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Lo studio delle lingue a scuola in Europa nel nuovo rapporto di Eurydice
La pubblicazione della rete offre un’analisi comparativa dei dati e delle politiche a livello europeo e nazionale
La diversità linguistica fa parte del DNA dell’Europa e il rispetto per la diversità linguistica è un principio chiave dell’Unione iscritto nella sua legge fondamentale, ossia il Trattato sull’Unione europea in cui si afferma che l’Unione “rispetta la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica e vigila sulla salvaguardia e sullo sviluppo del patrimonio culturale europeo”.
Garantire a tutti gli studenti l’insegnamento di due lingue straniere fin dall’infanzia è un obiettivo ambizioso, formulato per la prima volta nel 2002 dai capi di Stato e di Governo riuniti a Barcellona e recentemente ribadito nella Raccomandazione del Consiglio del maggio 2019 su un approccio globale all’insegnamento e all’apprendimento delle lingue.
Anche la Risoluzione del Consiglio su un nuovo quadro strategico per la cooperazione europea in materia di istruzione e formazione verso lo Spazio europeo dell’istruzione e oltre (2021-2030), adottata a febbraio 2021, ha identificato il sostegno all’insegnamento e all’apprendimento delle lingue e al multilinguismo come un’azione concreta per la cooperazione europea al fine di garantire qualità, equità, inclusione e successo nell’istruzione e nella formazione.
Infine, nella Raccomandazione del Consiglio sui percorsi per il successo scolastico, si sottolineano le esigenze specifiche degli studenti provenienti da contesti migratori, in particolare proprio in termini di sostegno all’apprendimento della lingua.
Il nuovo rapporto della rete Eurydice
L’edizione 2023 dello studio comparativo di Eurydice, Key Data on Teaching Languages at School in Europe, è la quinta edizione del rapporto. Basato sui quattro precedenti studi, questa nuova pubblicazione intende contribuire al monitoraggio degli sviluppi politici nel campo dell’insegnamento e dell’apprendimento delle lingue a scuola in Europa. Le lingue straniere sono al centro dell’indagine, ma vengono prese in considerazione anche altre lingue (lingue regionali o minoritarie, lingue classiche, ecc.).
Il rapporto comprende 51 indicatori che coprono un’ampia gamma di temi rilevanti per la politica sulle lingue a livello europeo e nazionale, come la mobilità transnazionale degli insegnanti di lingue per scopi professionali, il numero e la varietà di lingue studiate a scuola, il tempo dedicato all’insegnamento delle lingue, i livelli di risultati attesi per la prima e la seconda lingua straniera e le misure di sostegno all’apprendimento delle lingue per gli studenti immigrati nuovi arrivati.
La principale fonte dei dati del rapporto è la rete Eurydice, che ha fornito informazioni qualitative sulle politiche e le misure sull’insegnamento delle lingue nelle scuole dei sistemi educativi europei. I dati Eurydice sono integrati da dati Eurostat e OCSE (tratti da PISA 2018 e TALIS 2018).
Il rapporto verte su 39 sistemi educativi dei 37 Paesi membri della rete Eurydice, che, oltre ai 27 Stati membri dell’UE, comprende anche Albania, Bosnia-Erzegovina, Svizzera, Islanda, Liechtenstein, Montenegro, Macedonia del Nord, Norvegia, Serbia e Turchia.
Situazione italiana – I principali risultati del rapporto
Rispetto a quasi due decenni fa, gli alunni della scuola primaria in Europa iniziano a studiare almeno una lingua straniera sempre più precocemente. Questo è il caso anche dell’Italia in cui l’insegnamento della lingua inglese inizia già al primo anno della scuola primaria, ossia a 6 anni di età.
Lo studio di una seconda lingua straniera inizia di solito, in Europa come in Italia, a livello di istruzione secondaria inferiore. In Europa, infatti, il 59,2% degli studenti di questo livello studia due o più lingue straniere. In 12 sistemi d’istruzione, compreso quello italiano, la percentuale arriva a più del 90%.
Gli studenti dell’istruzione e formazione professionale hanno, in Europa, mediamente minori opportunità di apprendere due lingue straniere rispetto ai loro pari che frequentano percorsi di istruzione generale. L’Italia su questo aspetto va in controtendenza: la percentuale di studenti che studia due o più lingue straniere nei percorsi tecnici e professionali è maggiore rispetto a quella degli studenti liceali.
In quasi tutti i Paesi europei, l’inglese è la lingua straniera più studiata durante l’istruzione primaria e secondaria. In 11 paesi (Francia, Croazia, Italia, Cipro, Lettonia, Malta, Austria, Polonia, Svezia, Liechtenstein e Macedonia del Nord), addirittura oltre il 90% degli alunni studia l’inglese. Nel 2020, il francese e il tedesco erano le scelte più popolari per la seconda lingua straniera.
Tra il 2013 e il 2018, a livello UE, più di un insegnante di lingue straniere su quattro ha beneficiato della mobilità transnazionale finanziata da un programma dell’UE (27,4%). In 10 sistemi educativi (Danimarca, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Slovenia, Slovacchia, Finlandia, Svezia e Islanda), questa tendenza è stata ancora più marcata, con almeno una percentuale doppia di insegnanti che si sono recati all’estero grazie ai finanziamenti di un programma UE rispetto a quelli nazionali o regionali.
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