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20 Febbraio 2020

Ripensare la relazione educativa attraverso il dialogo euristico. Breve resoconto di un laboratorio con i docenti

di Redazione

Lo scorso 27 gennaio, all’IC “Karol Wojtyla” di Roma, scuola polo di Avanguardie Educative per il Lazio, si sono riuniti circa cinquanta docenti degli istituti del primo e del secondo ciclo che hanno aderito al movimento di innovazione Indire. Motivo dell’incontro, conoscere quali idee erano state già adottate dalle scuole, decidere quali approfondire in incontri successivi e fare proposte di formazione per il futuro.

In tale occasione è stato organizzato un laboratorio sull’idea del “Dialogo euristico”, con l’obiettivo di realizzare una progettazione didattica a partire da semplici scambi verbali e dalle riflessioni dei bambini.

Com’è noto, i più piccoli esprimono la loro tensione emotiva attraverso ipotesi fantastiche sull’origine e sul funzionamento del mondo, ma ancora la scuola considera troppo spesso gli alunni una “pagina bianca” da riempire con conoscenze certe già formulate dall’adulto. Secondo il dialogo euristico, è invece possibile ripensare la relazione educativa e interpretare la didattica come un continuo processo di ricerca in cui conoscere significa imparare a porsi (e a porre) delle domande. Partendo dalla consapevolezza che il bambino è uno “sperimentatore naturale” che procede nella conoscenza del mondo per tentativi ed errori, compito del maestro è creare le condizioni perché l’alunno sia messo nelle condizioni di problematizzare e formulare ipotesi.

Per presentare con chiarezza questa tecnica didattica, la ricercatrice Indire Laura Parigi, presente all’incontro, è partita da un dialogo reale raccolto in una classe prima della scuola primaria, durante un’attività di formazione sul dialogo euristico condotta dall’Indire. In quell’occasione, la docente Ilaria aveva invitato i bambini a riflettere sul concetto di pausa.

Di seguito, uno stralcio del dialogo:

Ilaria: Provate a pensare a quella volta in cui vi siete sentiti proprio in pausa
Davide: Mmm, che bello!
Nora: All’intervallo, alla ricreazione dopo la mensa
Ilaria: Come mai stai pensando proprio a quella del dopo mensa?
Nora: Perché è quella lunga…
Daniel: La prima volta che sono andato in quinta, quando ci avete diviso e mi hai messo in quinta. Perché era la prima volta che andavo e non lo sapevo che era così.
Ilaria: Che differenza c’è tra la pausa e la fine?
Nora: Che la pausa finisce e la fine può anche non finire.
Ilaria: Cosa ne pensate di quello che ha detto Nora?
(Gli alunni mormorano)
Ilaria: Nora puoi spiegarci quello che intendi?
Nora: Che la pausa finisce perché quando, tipo, suona la campanella della ricreazione, la pausa è finita. Invece quando muori la fine resta lì, e non rinasciamo più .
Ilaria: Quindi che differenza c’è tra pausa e fine?
Giorgio: Secondo me finisce la pausa e anche la fine.
Ilaria: Ma allora che differenza c’è?
Sofia: Il tempo. Perché la pausa è un tempo e la fine è un tempo.
Ilaria: Allora sono ancora uguali?
Davide: no, perché alcune cose non finiscono
Ilaria: Ma vanno in pausa le cose che non finiscono?
Davide: Ehhh no, come il tempo non sta fermo, continua.
Ilaria: Quindi il tempo è senza pausa?
Mario: No, perché i secondi vanno…
Sofia: Le ore vanno, i minuti vanno…
Ilaria: Non possiamo fermare il tempo?
Sofia: No perché il tempo fa così, va dal mattino alla sera, dal mattino alla sera… è un ciclo…

Da queste semplici riflessioni si comprende come i bambini abbiano affrontato, con l’aiuto del docente, concetti complessi come la differenza tra pausa e fine e il concetto di ciclicità. Tale tecnica didattica si richiama ai principi della pedagogia dell’ascolto di Alessandra Ginzburg e all’idea che i bambini esprimano il loro interesse conoscitivo attraverso ipotesi fantastiche sul funzionamento del mondo.

Come afferma il maestro Franco Lorenzoni, il primo compito degli insegnanti è quello di riconoscere il diritto di piena presenza e cittadinanza a tutti i bambini. E la strada principale per dare spazio e consistenza ai loro diversi modi di abitare e vivere la scuola sta proprio nella capacità di ascolto degli adulti. Ma un ascolto attento e partecipe nasce e vive solo se siamo profondamente convinti che bambine e bambini pensino, creino e operino connessioni, e se consideriamo che tutte le loro ipotesi, ancorché fantastiche, siano strumenti epistemici, modalità per conoscere il mondo. Occorre dunque convincerci che i bambini non solo hanno il desiderio di dire la loro, ma che a ogni età sono in grado di ragionare, formulare ipotesi, usare una logica che talvolta può apparire diversa da quella di noi adulti, ma che ha sempre al suo interno una coerenza e una profonda tensione conoscitiva da riconoscere e valorizzare.

Si tratta di costruire uno spazio adeguato all’incontro di modi diversi di guardare il mondo, ed è dentro questo paesaggio, che possiamo definire di pedagogia dell’ascolto, che nasce e vive il dialogo euristico. La scintilla del dialogo si accende quando il “lavorio mentale” dei bambini si scontra ed entra in connessione con i diversi oggetti culturali portati dall’insegnante. Solo se il docente non guarda con sospetto e non si lascia spaventare dall’apparente confusione del libero pensare dei bambini si creano le condizioni per scoprire insieme qualcosa di nuovo.

Nel laboratorio sulla tecnica del dialogo euristico è stato riproposto anche ai docenti il tema della differenza fra pausa e fine. Qualcuno ha detto: “Io sono sull’orlo di una grande pausa perché sto per andare in pensione”, altri hanno ribattuto che la pensione è una fine e non una pausa, mentre altri hanno osservato che ogni fine è anche un po’ un nuovo inizio, e che di conseguenza ogni fine è anche una pausa. Questo breve scambio di opinioni è servito per entrare in profondità nei vari aspetti del dialogo euristico, dalle dinamiche dell’interazione verbale alla presenza/partecipazione del docente in questo tipo di attività, dagli atteggiamenti che si riscontrano nei bambini all’identificazione dei raccordi tra i pensieri (ragionamenti, ipotesi, definizioni).

 

Articolo di Loredana Garritano, dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo “Karol Wojtyla” di Roma