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20 Ottobre 2023

E se l’informatica fosse troppo importante per lasciarla nelle mani degli informatici?

Il nostro resoconto della visita all’International Conference on Live Coding (ICLC) di Utrecht

di Giovanni Nulli

Come i nostri affezionati lettori sapranno, dallo scorso anno scolastico stiamo conducendo una sperimentazione in classe di live coding musicale¹.

Con Giovanni Mori, musicologo di Tempo Reale, e Francesco Corvi, che ad aprile scorso era tesista all’Institute of Sonology e ha curato la formazione ai docenti, abbiamo presentato un articolo all’International Conference on Live Coding (ICLC) che si è svolta a Utrecht, nei Paesi Bassi, per condividere il primo anno di esperienza con la comunità dei live coder e descrivere il progetto e il modello di formazione adottato.

Per capire il senso della conferenza, va fatto un minimo di introduzione rispetto a cosa è il live coding: il termine più adatto è quello di performance, cioè qualcosa che esiste in funzione in un tempo specifico e limitato. Il live coding, quindi, è una performance basata sul coding.

Ma cosa si fa con il coding in queste performance? Si creano e si compongono musica e immagini dal vivo, auspicabilmente davanti a un pubblico di spettatori. Siamo quindi, a tutti gli effetti, in ambito artistico. Qui però non stiamo solo utilizzando il computer per creare musica e immagini, cosa scontata, ma per farlo lavoriamo direttamente con del codice: non ci sono le interfacce grafiche classiche dei software utilizzati nella musica elettronica, ma solo degli ambienti di programmazione creati ad hoc per scrivere codice, attraverso il quale il computer andrà a creare ciò che gli è stato indicato nell’algoritmo. Il tutto avviene in maniera interattiva e in tempo reale.

Questa è una cosa da informatici o da artisti? E in che modo questo può servire o interessare alla scuola? Le due domande sono strettamente collegate, e cercherò di affrontarle dopo aver presentato quello che ho visto a Utrecht.

Le sessioni cui ho assistito sono state molto specifiche e allo stesso tempo trattavano argomenti molto distanti tra loro, da quelli tecnico-ingegneristici a quelli espressivo-artistici. Il nostro intervento era l’unico che parlava di scuola e pedagogia e ha suscitato molto interesse.

La comunità scientifica, oltre a quella degli artisti, è da tempo interessata al fenomeno, tant’è che la ICLC vede fra i suoi partner anche l’Università delle Arti di Utrecht, l’Institute of Sonology e il Conservatorio di Amsterdam. Diversi articoli presentati nelle varie sessioni provengono infatti da studi di tipo universitario, di ambito tecnico e artistico.

L’ingresso

ICLC è dunque un consorzio di professionalità, interessi e background molteplici che si ritrovano per scambiare esperienze e sviluppi. Questo porta con sé che anche i punti di vista attraverso cui descrivere questa conferenza sono diversi. Ed è per questo che ho deciso di adottare un punto di vista personale per raccontarla.

Ci avviamo con Giovanni Mori verso Vogelfrei, non sapendo bene cosa sia e, adattandoci alle abitudini degli autoctoni, noleggiamo una bici e seguiamo il navigatore. Ci troviamo di fronte a un ex scalo merci del vecchio porto di cui il Vogelfrei è un capannone. All’ingresso ci registriamo e assistiamo alla prima sessione: saremo i primi della seconda sessione mattutina a presentare il nostro articolo.

La prima sessione prevedeva questi interventi:

  • Asymmetric Performance in Virtual Reality and Code, di Leonard Geier, Paul Methfessel, Tom Beckmann e Robert Hirschfeld
  • LambDAW: Towards a Generative Audio Workstation, di Ian Clester e Jason Freeman
  • uSEQ: A LISPy Modular Sequencer for Eurorack with a Livecodable Microcontroller, di Dimitris Kyriakoudis e Chris Kiefer

Il primo intervento riguardava un progetto dell’Istituto Hasso Platner di Potsdam (un istituto di tecnologia informatica nato dalla collaborazione tra privati e università), dove si porta il live coding musicale all’interno della realtà virtuale attraverso un unico ambiente di lavoro/performance. L’interesse artistico del progetto sta nell’unire l’aspetto legato al gesto del performer all’interno del mondo virtuale con quello più tecnico e preciso del performer programmatore al di fuori del mondo virtuale. In sostanza, il performer all’interno del mondo virtuale sposta, attraverso i controller manuali, degli “oggetti” virtuali che contengono la programmazione mettendoli in diverse aree virtuali, che sono caratterizzate dal suonare diversamente tra loro, sfruttando la velocità e l’immediatezza del movimento. Il programmatore utilizza l’esattezza matematica del codice per dare alla performance la precisione. Quello che mi ha colpito è come l’aspetto ingegneristico sia stato posto a servizio dell’idea di performance artistica. Ma questo, col senno di poi, è quello che mi ha colpito in diverse presentazioni e in molte performance.

Il secondo intervento, i cui relatori sono affiliati alla Georgia Tech che ha un dipartimento che si occupa di tecnologia e arti, presentava un ambiente di lavoro ibrido tra un DAW (Digital Audio Workstation) e uno di scrittura codice. Anche in questo caso, la presentazione di questo ambiente ibrido è stata molto tecnica, anche se incentrata su considerazioni di tipo artistico e performativo.

L’ultimo intervento della prima sessione, a cura dell’Università del Sussex (UK), ha chiuso quella che è stata una sessione prevalentemente tecnica, introducendo un progetto per un sequencer che fa parte dell’Eurorack Modular synthesizers in cui è possibile scrivere linee di codice. In questo modo, un po’ come per il precedente intervento, è possibile creare una performance che ibrida l’uso live di sequencer e di scrittura del codice.

 

ICLC Vogelfrei donderdag 20 april 2023 © Paulus van Dorsten hi res (2)

 

Alla fine di queste prime tre sessioni, la prima impressione è quella di trovarsi in un contesto estremamente specialistico e di nicchia, piuttosto che in uno dove si possa avere una visione più ampia dell’uso della scrittura del codice. Ma allo stesso tempo noto un’apertura a possibilità che difficilmente si possono avere fuori da un contesto multidisciplinare. Ci tengo qui a sottolineare che tutte e tre le sessioni erano a cura di università sia umanistiche sia scientifiche, private e pubbliche, con progetti e sviluppi che rientrano all’interno di una normale dialettica scientifica. Non si sta quindi parlando di idee nate da strani personaggi fuori contesto – che sarebbero comunque rispettabilissime -, ma di ricerche e sviluppi svolti all’interno del normale cursus accademico: arte, scienza, informatica sono legate insieme.

La pausa caffè mi dà l’occasione per fare il punto su quanto visto. Interessante, ma tutto molto distante dal mondo della scuola, sia per obiettivi sia per tematiche, ma soprattutto per competenze. Dove si possono collocare esperienze e progetti di questo tipo? Secondo la mia esperienza è tutto molto distante anche dal contesto universitario nostrano…

All’inizio della sessione successiva presentiamo il nostro paper: non mi dilungherò su questo contributo, dirò soltanto che ci siamo concentrati sul percorso di formazione di secondo livello per i docenti che Francesco Corvi ha progettato. Lo trovate pubblicato qui: Live coding and education. A practical experience.

 

ICLC Vogelfrei donderdag 20 april 2023 © Paulus van Dorsten hi res (36)

L’autore esprime un concetto che lascia i colleghi perplessi…

 

Gli interventi successivi sono stati:

  • Towards Another Transdiscipline: Art, (Techno) Science and Emancipation as Promise and Provocation for Live Coding, di Alejandro Franco Briones
  • The Meaning of Live: From Art Without Audience to Programs Without Users, di Alex McLean, Julian Rohrhuber Renate Wieser

Il primo è stato di tenore ancora diverso sia dal nostro sia da tutti i precedenti, essendo un intervento di tipo sociologico. In sé il contributo si riferisce alle potenzialità emancipatorie della pratica del live coding e di come questo tipo di espressione artistica, attraverso la condivisione del codice e quindi un lavoro continuo, impedisca tanto la creazione di un prodotto quanto l’identificazione dell’artista. L’ambito teorico di riferimento è quello della teoria del triplo movimento formulata dalla sociologa Nancy Fraser, dove l’emancipazione sociale diventa il terzo attore che si pone tra società e mercato, e quello della teoria della rete di attori, che prende in considerazione anche soggetti umani e non umani come costituenti della rete sociale per lo sviluppo di fenomeni scientifici e tecnologici. Anche questo argomento è piuttosto specialistico e, come per i precedenti, si pone più nel contesto delle scienze sociali che in quello tecnico.

Il secondo intervento è stato tenuto da tre musicisti – performer e programmatori – e ha presentato la pratica del live coding come una possibile performance senza pubblico. Partendo dal fatto che il codice viene mostrato e proiettato durante la performance, gli artisti rinunciano al palco, scendendo tra il pubblico per programmare con loro. L’idea è quella di annullare le differenze tra pubblico e artista, per arrivare ad annullare la distanza tra programmatore e utente: in un mondo dove tutti sono in grado di programmare, dove il codice è pubblico e dove la programmazione viene svolta in modo sociale, tutti sono in grado di produrre software e non ci sono più utenti.

Per il pranzo ci spostiamo di poco: rigorosamente ed esclusivamente vegetariano/vegano e con succhi e acque aromatizzate.

 

ICLC Vogelfrei donderdag 20 april 2023 © Paulus van Dorsten hi res (39)

 

Nel mentre ci sono state due performance live, con pianoforte. La prima l’ho persa, ma la seconda, “Variations on Kandinsky” di Monique Copper, è stata un’improvvisazione ispirata alle forme di Kandinsky, accompagnata dal software Codeclavier che consente alla pianista di programmare, nel suo caso di gestire, forme proiettate.

 

ICLC Vogelfrei donderdag 20 april 2023 © Paulus van Dorsten hi res (49)

 

Nel pomeriggio c’è un intervento che scopro essere molto atteso, quello di Marije Baalman, e una serie di workshop.

Mariije è molto stimata come artista, livecoder ed esponente della community open source. Il suo intervento ha riguardato il suo lavoro di performer e i circa vent’anni della community di Top Lap, punto di riferimento dei live coders. Lei mette in scena performance musico-spaziali in cui la coreografia del movimento e la posizione sul palco diventano il codice attraverso cui il performer interagisce con la macchina che genera il suono. Nella ricerca artistica della Baalman è fondamentale la cultura open source che consente di poter accedere al codice sorgente e di poterlo, di conseguenza, modificare e ripubblicare, atti fondamentali per qualsiasi artista live coder. Al termine della sua presentazione ha passato il testimone alle nuove leve presenti all’evento, dicendo loro di guardare verso qualsiasi azione, atteggiamento o innovazione che possa modificare lo status quo del live coding, evitando che diventi uno standard e favorendo la sua ibridazione verso nuove tecnologie e forme espressive.

 

ICLC Vogelfrei donderdag 20 april 2023 © Paulus van Dorsten hi res (67)

 

Con molti stimoli in testa concludiamo la sessione pomeridiana. Sono previsti alcuni workshop di contenuto tecnico su software di nuova creazione riguardanti il live coding e vari meeting di confronto tra artisti.

Per la sera sono previste performance live di alcuni artisti: inforchiamo le biciclette e ci avviamo verso il club Ekko. La mia preferita è stata quella di Bjarni Gunnarsson. Il performer creava musica e immagini interagendo con degli ambienti “generativi” tramite un’interfaccia software. Gli output visivi seguivano delle regole che normano l’interazione tra le particelle visualizzate, interagendo anche con il suono. Infine il programmatore/musicista modificava l’equilibrio di queste interazioni in tempo reale attraverso il codice.

 

 

Durante la giornata successiva, alcune community di live coders hanno presentato i loro progetti.

La ICLC 2023 si è conclusa con la performance Hybrid Acoustics, di cui voglio riportare la performance Commuta: a cross adaptive laptop ensemble di tre artisti, Francesco Corvi (sì, il nostro formatore), Riccardo Ancona e Giulia Francavilla. La performance vedeva collegati tre computer il cui output sonoro si influenza reciprocamente, mentre gli artisti intervenivano modificando il codice che produceva il suono, ognuno attraverso il suo specifico background artistico.

 

 

Cosa c’entra questo con la scuola, e in particolare con la scuola italiana? La risposta è ovviamente complessa. Prima di tutto è necessario contestualizzare la conferenza ICLC: se è vero che c’erano anche alcuni insegnanti, ICLC è una delle espressioni massime delle community di live coders; è la somma di diversi pensieri e manifestazioni, dove la ricerca tecnica ed espressiva sposta l’asticella un gradino più in su. Non solo: è un luogo di confronto tra ricercatori, e non di diffusione di buone pratiche per la scuola. Non si va alla Biennale di Venezia per cercare buone pratiche per arte e immagine, così come non si usa Tesla o Space X come modello per pratiche da utilizzare nei laboratori di meccatronica degli istituti tecnici; allo stesso tempo queste realtà sono ben note all’interno del mondo della scuola. Ecco, così come queste realtà sono note, così dovrebbe esserlo la ICLC per quanto riguarda l’ambito artistico, che ha all’interno della scuola italiana un’area disciplinare per tutto il primo ciclo, e due indirizzi liceali.

Ma in questo caso, a mio parere, il punto va anche oltre: fare live coding significa saper programmare, spesso con linguaggi diversi; in alcuni casi significa lavorare con l’elettronica e di certo sviluppare competenze in ambito di strumentazione audio e musica digitale; dal punto di vista ancora più teorico, si tratta di conoscere concetti afferenti all’ambito della sistemica, dove varie discipline interagiscono in un contesto complesso. Questo implica avere competenze in ambito tecnico e scientifico e saper creare un output che sia qualcosa di più della mera somma di partenza.

Ma come si colloca questo tipo di competenze nel curricolo? A mio parere, tralasciando l’impatto sulle singole discipline artistiche, il quid sta nel rapporto dialettico che può istituire sia con la parte del curricolo scientifica sia con quella espressiva: ci costringe cioè, a destrutturare i saperi, e quindi ristrutturarli in chiave soggettiva. E questo prevede una disponibilità da parte degli insegnanti e una competenza negli ambiti disciplinari interessati.

Inoltre, l’attività di live coding mette in evidenza è il rapporto tra le discipline e l’informatica, che comporta un ragionamento sull’informatica e sul concetto di pensiero computazionale. Senza che mi dilunghi sulle definizioni di pensiero computazionale², su cui ho già avuto modo di ragionare a Didamatica dello scorso anno (si veda p. 391, degli atti del convegno³), pensiamo alla figura dell’informatico, al suo lavoro, al suo contesto: quanto quello che ho descritto poco sopra corrisponde all’immagine che ci siamo fatti?

Questo mi spinge a ragionare in due direzioni fra loro collegate:

  • la prima è il ruolo dell’informatica in tutte le discipline. E non intendo l’utilizzo dei software (che non è informatica!), ma del saper programmare e leggere algoritmi;
  • la seconda è la necessità di rivedere il ruolo del saper programmare per acquisire competenze disciplinari diverse dalla programmazione.

Nel 2006 Jannet Wing propose di considerare il saper programmare come una competenza di base, al pari di leggere, scrivere e contare. Certo, poi aggiunse che era necessario “pensare come un programmatore”, ma si sa, “ognuno tira l’acqua al suo mulino” (parole non mie, ma del matematico Andrea Disessa, nel suo articolo Computational Literacy and “The Big Picture” Concerning Computers in Mathematics Education del 2018). Tutte le discipline possono essere “computazionali”, cioè essere studiate attraverso la programmazione.

E qui veniamo al secondo punto di cui sopra: la programmazione può fornire un accesso diverso a competenze disciplinari diverse. Questo era ciò che auspicava Papert quando ha creato Logo, un  linguaggio di programmazione per l’apprendimento, pensando a uno strumento che consentisse di studiare in modo operativo concetti astratti di matematica e geometria. E questo è anche quello a cui lavora il matematico Disessa attraverso sperimentazioni con gli studenti delle medie. È possibile, in classe, far programmare automi che costruiscono frasi, e con questo comprendere il funzionamento di una lingua (si veda il libro di S. Penge del 2018,Lingua coding e creatività, e in particolare il capitolo 3.8, “Sulle orme di Tolkien: creare una lingua), oppure, come nel nostro caso, assimilare concetti musicali come la scala e l’accordo. Ma è possibile anche il contrario, e così un corso sperimentale dell’Università di Genova ha utilizzato il live coding per spiegare agli studenti concetti informatici astratti.

Il saper programmare può costruire una sorta di metalinguaggio, di “competenza distribuita” tra le discipline e le può collegare come una rete strumentale e logica.

Mi premeva condividere l’esperienza e le riflessioni che sono nate dalla mia visita a Utrecht perché ritengo necessario che la scuola possa conoscere prospettive culturali che stimolino una riflessione sul metodo di insegnamento e sull’evoluzione delle discipline. Da parte di professionisti disciplinari e pedagogici mi aspetto infatti apertura al ragionamento sui fondamentali del lavoro, e non solo sulle problematiche e sulle contingenze quotidiane.

Per quanto riguarda il titolo dell’articolo: l’ho scritto così per fare clickbait 🙂 Però, se studiare musica a scuola non ha necessariamente l’obiettivo di formare dei musicisti, così saper programmare non serve necessariamente a formare dei programmatori.

 

Qualche riferimento ai temi toccati in questo articolo

Complessità: è “il” concetto fondamentale per la scuola, con implicazioni, a mio parere, tanto per il curricolo che per il modo di fare scuola; Edgar Morin ha provato a declinarlo nel curricolo⁸ ⁹ provenendo da trattazioni molto più teoriche¹⁰ ¹¹, e nelle Indicazioni nazionali per il curricolo del primo ciclo si può leggere il paragrafo “Per un nuovo umanesimo”, per aver un’idea di cosa può significare una scuola per la complessità. Per chi fosse interessato ad approfondire questo concetto in modo laboratoriale, attraverso esercitazioni matematiche e algoritmiche, consiglio il Mooc del Santa Fe Institute e il lavoro di Melanie Mitchell¹².

Per chi volesse vedere il lavoro di alcuni live coders, consiglio invece il sito di Cate Sicchio e quello di Maarie Baalman¹³; per chi invece volesse comprendere la storia del live coding all’interno del discorso musicale e informatico, consiglio il libro di Giovanni Mori¹⁴  e quello di autori vari edito dal MIT ¹⁵.

Per contestualizzare il rapporto tra programmazione e discipline, andrebbe letto e compreso il lavoro di Papert, con particolare riferimento al suo primo libro, Mindstorms¹⁶, dove si mostra come sia possibile far apprendere la matematica e la geometria attraverso il Logo; consiglio anche la lettura dei libri di Stefano Penge che, oltre al lavoro sulle discipline, rilegge l’opera di Gianni Rodari in chiave computazionale¹⁷.

Sul pensiero computazionale: termine chiave, ma la sua definizione è poco univoca, come dimostrano in Europa il lavoro della Commissione Europea attraverso il JRC² e quello commissionato da Google¹⁸ a Paulo Blikstein, all’epoca professore a Stanford e ora alla Columbia. Paulo Bilkstein, che con INDIRE ha collaborato nell’ambito del lavoro sui Maker a scuola, ha scritto l’interessante articolo Children are not hakers¹⁹, per dire che a scuola il primato deve essere della pedagogia, come scienza che ha cura del discente.

L’ultimo riferimento è quello al lavoro di due dei docenti di musica, Roberto Agostini e Leo Izzo, che hanno portato avanti la sperimentazione sul live coding a scuola con INDIRE. Segnalo in particolare il contributo presentato a Didamatica nel 2022, contenuto negli atti del convegno²⁰.

 

 

Riferimenti citati:
[1] Agostini R., Izzo L., Nulli G. 2022, Live coding musicale: composizioni di fine anno degli studenti della secondaria di primo grado, in Indire. https://www.indire.it/2022/09/26/live-coding-musicale-composizioni-di-fine-anno-degli-studenti-della-secondaria-di-primo-grado/
[2] Bocconi, S., Chioccariello, A., Kampylis, P., Dagienė, V., Wastiau, P., Engelhardt, K., Earp, J., Horvath, M.A., Jasutė, E.,Malagoli, C., Masiulionytė-Dagienė, V. and G. Stupurienė. 2022. “Reviewing Computational Thinking in CompulsoryEducation.”Publications Office of the European Union, Luxembourg, doi:10.2760/126955,JRC128347 https://publications.jrc.ec.europa.eu/repository/handle/JRC128347
[3] Nulli G. 2022, Struttura e resoconto del primo anno di sperimentazione curricolare del live coding con il software Sonic Pi: implicazioni riguardanti la definizione di pensiero computazionale e sulla programmazione nelle discipline artistico espressive, in a cura di Renato S. Marafioti, Paolo Ciancarini, Pierfranco Ravotto e Manuel Gentile Atti Didamatica 2022, Aica, Milano. https://www.aicanet.it/documents/10776/4555506/ATTI+Didamatica+2022/469726b1-58d5-4f48-8a8f-0fa1d2fb0f34
[4] Wing J., 2006, Computational thinking. in in “Communication of the ACM” https://www.cs.cmu.edu/afs/cs/usr/wing/www/Computational_Thinking.pdf
[5] Disessa A., 2018, Computational Literacy and “The Big Picture” Concerning Computers in Mathematics Education, ”Mathematical Thinking and Learning, 20(1):3-3. DOI: 10.1080/10986065.2018.140354 https://www.researchgate.net/publication/322609141_Computational_Literacy_and_The_Big_Picture_Concerning_Computers_in_Mathematics_Education
[6] Penge S., 2018, Lingua coding e creatività. Fare coding con le materie umanistiche, Anicia, Roma.
[7] Trasversaro D., Guerrini G., Delzanno G. 2020, Sonic Pi for TBL Teaching Units in an Introductory Programming Course, in Kuflik T.,Torre I., Burke R., UMAP ’20 Adjunct: Adjunct Publication of the 28th ACM Conference on User Modeling, Adaptation and Personalization, ACM, New York. https://www.researchgate.net/publication/342905747_Sonic_Pi_for_TBL_Teaching_Units_in_an_Introductory_Programming_Course
[8] Morin E., 2001, I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Raffaello Cortina, Milano.
[9] Morin E., 2004, Educare per l’era planetaria, Armando, Roma.
[10] Morin E., 1989, La conoscenza della conoscenza, Feltrinelli Milano.
[11] Morin E., 2017, La sfida della complessità, Le Lettere, Firenze.
[12] Mitchell M., 2009, Complexity a guided tour, Oxford University Press, Oxford.
[13] Baalman M., 2022 Composing interactions. An artist’s guide to building expressive interactive systems, Baalman, Marije Baalman and V2_publishing, Rotterdam.
[14] Mori G, 2021, Live coding? What does it mean?, Aracne, Roma.
[15] Blackwell A. F., Cocker E.,Cox G., McLean A., and Thor Magnusson, 2022. Live Coding. A user’s manual, MIT University Press, Boston. https://direct.mit.edu/books/oa-monograph/5495/Live-CodingA-User-s-Manual
[16] Papert S., 1983, Mindstorms. Bambini computer e creatività, Emme edizioni, Milano.
[17] Penge S., 2020, Rodari digitale. Dalla “Grammatica della fantasia” al coding, Anicia, Roma.
[18] Blikstein, P. 2018. Pre-College Computer Science Education: A Survey of the Field. Mountain View, CA: Google LLC. Retrieved from https://goo.gl/gmS1Vm
[19] Blikstein P., Worsley M., 2016, Children are not hackers. Building a culture of powerful ideas, Deep learning and equity in the maker movement, in Peppler K., Halverson E. R., Kafai Y. B., Makeology vol 1. Makerspaces as learning environments. Routledge, New York.
[20] Agostini R., Izzo L., Nulli G., 2022, in a cura di Renato S. Marafioti, Paolo Ciancarini, Pierfranco Ravotto e Manuel Gentile Atti Didamatica 2022, Aica, Milano https://www.aicanet.it/documents/10776/4555506/ATTI+Didamatica+2022/469726b1-58d5-4f48-8a8f-0fa1d2fb0f34