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STRATEGIE COMUNICATIVE

Ernesto Balducci Edgar Morin, Ripensare la politica - (4)

Edgar Morin

di Patrizia Lotti
10 Ottobre 2003

G. Zizola
Sarebbe interessante conoscere l’opinione di Edgar Morin su questo orizzonte religioso, se lo trova incluso nella sua visione della complessità, se può motivare una liberazione politica, senza integrismo e senza fanatismo. Se dunque c’è la possibilità di rifondare religiosamente la laicità e dunque anche la politica per renderla veramente riflesso della solidarietà che si proclama di creare.


E. Morin
Ho l’impressione che l’opposizione virulenta che c’è stata la religione e la laicità, oggi possa essere superata nel modo seguente. Prima di tutto bisogna rendersi conto che gli spiriti laici, umanisti, hanno una fede, cioè credendo in alcuni valori, la fraternità, l’amore, la solidarietà, ma questi valori non possono essere dimostrati scientificamente. Se facciamo una scommessa, facciamo una scommessa sulla fraternità, facciamo una scommessa sull’amore. Ora io credo che il primo pensatore religioso veramente moderno, Pascal, a differenza dei teologi del Medioevo, secondo i quali si poteva dare un numero impressionante di prove razionali, empiriche  e logiche dell’esistenza di Dio, aveva capito perfettamente che non esistono prove razionali logiche ed empiriche. Intendiamoci, per lui, erano la debolezza, i limiti della ragione a dimostrare che l’origine del divino era qualcosa di indicibile e di ineffabile ma non potendo avere nessuna prova ha avuto questa formula della scommessa: scommetto… dobbiamo scommettere… soprattutto dava delle ragioni. Ora credo che noi, come credenti o come laici, facciamo delle scommesse, scommesse pericolose in cui rischiamo la nostra identità, rischiamo di perderci, di sbagliarci, ma occorre saperlo, bisogna cercare di correggere se ci rendiamo conto che ci sbagliamo questo è un primo elemento molto comune.

Il secondo consiste nel fatto che, io credo, ogni vita possa realizzarsi in un modo che stupirà sempre colui che non è in quel sistema di vita… Per esempio, sono stato nel Machupichu, in Perù, quel luogo straordinario dove da secoli alcuni preti di religione Inca hanno vissuto nel culto del sole, hanno vissuto nell’adorazione del sole, hanno passato la loro vita per il sole, in questa adorazione. Ebbene, dicevo che anche questa vita ha valore quanto quella di un deputato al parlamento francese o a Montecitorio, quanto quella di un funzionario, di un matematico…  credo che siano delle vite che si realizzano secondo alcune forme, nelle quali noi non possiamo entrare ma che dobbiamo rispettare. Per quanto riguarda le religioni (penso alle grandi religioni e non solo alle religioni del Libro di Abramo, penso anche al Buddismo, una religione basata sulla compassione per la sofferenza, una religione anch’essa universale), dobbiamo capire che tutte le grandi religioni che hanno un origine universale, hanno questo fondo di fraternità comune che è anche il nostro e dunque un fondo religioso comune, anche per le persone senza Dio cioè senza rivelazione.

Certo le religioni portano in sé una contraddizione: è spesso in nome dell’amore che l’odio si è diffuso e che i fanatici hanno combattuto gli uni contro gli altri. Si parlava nel 1492, un evento segnato dallo sterminio di vastissime popolazioni in America, ma nel 1492 Isabella la cattolica caccia dalla Spagna gli Ebrei e i Musulmani. Ecco una data molto ambigua perché è vero che si tratta dell’inizio dell’era planetaria ma è anche un inizio atroce e propongo di celebrare il 1492 in questa ambivalenza invece di gargarizzarci con parole esaltate, autocompiacenti.
Questo per dire che le religioni devono imparare ad essere tolleranti non per la debolezza, non perché si affievoliscono, ma per la necessità interna di capire l’alterità. E le persone che non sono religiose devono essere anch’esse tolleranti ciò significa che anche noi possiamo unirci su questo fondo di tolleranza e nel compito dell’umanità planetaria. Penso che le spiritualità religiose, le sorgenti di fraternità religiosa e le sorgenti di fraternità post-religiosa (perché in un certo senso l’ideale socialista, Internazionale sono forme laicizzate che derivano da queste origini religiose), penso che tutto ciò dovrebbe essere capito senza per questo identificarvisi, senza cercare l’omogeneità. Siamo “altre”, ma possiamo capirci e partire da queste sorgenti.

G. Zizola
Le resterebbe ancora, prof. Morin,  un po’ di tempo per il tema del passaggio della sovranità nazionale al soggetto politico mondiale. Sarebbe possibile dirci qualcosa a questo riguardo?


E. Morin
Prima di tutto dico, molto brevemente, che la fecondità storica dello Stato-nazione è terminata. Ciò significa che c’è stata una fecondità storica, compreso, e soprattutto, nella decolonizzazione dei popoli oppressi che si sono potuti liberare attraverso una formula nazionale.
Oggi quella fecondità è esaurita perché prima di tutto lo stato è troppo piccolo in confronto a tutti i grandi problemi che sono continentali e soprattutto mondiali, ed è troppo grande, troppo lontano, a causa della sua burocrazia e la sua amministrazione astratte, dai problemi concreti degli individui. Allora in che modo attuare il passaggio? Il passaggio si fa da diverse parti.

Prima di tutto si fa dal basso dello stato cioè con il rispetto delle autonomie provinciali, regionali, locali, l’autonomizzazione della base; cioè una limitazione dei poteri statali che viene dal basso, dalle comunità regionali e locali.

Ma si fa anche dall’alto attraverso la creazione di federazioni; il movimento verso la federazione europea è un movimento che normalmente, logicamente tenta di superare lo Stato-nazione. Quel che è deplorevole è che il movimento sia prima di tutto messo in atto sul piano economico mentre abbiamo bisogno di istituzioni politiche. Penso inoltre che questo movimento debba essere concomitante ad un movimento di istituzioni planetarie perché è evidente che il problema della biosfera, il problema che richiede una cooperazione organica a livello planetario. Penso anche a quell’embrione di costituzione di un potere mondiale che è l’ONU, potere efficace che si è manifestato alla fine dell’estate ed all’inizio dell’autunno, ma che rischia oggi di deteriorarsi. Era la prma vola che l’ONU diventava qualcosa di diverso da un luogo di chiacchiere impotenti, e ritorno al problema della guerra di cui parlava così giustamente padre Balducci.

Prendiamo l’ipotesi di una confederazione europea fondata sulla democrazia dove tutti gli stati devono essere democratici, fanno un’associazione democratica e sono democratici. Se uno stato diventa dittatoriale c’è un dovere di ingerenza anche militare da parte degli altri stati per ristabilire la democrazia. Può essere una guerra ma il senso di questa guerra è in realtà un’operazione di polizia. L’equivoco dell’attuale situazione è che l’ONU cominciava a poter avere una forza di polizia ma bisogna che si sia un minimo di consenso e bisognava che per lo meno in quel momento si considerasse il  Medio Oriente nel suo insieme: cioè se contemporaneamente avessimo proposto una conferenza internazionale per considerare prima di tutto il problema palestinese, il problema del superarmamento, e poi quello libanese, allora, avrei detto che questa guerra avrebbe avuto un aspetto di polizia internazionale. Ecco, possiamo sviluppare l’ONU, possiamo sviluppare non solo la federazione europea, poiché c’è stato il sogno di Bolivar in America Latina, un continente che ha la stessa lingua o quasi a parte il Brasile. Il Medio Oriente è un luogo tipico dove bisogna che ci sia una confederazione e dirò, con il rischio di scandalizzare molti, una confederazione che includa Israele, perché è chiaro che c’è una complementarità economica e culturale. Bisogna che ci sia una confederazione Maghrebina, nord-Africana, bisogna che ci siano delle confederazioni politiche in Africa nera … Dico bisogna, è chiaro che si tratta di un pio auspicio ma è certo che la direzione da prendere è questa, la via è molto difficile ma dobbiamo proseguire per quest’unica via, che è il solo cammino umano.

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