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15 Luglio 2016

Un esperimento educativo straordinario: la Nave Asilo “Caracciolo” a Napoli (1913-1928)

di Pamela Giorgi, Irene Zoppi

Nella storia dell’insegnamento tecnico, un posto di particolare interesse riveste l’esperienza delle scuole nautiche, la cui tradizione nasce e si consolida nella seconda metà dell’Ottocento. Dopo la nascita del Regno d’Italia, infatti, divenne fondamentale la presenza di un istituto specializzato che abilitasse anche alla professione di capitani di lungo corso, costruttori e operai macchinisti.

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Esercitazione sull’albero maestro, anni Trenta. Archivio Storico Indire, Fondo Fotografico.

 

Erano quegli gli anni in cui si andava diffondendo la navigazione a vapore, che rendeva necessaria la formazione della figura del “macchinista navale”, un addetto esperto che potesse gestire il nuovo apparato tecnico.

In Italia le già esistenti “Regie Scuole Nautiche” e i “Regi Collegi Nautici” di Chiavari, Portoferraio, Recco, Riposto, Sanremo, La Spezia, Trapani e Viareggio, dal 1864, con un regio decreto, vennero dichiarate “Scuole Nautiche”, mentre del 1865 sorgeva il “Regio Istituto Tecnico e Nautico”, con una sezione che poteva rilasciare diplomi di I classe, e solo con la successiva Riforma Gentile del 1923 fu creato l’Istituto Tecnico Nautico autonomo.

Nell’Archivio Storico Indire vi sono testimonianze fotografiche delle esperienze di educazione tecnica navale negli anni Trenta in Italia: di particolare interesse sono gli scatti che documentano e valorizzano la didattica attiva e professionalizzante realizzata grazie alle esercitazioni pratiche.

L’art. 15 della Legge n. 889 del 1931 sul riordinamento dell’istruzione media tecnica recita: «Nella sezione nautica dell’istituto tecnico, si insegnano: italiano, storia, geografia, fisica, elementi di chimica, matematica, meccanica, macchine, una lingua straniera, altra lingua straniera, disegno, attrezzatura, manovra, religione. In aggiunta alle suddette materie si insegnano: nella sezione ad indirizzo specializzato per capitani: astronomia, navigazione, meteorologia, oceanografia, elementi di macchine e di costruzione navale, telegrafia, radiotelegrafia, geografia commerciale, nozioni di diritto ed economia, igiene navale; nella sezione ad indirizzo specializzato per macchinisti: disegno di descrittiva, macchine e disegno di macchine, meccanica applicata, misure elettriche, telegrafia, radio-telegrafia, elementi di costruzione navale; nella sezione ad indirizzo specializzato per costruttori: disegno di descrittiva, teoria della nave, costruzione navale e disegno relativo, meccanica applicata, elementi di macchine, elementi di diritto ed economia».

 

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Lezione di nodi marinareschi in un istituto nautico, anni Trenta. Archivio Storico Indire, Fondo Fotografico.

 

Come si rileva anche dalla storia legislativa, già nelle disposizioni del 1931, relative al riordinamento dell’istruzione media tecnica, era ribadito ed evidenziato che ogni istituto tecnico devesse avere officine e aule attrezzate per la pratica laboratoriale “in relazione ai fini propri di ciascun istituto”. È proprio per rispondere alla volontà ministeriale di promuovere questi percorsi di formazione e per evidenziare le dotazioni strumentali e la preparazione tecnica degli alunni che le scuole tecniche e di avviamento professionale inviavano al Museo della Scuola di Firenze numerosa documentazione fotografica relativa alle attività svolte nei laboratori.

Nella nuova sede che il Museo ottenne dal 1941 al 1943, inglobato e allestito nella sede del Centro Didattico Nazionale in palazzo Gerini a Firenze, vi era anche una sala interamente destinata ad accogliere documentazione proveniente da istituti nautici, quali fotografie e disegni tecnici, prove d’esame e strumentazione tecnica realizzata dagli studenti o usata quale supporto per la didattica.

Nelle fotografie del fondo fotografico ancor oggi conservate nell’Archivio Storico Indire si ritrovano le testimonianze di quello che negli anni Trenta rappresentò per molti giovani la possibilità di un’istruzione tecnica avanzata che potesse inserirli in un modo del lavoro in evoluzione. Esisteva infatti la necessità di adeguarsi e prepararsi alla sempre maggior meccanizzazione industriale, perseguita nell’ottica della politica del Regime, che richiedeva personale qualificato e di conseguenza una Scuola che formasse i tecnici e i periti meccanici da coinvolgere nella campagna di industrializzazione e avanzamento economico del Paese.

 

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Esercitazione di disegno tecnico, anni Trenta. Archivio Storico Indire, Fondo Fotografico.

 

Un’esperienza del tutto diversa, ma in stretta connessione storica con l’evoluzione della formazione in ambito tecnico-nautico, è l’attività che svolse a Napoli la Nave Asilo “Caracciolo”, nata nel 1913 con un intento inizialmente rieducativo, che l’avrebbe assimilata a un istituto correttivo d’impostazione militare, e invece evoluta grazie alla figura dell’educatrice Giulia Civita Franceschi (Napoli, 1870 –1957) in un’impresa pedagogica unica tra altre esperienze simili.

La storia della “Caracciolo” si può mettere in rapporto con l’importanza educativa-pedagogica che l’attività pratica e la preparazione a un “mestiere marittimo” ha potuto rappresentare negli anni d’inizio Novecento, seppur vissuta in contesti e momenti politici diversi. Se negli anni Trenta, documentati nelle fotografie dell’Indire, è rappresentata l’opportunità lavorativa e più strettamente professionalizzante che la scuola navale poteva dare ai giovani che non volevano percorrere una carriera liceale, le fotografie e i documenti dell’Archivio Civita ci mostrano un’esperienza in cui il lavoro a bordo di una nave e la possibilità di acquisire una competenza pratica rappresentarono addirittura un’opportunità di riscossione e nuova vita per minori a rischio di delinquenza ed esposti a ogni tipo di malanno sia fisico che morale. Dal punto di vista politico le due esperienze nascono in contesti molto diversi, l’una nell’ambito del riassetto scolastico e sociale del Fascismo, che metteva in relazione istruzione e formazione della futura classe dirigente in funzione della politica economica del Regime. L’altra è stata un’esperienza vissuta in anni precedenti, ancora non condizionati da una pedagogia coordinata politicamente e che sarà proprio il Fascismo a interrompere nella sua originaria peculiarità.

La memoria di questa esperienza scolare è oggi conservata in un interessante e ricco archivio, costituito da un’ampia serie fotografica e in una serie di corrispondenza, materiale a stampa, documenti ufficiali, materiale relativo all’istituzione, all’amministrazione e alla gestione della nave, appunti personali e minute di Giulia Civita, e testi di interventi pronunciati in manifestazioni pubbliche. Questo materiale documentario, di proprietà di Ornella Labriola, deceduta nel 1991, è pervenuto al Museo del Mare di Napoli attraverso i discendenti di un “caracciolino”, Gennaro Aubry, legato alla signora Giulia Civita Franceschi da un rapporto filiale.

Il lavoro di riordino, inventariazione e studio del fondo svolto da Antonia Maria Casiello, Maria Antonietta Selvaggio e Lucia Tortora, consente di riscoprire un esperimento educativo straordinario rivolto all’infanzia abbandonata di Napoli.

L’impresa pedagogica fu apprezzata da grandi personalità come Maria Montessori, Édouard Claparède, Enrico Ferri e da numerosi esperti italiani e stranieri, i quali visitarono la nave per osservare da vicino il cosiddetto “sistema Civita”. Un approccio educativo, adatto al recupero e all’integrazione di minori, che privilegiava la conquista della dignità legata al lavoro, alla solidarietà e agli affetti.

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Il “mare redentore”: la straordinaria esperienza della Nave Asilo “Caracciolo”
di Antonia Maria Casiello, Maria Antonietta Selvaggio, Lucia Tortora

 

 

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