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Giovedì 6 giugno si è conclusa la terza edizione del Convegno internazionale della rivista “Scuola Democratica”, ospitato dall’Università degli Studi di Cagliari, con un’edizione tutta dedicata ai bisogni e alle prospettive dell’educazione e della giustizia sociale.
L’incontro è stato promosso da Scuola Democratica. Learning for democracy, con la collaborazione di CIRD – Centro Interuniversitario per la Ricerca Didattica, Fondazione di Sardegna e Il Mulino Publishing House.
“La pluralità dei divari ci chiede la responsabilità di una pluralità di sguardi sui futuri possibili”. Così la Presidente INDIRE Cristina Grieco ha sintetizzato le riflessioni al centro del simposio “La pluralità dei Divari. Territori, Competenze, Tecnologie, Generi, Ecologie”. “La chiave è l’integrazione disciplinare, particolarmente urgente alla scuola secondaria, dove va evitato il rischio dell’iperdisciplinarizzazione. Vale per l’integrazione metodologica, ad esempio rispetto all’Intelligenza Artificiale e all’uso educativo delle tecnologie, così come per la questione ecologico-relazionale e per la didattica per competenze”.
INDIRE è impegnato da anni nel proporre un’innovazione trasformativa, cambiando il modello educativo, e nel collegare i framework nazionali con quelli internazionali. “La sfida – continua Grieco – è restituire cornici di senso per gli studenti, ma anche per i docenti e i dirigenti scolastici. In questo la frammentazione dei curricoli non aiuta ad affrontare la complessità, dobbiamo assumere orizzonti temporali lunghi”.
Territoriali, tecnologici, di competenze, di genere ed ecologici: sono questi i divari su cui le ricercatrici INDIRE hanno restituito un quadro interpretativo, presentato ricerche e proposto piste di intervento.
Durante il simposio, moderato dalla ricercatrice Giuseppina Rita Jose Mangione, è stato sottolineato come i divari a scuola portino a differenti opportunità di accesso alle risorse sociali e culturali, dunque l’ingiustizia significa anche un minor capitale culturale. Una via per contrastarla è quando la scuola ha la capacità di aprirsi al territorio, con un punto di forza: una visione di scuola come sistema che pensa ai divari – anche molto diversi tra loro – richiamandone l’interezza e la complessità.
Per Stefania Chipa e Patrizia Lotti, “l’isolamento geografico o demografico, la perifericità intesa come lontananza dai servizi e la marginalità collegate alle condizioni socioeconomiche di un territorio sono gli indicatori del divario territoriale”. Come sottolineato dal rapporto Unesco “Reimagining our Futures Together. A new social contract for education”, la risposta può arrivare da un nuovo contratto sociale per l’educazione, capace quindi di costruire capitale relazionale grazie alla promozione delle capabilities.
Jessica Niewint-Gori ha sottolineato invece come “il divario tecnologico non si possa risolvere con la diffusione di dispositivi e rete veloce. L’accesso è uno step importante, ma serve la competenza pedagogica, non basta la sola digitalizzazione della didattica: è una questione di atteggiamento pedagogico e competenze, digitali e non, di fronte al rapporto tra didattica e tecnologie. La scuola di fronte ai divari può avvalersi di soluzioni volte ad aumentare l’alfabetizzazione e la consapevolezza della tecnologia come “dispositivo” che, attraversando gli interventi di literacy, numeracy, data e digital literacy e citizenship, aiuta a creare una sinergia tra gli ambiti umanistico e tecnologico”. INDIRE, da tempo impegnato nell’innovazione didattica sul tema, è consapevole che il rapporto con l’Intelligenza Artificiale è oggi un tema anche di cittadinanza e di giustizia.
Alessia Rosa e Annalisa Buffardi hanno rilevato il divario di competenze come una sfida trasversale alla scuola italiana, chiamata a confrontarsi con la didattica per competenze “dall’infanzia all’istruzione degli adulti con i 130 CPIA e le 1469 scuole serali in Italia. A fronte dei risultati INVALSI e OCSE PISA si assiste al potenziamento degli interventi volti a migliorare le competenze chiave degli allievi e delle allieve, con particolare riferimento alle competenze di base per assicurare lo sviluppo di una solida formazione iniziale e per esercitare la piena cittadinanza da parte di ciascun individuo. Avvalersi di standard e modelli formativi e didattici utilizzabili in contesti e territori diversi porta a ripensare, ai fini dell’inclusione sociale dei giovani e degli adulti, una nuova mappa per l’orientamento”.
Valentina Pedani ha affrontato invece una questione al centro della scuola e della società italiana, il divario di genere: “Superare gli stereotipi di genere, che ancora segnano i vissuti e le percezioni di tutti gli attori della scuola. Assistiamo ancora a scuole con spazi o grembiuli rosa e azzurri, una dicotomia che riduce l’orizzonte di pensabilità dei modelli”. Ridurre il gap nell’orientamento scolastico, non accettare che la programmazione dell’Intelligenza Artificiale sia sproporzionata verso il maschile, contrastare la violenza di genere: sono attenzioni diverse ma importanti per ridurre la differenza di genere. “Le ragazze – secondo Pedani – dichiarano un’autoefficacia più alta tra gli 11 e i 14 anni, che crolla tra i 15 e i 19”.
Infine, Isabel de Maurissens ha affrontato la questione ambientale al centro della transizione ecologica: “In un processo mondiale di urbanizzazione e di separazione tra uomo e natura, non sono eguali le possibilità di accedere ai benefici dello stare a contatto con la natura. Non basta quindi solo “promuovere la natura”, come definito dal quadro delle competenze in materia di sostenibilità GreenComp, ma anche favorire la riconnessione con la natura degli studenti per sviluppare in loro empatia verso la natura, sviluppando la loro identità ambientale, l’integrazione dei curricoli, la formazione degli insegnanti e la promozione della sostenibilità a scuola in modo sistemico e infine il legame con il territorio attraverso i patti educativi di comunità.
“Questi importanti punti – ha concluso de Maurissens – sono necessario per contrastare “l’estinzione delle esperienza della natura” (Pyle). Inoltre, è necessario riferisci a evidenze scientifiche quando parliamo di sostenibilità per contrastare la disinformazione che risulta essere secondo World Economic Forum il rischio globale maggiore nei prossimi due anni. Infine tra le competenze del Greencomp, dalla recente analisi compartiva “Learning for sustainability in Europe: building competences and supporting teachers and school” di Eurydice risulta a livello europeo che 16 Paesi (tra cui l’Italia) su 37 non sviluppino affatto le competenze della terza area del GreenComp sull’alfabetizzazione verso il futuro. Su questo dovremmo riflettere e dare più strumenti per sviluppare la loro capacità di immaginare futuri sostenibili”.