nel senso che il mondo dell’istruzione deve aprirsi maggiormente di quanto già non succeda alle aziende e queste ultime devono avvicinare le scuole attraverso una vera e propria collaborazione. In realtà, le esperienze in tal senso (penso all’alternanza tra scuola e lavoro) sono già esistenti e da valutare positivamente ma occorre insistere su questa strada e percorrerla fino in fondo.

Quali azioni di sviluppo in materia occorre perseguire?

Dal punto di vista normativo occorre semplificare – con particolare riferimento alle piccole imprese – una normativa troppo statica, dal punto di vista più culturale occorre proseguire nell’opera di sensibilizzazione dei cittadini in ordine alla conoscenza dell’esistenza e dell’importanza del tema della prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. Iniziative nelle scuole sono, al riguardo, essenziali per la semplice ma fondamentale ragione che gli studenti di oggi entreranno (si spera presto e bene) nei luoghi di lavoro affrontandone i rischi.

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha finanziato negli scorsi anni iniziative promozionali della salute e sicurezza del lavoro nelle scuole, come previsto dall’articolo 11 del d.lgs. n. 81/2008, nei limiti delle sempre più esigue risorse disponibili. Un ruolo analogo, nello stesso contesto, è stato svolto dall’INAIL e ciò è indubbiamente un patrimonio complessivo che va monitorato quanto a risultati (da diffondere in modo da ottenere un “effetto moltiplicatore” delle buone prassi emerse) e potenziato, nei limiti del possibile, nel futuro. Come ha dimostrato l’esperienza del recente passato, questo tipo di iniziative ha un impatto altamente positivo, non solo quando esse sono sviluppate in contesti quali le scuole professionali, ma anche quando realizzate in qualunque altro tipo di scuola, attraverso strumenti e linguaggi adeguati – naturalmente – ai diversi contesti di riferimento. L’obiettivo deve essere quello di creare una società più colta, quindi anche più attenta al modo del lavoro e alle sue dinamiche.