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Buongiorno scuola: l’attualità del pensiero di Bruno Ciari
Proseguono le iniziative culturali relative alla ricorrenza del centenario della nascita di Bruno Ciari, figura chiave di intellettuale e pedagogista che anche INDIRE ha voluto omaggiare con uno spazio virtuale dove si trovano numerose risorse fra cui oggetti didattici, giornalini, scritti dell’autore e testimonianze.
Lo scorso 6 maggio, all’Università Roma Tre, si è tenuto il convegno Buongiorno Scuola – Cento anni con Bruno Ciari.
L’evento, organizzato dal gruppo Centenario MCE Bruno Ciari e dal gruppo cooperativo MCE di Roma, ha messo a fuoco la rilevanza, per gli educatori di oggi, del pensiero del maestro di Certaldo nelle sue implicazioni pedagogiche, politiche e sociali.
Il centenario deve rappresentare un’opportunità, come sostenuto dal rettore dell’ateneo, Massimiliano Fiorucci, che deve rifuggire da operazioni agiografiche per ribadire la centralità della scuola democratica in un momento in cui questa istituzione, così come la figura dell’insegnante, viene attaccata e delegittimata.
Rileggere le figure dei protagonisti della pedagogia democratica italiana, è per Paola Perucchini (Università Roma Tre), un’occasione per ripensare la scuola come una comunità che accoglie e mette al centro la relazione e i bisogni di ciascuno.
La vicenda biografica di Ciari è stata ricordata dalla moglie, l’ex insegnante e pedagogista Marcella Bufalini Ciari.
Nato in una famiglia con pochi mezzi nel 1923 e formatosi da autodidatta, Ciari si distingue giovanissimo per le posizioni antifasciste e per l’adesione alla Resistenza, combattendo come partigiano nella brigata Spartaco Lavagnini. Nel dopoguerra, la militanza politica nel P.C.I. lo porta a impegnarsi nell’amministrazione comunale del suo paese natale, Certaldo, in provincia di Firenze. Contemporaneamente instaura rapporti con l’università di Firenze e inizia a collaborare con il Movimento di Cooperazione Educativa, di cui diviene uno dei primi membri.
In seguito si trasferisce in Emilia-Romagna, dove gli vengono affidati incarichi di dirigenza di diverse istituzioni educative e dove rimarrà fino al 1970, anno della sua morte. Negli anni della sua intensa attività, Ciari si impegna nella promozione di una pedagogia fondata sul pensiero critico e scientifico, sull’esperienza diretta, sulla cooperazione, sull’attenzione all’innovazione e alla formazione dei docenti, sull’apertura al territorio e alla società, sulla valorizzazione delle differenze e delle individualità; una scuola che superi l’ottica del voto, che riconosca il valore epistemologico dell’errore, che si faccia motore di emancipazione e palestra di democrazia.
Contribuisce a tracciare un ritratto di Ciari anche Dario Missaglia, presidente dell’Associazione professionale Proteo Fare Sapere, che mette in luce il ruolo di intellettuale organico del pedagogista, impegnato a cambiare le istituzioni dall’interno, aperto allo scambio e al confronto con figure di diverso orientamento politico come Giorgio La Pira, convinto sostenitore del pacifismo, del disarmo e del superamento dei nazionalismi.
Su questi temi si sono confrontati i relatori, offendo una rilettura del pensiero e dell’azione di Ciari che ne ha evidenziato la grandissima attualità.
Vinicio Ongini, uno dei massimi esperti italiani di intercultura, in un dialogo con l’educatore Francesco Salimbeni, evidenzia come agli alunni con un retroterra migratorio non debba essere arbitrariamente attribuita una fragilità. La loro presenza nella scuola italiana rappresenta infatti un elemento fondamentale di pluralismo che permette a tutti di entrare a contatto con le differenze di lingua, religione, cultura. Differenze che, attraverso il confronto, ci permettono di comprendere meglio la nostra stessa identità. La scuola, evidenzia Ongini, è lo specchio della società e per questo non può non essere multiculturale.
Parlano di differenze, in una prospettiva storica, anche il pedagogista Marco Bocci e la storica Vanessa Roghi, ricordando come l’inclusione dei ragazzi e delle ragazze con disabilità nel contesto della scuola sia una cartina di tornasole del grado di democraticità della scuola stessa. Una scuola che etichetta e segrega è, come la definì Ciari una “grande disadattata”.
Cristiano Corsini, docente dell’Università Roma Tre e docimologo, è invece intervenuto sul tema della valutazione, centrale nell’opera di Ciari e del Movimento di Cooperazione Educativa. La ricerca scientifica ha dimostrato l’efficacia della valutazione formativa, svincolata dai voti, ma i decisori politici non sembrano interessati a queste evidenze e anche da parte di molti insegnanti, come sottolineato dalla maestra MCE Elisa Amato si registra la tendenza a usare pratiche tradizionali, percepite come più semplici e rassicuranti.
Ha affrontato il tema della formazione dei docenti Elisabetta Nigris dell’Università Bicocca di Milano. L’insegnante, per Nigris, deve essere formato dal punto di vista culturale e scientifico, evitando le impostazioni ideologiche e mettendo al centro il valore democratico del fare scuola. Per formare insegnanti democratici occorre offrire loro un modello, dando spazio al dialogo, ascoltando, curando il curriculum implicito e ancorando i principi teorici a quelli pratici. Un concetto ribadito dalla dirigente scolastica Cristina Martin, che sottolinea come la democrazia non possa essere insegnata né ai bambini né agli adulti se non si pratica: gli insegnanti hanno bisogno di spazi e tempi materiali di parola, la co-progettazione deve divenire la norma ed essere istituzionalizzata, non solo nella primaria, ma in tutti i gradi scolastici.
L’assessora alla scuola del comune di Roma Claudia Pratelli e l’insegnante Giovanni Castagno (MCE) hanno parlato del rapporto tra scuola e territorio, riportando l’esperienza della rete delle Scuole Aperte e Partecipate, che amplia la pratica del tempo pieno, fortemente sostenuta da Ciari, aprendo la scuola al territorio e valorizzando l’apporto delle associazioni di genitori.
Il convegno si è concluso con un’animazione teatrale del gruppo Centenario MCE Bruno Ciari, che ha messo in scena i dubbi degli insegnanti di oggi e le risposte che la pedagogia democratica può offrire.