Approfondimento

Mobbing e straining: esistono a scuola?

Mobbing e straining: alcune definizioni

Il termine Mobbing è entrato nell’uso comune ormai da tempo per indicare vessazioni e violenze psicologiche ai danni di un lavoratore. Tuttavia, i casi di mobbing si possono ritenere tali se constano di almeno 5 episodi accertati in un arco temporale di minimo 6 mesi.

Come classificare allora tutti quegli eventi di terrore psicologico che non hanno questa frequenza, ma che anche con un solo episodio – ad esempio un trasferimento dequalificante che ostacola tutta la carriera – possono compromettere la saluta psicofisica di un lavoratore?

Con la sentenza n.286 del 21.04.05, il Tribunale del Lavoro di Bergamo ha riconosciuto lo Straining, una condizione discriminatoria di stress forzato sul posto di lavoro, in cui la vittima subisce almeno una situazione ostile e stressante che ha un effetto negativo, costante e permanente, sulla sua condizione lavorativa.

Se questa distinzione è necessaria per quantificare il risarcimento, stabilendo così dei criteri di valutazione, dal punto di vista psicologico e culturale i confini tra mobbing e straining sono più labili poiché la dinamica distruttiva si ripete in entrambi i casi, costituendo un elemento importante da tenere a mente quando si programma un piano di intervento o di prevenzione.

Mobbing e straining a scuola

Anche il contesto scolastico, in quanto ambiente lavorativo, non è immune da casi di mobbing e straining che si verificano sotto diverse forme: ascendente (docenti contro dirigente scolastico, ma anche alunni contro docente), verticale, detto anche bossing (dirigente contro docente, docente contro alunno) e orizzontale (tra colleghi).

Il Collegio dei docenti o il Collegio dell’Istituto sono a volte terreni fertili per il mobbing perché il mobber, che è sempre un individuo ben radicato nel territorio, può contare sull’azione dei gregari ovvero su genitori o colleghi che non partecipano fattivamente alle azioni di terrore psicologico, ma lo facilitano con un atteggiamento connivente che isola la vittima.

Un “caso-scuola”

Nella provincia di Bari una docente chiede al dirigente scolastico di rispettare il divieto antifumo e di affiggere i cartelli richiesti per legge. In seguito al mancato adempimento, la docente si rivolge al tribunale che condanna il dirigente per omissione di atti di ufficio. Prende così il via una catena di eventi che vede dirigente e docente sempre più contrapposti in varie cause legali. Ma è soprattutto durante il Collegio dei professori, che lo scontro si fa più forte: il dirigente umilia la professoressa e le risponde con numerose sanzioni disciplinari. L’Ufficio Scolastico provinciale e regionale prende le parti del preside, la docente viene trasferita d’ufficio e dopo dispensata dal servizio per rendimento insufficiente. Il sindacato Gilda, insieme all’avvocato De Grandis, affianca la docente e ottiene che il CNP (Consiglio Nazionale Pubblica Istruzione) reintegri la professoressa.

Colpevole di mobbing, il dirigente scolastico è tenuto al risarcimento di circa 25mila euro per danno biologico e morale. Secondo l’avvocato De Grandis, questo caso vale per il riconoscimento definitivo del mobbing a scuola.

Come agire?

Nel testo Stare in gruppo,  l’autrice Giuseppina Speltini definisce il collegio dei docenti come un “gruppo imposto” perché vi si appartiene innanzitutto per dovere lavorativo e poi eventualmente per interessi comuni.  La riunione del collegio dei docenti può essere considerata quindi “un gruppo formale” che stabilisce le regole istituzionali da seguire. Per quanto il collegio non abbia carattere di obbligatorietà, spesso la partecipazione è percepita dagli insegnanti come un’imposizione e quindi come un compito da svolgere nel minor tempo possibile per evitare perdite di tempo.  Ma è proprio l’impegno nel collegio docenti che potrebbe migliorare non solo le condizioni dell’istituto, ma anche dei rapporti tra colleghi e superiori. Come infatti afferma Brancaccio ne Le riunioni docenti, (atti del seminario “Il tirocinio nella formazione iniziale degli insegnanti” – Roma, 22-23/10/1999) “la gestione delle riunioni è particolarmente delicata ai fini di un efficace miglioramento della scuola”.

Tuttavia “nessuno dei partecipanti, a partire dalla dirigenza, vuole/ha la competenza per trasformare gli incontri in un gruppo di lavoro; manca infatti, spesso, una adeguata divisione/riconoscimento dei ruoli rispetto al gruppo” rileva Paolo Fasce, docente e ricercatore.

Quali misure si possono adottare quindi nel proprio piccolo per contribuire in modo attivo alla gestione dei conflitti?

In Come condurre le riunioni Roger Mucchielli segnala alcuni aspetti fondamentali da introdurre nei gruppi affinché i rapporti siano equilibrati e l’incontro sia propositivo:

  •  creatività;
  • discussione;
  • informazione ascendente;
  • concertazione;
  • trattativa;
  • confronto.

La creatività permette di introdurre nel gruppo idee innovative che puntino al miglioramento costante, per questo, favorire uno scambio di idee, implementa la produttività della riunione soprattutto se ogni partecipante prende parola ed esprime le proprie idee durante un arco temporale concesso a tutti.  Se ciascun docente presta attenzione all’altro, oltre a poter intervenire nella discussione in modo consapevole, garantisce che la circolazione delle informazioni non venga interrotta dalla disattenzione. Questi aspetti favoriscono un clima di accordo che facilita l’agire in concerto, trovando punti di accordo attraverso il confronto.

E’ inevitabile che ci siano dei conflitti. È altrettanto probabile però che ci sia spirito collaborativo e quindi un orientamento alla trattativa, giacché a interloquire sono sempre persone adulte e, auspicabilmente, ben formate”, sottolinea Fasce che indica quali elementi osservare per gestire responsabilmente il proprio ruolo nel gruppo: le modalità di conduzione della riunione; la calibratura dell’ordine del giorno sulla base del tempo effettivamente disponibile, evitando che scontri personali privino la riunione del suo tempo necessario; garantire un feedback ai partecipanti relativamente alle conclusioni raggiunte; esprimere informazioni chiare agli studenti e ai genitori ribadendo con efficacia le conclusioni che li riguardano. Questi sono solo alcuni aspetti che permettono a ciascun lavoratore di monitorare i propri atteggiamenti e di agire consapevolmente all’interno del gruppo, evitando dinamiche persecutorie e fissando come obiettivo comune la libera espressione di tutte le intelligenze, avvantaggiando l’armonia del gruppo e quindi il proprio equilibrio.

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