Approfondimento

La percezione del rischio sul posto di lavoro

19 settembre 1932, grattacielo RCA del Rockefeller Center in costruzione.
Charles Clyde Ebbets fotografa 11 colleghi manovali seduti su una trave sospesa nel vuoto durante la loro pausa pranzo. L’immagine viene pubblicata sul New York Herald Tribune, “Lunchtime atop a skyscraper”, insieme ad un articolo che contestava la mancanza totale di protezioni o misure di sicurezza.
Ciò che colpiva e colpisce della foto è l’assoluta tranquillità con cui i lavoratori consumavano il proprio pranzo a quella vertiginosa altezza.
Eppure già nel 1932 la foto suscitò scalpore, quindi è da escludere il fattore totale mancanza d’attenzione sul tema della sicurezza sul lavoro. Il punto cruciale allora sta nel fatto che quegli uomini non ritenevano pericolosa la situazione in cui si trovavano.
Questa prassi può essere tanto vera e condivisa dai lavoratori quanto è altrettanto certo il definire “impossibile il rischio” quando si tratta di attività umane. Nel mondo del lavoro in sostanza la sicurezza assoluta non esiste.
Preso atto di questa “ineliminabilità” legata alla frequenza ciclica di eventi dannosi, l’unica strada percorribile è quella di ridurre al minimo gli incidenti per renderli “accettabili”, attraverso il controllo e la formazione individuale.
E’ fondamentale insistere sullo sviluppo di una diffusa cultura della prevenzione proprio perché la percezione del rischio da parte dell’individuo è personale. Un possibile pericolo è che il lavoratore ritenga di avere sotto controllo la situazione solo perché da molto tempo non si sono verificati incidenti.
Questa è solo una falsa sicurezza poiché si affronta una determinata situazione in modo esclusivamente soggettivo. Spesso si sottovalutano determinate condizioni in quanto correlate ad abitudini giornaliere ed è l’esperienza a dettare alcune line guida a seconda dei gruppi di lavoro, dei valori culturali, dell’età e del sesso. Inoltre se un certo comportamento provoca un beneficio, il rischio verrà erroneamente percepito in misura minore con la sensazione che avere una certa familiarità significa essere immune da un possibile pericolo.

Le ricerche effettuate finora hanno evidenziato come sia indispensabile tenere in considerazione i molteplici elementi che determinano comportamento iniziale e finale del lavoratore.
Ecco quelli principali insieme ad un focus sulla relazione tra alcol e alterazione della percezione del rischio.

CULTURA DELLA SICUREZZA E FORMAZIONE
Cultura della sicurezza va intesa come parte integrante di tutti gli aspetti. Questa comprende i processi organizzativi, le pratiche professionali, le norme scritte, le convenzioni informali, i linguaggi, i modi di pensare, di percepire e di rappresentare il rischio nell’impresa.
Chi gestisce l’Azienda deve passare dall’ottica di adempimento schematico e rituale delle leggi ad un approccio condiviso di lavorare in sicurezza. Non favorire il benessere all’interno della struttura significa generare a tutti i livelli alibi che convergono verso soluzioni comode e non sicure. Soprattutto la mera informazione non genera cambiamento nelle prospettive personali e l’applicazione di sanzioni disciplinari come punizione non può essere considerato il solo e unico strumento di costruzione di comportamenti sicuri. La percezione della cultura della sicurezza si ottiene soprattutto quando i dipendenti credono nella “mission” e la sicurezza viene “vissuta” giorno per giorno. Quest’aspetto si intreccia a pieno titolo con il discorso della formazione, poiché maggiore è la percezione di attenzione generale e maggiore sarà la possibilità che i dipendenti apprendano le procedure di sicurezza.

ATTEGGIAMENTI INDIVIDUALI
La percezione del rischio è un processo cognitivo che condiziona le attività e gli atteggiamenti degli individui. I comportamenti sicuri attuati nell’ambito del proprio lavoro condizionano la vita quotidiana in molti dei suoi aspetti.
Eccezion fatta per alcuni meccanismi ritenuti oggettivi, la percezione del rischio è condizionata da una valutazione soggettiva del pericolo (propensione al rischio). Può infatti, capitare che lo stesso episodio venga percepito in maniera differente dalle persone. Nello svolgimento della propria attività lavorativa c’è chi sovrastima il rischio a cui è esposto e chi invece tende a sottovalutarlo (illusione di sicurezza). In generale c’è la tendenza a sottostimare il rischio di eventi con conseguenze di lieve o media gravità ma con alta probabilità di accadimento, e ad esagerare il rischio di eventi con conseguenze molto gravi ma con bassa probabilità di accadimento.
Un caso a parte risulta essere quello di chi ha avuto un’esperienza personale di infortunio, poiché episodi di questo tipo comportano un aumento della percezione del rischio e un calo della soddisfazione verso le misure di sicurezza adottate sul posto di lavoro.

DIFFERENZE LEGATE AL TIPO DI LAVORO, CONOSCENZE, ESPERIENZA, CONTRATTO DI LAVORO
Analizzando la percezione del rischio in base a fattori come il tipo di occupazione svolta, il tipo di contratto lavorativo, l’esperienza maturata e le conoscenze possedute, il primo dato che emerge è che i lavoratori con mansioni non decisionali sarebbero più inclini agli infortuni rispetto ai lavoratori con più responsabilità e con incarichi superiori.
Anche le differenze di tipo contrattuale influenzano la percezione del rischio di ciascun lavoratore. Chi ha un contratto a tempo determinato o “atipico” tende ad avere una bassa considerazione dei rischi legati al proprio lavoro. I lavoratori strutturati, invece, risultano avere una percezione del rischio maggiore e a mantenere un livello d’attenzione alto.
All’interno di questa analisi vanno considerati anche i lavoratori immigrati, che nel Paese ospitante sono spesso costretti ad accettare mansioni a più alto rischio e condizioni di lavoro più disagiate o pericolose (lavoro “a nero”, orari prolungati, straordinari). Rispetto ad altri dipendenti non ricevono un’adeguata formazione sulla sicurezza, con la conseguente mancanza di conoscenza dei rischi a cui sono esposti e una maggiore propensione agli infortuni.

DIFFERENZE CULTURALI
La percezione del rischio è fortemente influenzata dagli orientamenti culturali prevalenti ed anche dai processi sociali che si realizzano intorno alla definizione e valutazione del pericolo.
Il bagaglio culturale, l’educazione, le tradizioni del Paese di origine, influenzano i modi di agire e di conseguenza anche il comportamento sul posto di lavoro. Il contesto culturale di ciascuna società influenza quindi la percezione del rischio, con il risultato che determinate situazioni sono considerate pericolose da alcuni gruppi, mentre non hanno lo stesso effetto per altri.
Chi realizza un programma di gestione della sicurezza deve quindi tener conto dei diversi sistemi di credenze che contraddistinguono ogni persona. Un modo per favorire una comune cultura della sicurezza è quello di individuare, all’interno del gruppo di lavoro, un leader che sia punto di riferimento per gli altri e a cui affidare la diffusione del messaggio di prevenzione.
Le differenze culturali hanno un forte impatto anche sulla formazione alla sicurezza: spesso i lavoratori stranieri non hanno accesso alle informazioni base sulla sicurezza, prima di tutto per una questione di comprensione della lingua, e poi per timore nel formulare domande o esporsi.

DIFFERENZE LEGATE AL SESSO
La cultura della sicurezza e la percezione del rischio sono valutate in maniera differente anche in base al sesso del lavoratore. Se vengono poste le stesse domande sulla sicurezza a lavoratori di genere differente, vedremo che le risposte non saranno le stesse. Le donne, infatti, risultano avere una maggiore sensibilità nella percezione del rischio rispetto agli uomini.
Probabilmente per il cosiddetto “istinto materno” che le contraddistingue, le donne riescono a raggiungere un maggior livello di partecipazione e coinvolgimento rispetto alle dinamiche sulla sicurezza nel posto di lavoro. Sono maggiormente predisposte a sacrificare il proprio benessere per il raggiungimento di quello comune.

DIFFERENZE LEGATE ALL’ETA’
In base all’età si riscontra una maggiore incidenza di infortuni tra la popolazione lavorativa giovane rispetto a quella più anziana. Questo fenomeno non è sempre dovuto alla disattenzione o all’impulsività, quanto invece, più frequentemente, alla poca esperienza professionale. La scarsa propensione ad assumere comportamenti sicuri sul posto di lavoro da parte dei giovani, è dovuta a una minore presa di coscienza delle conseguenze che i determinati atteggiamenti possono avere poiché comporterebbe un cambiamento del proprio stile di vita.

ALCOL E PERCEZIONE DEL RISCHIO
L’alcol, in qualunque dose, può alterare alcune attività celebrali legate alla percezione del rischio. Diminuisce l’attenzione, porta ad una sottovalutazione del pericolo e causa gravi danni psichici e neurologici. A livello pratico invece può influire negativamente sulla guida di un mezzo e sull’utilizzo di apparecchi pericolosi per sé e per gli altri.
La regola generale è che, quando l’attività lavorativa svolta comporta un elevato rischio di infortunio sul lavoro o la salute di altre persone, è vietato assumere bevande alcoliche. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) stima che il 10-30% degli infortuni sul lavoro siano alcol correlati. Inoltre, l’effetto tossico di alcune sostanze presenti negli ambienti di lavoro è potenziato dall’alcol e può causare danni in particolare al fegato, al sistema nervoso centrale e all’apparato cardiovascolare.
Risultano dannose le seguenti associazioni: Alcol+Solventi (cloruro di vinile,eptano, benzolo, tricloroetilene), Alcol+Pesticidi (DDt, Dieltrin,Organofosforici), Alcol+Metalli (piombo, mercurio, cromo, cobalto, manganese), Alcol+Nitroglicerina.

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