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indireinforma

13 Novembre 2018

Riparte il progetto sulla didattica laboratoriale innovativa nei Poli Tecnico-Professionali

di Fabiana Bertazzi

Il 16 ottobre scorso è ripartito “La didattica laboratoriale innovativa nei Poli Tecnico-Professionali“, il progetto finalizzato alla diffusione di una didattica laboratoriale attiva, in modo particolare nelle materie di base (italiano, matematica, scienze e lingue straniere) nei poli tecnico-professionali. È proprio nel bienno di questo ciclo scolastico, infatti, che si concentra il più alto numero di debiti formativi, ripetenze e drop-out e questa situazione ha richiesto un intervento mirato per favorire una nuova progettualità didattica, capace di rendere più coinvolgente e quindi efficace il processo di apprendimento. L’iniziativa, finanziata dalla Regione Toscana e gestita dall’Indire, è partita nel 2015 ed è rivolta a docenti e dirigenti di 25 poli tecnici professionali della rete toscana.

Il progetto si articola in un percorso di formazione-assistenza da parte di esperti, che si svolge sia in presenza attraverso incontri sul territorio, sia online sulla piattaforma dedicata.

Il quarto anno di attività è iniziato con un seminario organizzato a Lucca in cui sono stati presentati i programmi e le novità. Ad aprire l’incontro, Silvia Aquilini delle Regione Toscana che ha rinnovato l’appoggio della Regione all’iniziativa, ritenuta fondamentale per favorire l’incontro tra istruzione e formazione; a seguire, Massimiliano Naldini, collaboratore tecnico di ricerca dell’Indire, ha fatto una panoramica sul progetto accennando ai nuovi contenuti oggetto della formazione per l’a.s. 2018/2019. Per i primi tre anni, l’iniziativa ha lavorato in stretto rapporto con la rete delle Avanguardie educative, le cui metodologie innovative come la flipped classroom o il debate hanno costituito il nucleo tematico dell’offerta formativa, consentendo così la diffusione di un concetto di didattica disciplinare più attiva e coinvolgente. A queste, si aggiungono oggi nuovi approcci didattici, individuati dal gruppo di ricerca Indire, che hanno lo scopo di rendere l’apprendimento sempre più “laboratoriale” e di aiutare i discenti a sviluppare anche competenze sociali e trasversali come il problem solving, la leadership, l’autonomia e la capacità di pianificazione.

 

 

Una delle novità introdotte è “Strategie di autoregolazione e metodo di studio”, un approccio sperimentato con successo dalla professoressa Elena Garofalo dell’istituto “Redi” di Arezzo, ideato per coinvolgere maggiormente lo studente attraverso la creazione di elaborati (flash card, quaderni, rubrica-glossario, ecc.) che gli consentano di appropriarsi della disciplina.

 

Esordisce anche la grammatica valenziale, un modello scientifico che promuove un approccio più riflessivo e attivo allo studio della lingua. A partire dalla riflessione sul significato del verbo e sui legami che esso genera tra i componenti della frase (similmente a quello che succede tra elementi chimici), questo metodo permette di portare a consapevolezza dei discenti quelle strutture linguistiche già in loro possesso (grammatica implicita) e quindi di coinvolgerli in un processo di scoperta del sistema della lingua. Quella sulla grammatica valenziale è una ricerca sul campo condotta dall’Indire nel biennio 2016/18 con una rete di 5 scuole di Palermo e con il coinvolgimento di 22 docenti e di circa 400 alunni dalla primaria alla secondaria di II grado ed è stata presentata in occasione dell’evento dalla referente Loredana Camizzi.

 

A conclusione del ciclo di presentazioni, i ricercatori Indire Lorenzo Guasti, Jessica Niewint Gori e Giovanni Nulli della linea “Strumenti e metodi per la didattica laboratoriale” hanno illustrato ai presenti le sperimentazioni condotte con il coding e le stampanti 3D, rivelatisi utili strumenti per sollecitare il pensiero degli studenti, potenziare lo sviluppo delle competenze logico-matematiche, scientifiche, linguistiche, e soprattutto far emergere le meta-competenze e le soft-skills. Da una parte il coding, che consente di imparare le basi della programmazione informatica, dall’altra le stampanti 3D che comportano l’applicazione del ciclo “Think–Make–Improve”, ovvero “pensa–crea–migliora”, che porta gli studenti a imparare a progettare e pianificare delle azioni per ottenere un risultato ed eventualmente, individuare, valutare e risolvere un errore quando il prodotto ottenuto non è quello pianificato.