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19 Giugno 2023

DSA e inclusione scolastica. Il docente e l’assistenza specialistica

di Redazione

Negli istituti scolastici il servizio di assistenza specialistica può essere una valida risorsa, funzionale al processo di integrazione e inclusione; nonostante gli ingenti finanziamenti messi in campo, spesso permangono carenze e ombre, soprattutto a livello normativo, molte volte colmate dall’abnegazione e dalla passione di coloro che operano all’interno della scuola. Attraverso un progetto dedicato e con la collaborazione di assistenti specialistiche, Enrico Mansueti, docente di chimica all’istituto professionale alberghiero di Ceccano, è riuscito a formare alunni DSA, cioè con disturbi specifici di apprendimento, come tutor per un gruppo più ampio di compagni, comprendente studenti certificati e non.

 

Articolo di Enrico Mansueti, docente di chimica Ipsseoa di Ceccano

 

I disturbi specifici di apprendimento 

I disturbi specifici di apprendimento sono in costante crescita: analizzando i dati del Ministero dell’Istruzione – Gestione patrimonio e statistica (rapporto uscito a luglio 2022, il più recente), dall’anno scolastico 2010-2011 al 2018-2019 si è passati per gli studenti DSA dallo 0,9% al 4,9% del totale alunni (complessivamente, nei tre ordini di scuola). Il 40% per cento di questi casi riguarda la dislessia, il 19% la disgrafia, il 21% la disortografia e il 20% la discalculia. Dall’analisi per aree geografiche apprendiamo che nel nord-ovest, citato come esempio, si passa dal 4,1% (scuola primaria) all’8,5% dei casi (secondo grado).

La crescita globale è quasi certamente dovuta a una maggiore attenzione, da parte delle famiglie e della scuola, accompagnata dall’affinamento di metodi e tecniche di rilevazione.

 

Il laboratorio di scienze – Sviluppo del progetto all’Ipsseoa di Ceccano

Il laboratorio di scienze presenta l’indubbio vantaggio di modalità di lavoro pratiche, maggiormente in linea con lo stile di vita degli studenti e insieme in grado di aiutare la strutturazione di mappe cognitive per ogni livello di complessità/grado scolare/deficit. Se non sono presenti gravi deficit motori, il lavoro pratico permette di bypassare la barriera emotiva, verso una reale partecipazione e condivisione. L’esperienza sensoriale è l’agonista perfetto per il recettore dell’intelligenza emotiva, primo contatto con la membrana della mappa cognitiva; gli esperimenti/domanda a grado crescente di complessità, accompagnandosi ai concetti della conoscenza acquisita, permettono di costruire strutture mentali reticolate.

La principale difficoltà di uno studente con deficit di apprendimento, soprattutto se di grado medio-lieve, è legata alla personale consapevolezza del problema; se lo facciamo operare nel contesto reale, un’esperienza pratica condotta in maniera efficace è in grado di agire su due livelli psicologici: l’emozione sensoriale (la motivazione) e la generalizzazione mentale tipica dell’apprendimento, ossia sussumere un’esperienza particolare verso un livello più complesso in grado di ricomprenderla.

L’orto botanico dell’Istituto professionale alberghiero di Ceccano, realizzato qualche anno fa in sinergia con il laboratorio di cucina, ha fornito alcune materie prime utilizzate per la realizzazione di prodotti erboristici dedicati all’estetica e alla salute. In questo lavoro i principi della chimica sono applicati per la realizzazione di 6 prodotti: burro di cacao, idrolito, caramelle, lecca lecca,  sciroppo e profumo (vedi galleria di foto sotto).

Il lavoro ha coinvolto gli alunni delle classi prime e seconde dell’Ipsseoa, che hanno operato in piccoli gruppi di lavoro secondo la metodologia del tutoring. Il coordinamento di ogni gruppo è stato affidato a specifici alunni: selezionati fra quelli con lievi difficoltà di apprendimento e già seguiti dal dipartimento per l’inclusione e dall’assistenza specialistica, sono stati appositamente formati per questo progetto. Fra questi, diversi alunni DSA sono riusciti a guidare nel lavoro non solo compagni di classe con difficoltà maggiori, ma talvolta anche colleghi non certificati, grazie alla collaborazione delle assistenti specialistiche.

Grazie alla didattica laboratoriale strutturata sull’esperimento, studenti con DSA sono riusciti dapprima a vincere la barriera emotiva, poi sono diventati protagonisti nella costruzione della propria conoscenza, infine sono arrivati alla punta estrema del processo: alla partecipazione inclusiva è seguita la strutturazione di leadership in grado di guidare piccoli gruppi di lavoro nella realizzazione di compiti di realtà.

In questo lavoro la riuscita si deve all’impegno degli studenti e delle studentesse ma anche alla disponibilità delle assistenti, che hanno partecipato condividendo gli obiettivi.

Il progetto ha infatti dimostrato come sia possibile connettere efficacemente il lavoro del docente curriculare con le altre risorse messe a disposizione della scuola, e in particolare proprio con l’assistenza specialistica.

 

 

L’assistente specialistico e i docenti: figure diverse, diversi obiettivi?

Quello di educatore scolastico è un servizio ad personam che viene erogato dagli Enti locali ed è disciplinato dall’articolo 13 comma 3 della Legge n. 104/1992. È rivolto a tutti gli studenti con disabilità certificata da una struttura sanitaria pubblica. Tale prestazione è svolta da un educatore che facilita l’inserimento e l’integrazione sociale degli alunni disabili attraverso attività che si integrano con le funzioni e i compiti portati avanti dalla stessa scuola.

Tale figura nasce come “assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali”. Questa definizione si è ampliata nel corso del tempo, andando al di là dei compiti di cura fisica e di accompagnamento e includendo via via una serie di funzioni di supporto all’autonomia personale e sociale, di facilitazione nella relazione con gli insegnanti e con la classe, di sostegno nella socializzazione con i pari, di facilitazione nell’espressione dei bisogni, di supporto emotivo, di individuazione e valorizzazione delle risorse e potenzialità dell’alunno.

La richiesta di assistenza specialistica per l’integrazione scolastica viene attivata dagli istituti scolastici: requisito per poterne usufruire era la certificazione di disabilità grave. L’art. 13, c. 3 della L. 104/1992, nel garantire nelle scuole di ogni ordine e grado l’attività di sostegno mediante l’assegnazione di docenti specializzati, confermava, ai sensi del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, l’obbligo degli enti locali di fornire l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali. A seguito di cambiamenti normativi successivi, e in particolare della riforma del 2001 del Titolo V della Costituzione, la materia è adesso in larga misura soggetta alla legislazione regionale. La puntuale regolamentazione delle attività di assistenza agli alunni con disabilità può essere infatti ricondotta al comparto dei servizi sociali, ora confluito nella competenza residuale delle regioni, nonché – considerata la finalità di assicurare il diritto allo studio ai soggetti con handicap e le relative implicazioni sull’organizzazione delle attività scolastiche – alla materia dell’istruzione, assegnata dall’articolo 117 della Costituzione alla potestà legislativa concorrente.

Per gli alunni certificati, e in misura maggiore con la gravità, il confine tra didattica e autonomia personale è spesso molto sottile; il docente lavora anche sull’autonomia, così come l’assistente opera anche sulla didattica. È chiaro quindi come entrambe le figure contribuiscano all’obiettivo dell’apprendimento.

 

L’assistenza specialistica nel Lazio

Significativi cambiamenti si sono avuti negli ultimi anni: nella Regione Lazio, ad esempio, si è passati da un divieto specifico di assistenza specialistica agli alunni DSA a un’applicazione più ampia su varie forme di svantaggio e vulnerabilità (Piano regionale di interventi finalizzati all’integrazione e inclusione scolastica e formativa degli allievi con disabilità o in situazioni di svantaggio – Assistenza Specialistica anno scolastico 2022-23 – II Edizione).

Infatti, paragonando per esempio questo documento alle Linee guida della stessa regione relative all’anno scolastico 2016-2017, si evidenzia come prima fossero destinatari del progetto di assistenza specialistica solo gli studenti con disabilità certificata e in obbligo formativo delle istituzioni scolastiche e formative del secondo ciclo di istruzione, presenti sul territorio di riferimento. Non potevano essere diretti destinatari del progetto di assistenza specialistica né gli studenti con disturbi specifici di apprendimento, per i quali si dovevano applicare le modalità di intervento previste dalla legge n. 170/2010, né gli studenti con bisogni educativi speciali privi di certificazione di handicap ai sensi della legge n. 104/92.

Il nuovo piano della Regione Lazio (2022) specifica tutti i compiti e gli adempimenti:

“L’Assistente Specialistico è una figura funzionale ai processi di apprendimento e all’inclusione dell’alunno con disabilità o in condizioni di svantaggio ed interviene per potenziare le capacità dello studente in ambiti quali l’autonomia e la gestione degli aspetti cognitivi e relazionali. Pertanto, interviene in un’ottica non assistenzialistica rispetto al deficit, ma rivolta allo sviluppo di competenze dell’alunno e di tutti coloro che sono implicati nei processi scolastici per l’inclusione. L’Assistente Specialistico integra la propria attività con quella di altre figure (docenti curriculari, insegnanti di sostegno e personale ATA), non sovrapponendo compiti e funzioni, ma valorizzando i diversi ambiti di competenza. Il ruolo dell’Assistente Specialistico si differenzia sia da quello dell’insegnante di sostegno sia da quello dell’Assistente di base. È una figura professionale appositamente formata, che s’inserisce nelle attività scolastiche secondo un progetto (P.E.I. – Piano Educativo Individualizzato) elaborato in base ai bisogni dello studente. Il suo compito è di sostenere l’alunno nell’ambito dell’autonomia e della comunicazione, collaborando con il personale docente e non docente della scuola ai fini dell’effettiva partecipazione dell’alunno a tutte le attività scolastiche. L’Assistente Specialistico non è responsabile della programmazione didattica, ma esclusivamente degli obiettivi definiti nel progetto personalizzato; inoltre, svolge, all’interno del gruppo classe, un’azione di intermediazione fra l’alunno e i compagni.

La Regione Lazio considera l’assistente specialistico come la figura che svolge attività quali, solo per citarne alcune: la collaborazione nella stesura del Piano Educativo Individualizzato; la proposta di attività pensate per favorire l’autonomia dell’alunno, in coordinamento con gli insegnanti curricolari, con i servizi scolastici e con i servizi sanitari, socio-assistenziali, culturali, ricreativi, sportivi sul territori; la programmazione di specifiche attività integrative come laboratori di scrittura, musicoterapia, cinema e teatro; la promozione di processi in cui trova spazio il modello del “compagno tutor”; l’analisi delle richieste delle famiglie, per arrivare con esse a instaurare una relazione efficace; la realizzazione di percorsi di alternanza scuola-lavoro e progetti ponte per l’uscita dal percorso scolastico.

Al fine di ottimizzare e rendere maggiormente efficaci gli interventi, le istituzioni scolastiche e formative devono promuovere un più efficace coordinamento tra le diverse componenti coinvolte, in particolare tra la parte didattica e quella amministrativa, individuando per la realizzazione del progetto personale qualificato e con comprovata esperienza.

 

Conclusioni

La professione di assistente specialistico non è pienamente riconosciuta e solitamente il suo ruolo è definito da una serie di linee guida che l’ente locale finanziatore stila. Nelle scuole, la partecipazione dell’assistente specialistico nella pianificazione delle attività e degli obiettivi, prevista anche per il PEI, non è sempre assicurata. Per questi motivi il legislatore dovrebbe indicare percorsi di formazione specifici per tale figura, nonché il possesso di determinati titoli di studio, quali il liceo socio psico-pedagogico.

La Città Metropolitana di Torino specifica che “il servizio deve essere assicurato con il personale in possesso di titolo di studio di scuola secondaria di secondo grado in ambito educativo o pedagogico, o laurea in analoghe discipline, o in possesso di altro diploma d’istruzione superiore con comprovata esperienza almeno biennale nell’espletamento di servizi educativi o di assistenza scolastica”, ma anche “che non si verifichino compresenze di più figure adulte nelle stesse ore per lo stesso studente”. È interessante notare anche che “la presenza di una condizione di disabilità certificata non giustifica da sé la richiesta del servizio, ma si dovrà considerare l’effettiva utilità per ciascun caso di fruire dell’assistenza specialistica. Tale scelta verrà effettuata prioritariamente nell’U.M.I. Si ricorda che sono esclusi gli studenti con disturbi specifici di apprendimento o con certificazione di B.E.S.  o di funzionamento Intellettivo Limite. Parimenti sono, di norma, esclusi gli studenti che sono individuati dai consigli di classe con bisogni educativi speciali che rientrino nelle situazioni di svantaggio socio economico e linguistico”.

Nelle linee guida del procedimento di richiesta di assistenza specialistica del Comune di Salerno si specifica che “l’assistenza scolastica è un sostegno educativo destinato a studenti con disabilità, diretto ad assicurare il diritto allo studio attraverso forme di assistenza tali da facilitare la comunicazione, la socializzazione, l’inserimento e l’integrazione scolastica, l’apprendimento e lo sviluppo delle possibili potenzialità individuali. Il servizio prevede l’affiancamento di un operatore scelto tra gli organismi del Terzo Settore accreditati”. Si specifica anche che “le prestazioni sono rivolte a studenti con disabilità per i quali il competente servizio dell’ASL, attraverso la redazione della diagnosi funzionale, abbia specificato la necessità e la tipologia del servizio”.

Da quanto esposto risulta chiaro come i temi dell’istruzione e dell’organizzazione della scuola non abbiano avuto benefici dalla riforma del titolo V, che ha portato alla decentralizzazione di competenze e responsabilità. Un’ulteriore criticità è rappresentata dai Centri territoriali di supporto (CTS): istituiti dagli Uffici scolastici regionali in accordo con il Ministero dell’Istruzione, avrebbero il compito di attivare reti fra scuole – e fra scuole e servizi – nell’ottica di una piena inclusione degli alunni con BES, nonché di gestire efficientemente le risorse disponibili sul territorio. Spesso però all’interno di essi non si ha contezza neanche degli ausili e delle pubblicazioni specifiche presenti.

Nelle singole scuole, in ogni realtà, sarebbe opportuno un programma di coordinamento tra i docenti specializzati e non specializzati, il coordinatore di classe e gli altri servizi offerti dalla scuola, come l’assistenza specialistica e la consulenza psicologica, a partire dalle riunioni del Gruppo di Lavoro Operativo (GLO). Questo servirebbe a progettare percorsi e a mettere in campo attività efficaci per l’inclusione-integrazione, tenendo conto del tipo di scuola, della gravità della certificazione, del quadro orario della singola classe e della possibilità di accesso ai finanziamenti per gli ausili e le attrezzature.