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E-LEARNING

Calvani: sono i tutor che fanno la qualità dell'e-learning

Il docente di Tecnologie dell'istruzione riassume la situazione dell'e-learning in Italia anche alla luce del Decreto Moratti Stanca

di Indire Comunicazione
03 Ottobre 2003

In occasione del convegno "E-learning, apprendimento, società della conoscenza" tenutosi a Firenze il 5 settembre scorso, abbiamo incontrato Antonio Calvani, docente di Tecnologie dell'istruzione all'Università di Firenze. Il prof. Calvani si è occupato di Istruzione a distanza (Open Distance Learning), Multimedialità e dell'impatto sui giovani delle nuove tecnologie.
Secondo Calvani l'e-learning sta decollando in Italia "in modo forse anche spropositato", anche per iniziative legislative come il decreto Moratti Stanca per l'università. Per quanto riguarda la scuola invece "l'e-learning può essere uno strumento di grande importanza per la formazione degli educatori, per la formazione permanente, come habitat per forme di condivisione, occasioni per recuperare expertise, per far conoscere o dare certi apporti a insegnanti, manager della scuola", mentre in altri campi "le aspettative sono eccessive, soprattutto in ambito aziendale, dove si ritiene che l'e-learning significhi necessariamente una riduzione dei costi". Ma se l'e-learning vuol essere formazione di qualità allora significa anche investimento, soprattutto sul ruolo di tutor.
"Il tutor è una figura chiave, i tutor sono un po' i maestri del futuro. Una scelta strategica che la società dovrebbe fare nella formazione è quella di costruire le competenze dei tutor di rete. Gran parte della formazione in futuro sarà delegata a loro. Il tutor è una figura molto eterogenea, le competenze di un tutor sono molto sfumate, non è un istruttore, è un facilitatore, un coordinatore, un moderatore, un consigliere ... La formazione del tutor è un'operazione molto delicata, e molto importante, ed è comunque una funzione molto strategica, perché sono i tutor che fanno la qualità dell'e-learning"

Ci sono aspetti negativi? Controindicazioni all'e-learning?
La dispersività. A volte l'eccesso dell'offerta. Qualcuno identifica l'eccesso dell'offerta con ricchezza e autonomia. In realtà accanto all'offerta ci vuole anche una guida. La persona deve trovare il giusto modo di apprendere, deve sentirsi seguita, sentire che c'è qualcuno che si prende cura di lui. Questo non è facile da realizzare.

E l'assenza del contatto umano?
E' una variabile che va vista caso per caso. Noi abbiamo esperienza di corsi in cui gli allievi si incontrano un paio di volte l'anno, quel tanto che basta per riconoscersi fisicamente, per dare quel minimo di certezza fisica e poi si torna a lavorare on line a stabilire buoni rapporti collaborativi.
Tutto dipendete dalla tipologia del corso. Ci sono corsi più orientati verso apprendimenti di natura operativa che richiedono situazioni face-to-face in numero maggiore.  
La soluzione a questo problema è quella del blended learning. Il dosare l'apprendimento in presenza e quello on line è un fatto da parametrizzare caso per caso. Però io ritengo che in linea di massima, fra adulti che condividono già una cornice culturale comune, fra i quali vi è già un minimo di accordo su certi obiettivi comuni, sia possibile fare gran parte del lavoro on line.
Faccio riferimento all'esperienza del learning circle, all'esperienza delle scuole, dove insegnanti e anche allievi collaborano e fanno progetti comuni. Certo non sono forme di collaborazione densa, però sono comunque forme di lavoro organizzato, di lavoro condiviso, con scambi e arricchimenti reciproci molto interessanti. Quindi gran parte del lavoro si può fare anche on line. Dipende dagli accordi, dalla capacità di stabilire regole chiare fra le persone che entrano in queste attività. Certamente la collaborazione va costruita.

Ma a chi dice che l'e-learning non è umano, lei cosa risponde?
Se lei telefona a un amico o a una fidanzata, lei supera la distanza, vive una situazione di prossimità, si crea un sorta di vicinanza psicologica. Quando in un gruppo collaborativo le persone cominciano a scambiarsi messaggi, gli scambi sono appassionati. C'è una specie di vicinanza psicologica per cui la persona si sente all'interno del gruppo, e sente che gli altri la riconoscono, interagiscono. 
C'è questo grossissimo elemento nella Fad, la Formnazione a distanza di terza generazione, o e-learning, cioè il fatto di permettere di far percepire l'apprendimento come un'esperienza fondamentalmente sociale. Questo è il potenziale nuovo, ma ciò ha anche un costo. Questo sentire l'apprendimento come partecipazione sociale va gestito, va organizzato, va curato.
Da un certo punto di vista la Fad di terza generazione costa di più di quella di seconda. Fare videocassette ed erogarle a migliaia di persone, e ri-erogarle di nuovo in seguito, non costa molto, ha un'economia di scala che garantisce il risparmio. La Fad di terza generazione richiede invece che le persone con cui interagisci, i tutor, di nuovo, al secondo corso, al terzo corso, siano sempre lì presenti. E questo è un costo.
La Fad di terza generazione costa meno in partenza e consentono di partire con mezzi e contenuti meno strutturati, un po' informali, ma devono esserci tutor che li arricchiscono via via e, al secondo corso, i tutor devono sempre essere presenti. E sono una spesa importante della formazione.
La Fad di terza generazione ha questa potenzialità che deriva da questa interattività molti-molti, la possibilità di interagire fra pari, di far parte di più gruppi e quindi di far superare il senso di isolamento. Il progettista deve decidere: voglio tendere al risparmio, faccio un approccio più erogativo e riduco la spesa della tutorship. E in certi casi ciò è necessario quando si lavora sui grandi numeri. Oppure deve dire: gioco più sull'interazione perché do più importanza a questa dimensione fenomenologia, personale, del mettere la persona in condizione di sentirsi seguita in un percorso personalizzato. Queste le due scelte: si guadagna qualcosa da un parte si perde qualcosa dall'altra.

Ma se un'azienda non ha una riduzione dei costi, quali interessi può avere a usare l'e-learning?
L'interesse per le aziende è avere una formazione di qualità. Una formazione che permetta a un'impresa di eccellere in un campo. Certo i costi devono essere tenuti sott'occhio, però sono possibili integrazioni: lo scambio diretto, l'argomentazione fitta, prendere decisioni ... questo lo si fa in presenza. Anche l'emozione della presenza, è un momento di grande importanza per creare il senso di appartenenza a una comunità. L'essere faccia a faccia permette di comunicare molto di più che con le sole parole. La comunicazione di persona è molto densa, piena di scambio, va al di là di quello che viene detto. E' una condizione insostituibile e ha dimensioni cui non avevamo mai fatto molta attenzione. Le tecnologie a volte hanno ricadute a ritroso: come l'ipertestualità che ha fatto riscoprire i libri. Quindi la comunicazione in presenza ha specificità che vanno salvaguardate. La rete però a sua volta offre una serie di opportunità: creare forme di condivisione tra tanti soggetti che lavorano ciascuno nel proprio spazio ma si scambiano informazioni, entrano in rapporto. Sono scenari di grandissimo interesse. Vanno studiati nelle loro architetture anche organizzative. Non è che basta essere su internet e si produce conoscenza. La collaborazione su internet è qualcosa di molto complesso, che va predisposto, preparato, attraverso regole, criteri e formazione delle persone che poi le devono gestire.

Con l'e-learning la formazione è migliorata?
Rispetto alla educazione a distanza di seconda generazione l'e-learning ha questo elemento in più: la possibilità di consentire a una persona isolata di vivere un'esperienza di apprendimento di natura sociale, collaborativa: creare una sorta di prossimità virtuale con un gruppo, con una comunità. La Fad di seconda generazione, quella erogativa (televisione, cassette), lasciava inesorabilmente l'allievo in una condizione di desolante isolamento. Questo senso di solitudine, di abbandono, è la causa di drop out di tutte le distance education. L'e-learning ha in sé questa possibilità di consentire a persone che pur non sono fisicamente vicine, di sentirsi parte di una comunità, di un gruppo.

Un'ultima domanda: cosa ne pensa del Decreto Brichetto Moratti-Stanca?
Il decreto Brichetto Moratti-Stanca ha alcuni meriti e alcuni elementi che sollevano perplessità. Cominciamo dalle perplessità. Una di natura concettuale, istituzionale ... Nel decreto così com'è formulato c' una situazione piuttosto strana. E' un decreto attuativo che dovrebbe mettere in attuazione una legge che determina come le università devono gestire l'e-learning. In realtà a un certo punto si dice che gli attori, pubblici o privati che seguiranno questa normativa, si possono definire "università". Anche questa formulazione dà la possibilità ad attori che non sono università in partenza, di diventare università nel momento in cui rispettano questi standard. Si apre la porta alla possibilità di creare nuovi tipi di università, con tutta una serie di comprensibili implicazioni di varia natura. E questo è oggetto di grosse discussioni e critiche.
Da un punto di vista tecnico, io trovo che sostanzialmente c'è una buona descrizione dell'e-learning e il decreto ha anche il merito di avere, per la prima volta, detto che "esiste l'e-learning", questo in un paese come il nostro dove l'educazione a distanza viene identificata dai più come educazione televisiva.
Io non approvo tanto l'allegato tecnico, che pure è accettabile nella lettera, però tende a dare un'impressione dell'e-learning troppo identificata con il rispetto di standard tecnologici. Quelli sono standard per l'interoperabilità degli oggetti, ma poco dicono della qualità culturale dell'oggetto. Quella grossa fetta dell'allegato tecnico sembra dire: "o rispetti questi standard se no non c'è qualità". Questa è una cattiva definizione di e-learning.
Oltre questo trovo un altro aspetto che crea difficoltà per le università.
Nelle università italiane, l'e-learning normalmente non è rappresentato da corsi di laurea ad hoc, completi, ma da attività che si sono aggiunte ai corsi in presenza fino quasi a creare dei corsi paralleli a quelli in presenza. La impostazione del decreto, invece, non tiene conto che le università italiane stanno andando verso una modalità duale per cui il corso on line è la versione on line del corso in presenza, ma strutturalmente e finanziariamente il corso effettivo è quello in presenza.
Questa formulazione la trovo poco consona alla natura, alla situazione che esiste nelle università italiane. Sono tutte cose che dovrebbero essere un po' corrette.

 

 
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