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1 Settembre 2022

“Poesia in posa”, dal 13 settembre a Milano la mostra fotografica dei poeti di lingua italiana

di Irene Zoppi

Il 13 settembre a Milano inaugura la mostra “Poesie in posa” (Fondazione Pasquinelli, corso Magenta 42, fino al 27 settembre lun-ven 9.30-12.30 / 14.30-18.30). Il percorso, che vede anche il sostegno di INDIRE, esporrà alcuni ritratti selezionati dal Registro Fotografico dei Poeti di Lingua Italiana, una serie fotografica documentaria sui volti della poesia, ritratti dal fotografo Simone Casetta.

Negli ambienti espositivi della Fondazione saranno diffuse le voci dei poeti e mostrati alcuni segni autografi e una selezione di poesie, testi critici e informativi, con un allestimento che punta a coinvolgere lo spettatore e a far dialogare il suo sguardo con quello del soggetto e del fotografo (qui il comunicato stampa della Fondazione Pasquinelli).

Il Registro Fotografico dei Poeti di Lingua Italiana prevede nella sua prima fase di produzione 200 ritratti, 150 dei quali realizzati dal 2010 a oggi. «I poeti – spiega l’autore Casetta – sono fotografati “a casa loro”, raggiungendo ciascun autore nel proprio ambiente. È la narrazione complessiva di una comune tensione verso la produzione poetica attraverso l’insieme dei suoi protagonisti».

Le fotografie che compongono il Registro, singolarmente e come serie, così come il progetto stesso nelle sue peculiarità, si muovono intorno ai temi del Racconto, della necessità della registrazione della Memoria, e della sua tutela.  Ne abbiamo parlato con l’autore.

 

Il suo progetto si configura come una “banca immagini” quindi con caratteristiche “archivistiche”: come ha affrontato, nello sviluppo del suo lavoro, il tema della memoria visiva che si lega a quella letteraria?

La ricchezza culturale che abbiamo è così gigantesca da diventare un enigma, perché ci sono cose di grande preziosità che talvolta è difficile gestire e conservare, anche in termini di tempi e costi. Nella mia visione anche la poesia rientra tra quelli che il filosofo Carlo Sini chiama “strumenti esosomatici”, ossia oggetti o prodotti umani che divengono prolungamento del nostro corpo e ci rappresentano. La poesia è espressione della mente, dalla mano e del corpo del poeta, e la fotografia che ne ritrae l’immagine non è mera icona celebrativa, ma una modalità di spiegazione emotiva ed espressiva di quella materialità di corpo e mente del poeta. L’archivio del Registro assume quindi valore perché mostra un’ulteriore componente della poesia stessa. Questo lavoro sulla poetica è diventato a tutti gli effetti un archivio, un lavoro da implementare e completare. L’auspicio è infatti il coinvolgimento non solo di nuovi collaboratori, ma anche dei centri di formazione.

 

Si apre perciò a possibili ricadute formative e didattiche. Quali sono i punti di contatto tra il suo progetto e la scuola?

Come descritto sul sito dedicato, considero il progetto in continuo divenire storico, con l’intenzione di affidare in futuro la prosecuzione e l’aggiornamento di questo grande archivio a nuovi autori. Ad esempio potrebbero essere coinvolti gli Istituti di formazione superiore nella selezione di neo-diplomati cui affidare l’incarico di produrre nuovi ritratti. Oppure potrebbero essere offerte borse di studio che coinvolgano studenti di storia dell’arte, storia della fotografia e archivistica, per aggiungere alla serie i ritratti dei poeti del passato e arrivare alla fine a un archivio storico completo (non solo fotografico) dei volti della poesia di lingua italiana. Quanto all’ambito didattico, non c’è un’età minima di fruizione: le fotografie del progetto potranno essere uno strumento iconografico laddove un docente vorrà presentarle, ad esempio per introdurre alla poetica di questi autori, con modalità variabili che ogni insegnante potrà valutare e adattare al proprio contesto scolastico. Affiancando poi i ritratti alle voci degli stessi poeti (in parte reperibili anche online), si potrebbero realizzare momenti didattici di una certa intensità emotiva, chiudendo il cerchio “parola scritta-volto-voce”. Una lettura più articolata dell’immagine fotografica potrebbe inoltre accompagnare alla scoperta del contesto creativo degli autori, spesso da me ritratti proprio negli ambienti a loro cari e strettamente connessi alla loro poetica.

 

La creazione fotografica è stata da lei pensata anche in termini di preziosità materiale. Quali possono esserne le potenzialità di fruizione?

Nel mio lavoro è sempre rilevante l’attenzione alla qualità della stampa fotografica. Per il Registro dei Poeti produco l’”Oggetto fotografico” in tre versioni, per costituire un archivio sia fisico sia digitale: una tiratura di tre copie con l’antica tecnica del platino palladio, un metodo ottocentesco dalla resa tonale straordinaria e praticamente esente da decadimento nel tempo. In aggiunta, una selezione più ampia di immagini è stampata ai sali d’argento per costituire un archivio sia fisico che digitale, necessario per la consultazione diffusa e amplificata grazie alla rete. Varia così “l’aura” ma, nelle diverse modalità, si mantiene inalterata la ricchezza della fruizione e della narrazione sulla poetica dei soggetti, che è la vera peculiarità e ricchezza del progetto. L’auspicio per il futuro è quello di poter raccogliere fotografie, segni grafici, oggetti e voci dei poeti ritratti in un contenitore espositivo idoneo, che ne valorizzi l’accesso condiviso e le potenzialità di richiamo territoriale del progetto, il quale riunendo la poesia in lingua italiana e nei suoi dialetti di tutto il Paese e fino al Canton Ticino, potrebbe stimolare anche rinnovate attrattive per quei luoghi più interni o remoti, scenari della creazione poetica narrata.

 

Di seguito, i ritratti dei poeti Raffaello Baldini, Maria Grazia Calandrone, Ida Travi e Franco Loi, realizzati e stampati da
Simone Casetta con l’antica tecnica del platino palladio. Nella foto in alto: Flavio Ermini.

 

Raffaello Baldini
Maria Grazia Calandrone
Ida Travi
Franco Loi